Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4862 del 27/02/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 4862 Anno 2013
Presidente: COLETTI DE CESARE GABRIELLA
Relatore: BALESTRIERI FEDERICO

SENTENZA
sul ricorso 19281-2009 proposto da:
TERLIZZI

MARIA

MICHELA

TRLMMC58R44G125A,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CRESCENZIO
103, presso lo studio dell’avvocato ANGINO MARIO, che
la rappresenta e difende giusta delega in atti;
– ricorrente
contro

2012
3884

I.N.P.S.

– ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA

SOCIALE

80078750587,

in

persona

del

legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato
in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura

Data pubblicazione: 27/02/2013

Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli
avvocati CORETTI ANTONIETTA, DE ROSE EMANUELE, giusta
delega in calce alla copia notificata del ricorso;

resistente con mandato

avverso la sentenza n. 3787/2008 della CORTE

5007/07;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 20/11/2012 dal Consigliere Dott. FEDERICO
BALESTRIERI;
udito l’Avvocato RENATO BALTA per delega MARIO
AN GINO;
udito l’Avvocato CORETTI ANTONIETTA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott.
MARCELLO MATERA, che ha concluso l’accoglimento del
ricorso.

D’APPELLO di BARI, depositata il 13/10/2008 r.g.n.

Svolgimento del processo
Con ricorso al Tribunale di Foggia, Maria Michela
Terlizzi, operaia agricola a tempo determinato,
premesso di aver percepito il trattamento speciale di
disoccupazione agricola relativo all’anno 2002 in
misura inferiore a quella spettante, conveniva in
alla riliquidazione della predetta prestazione, sulla base
della retribuzione giornaliera fissata dalla
contrattazione collettiva integrativa della provincia di
appartenenza, anziché in base al salario medio
convenzionale rilevato nell’anno 1995 e non più
incrementato negli anni successivi e, per l’effetto,
condannare l’Istituto previdenziale alla corresponsione
dell’importo differenziale tra quanto dovuto e quanto
corrisposto, oltre le spese.
A fondamento della domanda l’istante assumeva che,
sebbene fino al 1997 le indicate prestazioni temporanee
fossero state determinate prendendo a base di calcolo il
cd. salario medio convenzionale e tale salario, per il
periodo 1995-1997 e per effetto dell’art. 2 n. 17) L.
n.549/95, fosse rimasto “cristallizzato”, tuttavia, in
virtù di quanto successivamente disposto dall’art. 4 del
d. lgs. n. 146 \ 97 e, quindi, dell’intervenuto
“superamento”, nella provincia di appartenenza ed a far
data dal 1998, del cd. salario medio convenzionale
(fermo al 1995) da parte del cd. salario reale (ossia la
retribuzione fissata, per tutte le qualifiche, in sede di
contrattazione collettiva integrativa), l’importo delle
predette prestazioni temporanee avrebbe dovuto essere
calcolato non più sulla base del cd. salario medio
convenzionale “congelato” ma sulla scorta del cd.
salario contrattuale.
3

giudizio l’INPS, per ivi sentire accertare il suo diritto

Il Tribunale accoglieva la domanda, con condanna
dell’INPS al pagamento delle spese di lite.
Avverso tale pronuncia proponeva appello l’INPS,
eccependo la decadenza dalla domanda.
La lavoratrice resisteva al gravame.
La Corte di appello di Bari, con sentenza del 13 ottobre
2008 accoglieva l’eccezione di decadenza e respingeva
Il rigetto della domanda era motivato ai sensi del d.P.R.
30 aprile 1970, n. 639, art. 47 e successive
modificazioni ed integrazioni, col rilievo della
intervenuta decadenza annuale dal diritto azionato,
decorrente dalla data dell’originaria domanda
amministrativa, da proporre ai sensi del D.L. 9 ottobre
1989, n. 338, art. 7, comma 4 convertito con
modificazioni nella L. 7 dicembre 1989, n. 389, entro il
31 marzo dell’anno successivo a quello di riferimento
del sussidio di disoccupazione. In particolare, la Corte
territoriale aveva ritenuto applicabile anche all’ipotesi
di domanda all’INPS di riliquidazione della indennità di
disoccupazione nel settore del lavoro agricolo, il
termine annuale di decadenza di cui al d.P.R. 30 aprile
1970, n. 639, art. 47, e successive modificazioni ed
integrazioni.
Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso la
lavoratrice, affidato ad unico motivo.
L’INPS ha depositato delega in calce al ricorso
notificato.
Motivi della decisione
Il Collegio ha autorizzato la motivazione semplificata
della presente sentenza.
1. La ricorrente denuncia la violazione dell’art. 47 del
d.P.R. 30 aprile 1970 n. 639 (nel testo modificato dal
D.L. n. 384\92, convertito nella legge n. 439\92, come
4

la domanda proposta dalla lavoratrice in primo grado.

