Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4848 del 28/02/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Sent. Sez. L Num. 4848 Anno 2014
Presidente: MIANI CANEVARI FABRIZIO
Relatore: FERNANDES GIULIO

SENTENZA

sul ricorso 16038-2010 proposto da:
RAI

RADIOTELEVISIONE

ITALIANA

S.P.A.

C.F.

06382641006, in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PO
25/B, presso lo studio degli avvocati PESSI ROBERTO,
SANTORI MAURIZIO che la rappresentano e difendono,
2013

giusta delega in atti;
– ricorrente –

3239

contro

BALDAZZI

ANDREA C.F. BLDNDR7OR27H501P,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA OSLAVIA 7,

Data pubblicazione: 28/02/2014

presso lo studio degli avvocati D’ONOFRIO SARA,
SOLFANELLI ANDREA che lo rappresentano e difendono,
giusta delega in atti;
– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3414/2008 della CORTE

3148/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 13/11/2013 dal Consigliere Dott. GIULIO
FERNANDES;
udito l’Avvocato GENTILE GIOVANNI G. per delega VESSI
ROBERTO;
udito l’Avvocato SOLFANELLI ANDREA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARCELLO MATERA che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

D’APPELLO di ROMA, depositata il 09/06/2009 R.G.N.

FATTO
Il Tribunale di Roma, in accoglimento della domanda proposta da Baldazzi
Andrea nei confronti della RAI — Radiotelevisione Italiana s.p.a., dichiarava
la nullità del termine apposto al contratto di lavoro subordinato stipulato dal
ricorrente con detta società il 5.12.1990 (con la qualifica di assistente ai
programmi) per il programma televisivo “Sogni proibiti” (cui erano seguiti
fino al 27 luglio 2003, anche con la qualifica di programmista regista, altri

12 contratti di lavoro a tempo determinato) e accertava la sussistenza di un
rapporto di lavoro a tempo indeterminato fin dal 5 dicembre 1990 con
condanna della società al ripristino del rapporto ed al pagamento delle
retribuzioni maturate dal 28.6.2003 ( giorno successivo alla scadenza
dell’ultimo contratto).
La nullità del termine era stata ritenuta sulla scorta di due ordini di ragioni:
per la mancanza di specificità dei programmi cui il ricorrente era stato
adibito e la genericità e fungibilità dell’apporto richiesto al predetto; per
essere stato stipulato per far fronte ad una cronica carenza di organico
della figura contrattuale di appartenenza.
Tale decisione era confermata dalla Corte di appello di Roma, con
sentenza del 9 giugno 2009.
Osservava la Corte che la motivazione del primo giudice — pur non
condivisibile nella parte in cui aveva escluso la ricorrenza del requisito della
specificità dei programmi televisivi per i quali il Baldazzi era stato assunto era corretta laddove aveva ritenuto il cd. “intento elusivo” per essere stati i
contratti stipulati alfine di sopperire a croniche carenze di organico.
Evidenziava che tale parte della decisione impugnata non era stata oggetto
di alcuna specifica censura in appello e che era infondata l’eccezione di
risoluzione del rapporto per mutuo consenso individuata dall’appellante
nella risoluzione anticipata del contratto del 1°.10.98.
Per la cassazione di tale decisione propone ricorso la RAI affidato a sette
motivi illustrati da memoria ex art. 378 c.p.c..
Resiste con controricorso il Baldazzi.
DIRITTO
Con il primo motivo di ricorso viene dedotta violazione e falsa applicazione
dell’art. 2697 c.c. e del combinato disposto di cui agli artt. 112 e 116 c.p.c.
per aver la Corte di merito violato il principio del riparto dell’onere
probatorio con il ritenere dimostrate circostanze – quale la cronica carenza
di organico nella figura di appartenenza e l’utilizzazione in modo non
1

occasionale del lavoratore anche per produzioni diverse da quelle
contrattualmente indicate — non dedotte e neppure oggetto di alcuna
attività istruttoria.
Con il secondo motivo si lamenta omessa insufficiente e contraddittoria
motivazione circa un fatto controverso decisivo per il giudizio in quanto la
Corte di appello erroneamente aveva ritenuto che il primo giudice avesse
posto a fondamento della propria decisione anche l’argomento del ricorso

