Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4863 del 01/03/2018


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 4863 Anno 2018
Presidente: LOMBARDO LUIGI GIOVANNI
Relatore: SCALISI ANTONINO

SENTENZA

sul ricorso 14079-2013 proposto da:
MALIMPENSA ARNALDO,

nella

qualità di

erede di

MALIMPENSA OLGA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
VALSOLDA 45/E, presso lo studio dell’avvocato MARCO DI
TERLIZZI, rappresentato e difeso dall’avvocato LUIGI
PANNARALE;
– ricorrente contro

ISMEA ISTITUTO SERVIZI MERCATO AGRICOLO ALIMENTARE, in
persona del legale rappresentante pro tempore
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ANTONIO BOSIO 2,
presso lo studio dell’avvocato LORENZO GRISOSTOMI

Data pubblicazione: 01/03/2018

TRAVAGLINI, che lo rappresenta e difende unitamente
all’avvocato UMBERTO PISTONE;
– controricorrente nonchè contro

COOPERATIVA AGRICOLA SANTA CHIARA A RL IN LIQUIDAZIONE
COATTA AMMINISTRATIVA;

avverso la sentenza n. 542/2012 della CORTE D’APPELLO
di BARI, depositata il 08/05/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 22/11/2017 dal Consigliere Dott. ANTONINO
SCALISI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ALESSANDRO PEPE che ha concluso per il
rigetto del ricorso;
udito l’Avvocato

PANNARALE Luigi,

difensore del

ricorrente che chiede l’accoglimento del ricorso;
udito l’Avvocato Costanza SPAMPINATO,

con delega

depositata in udienza dell’Avvocato GRISOSTOMI
TRAVAGLINI Lorenzo, difensore del resistente che ha
chiesto il rigetto del ricorso.

– intimata –

RG. 14079 del 2013 Malimpensa Arnaldo – – ISMEA più altro

Fatti di causa
Malimpensa Olga con atto di citazione del 27 marzo 2001 premesso che
viveva in Contarda Santa Chiara Ofantino nel territorio di Trinitapoli l in
un immobile composto da cinque piccoli vani ed un bagnetto a piano

150 con annesso porticato di circa 30 mq. servito da un ampio cortile
pertinenziale un pollaio e annessa aia, un capannone un pozzo ed un
silos ; l’immobile era posseduto dagli anni quaranta cioè da quando i
genitori provenienti dal Veneto si erano stabiliti nella zona; da oltre
settant’anni ella aveva provveduto alla manutenzione ordinaria e
straordinaria dei beni; l’immobile catastalmente distinto in Trinitapoli
dalla particella 444 del foglio 46 intestato alla Cooperativa Santa Chiara
con sede in Trinitapoli alla Contrada Santa Chiara Ofantino era stato
utilizzato dall’istante in modo esclusivo, indisturbato ed ininterrotto da
oltre trenta anni. Ciò premesso l’attrice citava in giudizio la detta
Cooperativa intestataria davanti al Tribunale di Foggia per sentire
dichiarare che per effetto di usucapione ella istante era proprietaria
esclusiva dell’immobile.
Nell’udienza del 8 ottobre 2001 nella dichiarata contumacia della
convenuta, la parte attrice esibiva una visura ipocatastale prospettando
una comproprietà dei beni in capo alla Cassa per la Formazione della
Proprietà Contadina con sede in Roma pertanto chiedeva ed otteneva di
chiamare in causa tale ultimo Ente.
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terra e da tre stanze ed un bagno al primo piano per complessive mq.

