Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4849 del 23/02/2021

Cassazione civile sez. un., 23/02/2021, (ud. 12/01/2021, dep. 23/02/2021), n.4849

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Primo Presidente –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente di sez. –

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente di sez. –

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente di sez. –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – rel. Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

Sul ricorso n. 29971-2019 proposto da:

I.C.A. IMPOSTE COMUNALI AFFINI s.r.l., rappr. e dif. dall’avv.

Daniele Granara, avvdanielegranara.puntopec.it e dall’avv. Alessio

Foligno, alessiofoligno.ordineavvocatiroma.org, elett. dom. presso

lo studio del primo, in Roma, Corso Vittorio Emanuele II n. 154/3

DE, come da procura a margine dell’atto;

-ricorrente principale-

contro

E-DISTRIBUZIONE s.p.a., rappr. e dif. dall’avv. Michele Vietti, e

dall’avv. Francesco Goria, elett. dom. presso il loro studio in

Roma, via Cavour n. 305, come da procura in calce all’atto e poi in

atto dep. il 18.12.2019;

-controricorrente-

e nei confronti di:

COMUNE DI RAPALLO, in persona del Sindaco p.t.;

nonchè sul ricorso proposto da:

COMUNE DI RAPALLO, in persona del Sindaco p.t., rappr. e dif.

dall’avv. Antonio Cordasco, antoniocordasco.ordineavvocatiroma.org e

dall’avv. Andrea Gramegna, andrea.gramegna.ordineavvgenova.it,

elett. dom. preso lo studio del primo in Roma, via Fogliano n. 16,

come da procura in calce all’atto;

– ricorrente –

contro

E-DISTRIBUZIONE s.p.a., rappr. e dif. dall’avv. Michele Vietti, e

dall’avv. Francesco Goria, elett. dom. presso il loro studio in

Roma, via Cavour n. 305, come da procura in calce all’atto e poi in

atto dep. il 18.12.2019;

– controricorrente –

e nei confronti di:

I.C.A. IMPOSTE COMUNALI AFFINI s.r.l;

per la cassazione della sentenza Consiglio di Stato, Sezione Quinta,

n. 3143/2019, dep. 15.5.2019, in R.G. 2547 del 2016;

udita la relazione della causa svolta nell’udienza del 12.1.2021 dal

consigliere relatore Dott. Massimo Ferro;

udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del sostituto

Procuratore Generale Dott. Pepe Alessandro, che ha concluso per la

inammissibilità del ricorso;

uditi gli avvocati Granara, per il ricorrente I.C.A. s.r.l.,

Cordasco, per Comune di Rapallo, Goria, per E-Distribuzione s.p.a.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. I.C.A. IMPOSTE COMUNALI AFFINI s.r.l. (ICA) impugna la sentenza Consiglio di Stato, Sezione Quinta, 3143/2019, dep. 15.5.2019, in R.G. 2547 del 2016, che, accogliendo l’appello di E-DISTRIBUZIONE s.p.a. (già Enel Distribuzione s.p.a.) avverso la sentenza TAR Liguria n. 1034/2015 resa anche in confronto di COMUNE DI RAPALLO, ha annullato il regolamento comunale 8 aprile 2014, n. 23 ove assoggettava al pagamento di canone non ricognitorio le concessioni in uso di infrastrutture e suolo pubblici funzionali a condutture per la distribuzione di energie e linee di comunicazione;

2. secondo la sentenza impugnata: a) E-Distribuzione aveva investito di censura, con l’appello, la decisione denegativa assunta dal Tar Liguria per assunta tardività del suo ricorso; b) il regolamento impugnato aveva contenuto normativo, fissando le tipologie di concessione sottoposte al canone non ricognitorio, i relativi presupposti e i criteri di quantificazione, mentre solo con l’atto applicativo si radicava l’interesse alla domanda di annullamento; c) nel merito, il D.Lgs. n. 30 aprile 1992, n. 285, art. 27 (Codice della strada) fonda la corrispondente legittimità impositiva su un provvedimento autorizzativo o concessorio dell’uso individuale della pubblica risorsa, nella specie la sede stradale, così sottratta all’uso pubblico; d) requisito impositivo del canone non ricognitorio è dunque il rilascio di un titolo abilitante in via eccezionale al descritto uso, ciò implicando limitazione o condizionamento apprezzabile sull’uso pubblico della risorsa viaria, per la sicurezza delle persone nella circolazione stradale; e) quanto alla nozione di “attraversamento ed uso della sede stradale”, la formula restrittiva di cui all’art. 25 codice citato deve confrontarsi con la più generale prescrizione di curare che le opere oggetto di concessione “per quanto possibile” siano “realizzate in modo tale che il loro uso e la loro manutenzione non intralci la circolazione dei veicoli sulle strade”, ciò deponendo per l’illegittimità salvo che per il tempo di messa in opera – di un’imposizione del canone anche su infrastrutture a rete, collocate nel sottosuolo, senza ostacolo sulla viabilità;

