Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4846 del 01/03/2010

Cassazione civile sez. I, 01/03/2010, (ud. 18/11/2009, dep. 01/03/2010), n.4846

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella – Presidente –

Dott. SALVAGO Salvatore – rel. Consigliere –

Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –

Dott. BERNABAI Renato – Consigliere –

Dott. SHCIRO’ Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 6544/2005 proposto da:

IMMOBILIARE PRISMA S.R.L. IN LIQUIDAZIONE (P.I. (OMISSIS)),

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PANAMA 12, presso l’avvocato

COLARIZI MASSIMO, che la rappresenta e difende unitamente

all’avvocato EMILIANI FABRIZIO, giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI MONTEGIORGIO (c.f. (OMISSIS)), in persona del Sindaco pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEL VIGNOLA 5,

presso l’avvocato RANUZZI LIVIA, rappresentato e difeso

dall’avvocato ORTENZI MASSIMO, giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 562/2004 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 01/10/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

18/11/2 009 dal Consigliere Dott. SALVATORE SALVAGO;

udito, per la ricorrente, l’Avvocato COLARIZI che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito, per il controricorrente, l’Avvocato RANUZZI LIVIA, per delega,

che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CENICCOLA Raffaele, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

il Tribunale di Fermo,con sentenza del 15 gennaio 2003, condannò il comune di Montegiorgio al risarcimento del danno liquidato in misura di Euro 280.888,87, in favore della s.p.a. Immobiliare Prisma, proprietaria di un fabbricato con area circostante ubicato in zona centrale destinata dal piano particolareggiato del comune in parte a nuova edificazione, perchè l’ente con delibera del 26 marzo 1985 (appr. con delibera 19/1988) aveva adottato una variante del Regolamento edilizio con annesso Programma di Fabbricazione, aveva modificato la suddetta destinazione rendendo l’area inedificabile e negando la concessione edilizia alla società;e perchè questi provvedimenti erano stati impugnati davanti al TAR Marche ed annullati con sentenza 97/1993, passata in giudicato.

L’impugnazione della Immobiliare è stata respinta dalla Corte di appello di Ancona che, con sentenza dell’1 ottobre 2004 (ha dichiarato prescritto il credito risarcitorio preteso dalla società, osservando: a) che il Consiglio comunale di Montenegro con altra delibera del 26 maggio 1989 aveva nuovamente introdotto la precedente variante allo strumento urbanistico comunale riconfermando la destinazione a parcheggio pubblico dell’area (con il fabbricato) di proprietà della società, – per cui al più tardi da tale atto lesivo era iniziata a decorrere la prescrizione del credito fatto valere da quest’ultima, che dunque era maturata il 26 maggio 1994 dato che la citazione introduttiva del giudizio era stata notificata all’ente pubblico soltanto il 19 novembre successivo; b) che anche nel merito la domanda era infondata mancando?la prova della colpa dell’amministrazione, non ricavabile dall’avvenuto annullamento per difetto di motivazione dei provvedimenti impugnati dalla Prisma che d’altra parte non avevano impedito al comune di dettare la disciplina urbanistica dell’area e di adottare legittimamente la delibera del 1989,non impugnata dalla società.

Per la cassazione della sentenza,quest’ultima ha proposto ricorso per 4 motivi, cui resiste con controricorso il comune di Montegiorgio che ha formulato a sua volta ricorso incidentale condizionato affidato ad un motivo.

Le parti hanno depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

I ricorsi vanno, anzitutto, riuniti ai sensi dell’art. 335 c.p.c., perchè proposti contro la medesima sentenza. Con il primo motivo,la soc. Immobiliare Prisma, deducendo violazione degli artt. 2935, 2943 e 2945 c.c., censura la sentenza impugnata per avere dichiarato prescritto il credito risarcitorio preteso, senza considerare che essa aveva impugnato i provvedimenti che le impedivano l’edificazione e che costituivano l’antecedente logico di ogni pretesa risarcitoria davanti al giudice amministrativo, in tal modo interrompendo la prescrizione; la quale, come evidenziato da tutta la giurisprudenza seguita alla nota decisione 500/1999 delle Sezioni Unite in tema di risarcibilità degli interessi legittimi, aveva dunque iniziato a decorrere nuovamente dal passaggio in giudicato della sentenza del Tar,restando definitivamente interrotta in conseguenza della citazione introduttiva del giudizio.

Il motivo è infondato.

La causa petendi dell’azione risarcitoria avanzata dalla società Immobiliare,come riferito dalla sentenza impugnata e dalla stessa ricorrente, è costituita dalla delibera 26 marzo 1985 – 4 marzo 1988 di variante del Regolamento edilizio che ha destinato l’area ove è ubicato l’immobile di sua proprietà a parcheggio pubblico, nonchè dal provvedimento 13 maggio 1989 che ha respinto la sua richiesta di concessione edilizia, perchè entrambi illegittimi (ed impugnati davanti al TAR Marche che li ha annullati con la menzionata sentenza del 1993 divenuta definitiva).