RG. 14079 del 2013 Malimpensa Arnaldo – – ISMEA più altro

Si costituiva l’ISMEA (Istituto di servizi per il mercato agricolo
alimentare) che precisava di aver incorporato la Cassa per la
Formazione della Proprietà Contadina. L’Istituto sottolineava che con
atto notarile del 23 marzo 1988 aveva acquistato dalla Cooperativa

indicate nell’atto di citazione e che in apri data aveva venduto lo stesso
fondo con patto di riservato dominio alla Cooperativa Santa Chiara,
soggiungeva che, a causa dell’insolvenza della Cooperativa ed in virtù
della clausola risolutiva espressa / aveva ottenuto giudizialmente la
risoluzione del contratto di vendita

/

ritornando così nella piena proprietà

del fondo. Evidenziava che l’attrice non aveva posseduto il fondo con
l’intenzione di esercitare un potere corrispondete all’esercizio della
proprietà per la presenza di un titolo diverso ed incompatibile con il
diritto di proprietà e chiedeva pertanto il rigetto della domanda.
Espletata la fase istruttoria anche con le prove testimonialy1 Tribunale
di Foggia con sentenza n. 16 del 2004 rigettava la domanda della
Malpensa perché incontestata la proprietà dell’abitazione e del
pertinenziale giardino in capo all’originario proprietario SEBI spa e da
questa traslato alla società ISMEA, posto che quest’ultima aveva
concesso in comodato i beni di cui si dice ai genitori della Malpensa,
comodata proseguito dall’attrice.
Avverso questa sentenza, interponeva appello Malimpensa Olga
censurando il malgoverno delle risultanze processuali e gli errori di
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SEBI il fondo sito in agro di Trinitapoli per varie particelle tra cui quelle

RG. 14079 del 2013 Malimpensa Arnaldo – – ISMEA più altro

diritto che avrebbe compiuto il Tribunale di Foggia. Chiedeva la riforma
integrale della sentenza impugnata.
Si costituivano le appellate (ISMEA e Cooperativa agricola Santa Chiara
ari) contestando le deduzioni dell’appellante e chiedendo la conferma

La Corte di Appello di Bari con sentenza n. 542 del 542 del 2012
rigettava l’appello e confermava la sentenza impugnata. Condannava
l’appellante al pagamento delle spese del giudizio. Secondo la Corte di
Bari anche se non vi fossero elementi presuntivi semplic0 per far
desumere dai fatti noti il fatto ignoto della stipula dello specifico
contratto di comodato tuttavia vi sarebbero sufficienti elementi noti per
inferire che il potere di fatto sulla cosa come vantato dalla Malpensa
non fosse iniziato con atto di apprensione autonoma bensì a titolo
derivativo connesso alle ragioni di servizio dei suoi genitori e del nucleo
familiare di cui l’appellante faceva parte, che non fa acquistare il
possesso ma la detenzione.
La cassazione di questa sentenza è stata chiesto da Malimpensa Arnaldo
erede di Malirnpensa Olga con ricorso affidato a sei motivi, illustrati con
memoria. L’ISMEA Istituto di servizi per il Mercato Agricolo Alimentare
ha resistito con controricorso. La Cooperativa Agricola Santa Chiara ari.
in questa fase non ha svolto attività giudiziale.
Ragioni della decisione
1.= Malimpensa Arnaldo lamenta:
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della sentenza impugnata,

RG. 14079 del 2013 Malimpensa Arnaldo – – ISMEA più altro

a)

con il primo motivo di ricorso, l’insufficiente e contraddittoria

motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.
Sostiene il ricorrente che la Corte distrettuale avrebbe erroneamente
ritenuto che la sig.ra Malimpensa avrebbe affermato, per il tarmite del

sig.ra Malimpensa e VISMEA, non tenendo conto, che una visura
ipocatastale, depositato nell’udienza cui si riferirebbe la Corte
distrettuale, non avrebbe potuto indicare una comproprietà con la sig.ra
Malimpensa non essendo la stessa dichiarata usucapiente. Piuttosto
appariva chiaro che la comproprietà intercorreva tra la Cooperativa
Santa Chiara e la Cassa odierna ISMEA.
b) con il secondo motivo, la violazione e falsa applicazione degli artt.
116, 252, 253 cod. proc. civ. Secondo il ricorrente la Corte distrettuale
non avrebbe tenuto conto delle dichiarazioni rese dai testimoni
Ambrosio Carmela e Coccellato Anna Maria ritenendo che non fossero
attendibili perché dichiaravano di frequentare l’abitazione di tale Catto
Agnese che non era soggetto processuale, senza alcun tentativo di
chiarire le proprie perplessità ai sensi dell’art. 253 cod. proc. civ.
c) con il terzo motivo, la violazione e falsa applicazione dell’art. 346
cod. proc. civ. Secondo il ricorrente la Corte distrettuale avrebbe violato
la normativa di cui all’art. 356 cod. proc. civ. non provvedendo a
rinnovare la prova testimoniale già avvenuta in primo grado al fine di
verificare l’attendibilità dei testi.
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suo Avv., in un verbale di udienza, l’esistenza di una comproprietà tra la

