Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4847 del 28/02/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 4847 Anno 2014
Presidente: CIRILLO ETTORE
Relatore: CONTI ROBERTO GIOVANNI

SENTENZA
sul ricorso 30331-2010 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente contro

GINOCCHIO SALVATORE, elettivamente domiciliato in
ROMA VIALE PARIOLI 43, presso lo studio dell’avvocato
D’AYALA VALVA FRANCESCO, che lo rappresenta e difende
unitamente all’avvocato LOVISOLO ANTONIO giusta
delega in calce;

Data pubblicazione: 28/02/2014

- controri corrente

avverso la sentenza n. 140/2009 della COMM.TRIB.REG.
di GENOVA, depositata il 09/12/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 27/01/2014 dal Consigliere Dott. ROBERTO

udito per il ricorrente l’Avvocato BACHETTI che ha
chiesto l’accoglimento;
udito per il controricorrente l’Avvocato D’AYALA
VALVA che ha chiesto il rigetto;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. SERGIO DEL CORE che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.

GIOVANNI CONTI;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1.L’Agenzia delle Entrate di Genova notificava il 24.12.2003 un avviso di accertamento relativo
alla ripresa a tassazione, per l’anno 1997 nei confronti di Ginocchio Salvatore. L’Ufficio, basandosi
su tre processi verbali di constatazione emessi dalla Guardia di Finanza, contestava l’esistenza di
costi non inerenti e fatture per operazioni inesistenti per £.1.273.812.000 emesse dalla Verniciature
di Lidonnici Giovanni con sede in Genova.
2.1 contribuenti impugnavano l’avviso innanzi alla CTP di Genova che accoglieva parzialmente il

3.Proposto appello dall’Agenzia delle entrate innanzi alla CTR della Liguria, quest’ultima, con
sentenza n.140, depositata il 9.12.2009, confermava la decisione impugnata respingendo l’appello.
3.1 Secondo il giudice di appello bene aveva fatto il primo giudice ad escludere, sulla base della
documentazione prodotta dal ricorrente, l’inesistenza delle prestazioni fatturate che l’Ufficio aveva
ipotizzato sulla base delle “…dichiarazioni raccolte dalla Guardia di Finanza da un certo Saiani
Guerrino, senza che l’Ufficio abbia effettuato altri riscontri…”.
3.2 Aggiunge che la parte contribuente aveva documentato tutti i pagamenti effettuati tramite
banca.Aggiungeva che la stessa contribuente aveva evidenziato che a fronte di ricavi, nell’anno di
riferimento, pari a £. 2.432.121.493 aveva ottenuto un utile di £.128.218.119, evidenziando che
considerando la falsità delle fatture il reddito sarebbe residuato in £.1.401.030.115 con un
inverosimile redditività del 57,60 %.Peraltro, la ditta Ginocchio aveva soltanto due dipendenti,
sicchè per il lavoro svolto (verniciatura carri ferroviari) doveva necessariamente avvalersi di
manodopera di altre ditte.La sentenza riportava poi la seguente espressione:”…inoltre per quanto
attiene il procedimento penale il Gip del Tribunale di Genova.”
La ctr aggiungeva che nello stesso senso si erano pronunziate altre due sezioni dello stesso organo
giurisdizionale in ordine all’IVA per lo stesso anno per l’IVA relativa all’anno 1995.
4. L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per Cassazione affidato a otto motivi, al quale hanno
resistito i contribuenti con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
5. Con il primo motivo l’Agenzia deduce la falsa applicazione dell’art.2727 e 2729 c.c., in
combinato disposto con l’art.54 DPR n.633/1972, in relazione all’art.360 comma I n.3
c.p.c.Lamenta che l’accertamento della natura di operazioni inesistenti con riguardo alle fatture che
il contribuente aveva utilizzato per dedurre indebitamente i relativi costi non era derivata soltanto
da dichiarazioni di terzi ma da un compendio di elementi- sede dalla ditta emittente delle fatture
risultata vuota e disabitata, irreperibilità del titolare della ditta emittente le fatture false ancorchè
questi risultasse titolare di un consistente credito verso il contribuente, natura di cartiera della

ricorso, confermando la ripresa a tassazione relativa ai costi non inerenti.

