Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4843 del 24/02/2020

Cassazione civile sez. I, 24/02/2020, (ud. 28/11/2019, dep. 24/02/2020), n.4843

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. GUIDO Federico – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19270/2018 proposto da:

J.S., rappresentato e difeso dall’Avv. Alessandro Brandoni,

domiciliato presso la Cancelleria della Corte e presso indirizzo

pec: avvalessandrobrandoni.cnfpec.it;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro p.t.;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di ANCONA, depositato il 4/5/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

28/11/2019 da Dott. GORI PIERPAOLO.

Fatto

RILEVATO

che:

– Con decreto n. 5609/2018 depositato in data 4.5.2018 nella controversia iscritta all’RGN 945/2018 il Tribunale di Ancona rigettava il ricorso proposto da J.S., nato in Pakistan, in impugnazione del provvedimento di diniego della protezione emesso il 6.12.2017 e notificatogli il 30.1.2018 dalla Commissione Territoriale per il Riconoscimento della Protezione Internazionale di Ancona.

– Il ricorrente chiedeva il riconoscimento del suo diritto alla protezione internazionale, rendendo noto di avere già presentato una precedente istanza di protezione nel 2014, ricorso rigettato prima dal Tribunale e poi dalla Corte d’Appello di Ancona, cui aveva fatto seguito un ordine di espulsione del 2016, al quale non aveva ottemperato riarticolando la domanda avanti alla Commissione che nuovamente la respingeva.

– Avverso la decisione il richiedente ha notificato in data 4.6.2018 ricorso, affidato ad un unico motivo, e il Ministero dell’Interno non si è difeso, restando intimato.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– Con un unico motivo – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 il richiedente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, e art. 19, commi 1 e 1 bis, oltre che del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8 e 32, e lo stesso vizio di motivazione, per aver il Tribunale omesso una valutazione comparativa effettiva della situazione del ricorrente con riferimento al paese di origine e all’integrazione raggiunta in Italia e al pericolo concreto di pregiudizio di diritti umani in caso di ritorno al paese di origine;

– Il motivo è inammissibile. Il Tribunale ha chiaramente espresso una ratio decidendi in via preliminare nel senso dell’inammissibilità del ricorso per effetto della precedente istanza di protezione presentata dal richiedente già nel 2014, ricorso rigettato prima dal Tribunale e poi dalla Corte d’Appello di Ancona, e cui aveva fatto seguito anche ordine di espulsione nel 2016. Nel decreto impugnato infatti si legge: “tali essendo i principi di diritto è qui evidente che la procedura già definita si è svolta nel pieno delle garanzie per il ricorrente” ossia il giudice del merito accerta in fatto che per sua colpa il richiedente non aveva fatto valere già la prima volta elementi di prova rilevanti a sua disposizione per la sua irreperibilità all’epoca della procedura. Tale ratio decidendi non è stata censurata con il ricorso per cassazione e da ciò consegue l’inammissibilità del ricorso. Le spese di lite non devono essere liquidate in ragione della mancata costituzione del Ministero.

P.Q.M.

La Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 28 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 24 febbraio 2020

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