Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4841 del 26/02/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 4841 Anno 2013
Presidente: FINOCCHIARO MARIO
Relatore: CARLUCCIO GIUSEPPA

ORDINANZA

sul ricorso 18346-2011 proposto da:
ERCULEO LUIGI RCLLGU61M10C4240 nella qualità di
procuratore speciale di BELDIE GHEORGHE, BELDIE
PARASCHIVA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
DELLA GIULIANA 70, presso lo studio dell’avvocato
MASSATANI MAURIZIO, che lo rappresenta e difende,
giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente contro

GBS GENERALI BUSINESS SOLUTIONS S. CpA mandataria e
rappresentante di ASSICURAZIONI GENERALI SpA in
persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA G. FERRARI 35,

Data pubblicazione: 26/02/2013

presso lo studio dell’avvocato VINCENTI MARCO, che la
rappresenta e difende unitamente all’avvocato POZZOBON
ROBERTO, giusta mandato a margine del controricorso;
– controri corrente non chè contro

– intimato –

avverso la sentenza n. 1081/2010 della CORTE D’APPELLO
di VENEZIA del 12.5.2010, depositata il 12/07/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 16/01/2013 dal Consigliere Relatore
Dott. GIUSEPPA CARLUCCIO;
udito per la controricorrente l’Avvocato Gian Marco
Spani (per delega avv. Marco Vincenti) che si riporta
alla memoria.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del
Dott. CARMELO SGROI che si riporta alla relazione
scritta.

BALAN MARIAN;

RITENUTO
che, prestandosi il ricorso ad essere trattato con il
procedimento di cui agli artt. 376 e 380-bis cod. proc. civ., è
stata redatta relazione;
che la relazione ha il seguente contenuto:
<<1. Erculeo Luigi, nella qualità di procuratore speciale di Gheorghe e Paraschiva Beldie — zii con un rapporto di assistenza e convivenza con Cristinel Beldie - agiva per il risarcimento dei danni conseguenti alla morte del suddetto Crisfinel, trasportato nell'autovettura di proprietà e condotta da Marian Balan, convenendo in giudizio il Balan e la rispettiva assicurazione. Il Tribunale di Bassano del Grappa rigettava la domanda ritenendo non dimostrato il rapporto di parentela, né quello di convivenza di fatto con il defunto. 2. L'impugnazione proposta da Erculeo, nella qualità, veniva rigettata dalla Corte di appello di Venezia (sentenza del 12 luglio 2010). 3. Avverso la suddetta sentenza Erculeo, nella qualità, ricorre per cassazione, con due motivi. L'Assicurazione si difende con controricorso. Balan non svolge difese. E' applicabile ratione temporis la legge 18 giugno 2009, n. 69. Proposta di decisione 1. I motivi, strettamente connessi, sono esaminabili congiuntamente. Sostanzialmente, il ricorrente censura la sentenza per contraddittorietà e insufficienza della motivazione, per la mancata considerazione unitaria delle risultanze istruttorie, oltre che per omessa motivazione sotto il profilo del mancato esame di testimonianze e di documenti (art. 360 n. 5 cod. proc. civ., restando non pertinente 3 l'invocazione dell'art. 112 cod. proc. rispetto al mancato esame di documenti); inoltre, invoca la violazione dell'art. 345 cod. proc. civ. in ordine alla produzione in appello del certificato del Sindaco. 2. La Corte di merito, nel confermare il rigetto della domanda, dopo aver preliminarmente dato atto che la domanda si fondava non solo sul rapporto parentale (zii della vittima) ma anche sulla convivenza di fatto, per avere i ricorrenti allevato e mantenuto la vittima come se fosse un figlio, da un lato ha escluso la certezza del rapporto parentale, dall'altro ha escluso la convivenza di fatto. Le censure del ricorso riguardano proprio l'esclusione della convivenza con coloro che richiedono il risarcimento. 2.1. In particolare, la Corte ha ritenuto corretta la valutazione delle prove testimoniali, fatta dal giudice di primo grado, nel senso che non fosse sufficiente l'attestazione di aver visto la vittima nel Paese dei ricorrenti (in Romania) e in ordine alla assistenza prestata, essendo necessario, ai fini della convivenza, dimostrare l'identità di residenza. Poi, ha ritenuto non dimostrata l'identità della residenza, in mancanza di documentazione certificativa. Quanto al certificato rilasciato dal Sindaco del Comune in Romania, lo ha ritenuto inammissibile, perché prodotto tardivamente solo in appello, e, comunque, generico, stante l'attestazione della iscrizione nel registro agricolo con la famiglia della nonna, con residenza apparentemente diversa da quella dei ricorrenti. Inoltre, in generale, la Corte ha messo in evidenza: la mancanza di altra documentazione da cui potesse desumersi che i ricorrenti avevano provveduto all'istruzione e al 4 mantenimento della vittima (fotografie, attestati scolastici); nonché le incertezze derivanti dalla circostanza che altra causa di risarcimento era stata promossa da altre persone, sul presupposto di aver provveduto ad allevare e mantenere la vittima. 3. Le censure non hanno pregio. 3.1. Sotto un profilo, i ricorrenti individuano contraddizione tra l'avere la sentenza riconosciuto che la domanda era basata sulla convivenza di fatto (e non sul rapporto parentale) e l'aver ritenuto essenziale per escluderla la mancata prova della residenza comune. Tale contraddizione non sussiste atteso che, ragionevolmente, la residenza comune costituisce il primo dato indiziali() da cui poter desumere l'esistenza della convivenza. 3.2. Quanto alle lacune evidenziate nella parte esplicativa del motivo in ordine all'esame della risultanze istruttorie, deve dirsi che esse non hanno carattere decisivo. La Corte, nel valutare complessivamente le testimonianze, comprese le dichiarazioni contenute in documenti provenienti da residenti in Romania, e provenienti dal Parroco dello stesso Paese, anche se non le ha partitamente richiamate, le ha ritenute sostanzialmente insufficienti a provare la convivenza e l'assistenza reciproca. Né dal contenuto delle stesse, risultante dalla loro riproduzione nel ricorso può dirsi che il giudice del merito abbia trascurato elementi decisivi. Con la conseguenza che la censura si sostanzia in una inammissibile richiesta alla Corte di legittimità di una rivalutazione nel merito. 3.3. Né maggior pregio ha il diverso profilo di censura, relativo al certificato del Sindaco, rispetto al quale i ricorrenti 5 deducono la possibilità della produzione in appello, trattandosi di documento attinente alla condizione dell'azione. Tale profilo di diritto resta assorbito in concreto dalla circostanza che la Corte, oltre a ritenerlo inammissibile perché tardivo, ha valutato lo stesso documento generico ed inidoneo allo scopo. Ed in effetti, il documento, riprodotto in ricorso, non contiene dati decisivi in ordine alla residenza comune, facendo riferimento alla famiglia della nonna in relazione alla vittima. In definitiva, il ricorso va rigettato.>>;
che la suddetta relazione è stata notificata agli avvocati delle
parti costituite e comunicata al Pubblico Ministero presso la
Corte.
CONSIDERATO
che, preliminarmente, quanto all’istanza del difensore del
ricorrente volta al rinvio dell’adunanza camerale:
da un lato, è priva di fondamento, nella parte in cui prospetta
un ritardo nella ricezione della relazione, risultando in atti la
prova dell’avvenuta notifica ai sensi dell’art. 140 cod. proc. civ.;
dall’altro, non può essere presa in esame, nella parte in cui,
richiamando implicitamente l’art. 153 cod. proc. civ., chiede di
essere rimesso in termini per il deposito di memorie, essendo
incorso nella decadenza del termine per causa ad esso non
imputabile;

che, infatti, la disposizione invocata, come novellata dalla legge
18 giugno 2009, n. 69, è applicabile ai giudizi instaurati dopo la
data di entrata in vigore della suddetta legge, secondo quanto
disposto dall’art. 58, comma 1, della stessa, e non a giudizio
iniziato precedentemente (nella specie nel 2007);
che, pertanto, il ricorso deve essere rigettato;
6

che le spese, liquidate sulla base dei parametri vigenti di cui al
d.m. n. 140 del 2012, seguono la soccombenza nei confronti
della società di assicurazione;
che, non avendo l’altro intimato svolto attività difensiva, non
sussistono le condizioni per la pronuncia in ordine alle spese

P.Q.M.
LA CORTE DI CASSAZIONE
rigetta il ricorso; condanna il ricorrente, nella qualità, al
pagamento, in favore della Generali Assicurazioni Spa, delle
spese processtiali del giudizio di cassazione, che liquida in
Euro 10.200,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre alle spese
generali ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione
Sesta Civile – 3, il 16 gennaio 2013.

processuali.

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