Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4838 del 01/03/2018


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 4838 Anno 2018
Presidente: MANNA FELICE
Relatore: ABETE LUIGI

ORDINANZA
sul ricorso n. 13220 – 2015 R.G. proposto da:
MENDOLA UMBERTO – c.f. MNDMRT70A10G273S – elettivamente domiciliato in
Palermo, alla piazza Giovanni Amendola, n. 31, presso lo studio dell’avvocato
Giuseppe Nobile che lo rappresenta e difende in virtù di procura speciale a
margine del ricorso.
RICORRENTE
contro
AMATO LUCIA – c.f. MTALCU62S51G273D INTIMATA
avverso la sentenza n. 5523 del 13.11.2014 del tribunale di Palermo,
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 23 novembre
2017 dal consigliere dott. Luigi Abete,
MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO
Con ricorso al giudice di pace di Palermo Umberto Mendola, titolare di
un’agenzia investigativa, esponeva che con contratto sottoscritto il 23.6.2010

Data pubblicazione: 01/03/2018

Lucia Amato gli aveva conferito incarico di svolgere talune indagini; che in
particolare si era impegnato a svolgere attività investigativa in cinque giorni e
per sei ore al giorno a decorrere dal 26.6.2010; che a sua volta la Amato si era
obbligata a corrispondergli il compenso di euro 2.000,00, oltre i.v.a., entro il
26.6.2010; che le parti avevano inoltre concordato che, qualora la committente

corrispettivo a titolo di penale; che con comunicazione inoltrata in data 8.7.2010
Lucia Amato gli aveva revocato il mandato e nondimeno non aveva provveduto a
corrispondergli l’importo della penale.
Chiedeva ingiungersi a Lucia Amato il pagamento della somma di euro
2.000,00, oltre interessi e spese di procedura.
Con decreto n. 3667/2010 il giudice di pace pronunciava l’ingiunzione.
Con atto notificato il 27.11.2010 Lucia Amato proponeva opposizione.
Eccepiva, tra l’altro, l’inadempimento della controparte.
Chiedeva revocarsi l’ingiunzione ed in via riconvenzionale condannarsi
l’opposto alla restituzione della somma di euro 900,00 versata in acconto.
Si costituiva Umberto Mendola.
Instava per il rigetto dell’opposizione.
All’esito dell’istruzione probatoria con sentenza n. 4452/2012 il giudice di
pace revocava il decreto ingiuntivo, rigettava la riconvenzionale e compensava le
spese di lite.
Proponeva appello Umberto Mendola.
Resisteva Lucia Amato; esperiva altresì appello incidentale.
Con sentenza n. 5523 del 13.11.2014 il tribunale di Palermo rigettava
l’appello principale, accoglieva parzialmente l’appello incidentale e, per l’effetto,

avesse ritenuto di revocare l’incarico, avrebbe dovuto comunque versare il

condannava Umberto Mendola a corrispondere a Lucia Amato la somma di euro
500,00, oltre interessi, nonché a rimborsare all’appellata le spese del doppio
grado.
Evidenziava il tribunale che nessuna prova l’appellante principale aveva
fornito “di aver iniziato la propria attività investigativa né il giorno 26.6.2010 né

revocato il mandato, né, tantomeno, di aver predisposto alcunché per
l’espletamento del suo incarico” (così sentenza d’appello, pag. 4).
Evidenziava al contempo che l’inadempimento dell’obbligazione gravante su
Umberto Mendola era da reputare senz’altro più grave dell’inadempimento solo
parziale dell’obbligazione gravante su Lucia Amato.
Evidenziava infine che dovevano reputarsi attendibili le dichiarazioni rese dal
teste Massimo Amato, allorché aveva riferito che la sorella aveva versato in
contanti all’originario ricorrente la somma di euro 500,00.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso Umberto Mendola; ne ha chiesto
sulla scorta di due motivi la cassazione con ogni conseguente statuizione anche
in ordine alle spese.
Lucia Amato non ha svolto difese.
Con il primo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3,
cod. proc. civ. la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1363 e 1382
cod. civ.; ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 5, cod. proc. civ. l’omessa e/o
insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.
Deduce che a seguito della ricezione in data 8.7.2010 della lettera di revoca
dell’incarico si è limitato a richiedere, senza preoccuparsi di dare prova

