Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4841 del 28/02/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 4841 Anno 2014
Presidente: CIRILLO ETTORE
Relatore: TRICOMI LAURA

SENTENZA

sul ricorso 27262-2008 proposto da:
IPM SRL IN LIQUIDAZIONE in persona del Liquidatore
pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA
GAVINANA 4, presso lo studio dell’avvocato ANGELINI
DOMENICO, che lo rappresenta e difende unitamente
all’avvocato TUMMINELLI MICHELE giusta delega a
margine;
– ricorrente contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

Data pubblicazione: 28/02/2014

STATO, che lo rappresenta e difende ape legis;
– resistente con atto di costituzione –

avverso la sentenza n. 97/2007 della COMM.TRIB.REG.
di MILANO, depositata il 05/06/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

TRICOMI;
udito per il ricorrente l’Avvocato ANGELINI che ha
chiesto l’accoglimento;
udito per il controricorrente l’Avvocato MADDALO che
ha chiesto il rigetto;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. VINCENZO GAMBARDELLA che ha concluso
per il rigetto del ricorso.

udienza del 14/01/2014 dal Consigliere Dott. LAURA

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A

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Guardia di Finanza, nucleo polizia tributaria di Como, a conclusione di un
controllo, notificava in data 17.12.2002 a Saibene Carlo, quale presidente del Consiglio
di Amministrazione della I.P.M SRL un processo verbale di constatazione, con il quale

2000 presso le società JR AUTO SPRL (Belgio), CAR DISTRIBUTION SARL
(Lussemburgo) e CONTICARS NV (Belgio).
A seguito di ciò l’Agenzia delle Entrate notificava alla società un avviso di
accertamento IVA per l’anno 2000 con il quale provvedeva:
a)

ai sensi dell’art.54 DPR 633/72 alla rettifica della dichiarazione ed al

recupero a tassazione dell’IVA non esposta nelle fatture per l’importo di E.24.944,87;
b)

ai sensi dell’art.6, comma 8, DLGS 471/97, ad applicare la sanzione pari

al 100% dell’imposta nelle fatture per l’importo di €.67.939,26;
c)

ai sensi dell’art.11, comma 4, DLGS 471/97 ad applicare la sanzione di

€.516,46 per l’errata compilazione del mod. Intrastat.
La società contribuente impugnava detto avviso, con parziale accoglimento da
parte della CTP di Como, limitatamente alla applicazione delle sanzioni.
Con la sentenza impugnata n.97/26/2007 la CTR di Milano, in riforma della
sentenza di primo grado, accoglieva l’appello proposto dalla Agenzia delle Entrate e
rigettava l’appello incidentale proposto dalla società contribuente.
Riteneva la CTR di Milano che l’avviso di accertamento era ben motivato e che
dal processo verbale di constatazione della G. di F. risultasse evidente il sistema di
evasione delle norme comunitarie in materia di IVA conseguente alle operazioni

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Cons. estensore Laura Tricorni

venivano ricostruiti gli acquisti di autoveicoli usati effettuati dalla società nell’anno

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compiute dalla I.P.M. con i fornitori comunitari con cui aveva operato nel 2000, in
violazione del cd. “regime del margine”.
In particolare riteneva la Commissione che l’espressa dichiarazione in fattura di
avvenuta applicazione del regime del margine, come nello specifico caso, non esimeva

desumere che il cedente comunitario non poteva utilizzare il regime del margine. Ciò in
virtù dei principi generali di diligenza e buona fede che impongono al contribuente che
intenda avvalersi di un regime tributario di favore di verificare prima, e dimostrare poi,
la sussistenza dei presupposti.
Affermava ancora la CTR che la società non aveva usato la necessaria diligenza e
che non sussistevano le condizioni per applicare la disciplina dell’errore scusabile in
diritto ex art.8 DLGS 546/92.
Per la cassazione della sentenza n.97/26/2007 della CTR di Milano ha proposto
ricorso la I.P.M. SRL in liquidazione affidato a tre motivi.
La Agenzia delle Entrate ha partecipato alla discussione orale ai sensi dell’art.370,
comma 1 ultima parte, cpc.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.1. Con il primo motivo di ricorso la società contribuente deduce la violazione e
falsa applicazione degli artt.36, comma 1 e 10, della L 85/1995, 6, comma 8, del DLGS
471/1997 (anche con riferimento all’art.46, comma 5, e 53, comma 3, del DL 331/1993)
e 54 DPR 633/72 in relazione all’art.360, comma 1 n. 3, cpc.
Afferma infatti di avere usufruito del regime del “margine” poiché le fatture
fiscali ricevute dalle ditte fornitrici attestavano l’esistenza delle condizioni oggettive e
soggettive previste dall’art.36 della L 85/1995 per l’acquisto di autoveicoli usati:

