Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4849 del 24/02/2020

Cassazione civile sez. trib., 24/02/2020, (ud. 02/12/2019, dep. 24/02/2020), n.4849

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – rel. Consigliere –

Dott. NICASTRO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 12913/2013 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, alla via Portoghesi, n. 12,

presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e

difende come per legge;

– ricorrente –

contro

A.G., rappresentato e difeso, in virtù di procura a

margine del ricorso, dall’avv. Giorgio Maria Salvatori, con

domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Fulvio Spena, in Roma,

via Circonvallazione Clodia, n. 88;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 60/25/12 della Commissione Tributaria

regionale della Puglia depositata il 28 marzo 2012

udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 2 dicembre 2019

dal Consigliere Dott. Condello Pasqualina Anna Piera;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

generale, Dott.ssa Mastroberardino Paola, che ha concluso chiedendo

l’accoglimento del ricorso;

udito il difensore della parte ricorrente, avv. Maria Laura

Cherubini.

Fatto

FATTI DI CAUSA

L’Agenzia delle Entrate ricorre, con tre motivi, avverso la sentenza della Commissione regionale della Puglia che, rigettando l’appello proposto dall’Amministrazione, confermava la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Foggia che aveva accolto il ricorso proposto da A.G. avverso due avvisi di accertamento, relativi agli anni d’imposta 2003 e 2004, emessi ai fini del recupero a tassazione di I.V.A., IRAP e IRPEF.

Gli atti impositivi scaturivano da una verifica effettuata nei confronti della società Edil 2000 s.r.l., nel corso della quale erano state riscontrate fatture dalla stessa emesse in favore di A.G. ritenute dall’Ufficio relative ad operazioni mai realmente eseguite.

I giudici di appello – aderendo alla tesi difensiva del contribuente, che aveva dedotto che l’accertamento si fondava su una verifica effettuata a carico di altra ditta e che in ogni caso le prestazioni fatturate non erano fittizie, tanto che la stessa Amministrazione aveva ritenuto del tutto regolari quelle emesse nell’anno 2005 dalla Edil 2000 s.r.l. – rilevavano che non si poteva procedere ad accertamento in danno di una ditta sulla scorta di una verifica effettuata presso altra società. Ad avviso dei giudici di merito, a seguito della verifica svolta a carico della Edil 2000 s.r.l., l’Ufficio avrebbe dovuto procedere ad una verifica della contabilità della ditta individuale A.G. al fine di rinvenire elementi di conferma della presunta inesistenza delle operazioni fatturate.

Osservavano, altresì, che per l’anno 2005 la stessa Edil 2000 s.r.l. era stata ritenuta dall’Ufficio idonea ad eseguire i lavori indicati nelle fatture emesse in favore di A.G..

Il contribuente resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso la difesa erariale denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.

La Commissione regionale ha ritenuto che l’Ufficio avesse omesso di verificare la contabilità del contribuente, sebbene nel corso del giudizio di primo grado ed in quello di appello fosse stato dedotto e dimostrato che, a seguito delle verifiche fiscali eseguite nei confronti della società Edil 2000 s.r.l., era stata effettuata una verifica a carico della ditta A.G. nell’ambito della quale avevano trovato conferma le circostanze che avevano indotto a contestare l’emissione di fatture per operazioni inesistenti.

Nel giudizio dinanzi alla Commissione provinciale era stato depositato il processo verbale di constatazione del 3 ottobre 2007, redatto all’esito della verifica effettuata a carico della ditta di cui era titolare A.G., ma i giudici regionali avevano completamente ignorato tale decisiva circostanza, affermando erroneamente che l’Ufficio avesse omesso di “verificare quanto meno la contabilità del ricorrente”.

2. Con il secondo motivo, censurando, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la decisione impugnata per violazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 36, comma 2, n. 4, lamenta che la Commissione regionale, sul punto controverso relativo alla sussistenza o meno di una verifica contabile nei confronti del contribuente, si è limitata a ribadire la tesi dei giudici di primo grado secondo cui gli impugnati avvisi di accertamento erano stati emessi sulla scorta di una sola verifica effettuata a carico di altra società, senza prendere in esame le argomentazioni addotte dall’Ufficio, ed in particolare la circostaza che gli atti impositivi erano invece scaturiti da una verifica incrociata sia nei confronti della Edil 2000 s.r.l., che aveva emesso le fatture per operazioni inesistenti, sia nei confronti dell’ A., che tali fatture aveva ricevuto.

I giudici di secondo grado avrebbero quindi dovuto illustrare le ragioni per le quali, a fronte della censura mossa dall’Ufficio avverso la sentenza di primo grado, avevano ritenuto di confermare quella statuizione, ma a ciò non avevano provveduto; considerata, peraltro, l’autonomia dei diversi anni d’imposta, del tutto inconferente, ad avviso della ricorrente, risulta il rilievo che per l’anno 2005 non siano state mosse contestazioni in merito alle fatture emesse dalla stessa Edil 2000 s.r.l. in favore dell’ A..