emittente le fatture in ragione dell’assenza di personale, di mezzi e di strutture invece necessari per
eseguire i lavori di preparazione e verniciatura di carri ferroviari, breve durata dell’attività della
ditta emittente e ristrettezza dei rapporti commerciali da questa svolti quasi esclusivamente in
favore della parte contribuente. In sostanza, la CTR, tralasciando di considerare il compendio di
elementi offerti dall’ufficio per dimostrare l’inesistenza delle operazioni commerciali fatturate ai
soggetti contribuenti dalla ditta Lidonnici, aveva erroneamente applicato al caso di specie il
principio per cui le dichiarazioni di terzo nel processo tributario hanno mero valore di indizio e

elementi di prova.
6.Con il secondo motivo l’Agenzia ha dedotto la violazione dell’art.7 d.lgs.n.546/92, dell’art.115
c.p.c., degli artt.2727 e 2729 c.c. e degli artt.19 e 54 dpr n.6331633, in relazione all’art.360 comma
1 n.4 c.p.c.Lamenta che rispetto ai plurimi elementi probatori indicati nel precedente motivo la
CTR aveva omesso di procedere ad una valutazione complessiva degli stessi per come chiarito
dalla giurisprudenza di questa Corte sulla base di precedenti consolidati, ritenendo che solo la
dichiarazione di terzo integrasse l’elemento indiziario richiamato dall’Ufficio. Chiede quindi alla
Corte di chiarire se alla fattispecie fosse applicabile la norma giuridica, ricavabile dall’art.7
digs.n.546/R2 e dalle altre disposizioni ricordate nella rubrica, secondo la quale ogni elemento
indiziario doveva essere valutato singolarmente e nel complesso degli altri indizi.
7.Con il

terzo motivo l’Agenzia ha dedotto il vizio di insufficiente motivazione su un fatto

controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art.360 comma 1 n.5 c.p.c.
Lamenta che l’indebita detrazione dei costi da parte del contribuente sulla base di fatture per
operazioni inesistenti era stata dimostrata oltre che dalle dichiarazioni di terzo anche dagli ulteriori
elementi già qui riportati nell’esposizione del primo motivo di ricorso e che rispetto al fatto
controverso circa l’inesistenza delle operazioni fatturate il giudice di appello non aveva descritto il
processo logico giuridico attraverso il quale si era formato il suo giudizio, nè spiegato sulla base di
quale percorso logico gli elementi indiziari richiamati dall’ufficio erano inidonei allo scopo
sostenuto dall’amministrazione nè, ancora, le ragioni che avevano consentito di ritenere probanti gli
elementi offerti dalle parti contribuenti a riscontro dell’esistenza delle operazioni.
8.Con il quarto motivo l’Agenzia deduce il vizio di insufficiente motivazione circa un fatto
controverso e decisivo per il giudizio , in relazione all’art.360 comma 1 n.5 C.p.c. Deduce che la
motivazione della sentenza impugnata aveva omesso di spiegare le ragioni che avevano indotto il
giudicante a escludere che le dichiarazioni del contribuente e del terzo non avessero valore
probatorio, e a ritenere che le operazioni bancarie potessero giustificare l’esistenza delle operazioni
fatturate. Ne era chiara la ragione per cui la CTR non avesse tratto giustificazione della redditività

possono concorrere alla formazione del convincimento del giudice solo se suffragate da ulteriori

anormale proprio dall’esistenza delle false fatturazioni.Nè era chiaro perché dalla necessità di
avvalersi di personale esterno per le lavorazioni fosse stato dedotto che tutte le fatture emesse dalla
ditta fossero relative ad operazioni esistenti. Oscuro era, ancora, il percorso logico seguito dal
giudicante allorché aveva dato valore al decreto di archiviazione.
9.Con il quinto motivo l’Agenzia ha dedotto la violazione di cui agli artt.1 e 7 del d.lgs.n.546/92, in
combinato disposto con l’art.654 c.p.c. ed in relazione all’art.360 comma 1 n.4 c.p.c.
9.1 Lamenta che la CTR aveva dato rilievo al decreto di archiviazione del reato tributario nei

