Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4859 del 24/02/2020

Cassazione civile sez. trib., 24/02/2020, (ud. 22/10/2019, dep. 24/02/2020), n.4859

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – rel. Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

Dott. REGGIANI Eleonora – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27058-2018 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

M.D.D.C.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 644/2018 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

LECCE, depositata il 26/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

22/10/2019 dal Consigliere Dott. ANNA MARIA FASANO.

Fatto

RITENUTO

CHE:

L’Agenzia delle entrate propone ricorso, svolgendo tre motivi, per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria della Puglia n. 644/23/18, che aveva rigettato l’appello dalla stessa proposto avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Lecce n. 472/2014, che aveva disposto l’annullamento per difetto di motivazione dell’avviso di accertamento catastale n. (OMISSIS) con cui l’Ufficio aveva determinato il nuovo classamento ed aumentata la rendita catastale, ai sensi della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, di più unità immobiliari di proprietà di M.d.D.C.. La Commissione Tributaria Regionale riteneva non sufficiente motivato l’atto impugnato, assumendo che la revisione della classificazione di un immobile doveva chiaramente specificare a cosa era dovuto il mutamento, onde consentire di valutare l’opportunità di esperire l’impugnazione giudiziale e contestare l’an ed il quantum della pretesa fiscale. La parte intimata non ha svolto difese.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Con il primo motivo si denuncia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 295 c.p.c. e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 39 (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), atteso che i giudici di appello non avrebbero sospeso il giudizio in attesa dell’esito del giudizio pendente presso il giudice amministrativo sulla legittimità degli atti a monte dell’avviso di classamento per cui è causa, come riferito nelle premesse in fatto. L’Ufficio ha riferito che innanzi al giudice amministrativo sono state impugnate da parte di un contribuente, e da alcune associazioni di categoria per la difesa dei diritti dei consumatori, le delibere di giunta comunale di Lecce aventi ad oggetto richiesta di revisione di classamento delle unità immobiliari ricadenti nelle microzone (OMISSIS) del Comune di Lecce ai sensi della L. 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1, comma 335, nonchè gli atti suddivisione del territorio del Comune di Lecce in microzone catastali ai sensi del D.P.R. 23 marzo 1998, n. 138, art. 2. L’Agenzia del territorio, ora incorporata nell’Agenzia delle entrate, ha resistito eccependo il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo nonchè l’irricevibilità e l’inammissibilità del ricorso sotto diversi profili. Il Tribunale amministrativo regionale della Puglia, Sezione di Lecce, ha accolto il ricorso con sentenza 11 luglio 2013, n. 1621. Avverso tale decisione è stato proposto appello invocando, tra l’altro, il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo. Il Consiglio di Stato ha accolto tale tesi, ritenendo la vertenza devoluta al giudice tributario. Le parti private hanno proposto ricorso alla Suprema Corte chiedendo che fosse affermata la giurisdizione del giudice amministrativo. Questa Corte, a Sezioni Unite, con sentenza del 18 aprile 2016, n. 7665, ha accolto il ricorso e ha cassato la sentenza impugnata, dichiarando la giurisdizione del Giudice amministrativo e rimettendo le parti dinanzi al Consiglio di Stato per la riassunzione del giudizio nei termini di legge. Le parti private hanno riassunto innanzi alla Quarta Sezione del Consiglio di Stato il giudizio che è attualmente pendente rubricato al N. R.G. 8067/2013.

2. Con il secondo motivo si denuncia violazione e/o falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 7 (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), atteso che la decisione impugnata, nella parte in cui ha affermato che l’avviso di accertamento catastale sarebbe carente di motivazione, risulta giuridicamente erronea atteso che l’obbligo di motivazione degli atti tributari assume diversa portata e contenuto a seconda della natura degli stessi. Nella fattispecie, l’avviso di accertamento catastale richiama nella parte motiva, a contenuto generale, il provvedimento di attivazione del procedimento revisionale, nonchè le ragioni che hanno giustificato, nello specifico, il riclassamento effettuato. L’atto di accertamento, pertanto, non può considerarsi inficiato da vizio di motivazione, essendo stati correttamenti esplicitati i presupposti di fatto e di diritto costituiti dalla determinazione direttoriale nell’ambito della procedura di revisione parziale prevista dalla L. 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1, comma 335.