al contratto a termine per far fronte a carenze croniche di organico laddove,
invece, il Tribunale si era limitato a formulare siffatta affermazione ad
ulteriore conferma di quanto osservato con riferimento alla assenza del
requisito della specificità. Si evidenzia, inoltre, la omessa motivazione sulle
istanze istruttorie articolate dalla ricorrente.
Con il terzo ed il quarto motivo viene dedotta violazione e falsa
applicazione dell’art. 1, lett. e) della legge n. 230/62 e dell’art. 2697 c.c..
con riferimento al significato da attribuire al requisito della “specificità
soggettiva” ed alla “temporaneità”.
Con il quinto ed il sesto motivo viene denunciata violazione e falsa
applicazione dell’art. 1372 c.c. ( quinto motivo) ed omessa, insufficiente
motivazione circa un fatto controverso decisivo per il giudizio sia in ordine
alla risoluzione per mutuo consenso che alla omessa valutazione della
risoluzione anticipata del rapporto di cui al contratto avente decorrenza
1.10.98 ( sesto mezzo).
Con il settimo motivo viene dedotta violazione e falsa applicazione dell’art.
2697 c.c. e del combinato disposto di cui agli artt. 112 e 116 c.p.c. con
riferimento all’eccezione di “aliunde perceptum” per avere la Corte di
appello immotivatamente non ammesso tutte le istanze istruttorie della
società intese a dimostrare la percezione di reddito da parte del lavoratore.
Il primo ed il secondo motivo, da trattare congiuntamente in quanto
connessi, sono entrambi inammissibili in quanto privi del requisito
dell’autosufficienza e perché non conferenti riguardo alla motivazione della
impugnata sentenza.
Ed infatti non viene in alcun modo censurato il rilievo della Corte di appello
secondo cui la sentenza di primo grado non era stata oggetto di specifici
motivi di gravame nella parte in cui aveva ritenuto la nullità dell’apposizione
del termine per essere stati i contratti stipulati alfine di sopperire a croniche
carenze di organico.

2

La ricorrente, peraltro, a fronte di tale affermazione contenuta nella
impugnata sentenza, ne avrebbe dovuto dimostrare la erroneità riportando
il contenuto del motivo di appello con il quale l’aveva censurata in ossequio
al principio dell’autosufficienza del ricorso per cassazione (tra le varie:
Cass. n. 11477 del 12/05/2010; Cass. n. 15952 del 17/07/2007).
Ciò detto, riguardo al primo motivo, si osserva che dall’esame degli atti
consentito essendo stato denunciato la violazione dell’art.112 c.p.c. e,
(

quindi, un “error in precedendo”,) risulta che nel ricorso introduttivo del
giudizio l’intento elusivo era stato dedotto quale causa di nullità
dell’apposizione del termine e che la sentenza del Tribunale era sorretta,
come correttamente rilevato dalla Corte di appello, da una duplice “ratio
decidendi” di cui solo una era stata censurata con l’appello.
Il terzo ed il quarto motivo sono infondati.
In proposito, si ricorda che, a norma della L. 18 aprile 1962, n. 230, art. 1,
comma 2, lett. e), nel testo modificato dalla L. 23 maggio 1977, n. 266,
vigente all’epoca dei fatti, era consentita l’apposizione di un termine alla
durata del contratto di lavoro “nelle assunzioni di personale riferite a
specifici spettacoli ovvero a specifici programmi radiofonici o televisivi”.
Questa Corte ha ripetutamente affermato, con orientamento assolutamente
prevalente (cfr., per tutte, Cass. sentt. nn. 24049/08, 16690/08, 8385/06 e
1291/06), che ai fini della legittimità dell’apposizione del termine con la
causale indicata è necessario che ricorrano i requisiti: a) della temporaneità
della occasione lavorativa rappresentata dalla trasmissione o dallo
spettacolo, che non devono essere necessariamente straordinari od
occasionali ma di durata limitata dell’arco di tempo della programmazione
complessiva e quindi destinati ad esaurirsi (per cui non consentono
l’utilizzazione di un lavoratore praticamente a tempo indeterminato); b) della
specificità del programma, che deve essere quantomeno unico (anche
articolato in più puntate o ripetuto nel tempo) e presentare una sua
connotazione particolare; c) della connessione reciproca tra specificità
dell’apporto del lavoratore e specificità del programma o spettacolo (il cd.
vincolo di necessità diretta), per cui il primo concorra a formare la
specificità del secondo o sia reso necessario da quest’ultima specificità.
In altri termini, anche un programma specifico e temporaneo non
legittima di per sè una assunzione a termine per prestazioni
generiche (comunque reperibili attingendo all’organico stabile dell’impresa),
ma solo quando alla specificità dello spettacolo concorre necessariamente
3

