Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4856 del 24/02/2017

Cassazione civile, sez. VI, 24/02/2017, (ud. 14/12/2016, dep.24/02/2017),  n. 4856

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARIENZO Rosa – Presidente –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – rel. Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10609-2014 proposto da:

SANTILLI ENZO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GERMANICO 96,

presso lo studio dell’avvocato LETIZIA TILLI rappresentato e difeso

dall’avvocato ANTONIO ORONZO giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, C.F. (OMISSIS), in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la sede

dell’AVVOCATURA dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso

unitamente e disgiuntamente dagli avvocati SERGIO PREDEN, LIDIA

CARCAVALLO, LUIGI CAIULO cd ANTONELLA PATIERI giusta procura

speciale a margine del ricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1443/2013 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

emessa il 05/12/2013 e depositata il 12/12/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

14/12/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ROSSANA MANCINO;

udito l’Avvocato Antonella Patteri, per l’I.N.P.S., che si riporta ai

motivi del controricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

1. La Corte pronuncia in camera di consiglio ex art. 375 c.p.c., a seguito di relazione a norma dell’art. 380-bis c.p.c., condivisa dal Collegio.

2. Con sentenza del 12 dicembre 2013 la Corte di appello di L’Aquila rigettava il gravame avverso la sentenza di primo grado, che aveva dichiarato la decadenza dall’azione giudiziaria per il riconoscimento del diritto al beneficio, di cui alla L. n. 257 del 1992, art. 13, comma 8, della maggiorazione contributiva per esposizione all’amianto.

3. Ad avviso della Corte territoriale non sembrava, nella specie, avanzata alcuna domanda amministrativa all’INPS, a pena di improponibilità del ricorso giudiziario, depositato oltre il termine di decadenza previsto dal D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47, nel testo sostituito dal D.L. n. 384 del 1992, art. 4, convertito nella L. n. 438 del 1992 (tre anni e trecento giorni).

4. Per la cassazione di tale decisione il ricorrente propone ricorso affidato ad un unico articolato motivo.

5. L’INPS ha resistito con controricorso.

6. Con l’unico motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione di legge in quanto la Corte di Appello, risolta in senso favorevole all’appellante la questione della decadenza dall’azione giudiziaria D.P.R. n. 639 del 1970, ex art. 47 avrebbe poi ritenuto priva di valenza la domanda amministrativa presentata, all’INPS, in data 18 gennaio 2010.

7. Questa Corte ha affermato il principio che la decadenza dall’azione giudiziaria trova applicazione anche per le controversie aventi ad oggetto il riconoscimento del diritto alla maggiorazione contributiva per esposizione all’amianto, siano esse promosse da pensionati ovvero da soggetti non titolari di alcuna pensione, così da doversi ritenere incluso, nella previsione di legge, anche l’accertamento relativo alla consistenza dell’anzianità contributiva utile ai fini in questione, sulla quale, all’evidenza, incide il sistema più favorevole di calcolo della contribuzione in cui si sostanzia il beneficio previdenziale previsto dalla L. n. 257 del 1992, art. 13, comma 8.

8. Si è, altresì, chiarito, con specifico riferimento alle domande giudiziarie avanzate da soggetti già pensionati, che non sono applicabili i principi affermati dalle Sezioni unite di questa Corte nella sentenza n. 12720/2009, atteso che ciò che si fa valere non è il diritto al ricalcolo della prestazione pensionistica, ovvero alla rivalutazione dell’ammontare dei singoli ratei erroneamente (o ingiustamente) liquidati in sede di determinazione amministrativa, bensì il diritto a un beneficio che, seppure previsto dalla legge “ai fini pensionistici” e ad essi, quindi, strumentale, è dotato di una sua specifica individualità e autonomia, operando sulla contribuzione ed essendo ancorato) a presupposti propri e distinti da quelli in presenza dei quali era sorto (o sarebbe sorto) – in base ai criteri ordinari – il diritto al trattamento pensionistico.

9. A tale orientamento non può validamente opporsi che la L. n. 257 del 1992, non prevede espressamente la necessità di presentazione della domanda amministrativa, a differenza di quanto dispone, con riferimento all’I.N.A.I.L., il D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 47, convertito nella L. 24 novembre 2003, n. 326.