RG. 14079 del 2013 Malimpensa Arnaldo – – ISMEA più altro

d) con il quarto motivo l’insufficiente e contraddittoria motivazione circa
un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Illogicità manifesta. Il
ricorrente si duole del fatto che la Corte distrettualei nel ritenere che gli
immobili fossero stati concessi in uso per ragioni di servizio ai genitori

abbia interpretato erroneamente la dichiarazione testimoniale resa da
Sportelli Cosma e ad un tempo abbia ritenuto rispondente ad una
massima di comune esperienza che agli operai della SEBI fosse
concesso di occupare le abitazioni ivi esistenti di proprietà della stessa
SEBI per un titolo personale dipendente da ragioni di servizio.
e) con il quinto motivo la violazione e falsa applicazione dell’art. 1141
cod. civ. Secondo il ricorrente la Corte distrettuale i pur ritenendo che il
godimento dell’immobile sia stato iniziato dai genitori della Sig.ra
Malimpensa dipendenti dalla SEBI per “ragioni di servizio”, avrebbe
dovuto tener conto che nel caso specifico era intervenuta l’interversio
possessionis perché cessato il rapporto di lavoro tra la SEBI e i genitori
della Malinnpensa era contemporaneamente venuto meno ogni motivo
perché il nucleo familiare dei suoi ex dipendenti continuasse a detenere
ulteriormente l’immobile concesso in pendenza del rapporto di lavoro e
pertanto da quel momento si concretizzava di fatto il mutamento della
originaria detenzione in possesso.
f) con il sesto motivo, la violazione e falsa applicazione dell’art. 1146
cod. civ. e conseguente omessa motivazione circa un fatto controverso
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della sig.ra Malimpensa dalla precedente proprietaria (la società SEBI),

RG. 14079 del 2013 Malimpensa Arnaldo – – ISMEA più altro

e decisivo per il giudizio. Erroneamente, secondo il ricorrente, la Corte
distrettuale farebbe derivare dalla convivenza della Malimpensa con i
propri genitori, la conseguenza che essa avrebbe ereditato non un
possesso ma una detenzione per ragioni di servizio non tenendo conto

1146 cod. civ. per il quale il possesso continua nell’erede con effetto
dall’apertura della successione non sarebbe applicabile alla diversa
ipotesi di mera detenzione derivante da un rapporto personale
obbligatorio. Piuttosto / l’erede il quale succede nel rapporto personale
ed esercita un autonomo potere di fatto sulla cosa deve essere
considerato possessore agli effetti dell’art. 1141 cod. civ. senza essere
pregiudicato dal titolo formatosi nei riguardi del dante causa e della
carenza dell’animus possidendi in capo allo stesso.
2.a) Il primo motivo è infondato perché l’errore che avrebbe commesso
la Corte distrettuale, secondo il ricorrente, integrerebbe gli estremi di
un errore di valutazione non soggetto ad un sindacato di legittimità né
denunciabile come vizio di motivazione. Questa Corte ha ripetutamente
affermato che il vizio di motivazione deducibile con il ricorso per
cassazione ex articolo 360 cod. proc. civ., n. 5, non può consistere nella
difformità dell’apprezzamento dei fatti e delle prove dato dal giudice del
merito rispetto a quello preteso dalla parte. Tuttavia, per quanto la
sentenza afferma che “(…) sebbene non si dia confessione per
dichiarazione del solo patrono, pure essa pacificamente può costituire
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però che l’istituto della successione nel possesso disciplinato dall’art.