il peculiare apporto professionale, tecnico o artistico degli autori che lo
realizzano, gli attori che lo interpretano, etc.., il quale non è facilmente
fungibile col contributo realizzabile dal personale a tempo indeterminato
dell’impresa.
A quest’ultimo proposito, la situazione descritta è riferibile anche al
personale diverso da quello tecnico o artistico portatore di un contributo
creativo rispetto alla realizzazione del programma, ma unicamente dotato
di una professionalità specialistica normalmente non necessaria

nell’assetto complessivo dell’attività dell’impresa (ad es. l’operatore
subacqueo, o l’interprete di una lingua poco usata).
L’interpretazione della norma di legge adottata dalla giurisprudenza di
questa Corte appare corrispondere appieno al ragionevole equilibrio tra
esigenze di garanzia di stabilità del rapporto di lavoro ed esigenze, anche
culturali, della produzione di spettacoli e programmi radiotelevisivi
perseguito dal legislatore dell’epoca, alla luce delle condizioni economiche
e sociali esistenti.
Tale interpretazione resiste alla rivisitazione tentata dalla difesa della
società ricorrente e va qui ribadita, anche in ossequio alla funzione
nomofilattica della Corte ed in assenza di sufficienti motivi per rimetterla in
discussione alla luce delle pur apprezzabili argomentazioni del ricorso.
Infondati sono anche il quinto ed il sesto motivo, logicamente connessi e
da trattare congiuntamente.
Va anzitutto rilevata l’inammissibilità della censura di difetto di motivazione
in ordine alla dedotta risoluzione del rapporto, fondata sull’argomento della
sottoscrizione da parte del lavoratore della lettera di risoluzione anticipata
del contratto di lavoro a termine avente decorrenza 1.10.98.
La possibilità di esame in questa sede della decisività di tale censura ad
una motivazione che ha escluso l’esistenza di tale accettazione
presupponeva infatti, in osservanza della regola di autosufficienza del
ricorso per cassazione (sulla quale cfr., per tutte, recentemente, Cass. nn.
4201/10, 6937/10, 10605/10 e 11477/10) la integrale riproduzione del
contenuto della lettera di risoluzione anticipata dei rapporti indicati, con la
relativa accettazione. L’assenza di una tale riproduzione determina
l’inammissibilità del sesto motivo.
Quanto all’argomento a sostegno della deduzione di risoluzione
consensuale del rapporto fondato sull’inerzia prolungata del lavoratore
anche tra un contratto e l’altro, vanno richiamati i principi
4

ripetutamente affermati da questa Corte, secondo cui: a) in via di principio
è ipotizzabile una risoluzione del rapporto di lavoro per fatti concludenti
(cfr., ad es., Cass. 6 luglio 2007 n. 15264, 7 maggio 2009 n. 10526); b)
l’onere di provare circostanze significative al riguardo grava sul datore di
lavoro che deduce la risoluzione per mutuo consenso (cfr. ad es. Cass. 2
dicembre 2002 n. 17070 e 2 dicembre 2000 n. 15403); c) la relativa
valutazione da parte del giudice costituisce giudizio di merito; d) la mera
inerzia del lavoratore nel contestare la clausola appositiva del termine non