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successivamente e, quantomeno, fino all’8.7.2010, giorno in cui la Amato gli ha

dell’attività investigativa svolta, il pagamento dell’importo della penale ovvero
della sanzione pattuita per il recesso della committente.
Deduce che a tal proposito l’impugnato dictum non reca alcuna valutazione o
argomentazione, tanto più che l’operatività della clausola penale postula
unicamente il riscontro dell’inadempimento ovvero del ritardo nell’adempimento.

3, cod. proc. civ. la violazione e falsa applicazione degli artt. 1453, 1455, 1457 e
1460 cod. civ.; ai sensi dell’art. 360, 10 co., n. 5, cod. proc. civ. l’omessa e/o
insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.
Deduce che in sede di valutazione della gravità dell’inadempimento della
Amato il tribunale ha omesso di considerare che l’adempimento della prestazione
gravante sulla controparte, per espressa pattuizione, si collocava in un momento
cronologico antecedente rispetto a quello in cui avrebbe dovuto dare avvio alla
sua attività di investigazione.

Il primo motivo è destituito di fondamento.
Si premette che, a rigore, alla stregua della prospettazione dello stesso
ricorrente, le parti ebbero, nell’ambito di un contratto di durata, a pattuire il
pagamento di una

multa poenitentialis

a carico della committente quale

corrispettivo dello ius poenitendi a costei convenzionalmente accordato (art.
1373 cod. civ.).
Ebbene è da escludere che il tribunale abbia omesso al riguardo la debita
valutazione (di “valutare e giudicare il motivo di appello relativo all’applicazione
della clausola penale di recesso”: così ricorso, pag. 6).

Con il secondo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, 10 co., n.

Difatti il tribunale ha vagliato il motivo d’appello, concernente il preteso diritto
all’importo della multa poenitentialis, allorché ha riscontrato e dato conto del
grave inadempimento ascrivibile ad Umberto Mendola.
Più esattamente il tribunale ha opinato nel senso che il recesso di Lucia
Amato, di cui alla comunicazione inoltrata in data 8.7.2010, rinvenisse il suo

consegue che va accolta l’eccezione di inadempimento spiegata dalla Amato”:
così sentenza d’appello, pag. 4; l’Amato infatti aveva lamentato l’ “abbandono
del soggetto da seguire”: così ricorso, pag. 5) ed in tal guisa ha implicitamente
nondimeno univocamente disconosciuto il diritto di costui a percepire la

multa

poenitentialis
Evidentemente la pattuizione di una

multa poenitentialis a fronte della

convenzionale attribuzione ad uno dei contraenti dello ius poenitendi non sottrae
il rapporto obbligatorio alla disciplina generale, sicché deve escludersi il diritto
alla percezione della multa, se il contraente onerato prova che il suo recesso è
giustificato, in relazione alla formulata

exceptio inadimpleti contractus,

dall’inadempienza dell’altra parte.
Destituito di fondamento è del pari il secondo motivo.
Si premette che il mezzo di impugnazione in esame si qualifica in via
esclusiva in relazione al disposto del n. 5 del 10 co. dell’art. 360 cod. proc. civ..
Invero il ricorrente censura il giudizio “di fatto” cui il tribunale ha atteso. Ed è
propriamente il motivo di ricorso ex art. 360, 10 co., n. 5, cod. proc. civ. che
concerne l’accertamento e la valutazione dei fatti rilevanti ai fini della decisione
della controversia (cfr. Cass. sez. un. 25.11.2008, n. 28054).

