Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4831 del 24/02/2020

Cassazione civile sez. I, 24/02/2020, (ud. 25/11/2019, dep. 24/02/2020), n.4831

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCOTTI Umberto Luigi – Presidente –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26348/2018 proposto da:

S.T., domiciliato in Roma, P.zza Cavour, presso la Cancelleria

Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso

dall’Avvocato Daniela Gasparin, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1252/2018 della CORTE di APPELLO di Milano,

depositato il 13/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

25/11/2019 dal cons. TRICOMI LAURA.

Fatto

RITENUTO

CHE:

La Corte di appello di Milano, con la sentenza in epigrafe indicata, ha confermato la prima decisione e rigettato la domanda di riconoscimento della protezione internazionale nelle diverse forme, presentata da T.S., nato in (OMISSIS). Questi ha proposto ricorso per cassazione con tre mezzi; il Ministero dell’Interno è rimasto intimato.

Il cittadino straniero ha raccontato di avere avuto un contrasto con il figlio del capo villaggio che rivendicava la proprietà di un terreno appartenente alla famiglia del ricorrente, contrasto culminato in una lite in occasione della quale lui aveva colpito l’uomo con un bastone; ha quindi riferito che non poteva rivolgersi all’autorità competente a dirimere tali questioni, poichè si trattava proprio del capo villaggio e di essere fuggito per timore di vendetta.

La Corte di appello ha ritenuto che le ragioni dell’allontanamento non evidenziavano una persecuzione nei confronti del richiedente, e cha la vicende avesse una connotazione privatistica.

Ha, inoltre, escluso la ricorrenza di alcuno dei presupposti per la concessione di qualsiasi forma di protezione internazionale perchè ha ritenuto insussistenti in concreto sia il pericolo di atti persecutori ed il rischio di danno grave, ai fini della protezione internazionale, sia le condizioni di vulnerabilità tali da giustificare il riconoscimento della protezione umanitaria.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1.1. Il primo motivo denuncia violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, 4,5,6,7, del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8 e 27, degli artt. 2 e 3 della CEDU, nonchè omesso esame dei fatti ed assenza di motivazione, nonchè violazione dei parametri normativi in merito agli atti di persecuzione subiti.

Il ricorrente si duole che in fase di merito le sue dichiarazioni, riguardanti la fuga dal Senegal, siano state ricondotte a vicende di carattere privatistico.

1.2. Il secondo motivo denuncia violazione dei parametri normativi – sempre in relazione alla credibilità delle dichiarazioni rese dal richiedente – fissati nel D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, lett. c, in violazione degli obblighi di cooperazione istruttoria incombenti sull’autorità giurisdizionale; omesso esame di fatti decisivi; violazione o falsa applicazione di legge in relazione al D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 2, 3, 14, artt. 8 e 27, degli artt. 2 e 3 CEDU, violazione dei parametri normativi per la definizione di danno grave, violazione di legge in riferimento agli artt. 6 e 13 della CEDU, alla Carta dei diritti fondamentali dell’unione Europea, art. 47 e dalla direttiva Europea n. 2013/32, art. 46.

Il ricorrente si duole che si sia omesso di considerare le condizioni di vita del luogo di provenienza, Casamance, segnalando altre pronunce di merito favorevoli al riconoscimento della protezione. 1.3. Il terzo motivo denuncia violazione o falsa applicazione di legge in relazione al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19, comma 2 e art. 10, comma 3, motivazione apparente in relazione alla domanda di protezione umanitaria e alla valutazione di assenza di specifica vulnerabilità, omesso esame di fatti decisivi circa la sussistenza dei requisiti di quest’ultima, violazione ex art. 360 c.p.c., n. 3, del D.Lgs. n. 251 del 2007, del D.Lgs.n. 25 del 2008, artt. 3,4,7,14,16 e 17, del D.Lgs. n. 286 del 1998, artt. 8,10 e 32, art. 5, comma 6, dell’art. 10 Cost., omesso esame circa un fatto decisivo ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, in relazione presupposti della protezione umanitaria, mancanza o quantomeno l’apparenza della motivazione e nullità della decisione per violazione di varie disposizioni, artt. 112 e 132 c.p.c. e art. 156 c.p.c., comma 2 e art. 111 Cost., comma 6.