attraverso l’emissione delle fatture per operazioni inesistenti, senza per contro valutare criticamente
gli elementi emergenti dagli accertamenti svolti in ambito fiscale e da tale pronunzia che non aveva
efficacia nel processo tributario.
10. Con il sesto motivo di ricorso l’Agenzia ha dedotto la violazione degli artt.2697 e 2729 c.c.,
nonché dell’art.654 CPP e degli artt.19, 21, e 54 DPR n.633172, in relazione all’art.360 comma 1 n.3
c.p.c. Lamenta che la CTR si era posta in contrasto con l’indirizzo espresso da questa Corte, a cui
tenore in caso di contestazione circa l’indebita detrazione di fatture relative ad operazioni inesistenti
conclamate da riscontri indiziari, era onere del contribuente dimostrare la fonte legittima della
detrazione.
11. Con il settimo motivo l’Agenzia ha dedotto la nullità della sentenza impugnata per violazione
dell’art.132 c.p.c., in combinato disposto con l’art.1 comma 2 del d.lgs.n.546/92, in relazione
all’art.360 comma 1 n.4 c.p.c. Lamenta che la CTR, riferendo che analoga decisione a quella
esposta nel giudizio era stata adottata da altre sezioni del medesimo organo giurisdizionale in
relazione alla medesima annualità d’imposta con riguardo ad IVA e ad altra annualità, aveva deciso
la controversia sulla base di un’inesistente regola di giudizio per cui sarebbe possibile motivare una
decisione rinviando genericamente al contenuto di altra sentenza senza che questa sia fatta propria
nella decisione e sottoposta a critica valutazione.
12. Con l’ottavo motivo l’Agenzia ha dedotto la violazione dell’art.132 CPC, dell’art.324 CPC e
degli artt.383 e 384 CPC, in combinato disposto con gli artt.1 comma 2 e 36 del d.lgs.n.546/92, in
relazione all’art.360 comma 1 n.4 c.p.c.
12.1 Lamenta che il richiamo, operato dalla CTR, ad altra decisione dello stesso organo
giurisdizionale che aveva deciso in modo analogo altra controversia relativa alla stessa annualità
anche se per imposte diverse imponeva di applicare il principio per il quale l’annullamento della
sentenza che aveva statuito sulla diversa imposta avrebbe dovuto determinare la cassazione della
stessa in caso di annullamento del giudizio pregiudicante.

confronti del contribuente dalla stessa traendo la prova dell’inesistenza della frode perpetrata

13. Con il controricorso, la parte contribuente deduceva l’inammissibilità del primo motivo di
ricorso che si riferiva a rettifica di dichiarazione IVA ancorché il procedimento avesse avuto ad
oggetto le imposte IRPEF-ILOR-CSSN. La censura si limitava a ripetere principi esposti in altri
ricorsi su questioni che non erano pertinenti. La stessa, inoltre, assumeva come presupposto
circostanze indimostrate e censurava accertamenti di fatto non sindacabili in sede di
legittimità.Peraltro la doglianza era inammissibile, avendo il giudice di merito deciso in modo
conforme alla giurisprudenza di questa Corte in tema di operazioni inesistenti. Deduceva in ogni

prestazioni fatturate erano state rese dalla ditta Lidormici.Senza poi considerare che gli elementi
indicati dal giudice erano insindacabili e per di più coperti dal giudicato per non avere l’Ufficio
impugnato la parte della motivazione in cui la CTR aveva evidenziando che l’eventuale inesistenza
delle operazioni avrebbe determinato un risultato un’inverosimile redditività dell’attività del
contribuente.Deduceva, quanto al secondo motivo, l’inammissibilità dello stesso per le ragioni
esposte con riguardo al primo motivo e comunque l’infondatezza della censura. La doglianza,
peraltro, rappresentava in realtà un doppione rispetto al terzo e al quarto motivo di ricorso, nel quale
erano stati contestati vizi di motivazione. Deduceva, quanto al terzo e al quarto motivo,
l’inammissibilità delle censure, involgendo accertamenti di fatto svolti dalla CTR insindacabili in
sede di legittimità. Peraltro dallo stesso atto di appello emergeva che i pagamenti erano avvenuti per
assegno, aggiungendo che la motivazione della sentenza impugnata era completa, ad onta di quanto
diversamente prospettato dalla ricorrente.Aggiungeva che tutti gli elementi ponderati dal giudice di
appello erano esaustivi e si sottraevano alle critiche esposte dall’Agenzia, avendo questa indicato
argomenti non decisivi e inidonei a confutare le risultanze esposte dalla CTR, la quale nemmeno
aveva l’obbligo di prendere specificamente in esame tutti gli argomenti esposti dalle parti.
Aggiungeva, del resto, che la decisione impugnata si era pienamente conformata agli indirizzi
espressi da questa Corte in tema di operazioni inesistenti. Quanto al quinto motivo, la parte
contribuente deduceva la inammissibilità e infondatezza della censura, non avendo peraltro la CTR
desunto dall’archiviazione del procedimento penale la prova decisiva dell’inesistenza della frode,
invece considerando un complesso di elementi indiziari allo stesso favorevoli. Deduceva, ancora,
l’inammissibilità e infondatezza del sesto motivo che, ancora una volta, si era riferito al tributo IVA
ancorché si facesse questione di altri tributi nel presente giudizio.Escludeva, poi, che dalle
dichiarazioni del Grasso potesse trarsi il convincimento che la ditta emittente costituiva una
cartiera. Deduceva, ancora, quanto al settimo e all’ottavo motivo, che non vi era stata alcuna
motivazione per relationem, avendo il giudicante aggiunto il riferimento ad altre decisioni dello

caso l’infondatezza della censura nel merito, risultando da plurimi elementi documentali che le

stesso organo giurisdizionale solo per completare la motivazione già compiutamente fondata sugli
elementi esposti.
14. Occorre esaminare con priorità, per evidenti ragioni di ordine logico il terzo ed quarto motivo,
relativi al dedotto deficit di motivazione della sentenza impugnata che appare fondato ed assorbe
l’esame delle ulteriori censure, occorrendo in via preliminare chiarire che il ricorso si riferisce con
certezza all’avviso di rettifica che l’Ufficio ha emesso per tributi IRPEF-Ilor e CSSN per l’anno
1997 come risulta dalla pag.1 dello stesso ricorso.

proposito dell’incidenza delle operazioni oggettivamente inesistenti ai fini della loro incidenza sulle
dichiarazioni reddituali del contribuente e della ripartizione dell’onere della prova fra
amministrazione e contribuente, involgendo l’esame del dedotto vizio motivazionale la trattazione
di talune di siffatte tematiche.
14.2 Ora, per quel che riguarda le operazioni oggettivamente inesistenti, nelle quali si è in presenza
di una mera espressione cartolare di operazioni commerciali mai poste in essere da alcuno, secondo
la consolidata giurisprudenza di questa Corte, una volta che l’amministrazione ha contestato in
modo specifico, anche attraverso presunzioni semplici (Cass. n. 9784/2010), i dati emergenti dalle
scritture contabili del contribuente evidenziando obiettivi elementi dai quali desumere
l’inattendibilità delle scritture e fatture utilizzate, spetta al contribuente (cessionario/committente)
che ha portato in detrazione l’IVA fornire la prova contraria che l’apparente cedente/prestatore non è
un mero soggetto (fittiziamente) interposto e che la operazione è stata “realmente” conclusa con
esso, non essendo tuttavia sufficiente a tale scopo la regolarità della documentazione contabile
esibita e la mera dimostrazione che la merce sia stata effettivamente consegnata o che sia stato
effettivamente versato il corrispettivo – v.Cass.n.24432/2013, Cass. n. 9108/2012,
Cass.n.12802/2011-. E’ poi evidente che, in caso di accertata assenza dell’operazione, è escluso che
possa configurarsi la buona fede del cessionario o committente (il quale sa bene se una determinata
fornitura di beni o prestazione di servizi l’ha effettivamente ricevuta o meno)- Cass.n.24432/2013-.
14.3 Passando ora all’esame delle questioni legate alla valutazione dei singoli elementi forniti dalle
parti per giustificare il carattere inesistente delle operazioni si ritiene, pacificamente, che il giudice
tributario di merito, investito della controversia sulla fondatezza dell’atto impositivo, è tenuto a
valutare, singolarmente e complessivamente, gli elementi presuntivi forniti dall’Amministrazione,
dando atto in motivazione dei risultati del proprio giudizio e solo in un secondo momento, qualora
ritenga tali elementi dotati dei caratteri di gravità, precisione e concordanza, deve dare ingresso alla
valutazione della prova contraria offerta dal contribuente, che ne è onerato ai sensi dell’art. 2727

14.1 Ciò posto, appare opportuno sunteggiare gli approdi ai quali è giunta questa Corte sul tema a

c.c. e ss., e art. 2697 c.c., comma 2,

v. Cass. n. 12802/2011; Cass. n.

