Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4845 del 26/02/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 4845 Anno 2013
Presidente: CICALA MARIO
Relatore: COSENTINO ANTONELLO

ORDINANZA
sul ricorso 6726-2011 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE 06363391001 in persona del
Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che la rappresenta e difende, ope legis;
– ricorrente contro
THE SEA INSURANCE COMPANY LIMITED 00790460109 in
persona del Direttore Generale e legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE GIUSEPPE MAZZINI
11, presso lo studio degli avvocati SALVINI LIVIA e ESCALAR
GABRIELE, che la rappresentano e difendono, giusta delega a
margine del controricorso;

Data pubblicazione: 26/02/2013

- controricorrente avverso la sentenza n. 55/07/2010 della Commissione Tributaria
Regionale di GENOVA del 23.10.09, depositata il 24/02/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

COSENTINO;
udito per la controricorrente l’Avvocato Giancarla Branda (per delega
avv. Gabriele Escalar) che concorda con la relazione.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. ENNIO
ATTILIO SEPE che nulla osserva rispetto alla relazione scritta.
rilevato che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in
cancelleria la relazione di seguito integralmente trascritta:
« L’Agenzia delle Entrate ricorre contro la società The Sea Insurance
Company per la cassazione della sentenza con cui la Commissione Tributaria
Regionale della Liguria, riformando la sentenza di primo grado, ha annullato un
avviso di accertamento IVA 2003.
Il ricorso è affidato tre mezzi, con i quali si censura:

con il primo e terzo motivo, la violazione degli articoli 1191 cc e 3, 10,12, 12 e 15
DPR 633/72;

con il secondo motivo, l’omessa motivazione su un fatto decisivo e controverso.

Si propone al Collegio la declaratoria di inammissibilità del ricorso per mancanza del requisito
formale di cui al n. 3 dell’articolo 366 cpc (esposizione sommaria dei fatti di causa).
Nella parte del ricorso intitolata “FATTO” (pagg. 1-53) non è infatti contenuta alcuna
esposizione di fatti di causa, ma la mera riproduzione di ampi stralci del processo verbale di
costatazione, dell’ avviso di rettifica, del ricorso della contribuente e della sentenza gravata;
nell’illustrazione dei motivi sviluppata nella parte del ricorso intitolata “MOTIVT’ , per contro,
non è rinvenibile un’adeguata esposizione dei fatti rilevanti in funzione della comprensione
dei motivi della censura.
Ciò premesso, deve ribadirsi, in conformità a una giurisprudenza più che consolidata di
questa Corte regolatrice (Cass. 8 maggio 2012 n. 6909, Cass., sez. un., 11 aprile 2012, n.
5698, Cass. 29 agosto 2011, n. 17646, specie in motivazione, Cass. 16 marzo 2011, n. 6279,
Cass., sez. un., 17 luglio 2009 n. 16628, Cass. 22 settembre 2009, n. 20393):

Ric. 2011 n. 06726 sez. MT – ud. 20-12-2012
-2-

20/12/2012 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONELLO

che la prescrizione contenuta nell’art. 366, 1 comma, n. 3 cod. proc. civ., secondo la
quale il ricorso per cassazione deve contenere, a pena d’inammissibilità, la
esposizione sommaria dei fatti di causa, non può ritenersi osservata quando il
ricorrente non svolga alcuna narrativa della vicenda processuale, né accenni
all’oggetto della pretesa, limitandosi a riprodurre, nel corpo del ricorso, il testo
integrale degli atti del giudizio di merito, rendendo particolarmente indaginosa la
individuazione della materia del contendere;

agevolare la comprensione dell’oggetto della pretesa e del tenore della sentenza
impugnata in immediato coordinamento con i motivi di censura;
in tale caso, il ricorso risulta inammissibile, in quanto la integrale trascrizione degli
atti del giudizio di merito equivale nella sostanza ad un mero rinvio agli atti di causa
e viola, di conseguenza, il principio di autosufficienza del ricorso;
costituisce cioè onere del ricorrente operare una

sintesi funzionale alla piena

comprensione e valutazione delle censure mosse alla sentenza impugnata in base
alla sola lettura del ricorso;
la pedissequa riproduzione dell’intero letterale contenuto degli atti processuali è, per
un verso, del tutto superflua, non essendo affatto richiesto che si dia meticoloso
conto di tutti i momenti nei quali la vicenda processuale s’è articolata, per altro
verso, è inidonea a tener il luogo della sintetica esposizione dei fatti, in quanto
equivale ad affidare alla Corte, dopo averla costretta a leggere tutto (anche quello di
cui non serve affatto che sia informata), la scelta di quanto effettivamente rileva in
relazione ai motivi di ricorso;
il rilievo che la sintesi ha assunto nell’ ordinamento è del resto attestato anche
dall’art. 3, n. 2, del codice del processo amministrativo (di cui al decreto legislativo
2 luglio 2010, n. 104), il quale prescrive anche alle parti di redigere gli atti in maniera
chiara e sintetica. La testuale riproduzione (in tutto o in parte) degli atti e dei
documenti è invece richiesta quante volte si assuma che la sentenza è censurabile per
non averne tenuto conto e che, se lo avesse fatto, la decisione sarebbe stata diversa;
la Corte deve poter bensì verificare che quanto il ricorrente afferma trovi effettivo
riscontro negli atti (è questa la ragione per cui va domandata la trasmissione del
fascicolo d’ufficio e vanno prodotti gli atti ed i documenti sui quali il ricorso si
fonda), ma non è tenuta a cercarli, a stabilire essa stessa se ed in quale parte rilevino,
a leggerli nella loro interezza per poter comprendere, valutare e decidere; gravare la
Corte di tale compito – vale dire dell’onere di riscrivere (o di leggere) il ricorso in
modo che sia conforme al modello di cui all’art. 366 cpc — rischierebbe di
comprometterne la terzietà, che costituisce carattere ineliminabile di ciascun giudice
ai sensi dell’articolo 111 Cost.

Ric. 2011 n. 06726 sez. MT – ud. 20-12-2012
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tale modus operandi contravviene allo scopo della disposizione, preordinata ad

In conclusione, si ritiene che il procedimento possa essere definito in camera di consiglio, con
la declaratoria di inammissibilità del ricorso..»

che la parte intimata si è costituita;
che la relazione è stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata alle parti,
le quali hanno entrambe depositato memorie difensive.
Considerato che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio,

che, in particolare, le considerazioni svolte nella memoria della difesa erariale per le quali il ricorso non potrebbe giudicarsi inammissibile perché
l’esposizione dei fatti di causa sarebbe desumibile dalla trascrizione della
sentenza gravata – non possono trovare accoglimento, giacché altro è esporre il
fatto riproducendo la narrativa della sentenza gravata, altro è riversare nel
ricorso per cassazione l’intero

corpus degli atti del procedimento

amministrativo di accertamento e del giudizio di merito.
Pertanto,

riaffermati i principi sopra richiamati, il ricorso va dichiarato

inammissibile.

(Non vi

ogo a regolazione delle spese del giudizio di cassazione, non

essendosi costituito l’intimato.

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