1.4. Il ricorso va dichiarato inammissibile.

2.1. Il primo ed il secondo motivo – che possono essere trattati congiuntamente, attenendo prevalentemente alla questione della credibilità delle dichiarazioni del ricorrente – sono inammissibili.

2.2. Si tratta per un verso di doglianze di indiscriminata violazione di una molteplicità di norme, che, tuttavia, non pongono in alcun modo in discussione il significato e la portata applicativa delle norme richiamate in rubrica. Sicchè è in proposito agevole rammentare il più che consolidato principio secondo cui la violazione o falsa applicazione di norme di diritto va tenuta nettamente distinta la denuncia dell’erronea ricognizione della fattispecie concreta in funzione delle risultanze di causa, ricognizione che si colloca al di fuori dell’ambito dell’interpretazione e applicazione della norma di legge: il discrimine tra l’una e l’altra ipotesi violazione di legge in senso proprio a causa dell’erronea ricognizione dell’astratta fattispecie normativa, ovvero erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta è segnato dal fatto che solo quest’ultima censura, e non anche la prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa (Cass. 16 giugno 2019, n. 16246; Cass. 11 gennaio 2016, n. 195; Cass. 30 dicembre 2015, n. 26110; Cass. 4 aprile 2013, n. 8315; Cass. 16 luglio 2010, n. 16698; Cass. 26 marzo 2010, n. 7394; Cass., Sez. Un., 5 maggio 2006, n. 10313).

2.3. Per altro verso, va osservato che la Corte territoriale ha ritenuto credibile il racconto, ma ha collocato la vicenda in un ambito privatistico, legata a controversie circa la proprietà di terreni, ed il ricorrente, nel coacervo di richiami normativi e giurisdizionali proposto, non ha indicato alcun elemento specifico e circostanziato da cui retrarre la erroneità della decisione impugnata.

2.4. Anche i riferimenti alla situazione politico/sociale del Senegal, non smentiscono quanto accertato dal giudice del merito circa la non ricorrenza in Senegal di una situazione di un conflitto armato interno o internazionale.

Quanto ai precedenti giurisprudenziali citati, è di palese evidenza che non possono assumere alcuna valenza estensiva, giacchè si ignorano le situazioni specifiche ed individuali sulla scorta delle quali le decisioni sono state assunte.

3.1. Il terzo motivo è inammissibile.

3.2. Innanzi tutto va ribadito quanto affermato sub 2.2.

3.3. Ad ogni modo, la statuizione assunta, che fonda il diniego della protezione umanitaria anche sull’accertamento della mancanza di una specifica situazione di vulnerabilità personale, è conforme al principio secondo il quale, in materia di protezione umanitaria, il riconoscimento del diritto al permesso di soggiorno per motivi umanitari di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, al cittadino straniero che abbia realizzato un grado adeguato di integrazione sociale in Italia, deve fondarsi su una effettiva valutazione comparativa della situazione soggettiva ed oggettiva del richiedente con riferimento al Paese d’origine, al fine di verificare se il rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti umani, al di sotto del nucleo ineliminabile costitutivo dello statuto della dignità personale, in correlazione con la situazione d’integrazione raggiunta nel Paese d’accoglienza (Cass. S.U. n. 29459 del 13/11/2019; Cass. n. 4455 del 23/02/2018): ciò perchè si è in presenza di un racconto dal quale – come accertato dalla Corte territoriale – non è emersa una situazione di vulnerabilità e perchè non è stata nemmeno ravvisata l’integrazione sociale. A ciò va aggiunto che la insussistenza dei presupposti accertata dal giudice del merito – e sostanzialmente confermata dal ricorrente – non trova una adeguata e puntuale replica nell’illustrazione del motivo di ricorso, formulato con riferimento alle condizioni generali del Paese di provenienza.

4. In conclusione il ricorso va dichiarato inammissibile.

Non si provvede sulle spese in assenza di attività difensiva della controparte.

Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis (Cass. S.U. n. 23535 del 20/9/2019).

PQM

– Dichiara inammissibile il ricorso;

– Dà atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 25 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 24 febbraio 2020

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