5282/2011,Cass.n.16857/2013
14.4 Quanto alle valutazioni alle quali è chiamato il giudice di merito in simili circostanze le stesse
sfuggono, ordinariamente, al sindacato della Suprema Corte, alla quale è precluso non solo il
riesame delle prove la cui valutazione sia stata fatta in modo difforme da quella prospettata dal
ricorrente, ma altresì l’accertamento di un eventuale travisamento delle prove stesse. Ma è pur vero
che il controllo della motivazione è possibile (ed anzi dovuto) in sede di legittimità se risulti

una insufficiente motivazione.
14.5 Proprio in punto di decisività degli elementi probatori offerti e non ponderati dal giudice di
merito si è chiarito (Cass. n. 12623/12) che la stessa “concerne non il fatto sulla cui ricostruzione il
vizio stesso ha inciso, bensì la stessa idoneità del vizio denunciato, ove riconosciuto, a determinarne
una diversa ricostruzione e, dunque, afferisce al nesso di casualità fra il vizio della motivazione e la
decisione, essendo, peraltro, necessario che il vizio, una volta riconosciuto esistente, sia tale che, se
non fosse stato compiuto, si sarebbe avuta una ricostruzione del fatto diversa da quella accolta dal
giudice del merito e non già la sola possibilità o probabilità di essa.
14.6 In definitiva, il mancato esame di elementi probatori, contrastanti con quelli posti a
fondamento della pronunzia, costituisce vizio di omesso esame di un punto decisivo solo se le
risultanze processuali non esaminate siano tali da invalidare, con un giudizio di certezza e non di
mera probabilità, l’efficacia probatoria delle altre risultanze sulle quali il convincimento è fondato,
onde la ratio decidendi venga a trovarsi priva di base” (cfr. Cass. n. 12623/2012 che richiama Cass.
n. 10156/2004; Cass. n. 9368/2006; Cass. 14752/2007).
14.7 Orbene, applicando i superiori principi al caso di specie, ritiene la Corte fondato il dedotto
vizio di motivazione.
14.8 Giova premettere che il giudice di appello, per confermare la sentenza di primo grado, ha
premesso che l’avviso di rettifica relativo, per quel che qui ancora interessa, all’utilizzo di fatture
per operazioni inesistenti di ingente importo, ha premesso che lo stesso si era fondato sulle
dichiarazioni di un certo “Saiani Gueino” senza che l’Ufficio abbia effettuato altri riscontri”,
aggiungendo che, per converso, la parte contribuente aveva documentato i pagamenti effettuati
tramite banca e allegato l’incongruenza contabile — in termini di eccessiva redditività netta- che
sarebbe derivata dal considerare come inesistenti le operazioni fatturate evidenziate dall’Ufficio. La
CTR ha ancora evidenziato che la contribuente era dotata di soli due dipendenti e doveva pertanto
avvalersi di manodopera esterna. L’impianto motivazionale si correda, inoltre, di un riferimento, a
dire il vero monco, alle vicende penali esaminate dal Gip del Tribunale di Genova, senza meglio

evidente l’esistenza di un vizio logico – prospettato ritualmente dal ricorrente – tale da tradursi in

essere specificato, alla incongruità contabile derivante dal considerare inesistenti le operazioni
fatturate in favore della parte contribuente ed alla definizione in senso conforme alla decisione
assunta di altri procedimenti adottati da altra sezione nei confronti della medesima contribuente
quanto al medesimo anno di imposta- ancorchè con riguardo all’IVA e ad altra annualità-.
Orbene, la motivazione anzidetta si presta alle plurime censure esposte dall’Agenzia delle Entrate
nei motivi sopra esposti, difettando dei requisiti di sufficiente e, anzi, contenendo rinvii illogici ad
elementi non rilevanti ed omissioni idonee ad inficiare il contenuto stesso delle argomentazioni