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Cons. estensore Laura Tricorni

l’acquirente da responsabilità qualora, in base ad elementi oggettivi, questi potesse

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pertanto la Commissione aveva errato nel ritenere che la società fosse obbligata a
sindacare le condizioni di sussistenza dei requisiti oggettivi e soggettivi del regime del
margine in ragione di un principio generale di buona fede e di diligenza, al di là di
quanto fosse già attestato nella documentazione fiscale ricevuta dall’emittente.

DLGS 471/1997, applicabile anche alle transazioni tra soggetti comunitari ai sensi
dell’art.46, comma 2, del DL 331/1993, non prevede la responsabilità tributaria del
cessionario, ma la possibilità di regolarizzazione da parte del cessionario, senza che si
possa pretendere a suo carico un dovere di controllo e di verifica dei titoli di esenzione
vantati dal cedente; secondo la ricorrente inoltre le fatture risultavano conformi alle
prescrizioni previste dall’art.21, comma 2, del DPR 633/1972 e contenevano
l’indicazione che gli autoveicoli erano soggetti al regime del margine.
Afferma ancora la ricorrente che la Motorizzazione civile aveva provveduto alla
immatricolazione dei veicoli usati e che tale immatricolazione non sarebbe potuta
avvenire senza la previa verifica dell’assolvimento del dovere tributario, secondo
quanto previsto dall’art.53, comma 3, del DL 331/1993.
Formula il seguente quesito di diritto: “Dica Codesta Corte se il cessionario
italiano che abbia effettuato acquisti intracomunitari di autoveicoli usati, con
applicazione del regime del margine previsto dagli artt. 36 comma 1 e 10 della Legge
22 marzo 1995 n.85, e che riceva dal cedente la fattura contenete tutti gli elementi
previsti dall’art.21 comma 2 del DPR 633/72 (richiamato dall’art.46, comma 2, del DL
n.331/1993) rappresentativi dell’atto negoziale e dei dati di fatto fiscalmente rilevanti
per l’applicazione di tale regime, sia comunque obbligato a regolarizzare la fattura ai
sensi dell ‘art. 6, comma 8, del DLGS 471/1997 ed a versare il tributo ed a presentare la

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Sostiene quindi che, in caso di emissione di fattura irregolare, l’art. 6 comma 8 del

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dichiarazione esponente le operazioni regolarizzate, qualora gli elementi identificativi
della cessione dei beni descritta nella fattura ricevuta siano divergenti da quella
effettiva e reale, e tale divergenza, che comporti l’inesistenza dei requisiti oggettivi e
soggettivi di applicazione del regime del margine, non risulti dalle indicazioni

diversi e che le sole Autorità fiscali comunitarie hanno il potere di eseguire presso il
cedente”
1.2. Il motivo è infondato e va respinto.
1.3. Come più volte affermato da questa Corte, con argomenti che si condividono
“In tema di IVA, il regime del margine di utile di cui all’art. 36 del d.l. 23 febbraio
1995, n. 41, convertito nella legge 22 marzo 1995, n. 85, siccome rappresenta un regime
speciale rispetto all’ordinario regime impositivo riguardante gli acquisti intracomunitari,
impone al contribuente di provare la sussistenza dei presupposti che ne consentono
l’applicazione, e, quindi, la mancata detrazione dell’IVA all’acquisto da parte del
cedente, tutte le volte in cui la contestazione dell’Amministrazione trovi fondamento in
elementi oggettivi che privino di attendibilità le indicazioni contenute nella fattura
emessa nei confronti del cessionario.” (Cass. Sent. n. 8828/2012). In particolare va
ribadito che “In tema di IVA, ai fini dell’applicazione negli acquisti intra-comunitari del
regime del margine di utile di cui all’art. 36 del d.l. 23 febbraio 1995, n. 41, convertito
nella legge 22 marzo 1995, n. 85, non costituisce unica condizione la regolarità formale
della fattura emessa dal cedente, poiché in tal modo si attribuirebbe a tale documento
un’efficacia probatoria, in realtà non prevista, in relazione all’esistenza dei presupposti
giustificativi di tale regime fiscale, e cioè che il cedente abbia assolto l’imposta in modo
definitivo e risponda ad uno dei requisiti soggettivi indicati dalla medesima