3. Con il terzo motivo si denuncia violazione e/o falsa applicazione della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, nonchè del D.P.R. n. 1142 del 1949, art. 61 (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), atteso che la Commissione Tributaria Regionale avrebbe violato e falsamente applicato le norme indicate in rubrica. Nella fattispecie, non si tratterebbe di una revisione puntuale del singolo classamento, ma di un aumento delle rendite catastali in microzone anomale, necessario alla luce di quel mancato aggiornamento delle rendite catastali. La L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, è una norma di carattere speciale che, con una procedura massiva di revisione parziale dei classamenti delle unità immobiliari urbane, tende a sopperire al mancato aggiornamento delle rendite catastali, attenuando le predette sperequazioni fiscali, all’interno di uno stesso Comune.

4. Il primo motivo di ricorso è inammissibile per la novità della questione. Non risulta, infatti, dal contenuto della sentenza impugnata che sia stata proposta dall’Ufficio istanza di sospensione del giudizio ai sensi dell’art. 295 c.p.c. e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 39, nè il ricorrente si è premurato di indicare, in ossequio al principio di autosufficienza, in quale fase del giudizio di merito e con quale atto difensivo sia stata avanza l’istanza di sospensione del giudizio. Il motivo è, altresì, infondato, in quanto, anche a volere ritenere astrattamente applicabile al giudizio tributario l’art. 295 c.p.c., lo stesso non lo sarebbe alla fattispecie in esame posto che la pregiudizialità di una controversia è configurabile solo nel caso in cui entrambi i giudizi siano pendenti tra le stesse parti e il giudice amministrativo sia chiamato a definire questioni di diritto soggettivo in sede di giurisdizione esclusiva e non anche quando dinanzi allo stesso giudice sia impugnato un provvedimento su interessi legittimi, potendo il giudice ordinario disapplicare l’atto amministrativo (Cass. n. 20491 del 2018). Inoltre, la sentenza del giudice di appello è stata pubblicata il 26 febbraio 2018, ossia quando non ricorre più un’ipotesi di sospensione necessaria ex art. 295 c.p.c., in seguito all’entrata in vigore del D.Lgs., n. 156 del 2015, risultando all’evidenza applicabile l’art. 337 c.p.c., comma 2, che, in caso di impugnazione di una sentenza la cui autorità sia stata invocata in un giudizio separato, prevede soltanto la possibilità della sospensione facoltativa di quest’ultimo(Cass. n. 11577 del 2019).

5. Il secondo ed il terzo motivo di ricorso, da esaminarsi congiuntamente per ragioni di connessione logica, sono infondati per le considerazioni che seguono.

a) L’atto tributario di classamento delle unità immobiliari a destinazione ordinaria consiste nel collocare ogni singola unità in una data categoria e in una data classe, in base alle quali attribuire la rendita (D.P.R. n. 1142 del 1949, art. 61 e D.P.R. n. 138 del 1998 art. 8); categoria e classe costituiscono due distinti elementi dell’unitaria operazione del classamento.

Ai sensi del D.P.R. n. 138 del 1998, art. 8, commi 2 e 3, la categoria viene assegnata sulla base della normale destinazione funzionale dell’unità immobiliare, tenuto conto dei caratteri tipologici e costruttivi specifici e delle consuetudini locali, mentre la classe, rappresentativa del livello reddituale ordinario ritraibile nell’ambito del mercato edilizio della microzona, dipende dalla qualità urbana ed ambientale della microzona in cui l’unità è ubicata, nonchè dalle caratteristiche edilizie dell’unità medesima e del fabbricato che la comprende.