10. Esiste, infatti, la norma generale prevista dalla L. n. 533 del 1973, art. 7, (cui è sotteso l’interesse pubblico “ad una sollecita e meno costosa definizione di determinate controversie” – Cass. Sez. U., 5 agosto 1994, n. 7269 – che impone alla parte privata di compulsare ante causam l’ente erogatore, cioè la controparte, avviando così un procedimento amministrativo necessario che lasci all’amministrazione uno spatium deliberandi di 120 giorni.

11. La tesi della generale indispensabilità dell’istanza amministrativa in relazione a tutte le controversie di cui all’art. 442 c.p.c., (nella materia previdenziale e nell’assistenza sociale; nei confronti dell’I.N.P.S. e degli altri enti erogatori; anche nel caso in cui ad agire sia il datore di lavoro per questioni concernenti i contributi assicurativi) è assolutamente prevalente (e ribadita, da ultimo, da Cass. sez. sesta – L. n. 3743/2016 cui si rinvia per la giurisprudenza ivi richiamata).

12. In continuità con il richiamato orientamento giurisprudenziale, va ribadito che la domanda giudiziale di rivalutazione contributiva per esposizione all’amianto proposta da soggetto iscritto (o pensionato) debba essere preceduta, a pena di improponibilità, da quella amministrativa rivolta all’ente competente a erogare la prestazione (nel senso della necessità che l’assicurato porti a conoscenza dell’Istituto “fatti” la cui esistenza è nota solo all’interessato).

13. La domanda giudiziale deve, quindi, essere presentata all’I.N.P.S., unico ente legittimato) a concedere il beneficio previdenziale in parola; neanche può fondatamente sostenersi una sostanziale fungibilità, rispetto a tale domanda, della domanda inoltrata all’I.N.A.I.L. attesa la diversità funzionale dell’una rispetto all’altra (la domanda all’I.N.P.S. è necessaria per l’erogazione del beneficio previdenziale mentre quella rivolta all’I.N.A.I.L. mira unicamente a fornire al lavoratore la prova dell’esposizione all’amianto).

14. In definitiva, per verificare l’osservanza del termine decadenziale deve aversi riguardo alla data di proposizione del ricorso di primo grado correlata alla domanda amministrativa presentata all’INPS.

15. Orbene, dalle esposte premesse discende che l’impugnata sentenza che, nel dare atto di una domanda all’INPS, ha rilevato che non “sembrava” essere mai stata avanzata, “in quel contesto”, una domanda all’INPS, “facendo l’appellante riferimento solo ad un provvedimento dell’istituto previdenziale nel 2010, a seguito di domanda “per come si ricava dalla documentazione inserita nel fascicolo dell’appellante, il 18/1/2010” e a cui “non si può dare valenza poichè a quell’epoca era vigente la nuova disciplina introdotta dal D.L. n. 269 del 2003 (che prevede una domanda all’INAIL, a pena di decadenza del diritto sostanziale, entro il 15 giugno 2005) non applicabile ratione temporis all’appellato” (così si legge nella sentenza impugnata), non è risultata adeguatamente censurata con il mezzo d’impugnazione devoluto a questa Corte, contrastando la dubbiosa e perplessa statuizione in ordine alla domanda all’INPS su cui si fonda il decisum (attraverso la riproduzione del relativo contenuto o quantomeno indicando come e quando sarebbe stata introdotta nelle fasi di merito).

16. In definitiva il ricorso va dichiarato inammissibile.

17. Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

18. La circostanza che il ricorso sia stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013 impone di dar atto dell’applicabilità del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 (sulla ratio della disposizione si rinvia a Cass. Sez. Un. 22035/2014 e alle numerose successive conformi) e di provvedere in conformità.

PQM

La Corte dichiara il ricorso inammissibile; condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in Euro 100,00 per esborsi, Euro 2.000,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge e rimborso forfetario del quindici per cento. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dichiara sussistenti i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso ex art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 14 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 24 febbraio 2017

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