Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4852 del 27/02/2013


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Civile Sent. Sez. U Num. 4852 Anno 2013
Presidente: PREDEN ROBERTO
Relatore: IANNIELLO ANTONIO

v

SENTENZA
sul ricorso 24439-2011 proposto da:
GUERRA MARGHERITA, nella qualità di erede di Guerra
2013

Angelantonio; AMBROSIO MADDALENA, AMBROSIO ELEONORA,

83

AMBROSIO CATERINA, FESTINESE LUISA, AMBROSIO ADRIANA,
AMBROSIO GIUSEPPE, AMBROSIO GIOVANNI, AMBROSIO AGNESE,
nella qualità di eredi di Ambrosio Andrea; ANGELINO

Data pubblicazione: 27/02/2013

ANTONIO; ANGELINO SALVATORE, ANGELINO GIUSEPPE, nella
. qualità di eredi di Angelino Gaetano; ANGELINO
CARMELA, ANGELINO ANTONIO, ANGELINO FILOMENA, nella
qualità di eredi di Angelino Giovanni; ANGELINO
ANTONIETTA, ANGELINO PATRIZIA, ANGELINO CARMINE,

ANGELINO VINCENZA, ANGELINO SILVANA, ANGELINO LAURA,
nella qualità di eredi di Angelino Pellegrino;
ANGELINO CHIARA nella qualità di erede di Angelino
Pietro, nonchè SANTI PALMA per rappresentanza di
Angelino Mario erede di Angelino Pietro, GALLOZZI
CIRO, GALLOZZI DALILA per rappresentanza di Angelino
Maria, erede di Angelino Pietro; ANGELINO MADDALENA,
ANGELINO CONSIGLIA, ANGELINO FELICE, ANGELINO
RAFFAELINA, ANGELINO GIOVANNA, ANGELINO CARMINE,
ANGELINO SALVATORE, nella qualità di eredi di Angelino
Vincenzo; ANGELINO TOBIA, ANGELINO ALFONSO, ANGELINO
ANTONIETTA, ANGELINO GIUSEPPE, nella qualità di eredi
di Angelino Vincenzo; BARTIROMO TERESA; CASTALDO
RAFFAELLA, CASO GIOVANNI, CASO FRANCESCO, CASO
RAFFAELE, CASO ANTONIO, CASO RITA, nella qualità di
eredi di Caso Giuseppe; CASTALDO ALFREDO, CASTALDO
ANTONIETTA, CASTALDO EUGENIA, CASTALDO ELENA, CASTALDO
ELISA, CASTALDO ANNA MARIA, nella qualità di eredi di
Castaldo Mario; CECERE MARIA, CECERE GENNARO, CECERE
FRANCESCO, nella qualità di eredi di Cecere Cosimo;

ANGELINO GIOVANNI, ANGELINO ANNA, ANGELINO SALVATORE,

D’AMBROSIO FRANCESCO per rappresentanza di D’Ambrosio
Giuseppe Sebastiano, gli eredi LIZZI LUISA, D’AMBROSIO
VINCENZO, D’AMBROSIO GAVINA, D’AMBROSIO MARIA TERESA,
nella qualità di eredi di D’AMBROSIO VINCENZO; DE
DOMENICO FILOMENA, DE DOMENICO FERDINANDO, DE DOMENICO

De Domenico Angelo; MONTESANTO FILOMENA, DI COSTANZO
CANDIDA, DI COSTANZO PIETRO, DI COSTANZO GIUSEPPE, DI
COSTANZO MARIA LUISA, DI COSTANZO VINCENZA, DI
COSTANZO ANTONIETTA, DI COSTANZO RACHELE, nella
qualità di eredi di Di Costanzo Vincenzo; DI PALMA
ANIELLO, DI PALMA GIOVANNI, nella qualità di eredi di
DI PALMA GIUSEPPE e per esso RICCIO ANNA, DI PALMA
VIRGINIA, DI PALMA PASQUALE, nella qualità di eredi di
Di Palma Pasquale; DI PALO ANTONIO, DI PALO FRANCO, DI
PALO RAFFAELE, DI PALO RACHELE GIUSEPPINA, DI PALO
ANNA, DI PALO MICHELINA, nella qualità di eredi di Di
Palo Armando; DI PASCALE ANNA, DI PASCALE FRANCESCO,
DI PASCALE UMBERTO, DI PASCALE ROSA, DI PASCALE
MICHELA, DI PASCALE MARIA, DI PASCALE RAFFAELE, nella
qualità di eredi di Di Pascale Antonio; ESPOSITO
ELISABETTA, DI STADIO AGNESE, DI STADIO GRAZIA, DI
STADIO LUIGI, DI STADIO SALVATORE, nella qualità di
eredi di Di Stadio Giuseppe; EBARONE ANTONIO; DI BIASE
GIUSEPPE, DI BIASE VINCENZA, DI BIASE FRANCESCO, nella
qualità di eredi di Frezza Carmela; GRANDONE DEA,