3. Con il terzo motivo – rubricato: violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39 – la ricorrente sostiene che la pronuncia della Commissione regionale è errata laddove ha ritenuto che l’onere della prova della fittizietà delle operazioni incombesse sull’Ufficio, il quale, oltre alle risultanze del processo verbale di constatazione del 31 maggio 2007 redatto nei confronti della ditta A.G. e dell’allegato processo verbale di constatazione del 20 dicembre 2005 a carico della Edil 2000 s.r.l., avrebbe dovuto fornire ulteriori elementi.

L’inattendibilità della documentazione era stata provata tramite elementi indiziari supportati da requisiti di gravità, precisione e concordanza, che lasciavano ritenere raggiunta la prova della fittizietà delle operazioni.

Un primo elemento era costituito dalle modalità di pagamento delle fatture, avendo la Edil 2000 s.r.l. contabilizzato gli incassi per contanti, mentre A.G. aveva contabilizzato parte dei pagamenti con assegni intestati, non all’Edil 2000 s.r.l., ma a P.M. per un importo di poco superiore all’ammontare dell’I.V.A. indicato nelle fatture; un secondo elemento si traeva dalle dichiarazioni rese dai dipendenti della ditta Edil 2000 s.r.l., che avevano univocamente affermato di non avere mai lavorato presso i cantieri della ditta A.G., essendo state le opere realizzate dai dipendenti di quest’ultima.

In presenza di una contabilità formalmente tenuta, ma affetta da inesattezze, aveva posto in essere un accertamento analitico-induttivo sulla base dei dati emergenti dalle scritture contabili e delle risultanze probatorie aquisite in sede di verifica, non escludendo il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39 che gli elementi probatori potessero essere acquisiti anche da soggetti diversi rispetto a quelli sottoposti a controllo, sicchè gravava sul contribuente l’onere di provare l’esistenza di diversi elementi di fatto che potessero consentire la deducibilità dei costi, non essendo a tal fine sufficiente la esibizione dei mezzi di pagamento che costituivano meri elementi indiziari, la cui presenza doveva essere valutata nel contesto di tutte le altre risultanze processuali.

4. Il secondo motivo, con il quale si denuncia un error in procedendo, deve essere esaminato con priorità ed è infondato.

4.1. Il vizio di motivazione meramente apparente della sentenza ricorre quando il giudice, in violazione di un preciso obbligo di legge, costituzionalmente imposto (art. 111 Cost., comma 6), omette di esporre, sia pure in modo conciso, i motivi in fatto ed in diritto della decisione e di specificare le ragioni e l’iter logico giuridico seguito per pervenire alla decisione assunta, chiarendo su quali prove ha fondato il proprio convincimento e sulla base di quali argomentazioni è pervenuto alla propria determinazione, consentendo in tal modo di verificare se abbia effettivamente giudicato iuxta alligata et probata.

4.2. Ne consegue che la sanzione di nullità colpisce sia le sentenze che risultino del tutto prive di motivazione da punto di vista grafico o quelle che presentano un “un contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili” o che presentano una motivazione perplessa ed incomprensibile (Cass. Sez. U, n. 8053 del 7/4/2014; Cass., sez. 6-3, ord. n. 21257 del 8/10/2014), ma anche quelle che contengono una motivazione meramente apparente, perchè la motivazione addotta dal giudice è tale da non consentire di “comprendere le ragioni e, quindi, le basi della sua genesi e l’iter logico seguito per pervenire da essi al risultato enunciato” (Cass. n. 4448 del 2014), non assolvendo in tal modo alla finalità sua propria, che è quella di esplicitare un “un ragionamento che, partendo da determinate premesse pervenga con un certo procedimento enunciativo”, logico e consequenziale, “a spiegare il risultato cui si perviene sulla res decidendi” (Cass. Sez. U., n. 22232 del 3/11/2016).

4.3. La sentenza è, quindi, nulla quando, benchè graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perchè recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass. Sez. U, n. 22232 del 3/11/2016; Cass., sez. 65, ord. n. 14927 del 2017).

4.4. La motivazione della sentenza impugnata non rientra nelle gravi anomalie argomentative individuate dalle pronunce sopra richiamate, in quanto la Commissione regionale, nel rigettare l’appello dell’Amministrazione finanziaria, partendo dalla premessa che un accertamento fiscale non può fondarsi sulla verifica effettuata presso una terza società, ha ritenuto che l’Ufficio non abbia fornito adeguata prova della presunta fittizietà delle operazioni fatturate oggetto di contestazione perchè non avrebbe dovuto limitarsi a sottoporre a verifica la società Edil 2000 s.r.l., che aveva emesso le fatture, ma avrebbe anche dovuto procedere alla verifica della contabilità della ditta A.G..

Tali considerazioni estrinsecano il percorso argormentativo che ha indotto i giudici di appello al loro convincimento e, pertanto, eventuali profili di insufficienza o apoditticità della motivazione, formulati con il mezzo in esame, non viziano la motivazione in modo così radicale da renderla meramente apparente e da escludere l’idoneità della stessa ad assolvere alla funzione di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36.

5. Merita, invece, di essere accolto il primo motivo del ricorso.

5.1. Va, in primo luogo, rilevato che il motivo è ammissibile, in quanto la difesa erariale, nell’illustrarlo, non si è limitata a riportare il contenuto integrale del processo verbale di constatazione redatto in data 3 ottobre 2007 nei confronti della ditta individuale A.G., come pure il contenuto delle fatture che essa assume essere state emesse per operazioni oggettivamente inesistenti, ma ha anche effettuato una lettura degli atti ritrascritti, consentendo in tal modo a questa Corte di conoscere sulla base del solo ricorso il significato delle censure rivolte alla sentenza impugnata.

5.2. La censura, oltre che ammissibile, è anche fondata.

La sussistenza del vizio si evince dal fatto che la Commissione regionale ha fondato la decisione sul presupposto che l’Ufficio si sia limitato ad eseguire una verifica nei soli confronti della Edil 2000 s.r.l., trascurando di verificare, al fine di reperire validi elementi presuntivi di riscontro, la contabilità della ditta A.G..

Alla Commissione regionale è tuttavia sfuggito che l’Agenzia delle entrate ha prodotto in giudizio copia del processo verbale di constatazione redatto in data 3 ottobre 2007, comprovante che la ditta A.G. è stata sottoposta a verifica, e, ai fini della decisione nel merito della pretesa fiscale, è stata omessa la valutazione di tutte le risultanze emerse dal controllo effettuato.

Il processo verbale di constatazione, come emerge dallo stralcio del ricorso in appello proposto dall’Agenzia delle Entrate e riportato nel ricorso per cassazione, ha formato oggetto di discussione tra le parti in entrambi i gradi di giudizio, considerato che i giudici della Commissione provinciale hanno parimenti posto a fondamento dell’accoglimento del ricorso del contribuente proprio la circostanza che l’Ufficio avesse omesso di eseguire una verifica nei confronti della ditta contribuente e che avverso tale decisione l’Amministrazione ha proposto gravame lamentando che i giudici non avevano considerato gli esiti del controllo eseguito a carico dell’ A. risultanti dal verbale di constatazione della Guardia di Finanza di Foggia.

5.3. Nella decisione impugnata manca tuttavia qualsiasi riferimento al suddetto documento e qualsiasi valutazione in merito agli elementi indiziari raccolti dai verificatori e posti dall’Agenzia delle Entrate a supporto della contestata fittizietà delle operazioni fatturate dalla Edil 2000 s.r.l. negli anni 2003 e 2004 in favore di A.G..

E’ indubbia la decisività delle risultanze che emergono dal processo verbale di constatazione ai fini della verifica dell’eventuale assolvimento dell’onere probatorio incombente sull’Amministrazione in presenza di contestata fittizietà delle operazioni fatturate e, dunque, ai fini della legittimità o meno degli atti impositivi impugnati.

Risultano, quindi, integrate le condizioni in base alle quali questa Corte ha evidenziato che il mancato esame di un documento può essere denunciato per cassazione nel caso in cui determini l’omissione di motivazione su un punto decisivo della controversia e, segnatamente, quando il documento non esaminato offra la prova di circostanze di tale portata da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la ratio decidendi venga a trovarsi priva di “fondamento” (Cass. n. 25756 del 5/12/2014; Cass. n. 4980 del 4/3/2014; Cass. n. 19150 del 28/9/2016; Cass. n. 16812 del 26 giugno 2018).

Nel caso di specie, infatti, la difesa erariale ha indicato le ragioni per le quali il documento, di cui i giudici regionali hanno pretermesso l’esame, avrebbe potuto dare luogo ad una diversa decisione, evidenziando una pluralità di elementi indiziari non considerati dal giudice di merito, ma risultanti dalle indagini espletate dalla Guardia di Finanza – quali le modalità di pagamento delle fatture, che risultavano pagate con assegni, il cui importo non superava l’ammontare dell’I.V.A., emessi in favore non della Edil 2000 s.r.l, ma di tale P.M., la mancanza di adeguata struttura della Edil 2000 s.r.l., che non aveva disponibilità di personale per l’esecuzione delle operazioni fatturate, le dichiarazioni rese dai dipendenti della Edil 2000 s.r.l., che avevano concordemente riferito di non avere mai lavorato presso il cantiere della ditta individuale A.G. negli anni 2003 e 2004 – che costituiscono senz’altro indici capaci di generare una ricostruzione del fatto dedotto in giudizio diversa da quella operata dalla Commissione regionale.

Consegue da ciò che la censura avente ad oggetto il vizio motivazionale, assorbente il terzo motivo fondato su vizi di violazione di legge, può essere accolta.

6. In conclusione, rigettato il secondo motivo del ricorso, va accolto il primo e dichiarato assorbito il terzo motivo, con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio alla Commissione tributaria provinciale della Puglia, in diversa composizione, perchè proceda a nuovo esame oltre che alla regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte rigetta il secondo motivo, accoglie il primo motivo e dichiara assorbito il terzo motivo; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria provinciale della Puglia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 2 dicembre 2019.

Depositato in cancelleria il 24 febbraio 2020

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