La qualità urbana della microzona dipende dal livello delle infrastrutture e dei servizi e dalla qualità ambientale, dal livello di pregio o di degrado dei caratteri paesaggistici e naturalistici ancorchè determinati dall’attività umana.

Ai fini della individuazione dell’esatto valore reddituale dell’immobile, indispensabile per l’attribuzione della classe, rileva sia il fattore posizionale, determinato dalla collocazione in una microzona e dalla qualità dei luoghi circostanti, sia il fattore edilizio, desumibile dai parametri distintivi del fabbricato e della singola unità immobiliare, quali dimensione e tipologia, destinazione funzionale, epoca di costruzione, dotazione impiantistica, qualità e stato edilizio, pertinenze comuni ed esclusive, livello di piano (citato art. 8, commi 6, 7 e 8).

b) Questa Corte è recentemente intervenuta in tema di classamento stabilendo, con sentenza n. 19810 del 2019, che l’atto di classamento va necessariamente motivato e l’obbligo motivazionale deve soddisfare il principio di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 7 (Statuto del contribuente), che a sua volta richiama la L. n. 241 del 1990, art. 3, secondo cui l’Amministrazione finanziaria è tenuta ad indicare nei suoi atti “i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione”.

L’obbligo di motivazione assume una connotazione più ampia nelle ipotesi in cui l’Agenzia del territorio muta d’ufficio il classamento ad un’unità immobiliare che risulti già munita. Questa Corte ha, infatti, precisato che “in tal caso la dilatazione della componente motivazionale si giustifica per il fatto che, andando ad incidere su valutazioni che si presumono già verificate in termini di congruità, è necessario mettere in evidenza gli elementi di discontinuità che ne legittimano la variazione” (Cass. n. 19810 del 2019).

Con riferimento alla questione delle microzone comunali (L. 311 del 2004, art. 1, comma 335), le Sezioni Unte di questa Corte hanno affermato che l’Agenzia è tenuta a specificare se il mutamento sia dovuto a una risistemazione dei parametri relativi alla microzona nella quale si colloca l’unità immobiliare e, nel caso, indicare l’atto con cui si è provveduto alla revisione dei parametri relativi alla microzona, a seguito di significativi e concreti miglioramenti del contesto urbano (Cass. SS.UU. n. 7665/2016).

c) Se il nuovo classamento è stato adottato, ai sensi della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, nell’ambito di una revisione dei parametri catastali della microzona in cui l’immobile è situato, giustificata dal significativo scostamento del rapporto tra valore di mercato e valore catastale in tale microzona rispetto all’analogo rapporto nell’insieme delle microzone comunali, l’atto deve indicare la specifica menzione dei suddetti rapporti e del relativo scostamento.

Questa Corte (Cass. n. 23129 del 2018 e Cass. n. 3107 del 2019) ha, infatti, chiarito: “che il procedimento di revisione parziale del classamento di cui alla L. 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1, comma 335, non essendo diversamente disciplinato se non in relazione al suo presupposto fattuale, e cioè l’esistenza di uno scostamento significativo del rapporto tra valori medi della zona considerata e nell’insieme delle microzone comunali, resta soggetto alle medesime regole dettate ai fini della “revisione del classamento” dal D.P.R. 23 marzo 1998, n. 138, art. 9, sì da sottrarne l’attuazione alla piena discrezionalità della competente Amministrazione pubblica; che, di conseguenza, non può ritenesi congruamente motivato il provvedimento di riclassamento che faccia esclusivamente riferimento al rapporto tra il valore di mercato e il valore catastale nella microzona considerata rispetto all’analogo rapporto sussistente nell’insieme delle microzone comunali, e al relativo scostamento ed ai provvedimenti amministravi a fondamento del riclassamento, allorchè da questi ultimi non siano evincibili gli elementi (come la qualità urbana del contesto nel quale l’immobile è inserito, la qualità ambientale della zona di mercato in cui l’unità è situata, le caratteristiche edilizie del fabbricato) che, in concreto, abbiano inciso sul diverso classamento (Sez. 5, n. 22900 del 29.9.2017; Sez. 6-5 n. 3156 del 2015); che la Corte costituzionale, con la pronuncia n. 249 del 2017, ha fra l’altro affermato che: “la natura e le modalità dell’operazione enfatizzano l’obbligo di motivazione in merito agli elementi che hanno, in concreto, interessato una determinata microzona, così incidendo sul diverso classamento della singola unità immobiliare; obbligo che, proprio in considerazione del carattere diffuso dell’operazione, deve essere assolto in maniera rigorosa in modo tale da porre il contribuente in condizione di conoscere le concrete ragioni che giustificano il provvedimento”, ribadendo così la necessità di un provvedimento specifico e puntuale in capo all’Amministrazione”.