presupposto e la sua giustificazione nell’inadempimento di Umberto Mendola (“ne

Del resto, in materia di responsabilità contrattuale, la valutazione della
gravità dell’inadempimento ai fini della risoluzione di un contratto a prestazioni
corrispettive, ai sensi dell’art. 1455 cod. civ., costituisce questione di fatto, la cui
valutazione è rimessa al prudente apprezzamento del giudice del merito,
risultando insindacabile in sede di legittimità ove sorretta da motivazione

Orbene, in questi termini, l’asserito vizio motivazionale rileva nei limiti della
novella formulazione del n. 5 del 10 co. dell’art. 360 cod. proc. civ., applicabile

ratione temporis al caso di specie (la sentenza impugnata è stata assunta in data
13.11.2014); sicché riveste valenza l’insegnamento n. 8053 del 7.4.2014 delle
sezioni unite di questa Corte.
Su tale scorta si rappresenta quanto segue.
Da un canto, che è da escludere recisamente che taluna delle figure di
“anomalia motivazionale” destinate ad acquisire significato alla luce della
statuizione delle sezioni unite testé menzionata, possa scorgersi in relazione alle
motivazioni cui il tribunale palermitano ha in parte qua agitur ancorato il suo

dictum.
In particolare, con riferimento al paradigma della motivazione “apparente” che ricorre allorquando il giudice di merito non procede ad una approfondita
disamina logico – giuridica, tale da lasciar trasparire il percorso argomentativo
seguito (cfr. Cass. 21.7.2006, n. 16672) – il tribunale ha compiutamente ed
intellegibilmente esplicitato il proprio iter argomentativo, ovvero ha evidenziato
che Umberto Mendola, obbligato ad intraprendere la sua prestazione a decorrere
dal 26.6.2010, non aveva, per giunta ancora alla data dell’8.7.2010, giorno in cui
il mandato gli era stato revocato, “nemmeno iniziato l’esecuzione del contratto”

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congrua ed immune da vizi logici e giuridici (cfr. Cass. 30.3.2015, n. 6401).

(così sentenza d’appello, pag. 4),

laddove viceversa Lucia Amato aveva già

provveduto al versamento dell’acconto.
Dall’altro, che il secondo giudice ha sicuramente disaminato il fatto decisivo la gravità dei reciproci inadempimenti – caratterizzante

in parte qua la res

litigiosa.

ineccepibile sul piano della correttezza giuridica ed assolutamente congruo ed
esaustivo.
D’altronde, il ricorrente censura, in verità in maniera del tutto generica, la
supposta omessa ed erronea valutazione delle risultanze di causa (il tribunale

“non ha valutato gli elementi istruttori acquisiti che provano che l’agente in ogni
caso aveva avviato l’attività investigativa”: così ricorso, pag. 8).
E tuttavia il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non
legali da parte del giudice di merito non dà luogo ad alcun vizio denunciabile con
il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile nel paradigma dell’art. 360,
1° co., n. 5, cod. proc. civ., né in quello del precedente n. 4, disposizione che per il tramite dell’art. 132, n. 4, cod. proc. civ. – dà rilievo unicamente
all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge
costituzionalmente rilevante (cfr. Cass. 10.6.2016, n. 11892).
Lucia Amato non ha svolto difese.
Nessuna statuizione in ordine alle spese va quindi assunta.
Si dà atto che il ricorso è datato 3.5.2015.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, d.p.r. 30.5.2002, n. 115, si dà atto
altresì della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del
ricorrente, Umberto Mendola, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato

L’iter motivazionale che sorregge l’impugnato dictum risulta dunque in toto

pari a quello dovuto per la stessa impugnazione ai sensi dell’art. 13, comma

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bis, d.p.r. cit..

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; ai sensi dell’art. 13, comma

1 quater, d.p.r. n.

115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte

unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione ai sensi dell’art. 13,
comma 1 bis, cit..
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della VI sez. civ. – Sottosezione
H della Corte Suprema di Cassazione, il 23 novembre 2017.

del ricorrente, Umberto Mendola, dell’ulteriore importo a titolo di contributo

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