14.9 Orbene, giova evidenziare, anzitutto, che la motivazione impugnata ha ritenuto irrilevanti le
dichiarazioni del Saiani Guerino, in ordine al fatto che la contribuente avesse effettuato acquisti
fittizi presso altre società, sottolineando che la Guardia di Finanza non aveva effettuato altri
riscontri.
14.10 Tale affermazione della CTR cozza in maniera palese con le risultanze esposte dall’Agenzia
nel corso del giudizio ed analiticamente riportate in ricorso.
14.11 Ed invero, giova rammentare che il Grasso, per come risulta dallo stralcio del p.v.c. del
19.3.1998 riportato nel ricorso introduttivo, era subentrato alla ditta suddetta nell’esecuzione della
verniciatura dei carri ferroviari ed aveva indicato i quantitativi di vernice acquistati dal Ginocchio
ed utilizzati per verniciare un carro ferroviario(kg.30) ed il prezzo a forfait stabilito con
l’imprenditore contribuente per la verniciatura di un vagone-£.1.500.000- in tal modo consentendo
di desumere il numero di vagoni verniciati nell’anno 1997. Dal raffronto fra gli acquisti di vernice
acquistata dal Ginocchio negli anni 1996 ed 1997, i verbalizzanti avevano evidenziato un notevole
scostamento fra l’importo fatturato dalla Lidonnici e l’importo che sarebbe spettato al prestatore di
tale attività secondo quanto riferito dal Grasso individuando, specificamente, per l’anno 1997 uno di
£.1397.451.299 . L’Ufficio precisava che, anche a volere aggiungere al corrispettivo delle
prestazioni di servizio calcolato dai verbalizzanti un maggiore importo dovuto per gli eventuali
lavori di preparazione per la verniciatura, non si poteva pensare che il prezzo pattuito per tali
prestazioni aggiungesse il valore della differenza calcolata.
14.10 Aggiungevano, ancora, i verbalizzanti che dalla contabilità era emerso che il Lidonnici
risultava creditore di oltre £.1.000.000.00 e che malgrado questo lo stesso si era reso irreperibile,
non risultando presente nessuno nella sede della ditta.
14.11 Ora, già tale rappresentazione di elementi denota inequivocabilmente le gravi lacune della
decisione impugnata, laddove la CTR non risulta avere adeguatamente ponderato ai fini della
valutazione della legittimità della pretesa gli elementi individuati dall’Agenzia che, occorre ribadire,

esposte sotto il profilo logico-giuridico.

erano stati in realtà offerti all’attenzione del giudice di appello, come risulta dallo stralcio
dell’impugnazione riprodotta a pag.14 ss. del ricorso per cassazione.
14.12 Fra questi assumono sicuro rilievo l’irreperibilità del titolare fuggito all’estero, la breve durata
del periodo di fatturazione e la fornitura di prestazioni in via esclusiva dalla Lidonnici alla
contribuente, l’inesistenza della sede della ditta rinvenuta vuota e disabitata, l’assenza di personale
della ditta stessa, di mezzi e di strutture, la breve durata dell’attività della ditta che aveva emesso le
fatture ai contribuenti, la circostanza che tale ditta aveva lavorato quasi esclusivamente per il

fosse rimasto creditore del Ginocchio di oltre un miliardo delle vecchie lire rendendosi irreperibile.
14.13 L’omessa ponderazione di tali emergenze probatorie ha sicuramente inficiato la motivazione
della CTR, determinandone l’apoditticità.
14.14 L’avere, da parte della CTR, limitato l’indagine alle sole dichiarazioni del Saiani, tralasciando
il valore di riscontro alle dichiarazioni che potevano giungere da quanto dichiarato dal Grasso e
dagli altri elementi offerti dall’Ufficio non appare in alcun modo soddisfare i requisiti di congruità e
logicità della motivazione, se solo si consideri, per un verso, l’esistenza di ulteriori emergenze che
avrebbero potuto conclamare il fondato sospetto in ordine all’inesistenza oggettiva delle operazioni.
15.15 D’altra parte, gravemente lacunosa appare la mancata ponderazione da parte del giudice di
merito degli accertamenti dei verbalizzanti-Guardia di Finanza-, dai quali era emersa l’inesistenza di
reale capacità operativa ed organizzativa da parte delle ditta Lidonnici. Evenienza che rendeva
oltremodo difficile riconoscere la possibilità stessa della prestatrice di svolgere le attività fatturate
nella misura riscontrata e ritenuta sproporzionata dall’Ufficio proprio in relazione alle dichiarazioni
rese dalla ditta Grasso, tutte richiedenti con certezza un apprestamento di mezzi e strutture non
indifferenti, tenuto conto del settore nel quale operavano i contribuenti e della prestazioni di
verniciatura per carri ferroviari che era in discussione. Ciò in relazione alla circostanza che l’avere
intrattenuto ripetuti rapporti commerciali con impresa sfornita di personale adeguato, di beni
aziendali ovvero comunque prive di adeguata struttura organizzativa di impresa in relazione alle
operazioni commerciali in concreto svolte costituisce sicuramente “fondato sospetto” che la società
verificata abbia partecipato ad operazioni imponibili inesistenti-cfr.Cass.n.12625/2012-.
15.16 Anche il mancato esame delle emergenze relative all’irreperibilità del titolare della ditta
fornitrice e all’unicità dei rapporti fra questa ed i contribuenti conferma le carenze motivazionali
della sentenza della CTR che, in definitiva, si è astenuta dal compiere quel vaglio selettivo degli
elementi indiziari rilevanti ai fini dell’affermata natura inesistente delle operazioni e quell’ulteriore
considerazione unitaria di tutti gli elementi ridotti incongruamente dal giudice di appello alle sole
dichiarazioni del Saiani e per di più contrastati con argomentazioni non pertinenti.

