Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4847 del 01/03/2010
Cassazione civile sez. I, 01/03/2010, (ud. 24/11/2009, dep. 01/03/2010), n.4847
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella – Presidente –
Dott. FELICETTI Francesco – Consigliere –
Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –
Dott. SCHIRO’ Stefano – rel. Consigliere –
Dott. FITTIPALDI Onofrio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
V.T. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente domiciliato in
Roma, via Saluzzo 8, presso l’avv. Fernando Natale, rappresentato e
difeso dall’avv. FERRARA SILVIO giusta delega in atti;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore,
domiciliato in Roma, via dei Portoghesi 12, presso l’AVVOCATURA
GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende per legge;
– controricorrente –
avverso il decreto della Corte d’appello di Roma, cron. n. 9379, in
data 14 dicembre 2007, nel procedimento iscritto al n. 53109/2006
R.G.;
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 24
novembre 2009 dal relatore, cons. Stefano Schirò;
udito il P.M., in persona del sostituto procuratore generale, Dott.
DESTRO Carlo, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con decreto del 14 dicembre 2007 la Corte d’appello di Roma condannava il Ministero della Giustizia al pagamento in favore di V.T. della somma di Euro 3.000,00, a titolo di indennizzo del danno non patrimoniale causato dal superamento del termine di ragionevole durata di un processo, promosso davanti al Tribunale di Nola con atto di citazione notificato nel luglio 1996 e non ancora definito alla data del 10 ottobre 2006.
A fondamento della decisione, la Corte di merito – premesso che il giudizio presupposto, riguardante il trasferimento di un immobile, avrebbe potuto essere definito in un quinquennio, tenuto conto dei tempi di espletamento della consulenza tecnica d’ufficio estimativa del fondo e del fabbricato rurale ivi esistente (anche ai fini di un progetto di una comoda divisione del bene), nonchè dei successivi chiarimenti – affermava che da) residuo quinquennio dovevano essere detratte fasi di stasi processuali, non imputabili all’Amministrazione, ma causate da rinvii per astensione degli avvocati dalle udienze o richiesti dal procuratore dei convenuti, per una durata complessiva di due anni circa, con la conseguenza che il periodo di durata non ragionevole doveva essere determinato in tre anni e che al ricorrente andava riconosciuto un indennizzo complessivo di Euro 3.000,00, pari ad Euro 1.000,00 per ogni anno di durata non ragionevole.
Per la cassazione di tale decreto il V. ricorre sulla base di tre motivi.
Il Ministero della Giustizia resiste con controricorso.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo il ricorrente, denunciando vizio di motivazione, censura la determinazione in cinque anni della durata ragionevole del processo presupposto, senza tener conto dei rinvii disposti d’ufficio per esigenze dell’ufficio e per smarrimento del fascicolo d’ufficio, ed anche l’individuazione di un ulteriore periodo di due anni, addebitabili a comportamenti delle parti, senza è tener conto del mancato rispetto del termine di cui all’art. 81 disp. att. c.p.c., e del mancato esercizio di poteri sollecitatori da parte del giudice istruttore.
2. Con il secondo motivo il V. denuncia ancora vizio di motivazione e lamenta che la Corte di appello non abbia valutato adeguatamente la complessità del caso, per poi avere riguardo all’intero processo in una visione unitaria, laddove la Corte di Strasburgo ha escluso ogni compensazione tra le varie fasi e i diversi gradi del giudizio.
3. Con il terzo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 3, e degli artt. 1223, 1226, 1227, 2056, 2059 e 2043 c.c., nonchè degli artt. 2, 24 e 111 Cost., e si censura il criterio di determinazione dell’indennizzo per il danno non patrimoniale, stabilito dalla Corte di merito in Euro 1.000,00 per ogni anno di ritardo, in difformità dai parametri fissati dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo.
4. I primi due motivi sono inammissibili in quanto il ricorrente, pur prospettando vizi di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, non ha illustrato le censure con la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione, attraverso un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità e da evitare che all’individuazione di detto fatto controverso possa pervenirsi solo attraverso la completa lettura della complessiva illustrazione del motivo e all’esito di un’attività di interpretazione svolta dal lettore (Cass. S.U. 2007/20603; Cass. 2007/16002; 2008/8897);
5. E’ inammissibile anche il terzo motivo di ricorso, in quanto il quesito di diritto formulato ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., applicabile alla fattispecie “ratione temporis”, si risolve nel generico interpello della Corte in ordine alla censura così come illustrata, ma non contiene la sintetica indicazione della regola di diritto applicata dal giudice di merito e della diversa regola di diritto che, ad avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta applicare al caso di specie (Cass. S.U. 2008/2658; Cass. 2008/19769; 208/24339).
6. In base a quanto precede il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e le spese del giudizio di Cassazione, da liquidarsi come in dispositivo, seguono la soccombenza.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che si liquidano in Euro 700,00, oltre alle spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, il 24 novembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 1 marzo 2010