Si impone, pertanto, un corretto utilizzo della metodologia del riclassamento ai sensi delle norme citate, che a giudizio di questa Corte, non può prescindere da una valutazione, caso per caso, del singolo immobile, oggetto di riclassificazione (Cass. n. 19810 del 2019).

d) Tanto premesso, nella specie, è pacifico che l’Amministrazione abbia proceduto d’ufficio al mutamento di classamento ai sensi della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, nell’ambito di una revisione dei parametri catastali della microzona in cui gli immobili sono situati, giustificata dal significativo scostamento del rapporto tra il valore di mercato ed il valore catastale in tale microzona rispetto all’analogo rapporto sussistente nell’insieme delle microzone comunali. In queste ipotesi la ragione giustificativa del mutamento di rendita non è la mera evoluzione del mercato immobiliare, nè la mera richiesta del Comune, bensì l’accertamento di un modifica nel valore degli immobili presenti nella microzona, attraverso le procedure previste dal successivo comma 339, ed elaborate con la determinazione direttoriale del 16 febbraio 2005 (G.U. n. 40 del 18 febbraio 2005) cui sono allegate le linee guida definite con il concorso delle autonomie locali. Ne consegue che non è sufficiente che siano rispettati i criteri generali previsti dal citato art. 1, comma 335, ma si richiede che l’attribuzione della nuova rendita venga contestualizzata in riferimento alle singole unità immobiliari, sicchè anche gli oneri motivazionali devono adeguarsi ad esigenze di concretezza ed analiticità, senza che possa ritenersi sufficiente una motivazione standardizzata, applicata indistintamente, che si limiti a richiamare i presupposti normativi in modo assertivo.

La motivazione dell’atto di “riclassamento” non può essere integrata dall’Amministrazione finanziaria nel giudizio di impugnazione avverso lo stesso (Cass. n. 25450 del 2018 e n. 6065 del 2017), nè il fatto che il contribuente abbia potuto svolgere le proprie difese vale a rendere sufficiente la motivazione, al fine di non legittimare un inammissibile giudizio ex post della sufficienza della motivazione, argomentata dalla difesa svolta in concreto dal contribuente, piuttosto che un giudizio ex ante basato sulla rispondenza degli elementi enunciati nella motivazione a consentire l’effettivo esercizio del diritto di difesa.

e) Il tenore dell’atto impugnato, il cui contenuto è stato illustrato nella sentenza impugnata e nello sviluppo illustrativo del ricorso, non risponde ai requisiti sopra illustrati, sicchè la motivazione appare meramente apparente (in tema v. Cass. n. 16629, n. 16631 del 2018).

I principali requisiti dell’atto di accertamento, laddove esso tragga impulso da una “verifica per microzone” secondo la previsione del comma 335, sono dunque costituiti dalla determinazione del direttore dell’Agenzia del territorio di cui al successivo comma 339, dalla richiesta del Comune dalla quale il potere di rettifica ha tratto impulso e dai dati essenziali del procedimento estimativo delineato dal comma 335 e dalle citate fonti normative integrative (valore medio di mercato della singola microzona, valore catastale medio della medesima microzona e rapporto tra i due valori; valore medio di mercato dell’insieme delle microzone comunali, valore catastale medio dell’insieme delle microzone comunali e relativo rapporto tra i due valori; scostamento tra i due valori di rapporto (cfr. per una parziale disamina Cass. n. 21176 del 2016).