ANTONIO, DE DOMENICO TERESA, nella qualità di eredi di

GRANDONE GUIDO, GRANDONE IRIS, nella qualità di eredi
di Grandone Salvatore; LOTTANTE FRANCO; MAGRI ANTONIO,
MAGRI MARIA, MAGRI FRANCESCO, MAGRI VINCENZO, MAGRI
GIUSEPPE, MAGRI CONCETTA, MAGRI GIULIA, MAGRI ANNA,
nella qualità di eredi di Magri Pietro; SCUOTTO

CATERINA, in proprio e nella qualità di procuratore
speciale di SCUOTTO ANGELO, tutti nella qualità di
eredi di Marigliano Genoveffa; MARZANO ANTONIO;
MAZZARELLA ANTONIO, MAZZARELLA MICHELE, MAZZARELLA
ELVIRA, MAZZARELLA SALVATORE, MAZZARELLA ROBERTO,
MAZZARELLA PASQUALE, MAZZARELLA ANNA, MAZZARELLA
ANTONIETTA, nella qualità di eredi di Mazzarella
Vincenzo; TORALDO GIUSEPPINA, MENNILLO MARIA
CONSIGLIA, MENNILLO ADRIANA, MENNILLO ANDREA, nella
qualità di eredi di Mennillo Salvatore; ORGO GIUSEPPE,
nella qualità di erede di Orgo Francesco; MENNILLO
TERESA, OTTAGONO NUNZIO, OTTAGONO MARIA CARMINA,
OTTAGONO LUCIA, nella qualità di eredi di Ottagono
Vincenzo; PICONE MICHELE, PICONE ELENA, PERROTTA ROSA,
PICONE GIUSEPPE, PICONE MARIA, nella qualità di eredi
di Picone Antonio; MENNILLO AMALIA, PIRANI CATERINA,
PIRANI ELISABETTA, PIRANI ANTONIO, nella qualità di
eredi Pirani Ferdinando; PONTICELLI SALVATORE; MARSICO
PASQUALE, MARSICO DOMENICO, MARSICO RAFFAELE, MARSICO
ROSA, RENZA ROSARIA, MARSICO TERESA, nella qualità di

ANDREA, SCUOTTO BRASILINA, SCUOTTO GIUSEPPINA, SCUOTTO

eredi di Marsico Giuseppe; RUSSO CARMINE, RUSSO ANNA,
RUSSO GIUSEPPINA, RUSSO ADELINA, RUSSO COSTANTINO,
nella qualità di eredi di Russo Domenico; SCHIAVINO
MARGHERITA, SCHIAVINO GIUSEPPA, SCHIAVINO TERESA,
nella qualità di eredi di Schiavino Santolo; ROCCO

eredi di Topa Tommaso; VITALE GIUSEPPE, VITALE
PASQUALE, VITALE ANTONIO, nella qualità di eredi di
Vitale Domenico; AVANZO MARIA ANTONIETTA, VITALE
PIETRO, VITALE MARIA GIOVANNA, VITALE FELICE, nella
qualità di eredi di Vitale Nicola; PELUSO ASSUNTA,
nella qualità di erede di Massaro Luigi per
rappresentanza di Massaro Ciccotti; ANGELINO PIETRO,
ANGELINO RAFFAELLA, ANGELINO LUIGI, ANGELINO
FRANCESCO, ANGELINO ANNA, ANGELINO ANGELO, ANGELINO
GIULIANA, nella qualità di eredi di Angelino Nicola,
tutti elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CALCUTTA
45, presso lo studio dell’avvocato ALBERTO D’AURIA,
rappresentati e difesi dall’avvocato D’AVINO
ARCANGELO, per delega a margine del ricorso e per
procure speciali in atti;
– ricorrenti contro

COMUNE DI CAIVANO, in persona del Sindaco pro-tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ANNIA REGILLA
137, presso lo studio dell’avvocato CARLO ROSA,

CARMELINA, TOPA ANGELA, TOPA NICOLA, nella qualità di

rappresentato e difeso dall’avvocato PAGNANO VINCENZO,
per delega in calce al controricorso;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 1402/2011 del CONSIGLIO DI
STATO, depositata il 01/03/2011;

udienza del 12/02/2013 dal Consigliere Dott. ANTONIO
IANNIELLO;
udito l’Avvocato Vincenzo PAGNANO;
udito il P.M. in persona dell’Avvocato Generale Dott.
UMBERTO APICE, che ha concluso per il rigetto del
ricorso.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con delibera della giunta comunale n. 1086 del 15 giugno 1988, il Comune di Caivano riconobbe ai propri dipendenti l’adeguamento della retribuzione in godimento per il periodo dal 31 dicembre 1971 al 31 dicembre 1974,
facendo applicazione dell’art. 228 del R. D. 3 marzo 1934 n. 383 (contenente