RG. 14079 del 2013 Malimpensa Arnaldo – – ISMEA più altro

indizio contrario alla tesi del patrocinato, se confortata dalle risultanze
probatorie G.), vi è ragione di ritenere che la valutazione espressa dalla
Corte e di cui si dice, rimane ininfluente perché non decisiva. Piuttosto,
il convincimento della Corte distrettuale, diversamente da quanto

probatorie. Con la conseguenza che anche ammettendo l’errore
denunciato lo stesso non potrebbe comportare la cassazione della
sentenza impugnata.
2.b). Infondato è anche il secondo motivo. Va qui ribadito quanto è
affermato ripetutamente da questa Corte di cassazione e, cioè, che il
compito di valutare le prove e di controllarne l’attendibilità e la
concludenza – nonché di individuare le fonti del proprio convincimento
scegliendo tra le complessive risultanze del processo quelle ritenute
maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti – spetta in via
esclusiva al giudice del merito. Di conseguenza la deduzione con il
ricorso per Cassazione di un’insufficiente valutazione delle prove, non
conferisce al giudice di legittimità il potere di riesaminare il merito
dell’intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensì la sola
facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della
coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice di
merito.
Ora, nel caso in esame la Corte distrettuale ha ampiamente valutato
tutti gli elementi probatori acquisiti, considerandoli nel loro complesso
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sostenuto dal ricorrente, è basato su altre e diverse risultanze

RG. 14079 del 2013 Malimpensa Arnaldo – – ISMEA più altro

ed ha indicato, variamente, le ragioni per le quali talune risultanze non
venivano condivise.
Inconducenti sono, per altro, i rilievi del ricorrente secondo cui: a) la
circostanza del “(…) come mai la frequentazione dell’abitazione di tal

edotte sui fatti di causa (….) sarebbe stata facilmente chiarita se il
Giudice istruttore si fosse peritato di chiederlo (…)”, b) sui capitolati di
prova loro sottoposti era compito del Giudice e, non certo della parte,
quello di eliminare qualsivoglia dubbio in ordine all’attendibilità dei testi
invece di fondare su di esso il rigetto della domanda; c) “(…) la
sentenza non avrebbe specificato se il Giudice o alcuna delle parti
avessero effettivamente chiesto ai testi suddetti oltre che di confermare
il capitolato di prova, di riferire sulle menzionate “circostanze di
contorno” e su quali di esse (….)”, posto che si tratta di rilievi che non
prospettano questioni di legittimità, ma, semplicemente, questioni di
merito o di valutazione dei dati processuali..
2. c).= Inammissibile perché generico è il terzo motivo.
E’, comunque, giusto il caso di chiarire che nel nostro sistema civile il
Giudice di appello non ha alcun obbligo di procedere alla rinnovazione
dell’istruttoria e/o alla riassunzione dei testi neppure nell’ipotesi in cui
effettui una diversa valutazione dei dati processuali acquisiti rispetto a
quanto ritenuto nel giudizio di primo grado. Tutt’al più come pure è
stato affermato da questa Corte, in altra occasione (Cass. n. 18468 del
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sig.ra Catto Agnese consentiva alle testimoni di essere adeguatamente

RG. 14079 del 2013 Malinnpensa Arnaldo – – ISMEA più altro

2015), il giudice d’appello può disporre la rinnovazione dell’esame dei
testimoni senza necessità d’istanza di parte poiché il potere di
rinnovazione, proprio anche del giudizio di appello per il combinato
disposto degli artt. 257 e 359 c.p.c., è discrezionale ed esercitabile

risultanze processuali, compresa l’attività necessaria per il chiarimento
delle stesse, nei limiti del “devolutum” e deirappellatum”.
Se, poi, il ricorrente, abbia inteso censurare una valutazione di merito,
sia pure sottintesa, della Corte distrettuale che non ha riscontrato la
necessità di rinnovare la prova testimoniale esperita nel giudizio di
primo grado, non ha tenuto conto, che tale valutazione non è soggetta
ad un sindacato di legittimità.
2. d).= Infondato è anche il quarto motivo.
Il ricorrente, in verità denuncia: a) un travisamento della dichiarazione
del teste Sportelli Cosima, laddove ha affermato che “l’attrice abita
nell’abitazione una volta occupata dai genitori operai della SEBI”, ma la
stessa non avrebbe mai detto, come invece sosterrebbe la Corte di
appello, “che tale abitazione fu concessa ai genitori della Malimpensa
dalla SEBI per ragioni di servizio”; b) ad un tempo una erronea
utilizzazione di massime di comune esperienza, epperò, ritiene il
Collegio che le censure avanzate dal ricorrente appaiono risolversi in
una proposta di rilettura (inammissibile in questa sede) delle fonti di
prova acquisite al processo; prove che, viceversa, la corte territoriale
9