Ne consegue che non può ritenersi sufficientemente motivato il provvedimento di diverso classamento che faccia esclusivamente riferimento al suddetto rapporto di scostamento senza esplicitarne gli elementi che in concreto lo hanno determinato, che non possono prescindere da quelli indicati dal D.P.R. n. 138 del 1998, art. 8 (qualità urbana ed ambientale della microzona nonchè caratteristiche edilizie dell’unità medesima e del fabbricato che la comprende) e ciò al duplice fine di consentire, da un lato, al contribuente di individuare agevolmente il presupposto dell’operata riclassificazione ed approntare le consequenziali difese, e, dall’altro, per delimitare, in riferimento a dette ragioni, l’oggetto dell’eventuale successivo contenzioso, essendo precluso all’ufficio addure, in giudizio, cause diverse rispetto a quelle enunciate nell’atto (Cass. n. 25766 del 2018; n. 23789 del 2018, n. 17413 del 2018, n. 17412 del 2018, n. 8741 del 2018; n. 4903 e n. 10403 del 2019). “Oltre al fatto posizionale, ai fini valutativi rileva anche il fattore edilizio, per cui non è possibile prescindere dalle caratteristiche edilizie specifiche delle singole unità e del fabbricato che la comprende (l’esposizione, il grado di rifinitura, stato di conservazione, l’anno di costruzione ecc.), non essendo sostenibile che tutti gli immobili di una stessa zona abbiano necessariamente la medesima classe” (v. in motivazione Cass. n. 19810 del 2019). Si deve, quindi, ribadire il principio di diritto espresso da questa Corte, secondo cui: “In tema di estimo catastale, il nuovo classamento adottato ai sensi della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, soddisfa l’obbligo di motivazione se, oltre a contenere il riferimento ai parametri di legge generali, quali il significativo scostamento del rapporto tra il valore di mercato ed il valore catastale rispetto all’analogo rapporto sussistente nell’insieme delle microzone comunali, ed ai provvedimenti amministrativi su cui si fonda, consente al contribuente di evincere gli elementi, che non possono prescindere da quelli indicati dal D.P.R. n. 138 del 1998, art. 8 (quali la qualità urbana del contesto nel quale l’immobile è inserito, la qualità ambientale della zona di mercato in cui l’unità è situata, le caratteristiche edilizie del fabbricato e della singola unità immobiliare), che, in concreto, hanno inciso sul diverso classamento, ponendolo in condizione di conoscere ex ante le ragioni specifiche che giustificano il singolo provvedimento di cui è destinatario, seppure inserito in un’operazione di riclassifica-zione a carattere diffuso” (Cass. n. 19810 del 2019).

6. La Commissione Tributaria Regionale, pertanto, si è uniformata ai principi di diritto enunciati, rilevando che: “la revisione della classificazione di un immobile debba chiaramente specificare a cosa sia dovuto il mutamento, onde consentire di valutare l’opportunità di esperire l’impugnazione giudiziale e contestare l’an ed il quantum della pretesa fiscale”, e così ritenendo del tutto immotivato il provvedimento, che conterrebbe un generico riferimento ai rapporti tra microzone, al relativo scostamento ed ai precedenti provvedimenti amministrativi, mancando del tutto in esso la indicazione di fatti e circostanze che avrebbero dovuto determinare il diverso classamento.

Ne consegue che appare evidente il difetto motivazionale dell’atto impugnato, nella sostanza basato esclusivamente sulla revisione generalizzata del classamento degli immobili compresi in una medesima microzona, in mancanza di qualsiasi altra specificazione.

7. In definitiva il ricorso va rigettato. Nulla per le spese in mancanza di attività difensiva delle parti intimate.

P.Q.M

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 22 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 24 febbraio 2020

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