3. il ricorso di ICA è su tre motivi; quello del Comune di Rapallo (emanante il regolamento) è parimenti su tre motivi e chiede l’accertamento dell’esorbitante esercizio della giurisdizione da parte del giudice amministrativo; ad entrambi resiste con duplice controricorso E-Distribuzione, che ha altresì depositato memoria, al pari del Comune di Rapallo.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Considerato che:

1. nel primo motivo del ricorso di ICA si contesta il difetto assoluto di giurisdizione, laddove la sentenza impugnata, violando l’art. 111 Cost., comma 8 e art. 110 c.p.a., si sarebbe pronunciata su argomentazioni non dedotte dalle parti, in particolare assumendo – al di fuori del thema decidendum – la non debenza del canone per occupazioni prive di incidenza sull’impiego del suolo pubblico, così stravolgendo, con una pronuncia officiosa, i limiti della giurisdizione soggettiva, invero decidendo su domanda non proposta;

2. con il secondo motivo, si invoca l’erroneità della sentenza per contraddittorietà, travisamento e difetto di motivazione, nonchè difetto assoluto di giurisdizione ed eccesso di potere giurisdizionale, con violazione degli artt. 362 c.p.c., artt. 110 e 34 c.p.a. e artt. 112,116 c.p.c., avendo il Consiglio di Stato “elaborato d’ufficio una domanda completamente nuova, mai proposta dalle parti”;

3. con il terzo motivo, in via subordinata si pone la richiesta di rinvio pregiudiziale ai sensi dell’art. 267 TFUE, con riguardo all’art. 47 Carta dei diritti fondamentali UE, sul presupposto che la decisione impugnata interroghi criticamente il diritto ad un ricorso effettivo davanti ad un giudice, divenuto principio della tutela giurisdizionale garantito dal diritto unionale, non potendo il patito diniego di giustizia restare sprovvisto di tutela, in virtù della regola di riparto di giurisdizione;

4. il ricorso del Comune di Rapallo espone contestazioni assimilabili, anche nell’ordine espositivo, a quelle introdotte da ICA e così:

a) con il primo motivo, il difetto assoluto di giurisdizione per pronuncia officiosa, oltre i limiti della giurisdizione soggettiva, poichè resa su argomentazioni non dedotte dalle parti, quanto alla debenza del canone per occupazioni prive di incidenza sull’impiego del suolo pubblico; b) con il secondo motivo, l’erroneità della sentenza, avendo il Consiglio di Stato “elaborato d’ufficio una domanda completamente nuova, mai proposta dalle parti”; c) con il terzo motivo, in via subordinata è formulata richiesta di rinvio pregiudiziale ai sensi dell’art. 267 TFUE, con riguardo all’art. 47 Carta dei diritti fondamentali UE, per violazione del diritto ad un ricorso effettivo davanti ad un giudice;

5. premette il Collegio che il ricorso del Comune di Rapallo, proposto avverso la medesima decisione impugnata da ICA, appare notificato per secondo e quindi assume natura di ricorso incidentale; essendo peraltro stato posto il giudice in grado di conoscere la simultanea pendenza dei due procedimenti, deve provvedersi alla loro riunione, ai sensi dell’art. 335 c.p.c., con trattazione congiunta (Cass. s.u. 15843/2009);

6. i ricorsi, identici nei motivi, sono inammissibili, per plurime concorrenti ragioni, quanto alle censure svolte in via principale; va innanzitutto premesso che anche il ricorso per cassazione con cui si deducano il difetto assoluto di giurisdizione o l’eccesso di potere giurisdizionale condivide i canoni di doverosa intrinseca ammissibilità “secondo le modalità redazionali di cui all’art. 366 c.p.c. ed i principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità, ai fini dell’ammissibilità estrinseca delle singole censure” (Cass. s.u. 19169/2020); nella fattispecie, la pronuncia ultra petita, di cui si sarebbe reso autore il Consiglio di Stato pronunciando su una domanda non introdotta da E-Distribuzione, diviene assoggettabile al controllo sollecitato in sede d’impugnativa condizionatamente alla puntuale indicazione, invero del tutto assente nei ricorsi introduttivi, del tenore testuale o comunque sufficientemente riassunto nei termini essenziali della domanda già svolta da controparte avanti al TAR Liguria e dei motivi di gravame, attività deduttiva non svolta;

