Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4865 del 23/02/2021

Cassazione civile sez. VI, 23/02/2021, (ud. 20/10/2020, dep. 23/02/2021), n.4865

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – rel. Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22583-2019 proposto da:

A.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CARLO

MIRABELLO 25, presso lo studio dell’avvocato FULVIO NERI,

rappresentato e difeso dagli avvocati GIUSEPPA CANNIZZARO, MARIA

ANTONIETTA SACCO;

– ricorrente –

contro

POSTE ITALIANE SPA, in persona del Procuratore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso lo

STUDIO LEGALE FIORILLO E ASSOCIATI, rappresentata e difesa dagli

avvocati GAETANO GRANOZZI, GAETANA ALLEGRA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 198/2019 della CORTE D’APPELLO di

CALTANISSETTA, depositata il 22/05/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 20/10/2020 dal Consigliere Relatore Dott. LUCIA

ESPOSITO.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

La Corte d’appello di Caltanissetta, in sede di rinvio dalla Corte di Cassazione, per quanto in questa sede interessa, confermava la sentenza di primo grado che aveva accertato la legittimità del termine apposto al contratto a tempo determinato intercorso tra A.A. e Poste Italiane s.p.a. dal (OMISSIS);

il giudice del rinvio, sul rilievo che il Giudice di legittimità avesse statuito, in contrasto con quanto stabilito dalla Corte d’appello, circa l’avvenuta originaria deduzione da parte del ricorrente dell’insussistenza in concreto delle ragioni sostitutive indicate in contratto quale causa di nullità del termine e che dovesse ritenersi ormai passata in giudicato la statuizione relativa all’affermata validità formale della clausola, in quanto sufficientemente specifica, accertava, sulla base di una indagine in fatto circa le condizioni legittimanti l’apposizione del termine, la sussistenza delle medesime;

avverso la sentenza propone ricorso per cassazione il lavoratore sulla base di due motivi;

Poste Italiane s.p.a. resiste con controricorso;

entrambe le parti hanno depositato memorie;

la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è stata notificata alla parte costituita, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., in relazione al D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, comma 1, per avere la Corte d’appello operato una presunta inversione dell’onere probatorio in punto di dimostrazione della ricorrenza ed effettività delle ragioni sostitutive dedotte in contratto;

con il secondo motivo deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, comma 1, per avere la Corte d’appello ritenuto provate le ragioni di sostituzione del personale assente con diritto alla conservazione del posto omettendone, tuttavia, la concreta verifica;

entrambe le censure non appaiono pertinenti rispetto al decisum (Cass. n. 15517 del 21/07/2020) e, posto che la violazione dell’art. 2697 c.c., si configura soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella su cui esso avrebbe dovuto gravare (Cass. n. 26769 del 23/10/2018), non ricorrente nel caso in disamina, finiscono con il prospettare, sub specie di violazione di legge, una lettura dei fatti di causa difforme rispetto a quella compiuta dai giudici del merito, investendo la valutazione del materiale probatorio (Cass. n. 8758 del 04/04/2017, Cass. SU 34476 del 27/12/2019);

la Corte territoriale, infatti, lungi dall’affermare l’esistenza di un onus probandi in capo al lavoratore, ha ritenuto priva di rilevanza la chiesta verifica della dell’adeguatezza dell’organico a tempo indeterminato presso l’unità produttiva, in ragione della valutazione rimessa all’imprenditore circa la forza lavoro occorrente per un proficuo svolgimento dell’attività imprenditoriale, nell’esercizio del potere organizzativo a lui spettante;

per altro verso, ha ritenuto adeguata a fornire la prova dell’effettiva sussistenza delle ragioni sostitutive legittimanti l’apposizione del termine la documentazione prodotta da Poste, da cui si evince che le giornate di assenza dei dipendenti assunti a tempo indeterminato erano largamente superiori al numero di giornate lavorate dai contrattisti a termine, queste ultime in gran parte concentrate nel periodo estivo, coicidente con la fisiologica fruizione delle ferie da parte del personale;

sulla base delle svolte argomentazioni il ricorso va rigettato;

le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, liquidate in complessivi Euro 3.000,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 20 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 23 febbraio 2021

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