Pertanto siccome erano stati proprio i suddetti provvedimenti ad aver leso l’interesse legittimo pretensivo della società all’edificazione del fondo ed al rilascio delle necessarie concessioni edilizie, è corretta la statuizione impugnata laddove ha ritenuto che trattandosi di diritto al risarcimento del danno per fatto illecito ex art. 2043 c.c., lo stesso si prescrive ai sensi dell’art. 2947 c.c., nel termine di 5 anni dalla data in cui l’evento dannoso si è verificato; e che detto momento,coincidendo con quello in cui la produzione del danno si manifesta all’esterno divenendo oggettivamente percepibile e riconoscibile,si identificava nel caso con l’avvenuta comunicazione da parte del comune di Montegiorgio; con lettera del 13 maggio 1989, alla società Prisma del provvedimento di diniego del rilascio della concessione edilizia richiesta da quest’ultima, o al più tardi con il successivo provvedimento del 26 maggio 1989 con il quale il comune di Montegiorgio aveva approvato una seconda variante al Piano particolareggiato del centro storico, riconfermando la destinazione pubblicistica della zona ove era ubicato il terreno della società così esaurendo il fatto illecito generatore del danno, pur se poi gli effetti di questo avevano continuato a manifestarsi (c.d. fatto illecito istantaneo con effetti permanenti). Ed è del pari corretta la conclusione della Corte di appello che in data 26 maggio 1994 era al più tardi maturata la prescrizione del credito risarcitorio preteso dalla ricorrente; posto che la citazione introduttiva del giudizio era stata notificata solo successivamente all’amministrazione comunale in data 19 novembre 1994 (pag. 49).

La Corte di appello si è poi chiesta se il quinquennio in questione fosse stato interrotto, ma al quesito ha dato risposta sfavorevole alla società rilevando: a) che in punto di fatto non erano stati prodotti atti interattivi della prescrizione all’infuori della menzionata citazione 19 novembre 1994, per quanto detto tardiva; b) che in ogni caso non bastava la mera produzione di detti atti, in quanto l’interruzione della prescrizione costituisce una controeccezione in senso proprio,perciò soggetta al regime delle eccezioni,che devono essere espressamente proposte dalla parte interessata ad invocarle e non possono quindi essere rilevate di ufficio;laddove nel caso nessuna controeccezione in tali sensi era stata avanzata dalla Soc. Prisma.

Nè l’una nè l’altra di dette rationes decidendi è stata impugnata dalla ricorrente, la quale, per contestare la correttezza della dichiarazione di prescrizione, ha dedotto che l’avvenuta proposizione di un giudizio impugnatorio davanti al giudice amministrativo per la declaratoria di illegittimità dei provvedimenti comunali che inibivano la edificazione nei comparti di proprietà Prisma costituiva elemento impeditive all’esercizio del diritto risareitorio; che la più recente giurisprudenza di questa Corte aveva individuato nel passaggio in giudicato della sentenza del giudice amministrativo al riguardo adito il dies a quo per la decorrenza del termine prescrizionale della pretesa risarcitoria conseguente; e che nel caso il giudizio da essa proposto era stato definito soltanto con sentenza del 26 febbraio 1993,dalla quale dunque doveva iniziare il decorso del termine quinquennale di prescrizione,perciò non ancora maturato il 19 novembre 1994.

Laddove la prima ratio decidendi doveva essere impugnata dimostrando che ai giudici di merito erano stati prodotti uno o più atti interruttivi della prescrizione,riportandone il contenuto e quindi denunciando l’illogicità del giudizio della Corte territoriale che a ciascuno di essi, ovvero a tutti, aveva negato efficacia interruttiva. E la seconda trascrivendo la controeccezione che sarebbe stata proposta con indicazione dell’atto giudiziale in cui era stata formulata; ovvero contestando in diritto il principio che la stessa dovesse essere necessariamente avanzata con le medesime modalità e forme delle eccezioni e che non dovesse invece essere rilevata di ufficio dal giudice.

D’altra parte non è esatto che il termine di prescrizione non possa decorrere o non inizi a decorrere per effetto del giudizio impugnatorio menzionato dalla società,in quanto per effetto dell’art. 2935 c.c., lo stesso comincia decorrere “dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere”,per quanto detto correttamente identificato dalla Corte di appello (al più tardi) in coincidenza con il provvedimento di adozione della seconda variante.

La citazione introduttiva di un giudizio si traduce semmai, per il disposto dell’art. 2943 c.c., comma 1, in un atto interruttivo della prescrizione (in via di decorso); e produce l’effetto che la stessa “non corre fino al momento in cui passa in giudicato la sentenza che definisce il giudizio” (art. 2945 c.c., comma 1). Per cui intanto detto effetto è utilmente invocabile,in quanto vi sia stato un atto interruttivo ritualmente inserito dall’interessato nel processo,che invece nel caso la Corte di appello ha escluso specificandone le ragioni,con la conseguenza che sotto questo profilo la censura della società è del tutto inconferente e non puntuale rispetto all’effettiva “ratio decidendi” della sentenza impugnata che è rimasta incensurata.

Assorbiti gli altri motivi del ricorso principale nonchè quello incidentale condizionato, il ricorso va respinto con conseguente condanna della soccombente società Prisma al pagamento delle spese processuali,che si liquidano in favore del comune di Montegiorgio come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte, riunisce i ricorsi, rigetta il principale e dichiara assorbito l’incidentale; condanna la soc. Prisma al pagamento delle spese processuali, che liquida in favore del comune di Montegiorgio in complessivi Euro 7.200,00 di cui Euro 7.000,00 per onorario di difesa, oltre spese generali ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 18 novembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 1 marzo 2010

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