interpretato dell’art. 6 del D.L. n. 103 \ 91, convertito
nella legge 10 giugno 1991 n. 166.
Lamenta che la Corte d’appello non tenne conto del
principio enunciato da questa S.C. (Cass. sez.un. 29
maggio 2009 n. 12720) secondo cui, stante il principio
dell’unitarietà del termine di decadenza, non poteva
trovare applicazione un ulteriore termine di decadenza

domande dirette al solo

adeguamento di prestazioni (come nella specie) già
riconosciute.
Il motivo è fondato.
L’art. 47 del d.P.R. 30 aprile 1970, n. 639 prevedeva
termini per l’esercizio dell’azione ritenuti dalle sezioni
unite di questa Corte (sent. 21 giugno 1990 n. 6245) di
decadenza, di tipo peraltro procedimentale, vale a dire
finalizzata unicamente a delimitare l’efficacia temporale
della condizione di procedibilità della domanda
giudiziaria,

rappresentata

dall’attivazione

e

dall’esaurimento del procedimento amministrativo.
Col successivo D.L. 29 marzo 1991, n. 103, art. 6
convertito con modificazioni nella L. 1 giugno 1991, n.
166, ritenuto da Corte Cost., con la sent. n. 246 del
1992, di interpretazione autentica del d.P.R. n. 639 del
1970, art. 47, venne

stabilito che i termini in

questione fossero posti a pena di decadenza
sostanziale, determinando l’estinzione del diritto ai
ratei pregressi delle prestazioni previdenziali e
l’inammissibilità della relativa domanda giudiziale.
Tali termini vennero successivamente ridotti a tre anni
(un anno per le prestazioni temporanee di cui all’art.
24 L. n. 88\89, che qui interessano) con il D.L. n.
384\92, convertito in L. n.438\92.
Le sezioni unite di questa Corte (sent. n.12720 \ 09),
affermarono che la decadenza di cui al citato art. 47 5

(sostanziale) per le

come interpretato dal D.L. 29 marzo 1991, n. 103, art.
6, convertito, con modificazioni, nella L. 1 giugno 1991,
n. 166 – non può trovare applicazione in tutti quei casi
in cui la domanda giudiziale sia rivolta ad ottenere non
già il riconoscimento del diritto alla prestazione
previdenziale in sé considerata, ma solo l’adeguamento
di detta prestazione già riconosciuta in un importo
E’ tuttavia intervenuto il D.L. 6 luglio 2011, n. 98, art.
38, comma 1, lett. d), convertito in L. n. 111 del
medesimo anno, che ha aggiunto al citato art. 47 un
ultimo comma del seguente tenore: “Le decadenze
previste dai commi che precedono si applicano anche
alle azioni giudiziarie aventi ad oggetto l’adempimento
di prestazioni riconosciute solo in parte o il pagamento
di accessori del credito. In tal caso il termine di
decadenza decorre dal riconoscimento parziale della
prestazione ovvero dal pagamento della sorte”,
precisando al quarto comma che “le disposizioni di cui
al comma 1, lett. c) e d) si applicano anche ai giudizi
pendenti in primo grado alla data di entrata in vigore
del presente decreto”.
Questa Corte (sent. 8 maggio 2012 n. 6959) ha al
riguardo chiarito che “In tema di decadenza delle
azioni giudiziarie volte ad ottenere la riliquidazione di
una prestazione parzialmente riconosciuta, la novella
dell’art. 38 lett. d) del d.l. 6 luglio 2011, n. 98, conv. in
L. n.111 del 2011 – che prevede l’applicazione del
termine decadenziale di cui all’art. 47 del d.P.R. 30
aprile 1970 n. 639, anche alle azioni aventi ad oggetto
l’adempimento di prestazioni riconosciute solo in parte
o il pagamento di accessori del credito -, detta una

disciplina innovativa con efficacia retroattiva limitata ai
giudizi pendenti in primo grado alla data di entrata in
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inferiore a quello dovuto.

vigore delle nuove disposizioni, con la conseguenza che,
ove la nuova disciplina non trovi applicazione, come nel
caso di giudizi pendenti in appello, o in cassazione alla
data predetta, vale il generale principio
dell’inapplicabilità del termine decadenziale”.
Il Collegio non ha motivi per discostarsi da tale
principio, sicché il ricorso va accolto e la sentenza

dispositivo indicato, che si atterrà al principio di diritto
enunciato, provvedendo anche in ordine alle spese,
compreso il presente giudizio di legittimità.
P. Q . M .
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza
impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte
d’appello di Bari, in diversa composizione.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 20
novembre 2012

impugnata cassata, con rinvio al altro giudice, in

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