anche d’ufficio dal giudice, cui spetta il completo riesame delle

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risulta aver elaborato in maniera esauriente, completa e del tutto
coerente sotto il profilo logico-argomentativo. Al riguardo, occorre
evidenziare come la Corte d’Appello abbia correttamente proceduto, nel
corso dello svolgimento argomentativo della motivazione, ad analizzare

del compendio probatorio nel suo complesso) a fornire una compiuta
prova che Malimpensa Olga avesse posseduto uti dominus il bene
oggetto della controversia e ad un tempo ha ritenuto provato che il
rapporto tra la Malimpensa e il terreno oggetto del giudizio fosse
qualificabile quale detenzione non utile ad usucapire la proprietà del
bene. Come afferma la sentenza impugnata “(….) come si vede nel
ragionamento che precede non vi è alcuna presunzione fondata su alta
presunzione come censurato dall’appellante, bensì una serie di indizi
che producono la conoscenza di un fatto ignoto e cioè il titolo derivativo
che fondava l’occupazione degli immobili di cui all’attrice appellante
reclama l’usucapione. Tale titolo derivativo può spiegare, tra l’altro la
mancata reazione possessoria della SEBI ad una occupazione che
l’attrice nel suo libero interrogatorio, confessa come atto autonomo di
apprensione, cioè ad uno spoglio viziato da violenza attuato contro la
volontà presunta del legittimo proprietario e perciò (peraltro) inidoneo
(art. 1162 cod. civ.) all’usucapione. Se così è ( e tale è l’opinione della
Corte) mancando alla Malimpensa sia l’atto di apprensione autonoma
originario non viziato sia il possesso quale potere di fatto corrispondente
10

la sostanziale inidoneità di ciascuno degli elementi di prova acquisiti (e

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al contratto di un diritto domenicale sulla res difettando con ciò stesso
(‘animus domini, deve riconoscersi che il suo potere si fonda
originariamente di una detenzione per ragioni di servizio e che cessate
tali ragioni la cessazione del rapporto dei suoi genitori con la SEBI prima

titolo (….)”.
In verità, il ricorrente trascura di considerare che in ogni caso è erroneo
parcellizzare le risultanze probatorie e considerarle singolarmente
decisive per il giudizio e, soprattutto, quando, ad una prova di
resistenza, la decisione rimane egualmente motivata o pienamente
giustificata, come nel caso in esame, anche senza la prova che si ritiene
erroneamente valutata.
2.e).= Infondato è il quinto motivo.
Il Collegio osserva che non può costituire titolo idoneo a mutare la
detenzione in possesso, e pertanto non può configurare la “causa
proveniente dal terzo”, contemplata dall’art. 1141 c.c., l’omesso
recupero della disponibilità del bene detenuto a titolo precario, per
ragioni di servizio, e/o la mancata restituzione del bene da parte
dell’erede dei coniugi Malimpensa. La causa proveniente da un terzo,
può, nella ipotesi considerata, consistere in un (qualsiasi) atto di
trasferimento del diritto, compresa l’ipotesi di acquisto da parte del
titolare solo apparente, idoneo a legittimare il possesso,
indipendentemente dalla perfezione, validità ed efficacia dell’atto
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e poi con la ISMEA essa non può che vantare una detenzione senza

RG. 14079 del 2013 Malinnpensa Arnaldo – – ISMEA più altro

medesimo. Il mutamento della detenzione in possesso può derivare da
un negozio posto in essere dal detentore, sia con un terzo sia con lo
stesso possessore mediato, purché dall’atto posto in essere con costui
derivi il trasferimento del diritto corrispondente ovvero la investitura da

manu, che si ha quando il bene, già nella disponibilità di un soggetto a
titolo di detenzione, venga lasciato allo stesso a titolo di possesso
(Cass. n. 2224 del 1978) di modo che, per effetto dell’acquisto del
bene, che si trova già presso l’acquirente, il possesso precario si
tramuta in possesso uti dominus. Deve, dunque, essere sempre
individuata una causa traditionis – vera e reale e non simulata – sia pure
riconducibile ad un rapporto tra il detentore non qualificato ed il
possessore per conto del quale egli detiene e pur non essendo
necessaria la buona fede dell’acquirente circa l’esistenza del diritto del
tradens (Cass. 5 dicembre 1990 n. 11691). Nel caso di specie, il
comportamento materiale (omissivo, di mancato recupero) dell’avente
diritto non poteva, ovviamente, considerarsi idoneo, neppure
astrattamente, a trasferire un diritto sul bene, tale da legittimare
l’interversio possessionis (Cass. 3 ottobre 2000 n. 13104).
2.f). = Infondato è infine il sesto motivo del ricorso.
Va qui osservato che la mancata restituzione del bene da parte degli
eredi dei coniugi Malimpensa, di per se fatto illecito, non integra una
idonea condotta a determinare l’interversio possessionis. Piuttosto,
12

parte dello stesso possessore mediato a mezzo della c.d. traditio brevi

RG. 14079 del 2013 Malimpensa Arnaldo – – ISMEA più altro

l’interversio possessionis può conseguire ad un’opposizione del
detentore. L’opposizione del detentore deve consistere nella
comunicazione effettuata al proprietario, in qualunque modo, sia
mediante atto giudiziale o stragiudiziale, sia anche con altre modalità,

continuare a tenere la cosa non più quale mero detentore, bensì per
conto proprio. L’opposizione deve sempre essere ritenuta necessaria: si
pensi al caso di decesso del comodante (Cass. Civ. Sez. II, 12505/93),
ciò che non comporta l’automatico mutamento della detenzione in
possesso in capo al comodatario che permanga nella materiale
disponibilità della cosa nonostante la cessazione del comodato (perché,
ad esempio, abbia omesso di consegnare le chiavi: Cass. Civ. Sez. II,
5551/05). Piuttosto, occorre che l’intenzione del soggetto che intende
sostituire alli animus detinendi l’animus possidendi sia inequivoca e
diretta al precedente possessore, in modo da metterlo in condizione di
accorgersi del mutamento e di potersi conseguentemente opporre
(Cass. Civ. Sez, II, 8798/03).
In definitiva, il ricorso va rigettato e il ricorrente in ragione del
principio di soccombenza condannato a rimborsare a parte
controricorrente le spese del presente giudizio di cassazione che
vengono lucidate con il dispositivo. Il Collegio dà atto che, ai
sensi dell’art. 13 comma 1 quater del DPR 115 del 2002,
sussistono i presupposti per il versamento, da parte del
13

comunque non equivoche, (Cass. Civ. Sez. IL 2599/97) dell’intento di

RG. 14079 del 2013 Malimpensa Arnaldo – – ISMEA più altro

ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato,
pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma del comma
1-bis dello stesso art. 13.
PQM

Arnaldo) a rimborsare a parte controricorrente le spese del
presente giudizio di cassazione che liquida in C. 3.700,00 di cui
C. 200,00 per esborsi oltre spese generali apri al 15% del
compenso ed accessori come per legge; dà atto che, ai sensi
dell’art. 13 comma 1 quater del DPR 115 del 2002 sussistono i
presupposti per il versamento da parte del ricorrente,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello
dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello
stesso art. 13.
Così deciso nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione
Civile di questa Corte di Cassazione il 22 novembre 2017.
Il Consigliere relatore

Il FUT nzrio Giudiziario
ITi4 NERI

DEPOSITATO IN

Roma,

o

CANCELLERIA

7913

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente (Malimpensa

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