Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4838 del 26/02/2013


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Ord. Sez. 6 Num. 4838 Anno 2013
Presidente: BATTIMIELLO BRUNO
Relatore: LA TERZA MAURA

ORDINANZA

sul ricorso 10529-2011 proposto da:
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE
80078750587 in persona del Presidente e legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato
in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’AVVOCATURA
CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli
avvocati ELISABETTA LANZETTA, LUCIA POLICASTRO, giusta
procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrente –

2012
contro

9185

PISANO

FRANCESCO

PSNFNC46D25B602W,

elettivamente

domiciliato in ROMA, presso la CORTE DI CASSAZIONE,
rappresentato e difeso dall’avv. LANZILLI MARTA,

Data pubblicazione: 26/02/2013

giusta procura speciale in calce al controricorso;
– controri corrente –

avverso la sentenza n. 374/2010 della CORTE D’APPELLO
di TORINO del 14.4.2010, depositata il 15/04/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di

Dott. MAURA LA TERZA;
udito per il ricorrente l’Avvocato Cherubina Ciriello
(per delega avv. Elisabetta Lanzetta) che si riporta
agli scritti;
udito per il controricorrente l’Avvocato Marta
Lanzilli che ha chiesto il rinvio del ricorso alla
pubblica udienza o alle Sezioni Unite.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del
Dott. GIULIO ROMANO che si riporta alla elazione
scritta.

consiglio del 06/12/2012 dal Consigliere Relatore

10529/2011 Inps c. Pisano Francesco
Corte Suprema di Cassazione
Sezione Sesta Civile
Ordinanza

Francesco nei confronti dell’Inps di cui era dipendente, per ottenere la eliminazione della trattenuta
indicata in busta paga come rivalsa contributiva;
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso l’Inps;
Il Pisano ha resistito con controricorso.
Letta la relazione resa ex art. 380 bis cod. proc. civ. di manifesta fondatezza del ricorso;
Vista la memoria critica del contro ricorrente, con istanza di rimessione alle Sezioni unite di questa
Corte, le quali hanno incaricato questo collegio di decidere sulla rimessione;
Rilevato che non è necessario l’intervento delle Sezioni unite, giacché la relazione non contraddice
in alcun modo i precedenti arresti di legittimità, ma pienamente li conferma ;
Invero, non vi è da dubitare che ai dipendenti Inps, quali l’ attuale ricorrente, si applichi l’indennità
di fine servizio e non il TFR, lo ha chiaramente affermato la sentenza di questa Corte n 11604 del
2008 ( nello stesso senso SU 7158/2010 e 7154/2010) , nei seguenti termini:
43£ /I (51-s
1. La L. n. 70,’/art. 1, disponeva” Lo stato giuridico e il trattamento economico di attività e di fine
servizio del personale dipendente degli enti pubblici individuati ai sensi dei seguenti commi sono
regolati in conformità alla presente a legge”. La nuova disciplina recava quindi un trattamento
retributivo omogeneo per i dipendenti di “tutti” gli enti interessati (tramite accordi sindacali, come
già avveniva per i dipendenti statali) e, quanto al trattamento di quiescenza, si disponeva all’art. 13,
che “all’atto della cessazione del servizio spetta al personale un’indennità di anzianità, a totale carico
dell’ente, pari a tanti dodicesimi dello stipendio annuo complessivo in godimento quanti sono gli
anni di servizio prestato”. Pertanto, questa divenne ormai, per tutti i dipendenti del parastato, la
disciplina applicabile per la quiescenza, con conseguente abolizione di quelle, diversamente
stabilite, dalle varie, molteplici delibere dai consigli di amministrazione.
2. Per affermare la perdurante vigenza della L. n. 70 del 1975, art. 13, non appaiono sufficienti le
argomentazioni già svolte, essendo necessario anche escludere che la materia sia stata diversamente
regolata da altre disposizioni intervenute nelle more. È noto che, a seguito della privatizzazione del
rapporto, il trattamento economico dei dipendenti degli enti pubblici non economici, tra cui si
annovera l’Inps, viene regolato dai contratti collettivi; tuttavia la materia relativa alle spettanze che
1

Con la sentenza impugnata la Corte d’appello di Torino accoglieva la domanda proposta da Pisano

maturano alla fine del rapporto non è stata oggetto di accordo tra le parti. Ci si chiede allora se
valgano per i dipendenti “privatizzati” le regole civilistiche che presiedono al trattamento di fine
rapporto dei dipendenti privati, dal momento che il D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 2, comma 2,
richiama le disposizioni del capo 1^, titolo 2^, del libro 5^ del codice civile e le leggi sui rapporti di
lavoro subordinato nell’impresa, tra cui è sicuramente ricompreso l’art. 2120 c.c., sul TFR.
3. Al quesito va data risposta negativa, come già ha avuto modo di osservare la sentenza di questa
pensionistico obbligatorio e complementare”), nel quadro complessivo di omogeneiz7R7ione
introdotto, sia pure gradualmente, tra lavoro pubblico e privato anche per quanto riguarda gli aspetti
previdenziali, all’art. 2, nei commi 5 e 7, dettava in materia disposizioni riguardanti i dipendenti
delle amministrazioni pubbliche contemplati nel D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 1, assunti
rispettivamente dal 1 gennaio 1996 ovvero già occupati alla data del 31 dicembre 1995. Per i primi
era stabilito che “i trattamenti di fine servizio, comunque denominati, sono regolati in base a quanto
previsto dall’art. 2120 c.c., in materia di trattamento di fine rapporto”. Per i secondi erano rimesse
alla contrattazione collettiva nazionale le modalità per l’applicazione della disciplina del trattamento
in materia di fine rapporto. In entrambe i casi, la disciplina di esecuzione era affidata ad un decreto
del Presidente del Consiglio dei Ministri.
Si desume da tali disposizioni che solo per i lavoratori che fossero stati assunti nel corso del 1996
avrebbero trovato applicazione, in base alla L. n. 335 del 1995, le regole civilistiche in tema di
trattamento di fme rapporto.
La restrizione a tale categoria era giustificata dal rilievo che per gli altri, ossia per quelli già
occupati alla data del 31 dicembre 1995, l’applicazione di tali regole era esplicitamente condizionata
all’intervento della contrattazione collettiva nazionale. Vale la pena di aggiungere che la L. 27
dicembre 1997, n. 449, (“misure per la stabilizzazione della finanza pubblica”), all’art. 59, comma
56, mantenendo fermo quanto previsto dalle L. n. 335 del 1995, e successive modificazioni in
materia di applicazione delle disposizioni relative al trattamento di fine rapporto ai dipendenti delle
pubbliche amministrazioni, ha previsto la possibilità di richiedere la trasformazione dell’indennità di
fine servizio in trattamento di fine rapporto, collegando a tale opzione la destinazione alla
previdenza complementare. Questa facoltà è stata confermata dall’Accordo Quadro nazionale in
materia di TFR e previdenza complementare del 27 luglio 1999, per cui i dipendenti assunti prima
del 1996, possono optare per il TFR, in luogo della previgente disciplina, ma nella specie, detta
opzione non è stata esercitata.
4. Successivamente il D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 69, comma 2, ha previsto che, in attesa di
una nuova regolamentazione contrattuale della materia, resta ferma per i dipendenti pubblici, la
2

Corte n. 15998 del 14 luglio 2006. Infatti la L. 8 agosto 1995, n. 335, (“Riforma del sistema

disciplina vigente in materia di trattamento di fine rapporto. Non operando dunque l’art. 2120 c.c.,
ne’ avendo ancora provveduto la contrattazione collettiva, si deve applicare, ai fmi del trattamento
di fine rapporto dei dipendenti Inps, la disciplina legale, ossia la L. n. 70 del 1975, art. 13, che
regola l’indennità di anzianità per i dipendenti degli enti pubblici economici, nel quadro di
omogeneiz72.zione, di cui sopra si è detto, dei trattamenti differenziati dalle singole discipline
regolamentari vigenti presso ciascuno.
non onnicomprensiva, ossia limitata allo stipendio base, con esclusione di altre indennità, conduce
comunque ad un trattamento molto più favorevole rispetto a quello relativo al TFR spettante ai)(
dipendenti privati, giacché i destinatari della L. n. 70 del 1975, citato art. 13, hanno il vantaggio di
moltiplicare “l’ultimo stipendio” per il numero degli anni di servizio prestati, in luogo del sistema
del TFR, che si compone della somma di accantonamenti annuali, che riproducono, non già i più
alti compensi percepiti al termine della carriera, ma solo la quota di quelli ricevuti anno per anno.
6. Pur condividendo allora le argomentazioni del contro ricorrente sulla persistenza della indennità
di anzianità o indennità fine servizio per i dipendenti Inps, il ricorso è fondato, perché non viene qui
in applicazione la problematica sul computo di ciò che spetta alla fine del rapporto di lavoro, ma
viene in applicazione una disposizione in materia previdenziale, precisamente in materia
contributiva, che pone a carico dei dipendenti la trattenuta per cui è causa. Trattenuta che vale per
“tutti” gli iscritti all’assicurazione generale obbligatoria, perché è in corrispondenza dell’aumento
della misura delle pensioni, aumento che deve trovare necessariamente copertura nell’aumento dei
contributi, anche di quelli a carico dei dipendenti. In relazione al carico contributivo pertanto, tutti
gli iscritti all’AGO vengono equiparati : se uguale è il trattamento pensionistico uguale deve essere
l’onere contributivo e non sarebbe logico discriminare solo in forza del diverso meccanismo di
calcolo vigente in ordine al computo della indennità spettante alla fine del rapporto di lavoro, che
nessuna connessione ha con il rapporto assicurativo ( cfr. nello stesso senso sez. sesta civile
ordinanza n 4225/2012);
Il ricorso va quindi accolto e la sentenza impugnata va cassata, con decisione nel merito di rigetto
della domanda di cui al ricorso introduttivo di eliminazione della ed. rivalsa contributiva.
Le spese dell’intero giudizio seguono la soccombenza.
P. Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la
domanda di cui al ricorso introduttivo. Condanna il soccombente al pagamento delle spese
dell’intero giudizio, liquidate, quanto a primo grado, in euro millecentocinquanta ( trecento diritti e
ottocento onorari); per l’appello in euro milletrecentocinquanta ( trecento diritti e mille onorari) e
3

5. Vale la pena di rilevare che la regola per cui la indennità di an7ianità viene calcolata su una base

per il presente giudizio in euro cinquanta per esborsi e millecinquecento per compensi professionali,
14/

oltre accessori di legge per ciascuna liquidazione.
Il presidente

Così deciso in Roma il 6 dicembre 2012.

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA