Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4839 del 24/02/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 24/02/2017, (ud. 10/01/2017, dep.24/02/2017),  n. 4839

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28502/2015 proposto da:

PANIFICIO PANETTERIA TRE TORRI DI G. F. & C SNC, in

persona del legale rappresentante, G.F.,

F.T., F.N., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA COSSERIA

5, presso lo studio dell’avvocato GUIDO FRANCESCO ROMANELLI, che li

rappresenta e difende unitamente all’avvocato FRANCESCA GIANNELLA,

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controriconvnte –

avverso la sentenza n. 533/3/2015, emessa il 15/04/2015 della

COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di GENOVA, depositata il

30/04/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 10/01/2017 dal Consigliere Dott. LUCA SOLAINI.

Fatto

RAGIONI DELLA DECISIONE

La società ricorrente ha subito dapprima un verifica della Guardia di Finanza, e poi, un accertamento fiscale, basato su quest’ultima, a seguito del quale sono stati imputati alla contribuente ricavi non dichiarati e costi dedotti ma non deducibili, con conseguente rideterminazione del reddito. La contribuente ricorre per cassazione con quattro motivi, illustrati da memoria, avverso la sentenza di secondo grado che ha ritenuto fondato e legittimo l’accertamento.

Si è costituita l’Agenzia con controricorso.

Con il primo motivo si denuncia difetto di motivazione. La sentenza impugnata non avrebbe adeguatamente motivato, in quanto non vi sono argomenti specifici a contestazione di ogni singolo motivo di appello.

Il motivo è inammissibile, in quanto, sotto l’apparente vizio rubricato come violazione di legge, in effetti si censura un vizio di motivazione, non consentito per la “doppia conforme” (Cass. n. 5528/14).

Il secondo motivo denuncia omessa pronuncia sulla rilevanza della presunzione di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, con riferimento alla cointestazione dei conti anche a soggetti estranei alla compagine sociale (cioè, i genitori dei soci contribuenti).

In realtà, sulla questione se l’art. 32 cit. contempli o meno una presunzione a danno del contribuente, non sussiste omessa pronuncia trattandosi di questione giuridica e di interpretazione della norma, piuttosto la contribuente si duole, come corollario di tale omissione che la CTR non ha detto alcunchè sulla rilevanza attribuita dal Fisco (secondo lei illegittimamente) ai movimenti sui conti dei soci, cointestati con terzi.

Pertanto, l’accenno al fatto che la presunzione di cui si giova l’Agenzia imponga la prova contraria al contribuente, riguarda sia gli uni che gli altri conti, e comporta che non v’era bisogno di specificare, essendosi la sentenza limitata a ritenere che quella presunzione andava superata in generale, con onere a carico dei contribuenti.

Col terzo motivo, si censura che li giudici d’appello non avrebbero ammesso in deduzione dai ricavi i costi sostenuti per produrli, anche se non riferibili al conto profitti e perdite, ma ai prelevamenti bancari; in buona sostanza i ricorrenti contestano che le operazioni evidenziate nei conti correnti bancari intestati ai soci e/o ai loro genitori siano riconducibili alla società contribuente.

Il motivo è infondato, in quanto che i prelevamenti bancari possano essere imputati a costi, secondo la giurisprudenza di questa Corte è il contribuente che deve provarlo, senza che vi possa essere un’automatica imputazione dei predetti prelevamenti ai costi sostenuti (Cass. n. 25317/14, 25502/11).

Con il quarto motivo, la parte contribuente denuncia la violazione del contraddittorio endoprocedimentale. Il motivo è infondato, secondo la giurisprudenza di questa Corte, in quanto l’invito a fornire chiarimenti, in ordine alle operazioni annotate sui conti bancari costituisce per l’ufficio una mera facoltà, da esercitarsi in piena discrezionalità (Cass. n. 25770/14).

Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

Va dato atto della sussistenza dei presupposti, per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

PQM

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Rigetta il ricorso.

Condanna la società contribuente a pagare all’Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore in carica, le spese di lite del presente giudizio, che liquida in Euro 4.000,00, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 10 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 24 febbraio 2017

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