Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4846 del 24/02/2020
Cassazione civile sez. trib., 24/02/2020, (ud. 03/07/2019, dep. 24/02/2020), n.4846
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –
Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –
Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –
Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –
Dott. TADDEI Margherita – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 7337-2018 proposto da:
COMUNE DI FAENZA, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente
domiciliato in ROMA VIA SESTIO CALVINO 33, presso lo studio
dell’avvocato LUCIANA CANNAS, che lo rappresenta e difende
unitamente all’avvocato SERGIO ALVARO TROVATO, giusta procura a
margine;
– ricorrente –
contro
CLAI COOPERATIVA LAVORATORI AGRICOLI IMOLESI, in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA E.
FAA’ DI BRUNO 4, presso lo studio dell’avvocato SERGIO NICOLA ALDO
SCICCHITANO, che la rappresenta e difende, giusta procura a margine;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2294/2017 della COMM.TRIB.REG. di BOLOGNA,
depositata il 17/07/2017;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
03/07/2019 dal Consigliere Dott.ssa TADDEI MARGHERITA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
TASSONE KATE che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito per il ricorrente l’Avvocato BOSCO per delega dell’Avvocato
CANNAS che si riporta agli scritti;
udito per il controricorrente l’Avvocato VIGUETTA per delega
dell’Avvocato SCICCHITANO che si riporta agli scritti.
Fatto
FATTI DI CAUSA
Il Comune di Faenza articola due motivi di ricorso per la cassazione della sentenza n. 2294/2/17 della CTR della Emilia Romagna, del 31.05.2017, che, richiamando l’intervenuto giudicato sulla medesima questione relativa all’attribuzione della categoria D10 e del requisito della ruralità all’immobile oggetto di accertamento, aveva rigettato l’appello del Comune, confermando l’ illegittimità dell’accertamento ICI 2007 emesso nei confronti della Cooperativa lavoratori Agricoli Imolesi e così disattendendo la tesi dell’appellante che lamentava, per l’annualità ICI 2007, l’accatastamento dell’immobile in D8; il versamento dell’acconto ICI ed il mancato versamento del saldo; la mancata dichiarazione dei requisiti per godere dell’esenzione I.C.I. e la mancata dichiarazione della variazione dati per ottenere il riconoscimento del requisito della ruralità.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3 con riguardo al D.Lgs. n. 504 del 1992, artt. 1 e 2, del D.L. n. 557 del 1993, art. 9, convertito nella L. n. 133 del 1994, e del D.L. n. 207 del 2008, art. 23, comma 1 bis, convertito con modifiche nella L. n. 14 del 2009, del D.L. n. 159 del 2007, art. 42 bis, D.L. n. 102 del 2013, art. 2, comma 5 ter. In particolare il ricorrente richiama la giurisprudenza di legittimità che, nelle numerose pronunce sull’argomento, ha chiarito che ai fini del godimento del regime agevolato è determinante l’oggettiva classificazione catastale e che grava sul contribuente che chiede il riconoscimento di una esenzione, l’onere di impugnare l’atto di classamento se l’immobile è iscritto con categoria catastale diversa da quelle riconosciute per la ruralità
2) la Violazione e falsa applicazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3 in relazione all’art. 2909 c.c. e art. 324 c.p.c. e violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5 per omesso esame di un punto decisivo della controversia, relativo al giudicato esterno formatosi con la pronuncia n. 2301/2016 della CTR Lombardia, con il quale è stata attribuita la categoria D10 all’immobile in questione. La Ctr, infatti, non ha tenuto conto che il giudicato non si è formato nei confronti del Comune di Faenza, assente in quel giudizio.
Controparte resiste con controricorso e memoria.
Il ricorso non è fondato.
Correttamente la sentenza qui impugnata, avuto riguardo al giudicato formatosi con la sentenza n. 2301/2016 della CTR della Emilia Romagna, avente ad oggetto la medesima questione della ruralità dell’immobile e della classificazione catastale in D10, ha richiamato la consolidata giurisprudenza di questa Corte, in materia di giudicato esterno, secondo cui si ha l’efficacia vincolante ultrannuale di un diverso giudizio che abbia ad oggetto lo stesso tipo di vertenza ed intercorra tra le stesse parti e, che,per il principio del “ne bis in idem”, il giudice tributario ha l’obbligo di conformarsi ad esso. Questa Corte, infatti, anche da ultimo ha ribadito che nel processo tributario, qualora due giudizi tra le stesse parti abbiano ad oggetto un medesimo rapporto giuridico ed uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l’accertamento così compiuto in ordine alla situazione giuridica ovvero alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto decisivo comune ad entrambe le cause, formando la premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza, preclude il riesame dello stesso punto di diritto già accertato e risolto, anche laddove il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle costituenti lo scopo ed il “petitum” del primo (tra le tante: cass. Sez.5 n. 13152/2019; cass. Sez.5 n. 25516/2019).
La CTR ha, inoltre, rilevato che non è contestato e che, pertanto, vale il principio di non contestazione di cui all’art. 115 c.p.c. applicabile anche al processo tributario per espresso richiamo previsto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 1, che la cooperativa nel suo divenire non si è mai trasferita dagli immobili oggetto di contestazione e che gli stessi, nel corso degli anni, ben hanno potuto subire trasformazioni per ammodernamento, fusioni e ricomposizioni che non ne hanno comunque snaturato il requisito della ruralità, con la conseguenza dell’applicazione del D.L. n. 102 del 2013, art. 2, comma 5-ter. Pertanto, richiamando la norma che, con interpretazione autentica, dispone che l’inserimento dell’annotazione riguardante il requisito di ruralità negli atti catastali produce gli effetti previsti per il riconoscimento del requisito di ruralità a decorrere dal quinto anno antecedente la domanda, ha confermato, con accertamento in fatto correttamente motivato, la retrodatazione dell’esonero dal l’I.C.I. a far tempo dall’01/01/2006, in quanto la visura catastale agli atti riporta l’annotazione, inserita con variazione del 24/12/2012 n. 28646: ” dichiarata sussistenza dei requisiti di ruralità con domanda prot. n. 0118787 del 25/10/2011.”.
Quanto all’omessa valutazione di un fatto deciso, il motivo è inammissibile per genericità non avendo il ricorrente precisato quale debba intendersi il “fatto storico” controverso tra le parti, essendosi formato il giudicato ben prima della pronuncia qui impugnata.
Alla stregua dei motivi su indicato il ricorso va respinto. Alla soccombenza consegue la condanna alle spese di giudizio che si liquidano in dispositivo.
PQM
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese che si liquidano in Euro 5000,00, oltre spese in misura forfettaria ed accessori se dovuti.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, da parte della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo i rimborso unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dell’art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 3 luglio 2019.
Depositato in cancelleria il 24 febbraio 2020