è sufficiente a far ritenere intervenuta la risoluzione per mutuo
consenso. Tutto ciò premesso e richiamato, deve ritenersi corretta la
valutazione dei giudici di merito che hanno ritenuto insussistente la dedotta
risoluzione del rapporto con giudizio ispirato a valutazioni di merito e di
tipicità sociale, cui la ricorrente contrappone proprie diverse valutazioni,
sempre di merito, che non possono trovare ingresso in questa sede di
legittimità.
Infine il settimo motivo è inammissibile perché non censura la motivazione
della impugnata sentenza laddove ha ritenuto di rigettare l’eccezione di
“aliunde perceptum” perché esposta in modo del tutto generico essendo
invece necessario perché potesse essere accolta che il fatto oggetto di
rilievo fosse stato tempestivamente allegato e provato dalla parte che ne
aveva interesse. Il giudice del gravame ha anche motivato il rigetto della
richiesta di ordine di esibizione evidenziando come siffatta istanza aveva
un contenuto esplorativo perché avanzata senza il supporto di alcun
elementi probatorio o indiziario. Va, peraltro, qui ricordato che questa Corte
ha, sul punto, affermato in varie occasioni che il rigetto da parte del giudice
di merito dell’istanza di esibizione proposta al fine di acquisire al giudizio
documenti ritenuti indispensabili dalla parte non è sindacabile in
Cassazione, poiché, trattandosi di strumento istruttorio residuale,
utilizzabile soltanto quando la prova del fatto non sia acquisibile “aliunde” e
l’iniziativa non presenti finalità esplorative, la valutazione della relativa
indispensabilità è rimessa al potere discrezionale del giudice di merito e
non necessita neppure di essere esplicitata nella motivazione, il mancato
esercizio di tale potere non essendo sindacabile neppure sotto il profilo del
difetto di motivazione (Cass. n. 4375 del 23/02/2010; Cass. Ordinanza n.
23120 del 16/11/2010; Cass. n. 26943 del 20/12/2007; Cass. n. 2262 del
02/02/2006).

5

Osserva, infine, il Collegio che con la memoria ai sensi dell’ad. 378 c.p.c.
la società ricorrente, invoca, in via subordinata, l’applicazione dello ius
0
superveniens, rappresentato dall’ad. 32, commi 5 , 6° e 7° della legge 4
novembre 2010 n. 183.
Orbene, a prescindere da ogni altra considerazione, va premesso, in via
di principio, che costituisce condizione necessaria per poter applicare nel
giudizio di legittimità lo ius superveniens che abbia introdotto, con

che quest’ultima sia in qualche modo pertinente rispetto alle questioni
oggetto di censura nel ricorso, in ragione della natura del controllo di
legittimità, il cui perimetro è limitato dagli specifici motivi di ricorso (cfr.
Cass. 8 maggio 2006 n. 10547, Cass. 27-2-2004 n. 4070).
In tale contesto, è altresì necessario che il motivo di ricorso che investe,
anche indirettamente, il tema coinvolto dalla disciplina sopravvenuta, oltre
ad essere sussistente, sia altresì ammissibile secondo la disciplina sua
propria (v. fra le altre Cass. del 5.2.2013 n. 2613; Cass. 4-1-2011 n. 80).
Orbene tale condizione non sussiste nella fattispecie.
Il ricorso, pertanto, va rigettato.
Le spese del presente giudizio, per il principio della soccombenza, vanno
poste a carico della società ricorrente in favore del Baldazzi sono liquidate
come da dispositivo con attribuzione agli avv.ti Sara d’Onofrio e Andrea
Solfanelli per dichiarato anticipo fattone.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso, condanna la ricorrente al pagamento delle spese
del presente giudizio liquidate in euro 100,00 per esborsi ed in euro
3.500,00 per compensi, oltre accessori, con distrazione.
Così deciso in Roma, il 13 novembre 2013
Il Consigliere est.

Il Presidente

efficacia retroattiva, una nuova disciplina del rapporto controverso, il fatto

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA