Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4863 del 24/02/2020

Cassazione civile sez. trib., 24/02/2020, (ud. 19/11/2019, dep. 24/02/2020), n.4863

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –

Dott. ZOSO Liliana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. PAOLITTO Liberato – rel. Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. CIRESE Marina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sui ricorso 8715-2014 proposto da:

C.M., L.S., C.A.I.,

CA.CA., M.G., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DELLA

MARSICA 19, presso lo studio dell’avvocato CAMPOREALE LUCIA, che li

rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– resistente con atto di costituzione –

avverso la sentenza n. 480/2013 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

LATINA, depositata il 03/10/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

19/11/2019 dal Consigliere Dott. PAOLITTO LIBERATO.

Fatto

RILEVATO

Che:

1. – con sentenza n. 480/39/13, depositata il 3 ottobre 2013, la Commissione tributaria regionale del Lazio ha rigettato l’appello proposto da Ca.Ca., C.A., L.S. e M.G. avverso la decisione di prime cure che, a sua volta, aveva parzialmente accolto l’impugnazione di un avviso di rettifica e liquidazione dell’imposta di registro dovuta in relazione alla compravendita tra le parti intercorsa il 3 settembre 2003, così rideterminando in Euro 47.775,00 il valore del terreno compravenduto (già rettificato in Euro 85.995,00 nell’atto impugnato);

– il giudice del gravame ha rilevato che:

– non ricorreva la denunciata violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato (art. 112 c.p.c.) in quanto il primo giudice si era limitato a riqualificare “i fatti esposti”;

– l’avviso di rettifica e liquidazione trovava fondamento nella consulenza tecnica disposta nel primo grado del giudizio, – a fronte della stima tecnica prodotta dall’Agenzia, – che aveva compiutamente esaminato “la situazione in tutti i suoi aspetti, sia per quanto riguarda le aree concretamente edificabili, come pure quelle occupate da due impianti di telefonia esistenti nelle particelle adiacenti”;

2. – ricorrono per la cassazione della sentenza, sulla base di due motivi, illustrati da memoria, L.S., M.G., Ca.Ca., in proprio e quale erede di C.A., C.M. e Ciano Anna, queste due ultime quali eredi di C.A.;

– l’Agenzia delle Entrate si è tardivamente costituita al solo fine di partecipare alla discussione del ricorso.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. – col primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, i ricorrenti denunciano nullità della gravata sentenza deducendo violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 52, comma 4;

– i ricorrenti, – che rimarcano l’erroneità del rilievo posto a fondamento della decisione di prime cure che, pur rilevando la natura agricola del terreno per aver il CTU “escluso allo stato l’edificabilità del terreno per i vincoli di legge”, e ciò non di meno, aveva rideterminato l’imponibile in relazione al (minor) valore del terreno qual accertato dallo stesso CTU (in Euro 47.775,00), – deducono, in sintesi, che, – venendo, giustappunto, in considerazione un terreno agricolo, – nella fattispecie avrebbero dovuto trovare applicazione i criteri di valutazione automatica posti dal D.P.R. n. 131 del 1986, art. 52, c. 4; criteri, questi, del quale il giudice del gravame non aveva dato conto limitandosi ad “avallare” la decisione impugnata;

– il secondo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, reca denuncia di omesso esame di un fatto decisivo e ripropone, sotto il profilo della violazione dell’art. 112 c.p.c., la questione già dedotta col primo motivo quanto all’insussistenza dei presupposti (ex art. 52, comma 4, cit.) di una rettifica del valore dichiarato; si assume, quindi, che i giudici del gravame avrebbero omesso di esaminare l’eccezione relativa all’applicabilità, nella fattispecie, del ridetto sistema di valutazione automatica (qual riproposta in appello) nonchè il motivo di appello che involgeva il vizio di ultrapetizione della gravata sentenza;

2. – il primo motivo di ricorso è destituito di fondamento e va senz’altro disatteso;

2.1 – secondo un risalente principio di diritto, i terreni che possono beneficiare del sistema di valutazione automatica di cui al D.P.R. n. 131 del 1986, art. 52, comma 4, “sono individuati sulla base di un presupposto complesso, in parte positivo (esistenza di strumenti urbanistici), in parte negativo (assenza di previsione di destinazione edificatoria)” (cfr. Cass., 12 ottobre 2016, n. 20517; Cass., 29 febbraio 2012, n. 3174; Cass., 15 dicembre 2006, n. 26924; Cass., 30 novembre 2005, n. 26137);

2.2 – in relazione, quindi, al disposto di cui al D.L. 4 luglio 2006, n. 223, art. 36, comma 2, conv. in L. 4 agosto 2006, n. 248, la Corte ha però precisato che l’edificabilità di un’area va desunta dalla qualificazione attribuita nel piano regolatore generale adottato dal Comune, indipendentemente dall’approvazione dello stesso da parte della Regione e dall’adozione di strumenti urbanistici attuativi (v., con riferimento a Cass. Sez. U., 30 novembre 2006, nn. 25505 e 25506, ex plurimis, Cass., 30 ottobre 2018, n. 27604; Cass., 10 agosto 2016, n. 16936; Cass., 20 febbraio 2014, n. 4116; Cass., 7 novembre 2012, n. 19225; Cass., 10 dicembre 2010, n. 24982; Cass., 10 giugno 2008, n. 15282); e si è, così, rimarcato che, anche ai fini dell’inapplicabilità del sistema di valutazione automatica previsto dal D.P.R. n. 131 del 1986, art. 52, comma 4, “l’edificabilità di un’area,… è desumibile dalla qualificazione attribuita nel piano regolatore generale adottato dal Comune, anche se non ancora approvato dalla Regione ovvero in mancanza degli strumenti urbanistici attuativi, dovendosi ritenere che l’avviso del procedimento di trasformazione urbanistica sia sufficiente a far lievitare il valore venale dell’immobile, senza che assumano alcun rilievo eventuali vicende successive incidenti sulla sua edificabilità, quali la mancata approvazione o la modificazione dello strumento urbanistico, in quanto la valutazione del bene deve essere compiuta in riferimento al momento del suo trasferimento, che costituisce il fatto imponibile, avente carattere istantaneo.” (Cass., 21 maggio 2014, n. 11182);

2.3 – nella fattispecie, il giudice del gravame, – il cui accertamento in fatto non è nemmeno censurato, – ha (inequivocamente) qualificato come (“concretamente”) edificabili i terreni oggetto di cessione; e, occorre rilevare, un siffatto rilievo è coerente con gli stessi contenuti della CTU assunta in prime cure che, nella parte in cui gli stessi ricorrenti ne ripercorrono il contenuto, ha accertato che i terreni in questione ricadevano nella sottozona C5 del PRG e, per altra parte, in zona di verde pubblico e servizi;

3. – il secondo motivo, – che pur prospetta profili di inammissibilità, – è anch’esso destituito di fondamento;

3.1 – i contenuti della censura fuoriescono, innanzitutto, dal parametro evocato (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) secondo il cui disposto, – qual conseguente alla novella di cui al D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. b), conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134 (applicabile nella fattispecie, posto che la gravata sentenza è stata pubblicata il 3 ottobre 2013),- rileva, ora, l'”omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”, ed alla cui stregua la censura di omesso esame di un fatto decisivo deve concernere un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia), così che lo stesso omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie.” (cfr. Cass. Sez. U., 7 aprile 2014, n. 8053 cui adde, ex plurimis, Cass., 29 ottobre 2018, n. 27415; Cass., 13 agosto 2018, n. 20721; Cass. Sez. U., 22 settembre 2014, n. 19881);

3.2 – i ricorrenti non riproducono (nemmeno in sintesi), ai fini dell’autosufficienza del ricorso, il motivo di appello che (in tesi) avrebbe involto la denunciata ultrapetizione, e il giudice del gravame ha ad ogni modo argomentato sull’insussistenza del detto vizio (che è stato escluso in relazione all’attività di qualificazione giuridica dei fatti pur sempre dedotti);

3.3 – quanto, poi, al denunciato ambito di applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 52, comma 4, la censura dei ricorrenti non considera che:

– il vizio di motivazione riconducibile all’ipotesi di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, può concernere esclusivamente l’accertamento e la valutazione dei fatti rilevanti ai fini della decisione della controversia, non anche l’interpretazione e l’applicazione delle norme giuridiche in quanto il “vizio di motivazione in diritto” rimane irrilevante ex se siccome da ricondurre all’ipotesi di cui al n. 3 dell’art. 360 c.p.c., comma 1, e, quanto all’erronea motivazione (“quando il dispositivo sia conforme al diritto”), al potere correttivo della Corte (art. 384 c.p.c., comma 4; v., ex plurimis, Cass., 9 giugno 2006, n. 13435; Cass., 8 agosto 2005, n. 16640; Cass. Sez. U., 17 novembre 2004, n. 21712; Cass., 19 luglio 2004, n. 13358; Cass., 6 agosto 2003, n. 11883);

– il giudice del gravame, come si è sopra rilevato, ha qualificato come (“concretamente”) edificabili i terreni in questione, con ciò somministrando (a correzione del contraddittorio enunciato espresso dalla pronuncia di prime cure), il criterio (fattuale e qualificatorio) che, nella fattispecie, era rilevante per definire l’ambito di applicazione del ridetto sistema di valutazione automatica;

4. – nulla va disposto in ordine alle spese del giudizio di legittimità, in difetto di attività difensiva di parte intimata, mentre ricorrono, nei confronti dei ricorrenti, i presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, se dovuto (D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 19 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 24 febbraio 2020

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