Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4858 del 01/03/2010

Cassazione civile sez. I, 01/03/2010, (ud. 03/12/2009, dep. 01/03/2010), n.4858

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITRONE Ugo – Presidente –

Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –

Dott. BERNABAI Renato – rel. Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

Dott. FITTIPALDI Onofrio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 10197-2008 proposto da:

L.L. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente domiciliato

in ROMA, V. SICILIA 235, presso l’avvocato DI GIOIA GIULIO, che lo

rappresenta e difende, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

e contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA;

– intimato –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositato il

25/05/2006; n. 52595/05 R.G.A.D.;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/12/2009 dal Consigliere Dott. RENATO BERNABAI;

udito, per il ricorrente, l’Avvocato GIULIO DI GIOIA che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PRATIS Pierfelice che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso depositato il 4 ottobre 2001 il sig. L.L. conveniva dinanzi la Corte d’appello di Roma il Ministero della Giustizia per ottenere l’equa riparazione dei danno da violazione del termine ragionevole del processo da lui promosso dinanzi al giudice del lavoro di Caserta nei confronti dello SCAU – Servizio Contributi Agricoli Unificati (cui era poi succeduto, dopo la soppressione dell’ente con decorrenza dall’1 luglio 1995, l’INPS), per ottenere il rimborso dei contributi previdenziali e assistenziali determinati da quest’ultimo ente impositore per la manodopera agricola salariata adibita alla coltivazione di un terreno che, benchè sito ad altitudine inferiore a 700 metri sul livello del mare, era affetto da grave dissesto geologico ed economico; e pertanto suscettibile di esonero totale dai contributi, come da sentenza della Corte costituzionale, 30 dicembre 1985, n. 370, che aveva dichiarato illegittimi gli articoli sette ed otto del D.L. 23 dicembre 1977, n. 942 convertito con modificazioni in L. 27 febbraio 1978, n. 41 (Provvedimenti in materia previdenziale): processo, definito con sentenza depositata il 22 aprile 1999, dichiarativa dell’inammissibilità della domanda. Esponeva di aver agito dinanzi la Corte europea dei diritti dell’uomo, senza che, allo stato, fosse intervenuta la decisione sulla ricevibilità del ricorso.

Integrato il contraddittorio con la costituzione del Ministero della giustizia, la Corte d’appello di Roma con decreto emesso il 18 giugno 2002 respingeva la domanda, per difetto di prova del danno, con compensazione delle spese processuali.

In accoglimento del successivo ricorso per cassazione, questa Corte, con sentenza 18 marzo 2005 cassava la decisione con rinvio alla corte d’appello di Roma in diversa composizione, statuendo che il danno non patrimoniale, seppur non in re ipsa, era presuntivamente riconoscibile in caso di ritardo irragionevole nella definizione del processo, salvo circostanze specifiche che lo escludessero, il cui onere probatorio ricadeva sulla parte convenuta. Riassunta ritualmente la causa, la Corte d’appello di Roma, con decreto 25 maggio 2000, accertato il ritardo irragionevole in anni quattro, condannava il Ministero della Giustizia al pagamento della somma di Euro 4000,00, oltre interessi legali e spese del giudizio di rinvio.

Avverso il provvedimento proponeva ricorso per cassazione il L., deducendo la violazione dei limiti tabellari e la carenza di motivazione nell’omessa condanna al rimborso delle spese dei primi due gradi di giudizio e nella liquidazione troppo riduttiva delle spese del giudizio di rinvio, prive altresì della voce relativa alle spese generali.

All’udienza del 3 dicembre 2009 il Procuratore generale ed il difensore del ricorrente precisavano le conclusioni come da verbale, in epigrafe riportate.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso è fondato nei limiti di cui appresso. La corte territoriale ha omesso, in effetti, di pronunciarsi sulla ripetibilità delle spese relative al primo grado di merito ed alla fase di legittimità e del pari liquidato in misura immotivatamente riduttiva quelle del giudizio di rinvio. In carenza della necessità di ulteriori accertamenti di merito si può procedere alla decisione in questa sede e liquidare in Euro 1150,00 le spese sia del primo grado di giudizio che di quello di rinvio, di cui Euro 380,00 per diritti ed Euro 720,00 per onorari, oltre le spese generali e gli accessori di legge; in Euro 1100, di cui Euro 1000,00 per onorari le spese relative alla fase di legittimità, oltre le spese generali e gli accessori di legge.

Le spese di questo grado di legittimità seguono soccombenza e vanno liquidate in euro 1100,00, di cui Euro 1000,00 per onorari.

I predetti importi vanno distratti in favore dell’avvocato Giulio di Gioia, antistatario.

P.Q.M.

– Accoglie il ricorso nei limiti di cui in motivazione, cassa il decreto impugnato in relazione alla censura accolta e, decidendo nel merito, condanna il Ministero della Giustizia alla rifusione delle spese del giudizio di primo grado, liquidate in complessivi Euro 1.150,00 di cui Euro 380,00 per diritti ed Euro 720,00 per onorari, oltre le spese generali e gli accessori di legge; nonchè delle spese del primo giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 1.100,00, di cui Euro 1.000 per onorari, oltre le spese generali e gli accessori legge; del giudizio di rinvio, liquidate in complessivi Euro 1.150,00 di cui Euro 380,00 per diritti ed Euro 720,00 per onorari, oltre le spese generali e gli accessori di legge;

– condanna il Ministero della Giustizia alla rifusione delle spese del presente giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 1.100,00, di cui Euro 1.000,00 per onorari, oltre le spese generali e gli accessori di legge;

– dispone la distrazione delle spese sopra liquidate in favore dell’avv. Giulio Di Gioia, antistatario.

Così deciso in Roma, il 3 Dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 1 marzo 2010

 

 

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