Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4855 del 28/02/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 4855 Anno 2014
Presidente: ROSELLI FEDERICO
Relatore: MANNA ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso 28711-2010 proposto da:
POLICHETTI MARIO C.F. PLCMRA65R01H431I, domiciliato in
ROMA, VIA C. CORDO 23, presso lo studio dell’avvocato
SPAGNUOLO GIUSEPPE, che lo rappresenta e difende
giusta delega in atti;
– ricorrente contro

2013
3602

AZIENDA OSPEDALIERA 00.RR. SAN GIOVANNI DI DIO E RUGGI
D’ARAGONA;
– intimata –

avverso la sentenza n. 8/2010 della CORTE D’APPELLO di

Data pubblicazione: 28/02/2014

I

SALERNO, depositata il 18/01/2010 r.g.n. 43/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 10/12/2013 dal Consigliere Dott. ANTONIO
MANNA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore

l’accoglimento del ricorso per guanto di ragione.

Generale Dott. MARCELLO MATERA, che ha concluso per

R.G. n. 28711/10
Ud 10.12.13
Polichetti c. Azienda ospedaliera 00.RR. San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza depositata il 18.1.10 la Corte d’appello di Salerno rigettava il
gravame interposto dal dr. Mario Polichetti, dirigente medico presso l’Azienda
ospedaliera 00.RR. San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona, contro la sentenza del

Tribunale della stessa sede che, accogliendo l’opposizione a decreto ingiuntivo
proposta dalla suddetta azienda, aveva rigettato la domanda dell’attore intesa ad
ottenere il pagamento dell’indennità sostitutiva di ferie non godute nell’anno 2003
(epoca in cui il predetto dr. Polichetti era in servizio presso l’ASL SA 1 di Nocera
Inferiore).
Mentre il Tribunale aveva respinto la domanda per difetto di legittimazione
passiva (rectius: per difetto di titolarità passiva del rapporto obbligatorio)
dell’Azienda ospedaliera 00.RR. San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona, i giudici
d’appello, pur affermando che obbligata al pagamento sarebbe stata quest’ultima,
disattendevano la domanda dell’attore perché egli, in quanto dirigente medico,
avrebbe dovuto programmare in autonomia le proprie ferie entro il primo semestre
2004 e, solo nel caso (non provato, nella specie) di eccezionali ed obiettive
necessità aziendali ostative alla fruizione del congedo, avrebbe maturato il diritto
alla relativa indennità sostitutiva.
Per la cassazione della sentenza della Corte territoriale ricorre il dr. Mario
Polichetti affidandosi a due motivi, poi ulteriormente illustrati con memoria ex art.
378 c.p.c.
L’Azienda ospedaliera 00.RR. San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona è rimasta
intimata.

MOTIVI DELLA DECISIONE
1.1. – Con il primo motivo si lamenta violazione e falsa applicazione degli artt.
112, 115, 116, 339, 345 e 346 c.p.c., nonché vizio di motivazione, per avere
l’impugnata sentenza, in violazione del principio devolutivo, rilevato d’ufficio
un’eccezione — la mancata programmazione delle ferie da parte del ricorrente – che
l’ASL appellata non aveva coltivato, essendo rimasta contumace in secondo grado.

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1.2. – Il motivo è infondato.
pur vero — secondo giurisprudenza ormai consolidata di questa S.C. – che il
principio sancito dall’art. 346 c.p.c., che intende rinunciate e non più riesaminabili
le domande e le eccezioni non accolte dalla sentenza di primo grado che non siano

state espressamente riproposte in appello, trova applicazione anche nei riguardi
dell’appellato rimasto contumace in sede di gravame, in coerenza con il carattere
devolutivo dell’appello.
Ciò consente di porre appellato e appellante su un piano di parità e senza attribuire
alla parte rimasta inattiva in fase di appello una posizione sostanzialmente di
maggior favore (cfr. Cass. 12.11.07 n. 23489; Cass. 13.9.06 n. 19555; Cass. 13.5.03
n. 7316).
Nondimeno, la previa autonoma programmazione delle ferie da parte del dirigente
medico a tanto abilitato dalla propria posizione apicale, poi rifiutata
dall’amministrazione di appartenenza, non è un’eccezione, bensì un fatto costitutivo
del diritto ad un ristoro economico per mancato godimento delle ferie medesime,
sicché la sua contestazione integra una mera difesa, in quanto tale estranea al
regime di cui all’art. 346 c.p.c.
Dispone, infatti, l’art. 4 (commi 2°, 3° e 4°) d.P.R. 23.8.88 n. 395 (relativo al
rapporto di impiego alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni): “Il congedo
ordinario deve essere fruito, su richiesta del dipendente e previa autorizzazione del
capo dell’ufficio, compatibilmente alle esigenze di servizio, irrinunciabilmente nel
corso di ciascun anno solare anche in più periodi, uno dei quali non inferiore a
quindici giorni.
Qualora il godimento del congedo ordinario sia rinviato o interrotto per
eccezionali e motivate esigenze di servizio, il dipendente ha diritto di fruirlo entro il
primo semestre dell’anno successivo.
La fruizione del congedo ordinario può essere rinviata anche nel secondo
semestre dell’anno successivo qualora sussistano motivi non riferibili alla volontà
del dipendente ma imputabili a cause di forza maggiore che non abbiano consentito
il godimento delle ferie nei termini indicati nei commi 2 e 3.”.

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Ne discende che nel rapporto di impiego alle dipendenze delle pubbliche
amministrazioni il mero fatto del mancato godimento delle ferie non dà titolo ad un
correlativo ristoro economico se l’interessato non prova che esso è stato cagionato

da “eccezionali e motivate esigenze di servizio” o da “cause di forza maggiore”.

2.1. – Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt.
115 e 116 c.p.c., degli artt. 2109 e 2697 c.c., nonché vizio di motivazione, per non
avere la Corte territoriale accertato — malgrado l’evidenza dei documenti prodotti —
che il ricorrente non aveva potuto fruire entro il primo semestre del 2004 dei 23
giorni residui di ferie relativi al 2003 perché dapprima trasferito dall’ASL SA 1
all’Azienda ospedaliera 00.RR. San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona a far data
dal 15.2.04 e, poi, perché licenziato e reintegrato solo alla fine del 2004.

2.2. – Il motivo è inammissibile.
Invero, se volta a denunciare, in sostanza, un travisamento del fatto, la doglianza
prospetta un vizio che — ove mai in astratta ipotesi davvero sussistente – può farsi
valere in via di revocazione ex art. 395 n. 4 c.p.c. e non mediante ricorso per
cassazione (giurisprudenza costante: cfr., da ultimo, Cass. 2.7.10 n. 15702 e Cass.
9.1.07 n. 213).
Se, invece, scopo del ricorrente era quello di lamentare un travisamento della
prova, il motivo si palesa da un lato privo di autosufficienza (poiché non trascrive i
documenti che menziona né indica la sede processuale in cui sono stati acquisiti),
dall’altro infondato perché detto vizio sussiste soltanto se il contenuto di una
determinata prova sia stato veicolato in maniera distorta all’interno della decisione,
ovvero solo se il significante (e non il significato) risulti diametralmente opposto a
quello riversato nella motivazione: ma non è questo il caso.

3.1. – In conclusione, il ricorso è da rigettarsi.
Non è dovuta pronuncia sulle spese, essendo parte intimata rimasta tale.
P.Q.M.

La Corte
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rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Così deciso in Roma, in data 10.12.13.

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