contribuente nonchè l’ulteriore elemento, alquanto anomalo, che il cessionario di una prestazione

15.17 Resta solo da aggiungere che le considerazioni sopra esposte sono ex se idonee a confutare i
rilievi difensivi espressi dalla parte contribuente, avendo peraltro l’Ufficio, per come risulta dal
ricorso, contestato integralmente, in fase di appello, l’operato del primo giudice.
15.18 D’altra parte, la circostanza che l’Ufficio non avesse contestato la documentazione della
contribuente attestante le fatturazioni dei costi ed il collaudo delle prestazioni non poteva dirsi
dirimente, proprio perchè detta documentazione, per quanto esposto nei paragrafi precedenti, non
può costituire elemento rilevante ai fini della reale effettuazione delle prestazioni da parte delle ditte

rimanendo pertanto non influente la non contestazione di siffatti elementi da parte
dell’Amministrazione.
15.18 A ciò si aggiunga la circostanza che gli ulteriori elementi posti a base della motivazione – e
cioè la carenza di personale dipendente dello stesso Ginocchio tale da richiedere, secondo la CTR,
l’ausilio di lavorazione esterna – non sembrano affatto porsi come adeguati elementi logici di
conferma della soluzione espressa dalla CTR proprio per effetto dell’omessa ponderazione del dato,
certamente decisivo, costituito dalla mancanza di struttura da parte della ditta Lidonnici
asseritamente fornitrici di beni e prestazioni. Ciò che determina la sostanziale apoditticità delle
conclusioni esposte dal giudice di appello.
15.19 Nemmeno idoneo a sorreggere l’apparato argomentativo della decisione impugnata poteva
poi risultare la ritenuta incongruenza contabile relative alla redditività dell’impresa che sarebbe
derivata in caso di inesistenza delle operazioni fatturate dalla Lidonnici- circostanza che peraltro
non assurgeva ad autonoma ratio decidendi semmai rappresentando un’ulteriore argomentazione
esposta dalla CTR che non richiedeva autonoma impugnazione-, proprio perché ogni
valutazione concreta in ordine all’esistenza delle fatturazioni non poteva prescindere dal dato,
esposto dall’Agenzia circa l’inesistenza di un apparato di personale presso la ditta che avrebbe
svolto le ingenti prestazioni fatturate alla ditta contribuente. Senza poi dire che di nessun rilievo se
non nel senso di denotare l’ulteriore incongruità della motivazione, può avere il riferimento al
procedimento penale definito innanzi al GIP del tribunale di Genova rispetto al quale lo stesso
giudice di appello non ha fornito alcun comprensibile richiamo.
15.20 In conclusione, le prospettazioni difensive esposte dal Ginocchio nel controricorso non
appaiono decisive rispetto al vizio come sopra esposto.
16. Alla stregua delle superiori considerazioni, lt censuri proposte, con

motivofi<"I fondatz, sicchè la sentenza impugnata va cassata con rinvio ad altra sezione della CTR della Liguria per nuovo esame considerando gli elementi addotti dall'Agenzia, pure procedendo alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità. fatturanti che l'Ufficio ha messo in discussione sulla base di elementi anche solo presuntivi, PQM La Corte accoglie il terzo e il quarto motivo, assorbiti gli altri. Cassa la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della CTR della Liguria che provvederà a nuovo esame nei limiti delle censure accolte e provvederà alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità. Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Quinta Civile, il 27 gennaio 2014.

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