7. in secondo luogo, il vizio ascritto alla sentenza risulta descritto come error in procedendo, senza che tuttavia la sua invocazione possa configurare l’eccesso di potere giurisdizionale da parte del giudice speciale, censurabile in Cassazione, “atteso che, come chiarito dalla Corte costituzionale con sentenza n. 6 del 2018, l’eccesso di potere giudiziario, denunziabile con il ricorso in cassazione per motivi inerenti alla giurisdizione, deve essere riferito alle sole ipotesi di difetto assoluto di giurisdizione, quando il giudice speciale affermi la propria giurisdizione nella sfera riservata al legislatore o all’amministrazione (cosiddetta invasione o sconfinamento) ovvero, al contrario, la neghi sull’erroneo presupposto che la materia non può formare oggetto, in via assoluta, di cognizione giurisdizionale (cosiddetto arretramento); nonchè a quelle di difetto relativo di giurisdizione, quando il giudice amministrativo o contabile affermi la propria giurisdizione su materia attribuita ad altra giurisdizione o, al contrario, la neghi sull’erroneo presupposto che appartenga ad altri giudici; ne consegue che il controllo di giurisdizione non può estendersi al sindacato di sentenze cui pur si contesti di essere abnormi o anomale ovvero di essere incorse in uno stravolgimento delle norme di riferimento” (Cass. s.u. 29082/2019).

8. si è così precisato, con considerazioni replicabili alla vicenda, che, riconosciutasi natura vincolante alla interpretazione fornita dalla sentenza Corte Cost. n. 6 del 2018, “in quanto dispiegata su una pura sostanza costituzionale… il sindacato ex art. 111 Cost., comma 8, delle Sezioni Unite della Corte di cassazione per “motivi inerenti alla giurisdizione” (che, con pregnanza, il legislatore costituente ha qualificato e rimarcato “soli”) investe esclusivamente le fattispecie di difetto assoluto di giurisdizione – in senso espansivo… e di difetto relativo di giurisdizione, ovvero percezione di un’erronea incidenza della pluralità di giurisdizioni – fattispecie in cui il giudice dichiara propria la giurisdizione laddove essa compete ad altro giudice o nega la propria giurisdizione affermandone erroneamente l’attribuzione ad altro giudice” (Cass. s.u. 7839/2020); così che il disinnesco del paradigma dello “stravolgimento del dato normativo” quale diniego di giustizia, pur preservando la nozione di eccesso di potere, cioè sinonimo di sconfinamento negli altri poteri, ricorre solo “allorchè il giudice speciale abbia applicato non la norma esistente, ma una norma da lui creata, esercitando un’attività di produzione normativa che non gli compete, e non invece quando si sia limitato al compito interpretativo che gli è proprio, anche se tale attività ermeneutica abbia dato luogo ad un provvedimento “abnorme o anomalo” ovvero abbia comportato uno “stravolgimento” delle “norme di riferimento””(Cass. s.u. 8311/2019); posto che invero, si ripete, l’istituto non include il sindacato sulle scelte ermeneutiche del giudice amministrativo, suscettibili di comportare errori in iudicando o in procedendo, “senza che rilevi la gravità o intensità del presunto errore di interpretazione, il quale rimane confinato entro i limiti interni della giurisdizione amministrativa, considerato che l’interpretazione delle norme costituisce il proprium distintivo dell’attività giurisdizionale” (Cass. s.u. 27770/2020, 19168/2020);

9. in ogni caso, anche a voler riattualizzare il contenuto del sindacato di giurisdizione, così problematizzando “la portata vincolante per il giudice nomofilattico dell’interpretazione fornita dalla Consulta in una sentenza che altro non innesta nel sistema, non ravvisandovi formalmente – ovvero, con la dichiarazione di illegittimità di norma – alcuna “frizione” costituzionale”, non si perverrebbe, come persuasivamente argomentato dalla cit. Cass. s.u. 7839/2020 in altra vicenda paradigmatica, ad alcuna reale incidenza sulla causa in esame; anche nella specie, infatti, può confermarsi che almeno i primi due motivi di entrambi i ricorsi “mirano a perseguire un giudizio di legittimità in formula piena, e senza propriamente denunciare alcunchè… dello stravolgimento radicale delle norme applicate così da giungere al diniego di giustizia”; il rappresentare un ipotetico errore sulla modalità di conduzione del processo, quale scorretta attività di correlazione organizzativa e cognitiva del giudice rispetto all’esplicitazione di una domanda, “non è ottenere soccorso rispetto a una abnormità nell’esercizio della giurisdizione qualificabile suo diniego, bensì una revisione di quanto il giudice ha dato con una modalità (ancora) inquadrabile nello jus dicere, e non qualificabile, invece, come abnorme”;

10. la comune richiesta di rinvio pregiudiziale alla CGUE, formulata dai ricorrenti quale terzo motivo e in via subordinata, è a sua volta inammissibile, per molteplici profili; con essa, per un verso, s’invoca il principio di effettività della tutela giurisdizionale (oltre che di equivalenza), che si assumerebbe violato ove questa Corte, dando corso alle regole sul riparto di giurisdizione, omettesse di sindacare, in punto di giurisdizione, la sentenza del giudice speciale, in cui si sarebbe determinato un diniego di giustizia; per altro verso, si chiede che la giurisdizione adita si rivolga, come proprio dovere, alla Corte di Giustizia UE, per superare ogni limite frapposto dal giudice speciale al diritto della parte ad una decisione nel merito, con ogni controllo sulla sua pronuncia e i relativi limiti;

11. come efficacemente da ultimo ricordato in Cass. s.u. 7839/2020 la lettera dell’art. 267, comma 3 TFUE solo ad un primo sguardo “potrebbe indurre a ritenere tale giudice “tenuto” al rinvio”, posto che non ricorre in materia alcun automatismo ed invece è affermata l’esigenza di un vaglio della relativa necessità da parte del giudice stesso, proprio “per evitarne gli abusi” (così anche Cass. s.u. 20701/2013), in conformità ad un precetto selettivo ben precisato dalla stessa Corte di giustizia dell’Unione Europea, nonchè rapportabile al canone dell’acte clair (sentenza del 28 luglio 2016, Association France Nature Environnement, C-379/15);

12. nella vicenda, inoltre, appare preclusa ogni logica valutazione preliminare della pertinenza, quale requisito di utilità del rinvio, posto che al di là della citazione di precedenti della CGUE enucleati per meri principi nemmeno viene allegato, oltre il generico richiamo all’effettività della tutela giurisdizionale, quali siano i diritti di matrice unionale violati od ostacolati nel loro esercizio; la stessa parte omette di descrivere le fonti del diritto UE determinative o compartecipative della disciplina anche domestica dei diritti avanzati in giudizio avanti al giudice italiano, così reclamando una lettura dell’istituto invocato del tutto impropria; nemmeno cioè può dirsi rappresentato un requisito preliminare per dar corso al rinvio e cioè la “discriminazione tra situazioni di diritto comunitario e situazioni di diritto interno, ovvero di pratica impossibilità o eccessiva difficoltà di esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento comunitario” (Cass. 2046/2017, 16032/2015, 25320/2010);

13. se è vero infatti che dopo Corte Cost. n. 6 del 2018 è stato escluso l’intervento delle Sezioni Unite della Corte di cassazione, in sede di controllo di giurisdizione, ove giustificato dalla violazione – da parte del giudice speciale – di norme dell’Unione o della CEDU, “perchè scorrettamente viene ricondotto al controllo di giurisdizione un motivo di illegittimità (sia pure particolarmente qualificata), in quanto tale estraneo a quell’istituto e dovendo il relativo problema, pure indubbiamente esistente, trovare la sua soluzione all’interno di ciascuna giurisdizione” (Cass. s.u. 6460/2020), a maggior ragione si perviene al medesimo esito ove neanche la materia unionale sia stata con chiarezza invocata in questa sede (come accaduto, invece, per il rinvio pregiudiziale disposto con ordinanza Cass. s.u. 19598/2020);

14. in tema, è infatti necessario che il giudice del rinvio sia in grado di dar conto delle ragioni della scelta delle disposizioni di diritto dell’Unione di cui chiede l’interpretazione nonchè del collegamento che esso stabilisce tra tali disposizioni e la normativa nazionale applicabile alla controversia sottopostagli (CGUE 26 novembre 2020, Colt Technology Services SpA, C318/20; CGUE 10 dicembre 2020, C-220/20); si tratta di requisiti cumulativi necessariamente propri del contenuto di una domanda di pronuncia pregiudiziale, richiamati anche all’art. 94 del regolamento di procedura e che il giudice del rinvio deve conoscere e che è tenuto a rispettare scrupolosamente nell’ambito della cooperazione istituita dall’art. 267 TFUE, secondo raccomandazioni della stessa Corte di giustizia (ordinanza del 30 giugno 2020, Airbnb Ireland e Airbnb Payments UK, C-723/19; sentenza del 5 luglio 2016, Ognyanov, C-614/14);

conclusivamente va dichiarata l’inammissibilità dei ricorsi; la condanna alle spese segue la regola della soccombenza, con liquidazione come da dispositivo; sussistono i presupposti processuali di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, per il versamento, da parte degli stessi ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per l’impugnazione (Cass. s.u. 23535/2019, 4315/2020).

PQM

la Corte, previa loro riunione, dichiara inammissibili entrambi i ricorsi; condanna ciascuno dei ricorrenti al pagamento, nei confronti del controricorrente, delle spese del procedimento di legittimità, determinate in Euro 7.800 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200 e agli accessori di legge; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 12 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 23 febbraio 2021

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