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contenute nella fattura e sia acclarabile esclusivamente a mezzo di controlli fiscali

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disposizione, configurandosi o come privato consumatore, o come soggetto che non
abbia potuto detrarre l’imposta per aver destinato i beni ad attività esente, ovvero che
agisca in regime di franchigia nel proprio Stato membro, ovvero ancora che abbia a sua
volta assoggettato il proprio acquisto al regime del margine di utile.” (Cass. Sent. n.

Pertanto, come nel caso in esame, “Colui il quale intenda avvalersi, per il
pagamento dell’IVA su beni acquistati da soggetti residenti in altro Stato membro, dello
speciale regime del “margine di utile”, ha l’obbligo di accertarsi della sussistenza dei
presupposti di applicabilità di quel regime, tra i quali la circostanza che il cedente del
bene non abbia potuto esercitare, nel suo Paese, alcuna rivalsa per l’imposta versata
quando acquistò quel bene. Tale accertamento non può limitarsi ad un mero controllo di
regolarità formale delle fatture emesse dal cedente, ma deve estendersi al controllo della
regolarità sostanziale dell’operazione, a condizione che esso sia possibile alla stregua
dell’ordinaria diligenza esigibile dal cessionario” (Cass. Sent. n. 8636/2012).
Nel caso di specie va osservato che la qualità della società ricorrente,
professionalmente dedita al commercio di autoveicoli usati di provenienza estera , per
quanto interessa, ben le avrebbe consentito di accertare, in base all’esame dei rispettivi
documenti di circolazione e della documentazione accompagnatoria dei veicoli e di
quanto ritenuto utile a tal fine, l’uso cui erano stati destinati dal cedente straniero, dai
suoi danti causa e le loro qualità soggettive, e di conseguenza, stabilire se fosse
verosimile che questi non avesse esercitato il diritto di rivalsa per VIVA pagata
sull’acquisto, come d’altronde era suo dovere fare, in considerazione della richiesta di
accedere ad un regime fiscale speciale, così come correttamente considerato dalla CTR.

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8828/2012).

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Del tutto inconferente è il richiamo alla disciplina della regolarizzazione delle
fatture, invece ampiamente invocata dalla ricorrente, atteso che nel caso in esame si
controverte sul regime fiscale applicabile in concreto alle specifiche operazioni
commerciali, e non su questioni formali di formazione delle fatture.

insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in
relazione all’art.360, comma 1 n.5, cpc.
In particolare la ricorrente afferma che la Commissione ha erroneamente motivato
la sentenza, sostenendo che alla stregua della circolare ministeriale n. B59/2000/MOT
il cessionario dell’autoveicolo era tenuto a presentare per l’immatricolazione il libretto
di circolazione estero, da cui avrebbe potuto desumere elementi rilevanti ai fine del
regime tributario applicabile, in quanto tale disposizione non prevedeva l’obbligo di
depositare il libretto di circolazione.
2.2. Il motivo è inammissibile.
Osserva il Collegio che non è stato formulato il c.d. quesito di fatto, poiché manca
la conclusione a mezzo di apposito momento di sintesi, con il quale la Corte deve essere
posta in condizione di comprendere, dalla lettura del solo quesito, l’oggetto della
doglianza (Cass. Sent. n.24255/2011) e la sua rilevanza ai fini del decidere. A ciò va
aggiunto che soccorre nel caso di specie alla declaratoria di inammissibilità anche il
seguente principio “In tema di ricorso per cassazione, per effetto della modifica dell’art.
366-bis cod. proc. civ., introdotta dall’art. 2 del d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, il vizio di
omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione di cui all’art. 360, comma 1, n. 5
cod. proc. civ., deve essere dedotto mediante esposizione chiara e sintetica del fatto
controverso – in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria –

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2.1. Con il secondo motivo la ricorrente società deduce il vizio di omessa o

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ovvero delle ragioni per le quali l’insufficienza rende inidonea la motivazione a
giustificare la decisione, fornendo elementi in ordine al carattere decisivo di tali fatti,
che non devono attenere a mere questioni o punti, dovendosi configurare in senso
storico o normativo, e potendo rilevare solo come fatto principale ex art. 2697 cod. civ.

funzione di prova determinante di una circostanza principale).” (Cass. Sent. n.
16655/2011).
Va rilevato invece che la ricorrente non deduce effettivamente un vizio di omessa
o insufficiente motivazione su un fatto controverso, come rubricato, ma pone una
questione giuridica circa la non sussistenza, all’epoca, dell’obbligo del cessionario di
presentare il libretto di circolazione estero con la richiesta di immatricolazione di
autovetture usate, questione che, comunque, non risulta decisiva in considerazione degli
argomenti esposti sub 1.3.
3.1. Anche con il terzo motivo la società ricorrente deduce la insufficiente
motivazione circa un fatto controverso in relazione all’art.360, comma 1 n.5 cpc.
Nel processo di primo grado, la CTP di Como aveva dichiarato non dovute, ai
sensi dell’art.6, comma 1, del DLGS 472/1997, le sanzioni irrogate alla parte per
mancanza dell’elemento soggettivo, in ragione della riscontrata regolarità di libri,
registri, scritture contabili e documenti della società I.P.M. nel corso della verifica della
G. di F. Tale decisione era stata riformata dalla CTR che aveva affermato anche “non
sussistono inoltre le condizioni previste dall’art.8 del DLGS 546/92 per la non
applicabilità delle sanzioni” senza pronunciarsi, a dire della ricorrente, sulle esistenza o
meno della causa di non punibilità prevista dall’art.6 DLGS 472/1997.
3.2. Il motivo è inammissibile per le medesime ragioni esposte sub 2.2.

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(costitutivo, modificativo, impeditivo o estintivo) o anche fatto secondario (dedotto in

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Anche in questo caso la ricorrente non ha formulato il cd. quesito di fatto. Inoltre
nella specie non risultano comunque evidenziati in maniera chiara e precisa specifici
fatti controversi e, soprattutto, non vengono forniti elementi circa il carattere decisivo di
tali fatti, essendo peraltro da rilevare che per fatto decisivo e controverso deve

c.p.c. (nella parte in cui prevedeva l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione
circa un punto decisivo della controversia) è stato modificato dal D.Lgs. n. 40 del 2006
nel senso, appunto, che l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione deve
riguardare un fatto controverso e decisivo (v. tra le tante Cass. n.16655/2011 e n. 9233/
2006).
Nel caso in esame infatti non costituiscono fatti controversi la regolarità della
tenuta della contabilità della ricorrente e le modalità di acquisto degli autoveicoli;
inoltre la disciplina invocata dalla stessa ricorrente non attiene ai fatti, ma alla
valutazione giuridica dei fatti, a cui può conseguire, in determinati casi, una causa di
non punibilità. Orbene la sentenza impugnata, allorquando richiama i doveri di
documentazione e diligenza a carico del cessionario nello svolgimento delle operazioni
di acquisto degli autoveicoli usati, implicitamente esclude che possa trattarsi di errore
incolpevole o determinato da forza maggiore integranti una causa di non punibilità ai
sensi dell’art.6 DLGS 472/97; né in materia vi è incertezza normativa ex art.8 DLGS
546/92 e ciò è sufficiente ad escludere l ‘ignorantia legis scusabile.
4. In conclusione il ricorso va integralmente disatteso con condanna della
ricorrente alle spese del presente giudizio, che si liquidano in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte,

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intendersi un vero e proprio fatto, non una “questione” o un “punto”, posto che l’art. 360

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rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente alla refusione delle spese del
giudizio di legittimità in €.5.500,00= per compensi, oltre eventuali spese prenotate a
debito.

Così deciso in Roma, camera di consiglio del 14 gennaio 2014.

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