D. Lgs. n. 267/2000), secondo cui “Gli stipendi e i salari degli impiegati e salariati comunali devono essere fissati in equa proporzione con quello del segretario comunale”,
A seguito dell’annullamento di tale delibera da parte del comitato regionale di controllo — il quale aveva ritenuto che l’indicato principio dell’equa
proporzione fosse divenuto incompatibile con la nuova disciplina dettata
dall’art. 6 del D.L. n. 946/1977, convertito nella L. n. 43/1978 -, i dipendenti
comunali proposero ricorso al Tar per ottenere l’annullamento della decisione
dell’organo di controllo, ma anche della stessa delibera n. 1086 del 1988, nella
parte in cui limitava l’adeguamento retributivo alla data finale del 31 dicembre
1974.
Il Tribunale amministrativo accolse le domande con sentenza n. 253 del
1994, stabilendo il termine finale della delibera di adeguamento alla data di
entrata in vigore dell’art. 6 del citato D.L. n. 945/1977 e pertanto al 31 dicembre 1977.
La sentenza del TAR Campania venne impugnata dal Comune avanti al
Consiglio di Stato, ma il relativo giudizio fu dichiarato estinto.
Seguì da parte dei dipendenti del Comune la promozione avanti al TAR
della Campania di un giudizio di ottemperanza, nelle more del quale giudizio,
il Comune, con delibera del 20 febbraio 2006 n. 58, revocò, in autotutela, la
precedente delibera del 1988.
Con sentenza n. 7980 del 2006, il Tar valutò la delibera del 2006 della
giunta comunale di Caivano elusiva del giudicato formatosi con la sentenza
1

il T.U. delle leggi sugli enti locali all’epoca vigente, abrogato dall’art. 274 del

posta in esecuzione e, costatata l’inottemperanza a quest’ultima, ordinò al
Comune di provvedere all’esecuzione della sentenza del 1994, nominando un
commissario per l’ipotesi del protrarsi dell’inadempimento. Nella sentenza
venne altresì indicato come periodo cui era riferito l’adeguamento quello dal
31 dicembre 1971 all’entrata in vigore del D.P.R. n. 191 del 1979, ovvero fino

Su appello del Comune avverso tale decisione, il Consiglio di Stato, con
sentenza n. 5431 del 2009 corresse unicamente l’enunciazione della sentenza
appellata secondo la quale il diritto dei ricorrenti doveva essere riconosciuto
fino al mese di giugno del 1979, di entrata in vigore del D.P.R. n. 191/1979,
anziché fino al 31 dicembre 1977, di entrata in vigore del D.L. n. 946/1977,
convertito nella L. n. 43/1978, come stabilito dalla sentenza del 1994.
Con ricorso al Consiglio di Stato, i dipendenti comunali o loro eredi, ricordate le vicende suddette, hanno successivamente agito per ottenere
l’esecuzione del giudicato formatosi con le sentenze nn. 253/1994 e
7980/2006 — quest’ultima come riformata da quella n. 5431/2009 del Consiglio di Stato -, denunciando il perdurante inadempimento del Comune.
Con sentenza depositata il 4 marzo 2011, il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso, per l’effetto ordinando al Comune di Caivano di dare esecuzione
al giudicato, fissando, tra l’altro, nella misura del 10% l’incremento assegnabile agli aventi diritto per ristabilire, secondo quanto loro riconosciuto in sede di
giudicato, l’equa proporzione retributiva con il segretario comunale e precisando che tale incremento dovrà essere esclusivamente applicato alla parte fissa e costante dei rispettivi emolumenti mensili.
Per la cassazione di tale sentenza propongono ricorso, a norma dell’art.
362, primo comma c.p.c., alcuni dei dipendenti comunali o loro eredi, deducendo la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 114, n. 4,
lett. a) del D. Lgs. n. 104/2010.
Il Comune di Caivano ha presentato tardivamente le proprie difese.
2

al mese di giugno 1979.

MOTIVI DELLA DECISIONE
Col ricorso, i nominativi in epigrafe indicati, richiamano il principio secondo il quale la sentenza della quale si chiede l’esecuzione segna il limite
della giurisdizione di merito attribuita al giudice dell’ottemperanza, che gli
consente di assumere in sé i poteri della P.A. e di esercitarli autonomamente in

misure non limitate all’esecuzione ma alla integrazione di statuizioni che non
hanno formato oggetto del giudicato.
Ciò premesso e rilevato che il giudicato del quale era stata chiesta
l’ottemperanza non riguardava in alcun modo la determinazione della misura
dell’adeguamento delle loro retribuzioni a quelle del segretario comunale,
censurano la decisione del Consiglio di Stato impugnata laddove questo ha
preteso di stabilire, in sede di indicazione dei criteri per la esecuzione della
sentenza, l’incremento della parte fissa e costante dei loro emolumenti mensili
nella misura del 10%, cosi eccedendo i limiti esterni della giurisdizione ad esso attribuita, con l’invadere un ambito riservato alla P.A.
Il ricorso è inammissibile.
Va qui ribadito il principio secondo il quale le decisioni del TAR o del
Consiglio di Stato in sede di giudizio di ottemperanza, la cui cognizione è estesa al merito (art. 7, sesto comma e 134 cod. proc. amm.) e comporta la possibilità della determinazione del contenuto del provvedimento amministrativo
o di emanazione dello stesso in luogo dell’amministrazione (art. 114, comma
4°, lett. a cod, proc. amm.), sono sottoposte al sindacato delle sezioni unite
della Corte di cassazione unicamente per quanto riguarda i limiti esterni della
giurisdizione, a norma degli artt. 111, 8° comma Cost. e 362, primo comma
c.p.c..
E’ stato altresì precisato che, al fine di distinguere le fattispecie nelle
quali tale sindacato è consentito da quelle in cui è inammissibile, è decisivo
stabilire se oggetto del ricorso per cassazione è il modo in cui il potere di ot3

luogo di essa, per cui eccederebbe la giurisdizione di tale giudice l’adozione di

temperanza è stato esercitato (limiti interni) oppure se sia in discussione la
possibilità stessa, in una determinata situazione, di fare ricorso al giudizio di
ottemperanza (limiti esterni).
Ne consegue che, ove le censure mosse alla decisione del Consiglio di
Stato in sede di giudizio di ottemperanza riguardino l’interpretazione del giu-

conseguentemente tenuto dall’Amministrazione e la valutazione della sua conformità rispetto al dovuto, gli errori in cui il giudice amministrativo possa eventualmente incorrere, essendo inerenti al giudizio di ottemperanza, restano
interni alla giurisdizione relativa e non sono sindacabili dalla Corte di Cassazione, diversamente dall’ipotesi in cui il giudice amministrativo abbia realizzato un indebito sconfinamento dei poteri di merito attribuitigli dalle norme citate nella sfera delle attribuzioni riservate alla P.A. o ad un giudice diverso da
quello amministrativo (cfr., per tutte, Cass. S.U. n. 23302/2011, 17842/2012,
736/2012 o 17936/2012).
Nel caso in esame, oggetto del giudicato era costituito dall’accertamento
dell’obbligo del Comune di Caivano nei confronti dei propri dipendenti, di adeguare, alla stregua della sua deliberazione del 1988, come integrata dalle
sentenze citate in accoglimento del ricorso degli interessati, la misura della loro retribuzione nel periodo dal 31 dicembre 1971 al 31 dicembre 1977, in equa
proporzione rispetto a quella stabilita per il segretario comunale.
Il denunciato inadempimento di tale obbligo ha pertanto correttamente
sollecitato il Consiglio di stato a determinare anche la misura
dell’adeguamento, nell’esercizio dei poteri – di emanazione del provvedimento
amministrativo dovuto, in luogo del Comune, stabilendone altresì il contenuto
in coerenza col contenuto dell’obbligo oggetto del giudicato – ad esso attribuiti
dalle norme del codice amministrativo citate nell’inerzia dell’amministrazione.

4

dicato, gli effetti conformativi dello stesso, l’accertamento del comportamento

Va infine rilevato che, in ogni caso, oggetto del presente ricorso per cassazione è il modo in cui il Consiglio di Stato ha interpretato l’oggetto del giudicato o gli effetti conformativi dello stesso e pertanto investe comunque, secondo quanto in precedenza precisato, ai limiti interni della giurisdizione del
giudice amministrativo, in ordine ai quali non è consentito il controllo di que-

Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile, in quanto attinente ad un
ambito sottratto al potere di controllo di questa Corte.

I ricorrenti vanno pertanto condannati a rimborsare al Comune, il cui difensore, munito di procura speciale, ha partecipato all’udienza di discussione,
le spese di questo giudizio, liquidate in dispositivo, con applicazione dei parametri di cui al recente D,M, n, 140 del 2012.

P. Q. M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti a rimborsare al Comune le spese di questo giudizio, liquidate in € 200,00 per esborsi ed € 3.000,00 per compensi professionali, oltre accessori come per legge.
Così d ciso in Riéa, il 12 febbraio 2013

ste sezioni unite.

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