Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4828 del 11/03/2016


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 4828 Anno 2016
Presidente: BUCCIANTE ETTORE
Relatore: ABETE LUIGI

SENTENZA
ENZA
sul ricorso 1683 —2011 R.G. proposto da:
PANDINU PATRIZIA — c.f. PNDPRZ74M47L182Z – elettivamente domiciliata in Roma,
alla via Duilio, n. 7, presso lo studio dell’avvocato Claudio Federico che la rappresenta e
difende in virtù di procura in calce al ricorso.
RICORRENTE
contro
COMUNE di ROMA, in persona del sindaco pro tempore.
INTIMATO
Avverso la sentenza n. 14521 dei 22/28.6.2010 del tribunale di Roma,
Udita la relazione della causa svolta all’udienza pubblica del 15 gennaio 2016 dal consigliere
dott. Luigi Abete,
Udito l’avvocato Claudio Federico per la ricorrente,

(vVio
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Data pubblicazione: 11/03/2016

Udito il Pubblico Ministero, in persona del sostituto procuratore generale dott. Maria De
Renzis, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso,
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso depositato il 18.6.2007 Patrizia Pandinu adiva il giudice di pace di Roma.
Esponeva che in data 21.5.2007 le era stata notificata cartella n. 097 2004 0263762235

Siena” s.p.a. con cui le era stato intimato il pagamento della somma di euro 71,02 per
infrazione al codice della strada e della somma di euro 5,56 per diritti di notifica; che giammai
le erano stati in precedenza notificati il verbale di accertamento menzionato nella cartella
ovvero qualsivoglia ordinanza ingiunzione prefettizia.
Esponeva ulteriormente che il Comune di Roma, ai sensi dell’art. 201, 1° co., c.d.s.,
avrebbe dovuto notificarle il verbale di accertamento entro e non oltre il centocinquantesimo
giorno successivo alla data dell’asserita infrazione, sicché, in difetto, l’obbligazione di
pagamento doveva reputarsi estinta ai sensi dell’art. 201, ult. co ., c.d.s..
Chiedeva dichiararsi la nullità, l’inefficacia ovvero pronunciarsi l’annullamento della
cartella di pagamento con il favore delle spese di lite.
Resisteva il Comune di Roma.
Con sentenza n. 26742/2008 il giudice adito rigettava l’opposizione; all’uopo dava atto
della rituale notifica del verbale di accertamento n. 2002901165 del 24.9.2002 sotteso alla
cartella di pagamento opposta.
Proponeva appello Patrizia Pandinu.
Resisteva il Comune di Roma.
Con sentenza n. 14521 dei 22/28.6.2010 il tribunale di Roma rigettava il gravame e
condannava l’appellante alle spese del grado.

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emessa dal “Servizio della Riscossioni dei Tributi — Conc.ne di Roma – Banca Monte Paschi

Esplicitava il giudice dell’appello che l’ente appellato, già in prime cure, aveva
“provveduto a depositare documentazione attestante la avvenuta notifica” (così sentenza
d’appello, pag. 2); che invero aveva “prodotto non solo un modulo relativo a dati
informatizzati ma copia dell’avviso di ricevimento della raccomandata contenente il verbale
di accertamento (…), con numero corrispondente al verbale indicato nel modulo

stato onere dell’appellante, onere dalla medesima non assolto, “contestare anche il contenuto
della raccomandata (…) e di dedurre e provare quale (diverso) atto fosse stato notificato con
la citata raccomandata” (così sentenza d’appello, pagg. 2 – 3).
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso Patrizia Pandinu; ne ha chiesto sulla scorta di
un unico motivo la cassazione con ogni conseguente statuizione in ordine alle spese.
Il Comune di Roma non ha svolto difese.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo la ricorrente deduce “violazione dell’art. 2697 cod. civ.; violazione
dell’art. 149 cod. proc. civ.” (così ricorso, pag. 6).
Premette che “il Comune di Roma ha depositato unicamente un avviso di ricevimento
postale, omettendo il deposito dell’atto stesso che si assume (…) notificato, ovverosia il
verbale di contravvenzione richiamato nella cartella esattoriale avversata” (così ricorso, pag.
7) .
Premette, ulteriormente, che “l’avviso di ricezione di cui, come nella fattispecie (…), sia
stata contestata la riferibilità al verbale di contravvenzione sotteso alla cartella esattoriale
impugnata, non è idoneo a provare che il predetto verbale sia giunto nella sfera di conoscenza
e/o conoscibilità della ricorrente” (così ricorso, pag. 6); che “l’avviso di ricezione, infatti, può
aver riferimento ad un qualsiasi altro atto, del tutto estraneo al rapporto in contestazione, o

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meccanizzato” (così sentenza d’appello, pag. 2); che, a fronte di tale produzione, sarebbe


può non averne alcuno, anche per semplice disguido di spedizione, pur sempre possibile”
(così ricorso, pag. 6).
Indi adduce che, contrariamente a quanto ritenuto dal tribunale di Roma, “spettava
all’intimata amministrazione fornire esaustiva prova della esistenza e della ritualità della
notifica del verbale sotteso alla cartella esattoriale impugnata” (così ricorso, pag. 7) ; che “è

contenuto della lettera” (così ricorso, pag. 6).

Il ricorso è destituito di fondamento.
E’ innegabile che l’elaborazione giurisprudenziale di questa Corte, con riferimento alla
quaestio che il ricorso involge, risulta segnata da soluzioni divergenti.
Si è, per un verso, assunto che nel caso di notifica della cartella di pagamento mediante
l’invio diretto di una busta chiusa raccomandata postale, è onere del mittente il plico
raccomandato fornire la dimostrazione del suo esatto contenuto, allorché risulti solo la
cartolina di ricevimento ed il destinatario contesti il contenuto della busta medesima (cfr.
Cass. (ord.) 30.7.2013, n. 18252; nella specie, il destinatario aveva dedotto che la busta
contenesse il bollettino di versamento, ma non il corpo della cartella; Cass. (ord.) 12.5.2015,
n. 9533; Cass. sez. lav. 10.11.2006, n. 24031, secondo cui, in caso di comunicazione spedita
in busta raccomandata e non in plico, ove il destinatario contesti il contenuto della busta
medesima, è onere del mittente provarlo).
Si è, per altro verso, affermato che la rituale notificazione a mezzo del servizio postale del
verbale di accertamento della violazione amministrativa e della conseguente ordinanza ingiunzione, ai sensi degli artt. 14 e 18 della legge 24.11.1981, n. 689, attestata dai rispettivi
avvisi di ricevimento, implica la conoscenza legale di tali atti in capo al destinatario,
dovendosi, pertanto, escludere che spetti al mittente l’onere di fornire la prova anche del

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onere di chi pretende che da quella ricezione siano derivati effetti giuridici dimostrare il reale

contenuto del plico notificato (cfr. Cass. 26.7.2012, n. 13259; Cass. 30.9.2011, n. 20027;
Cass. 24.11.2004, n. 22133).
Ciò nondimeno nel caso di specie riveste esaustiva valenza una duplice ben precisa
circostanza — di cui il giudice di seconde cure ha puntualmente dato conto — e che valeva e
vale, di per sè, a giustificare l’operatività dell’onere probatorio in capo ed a carico della

Più esattamente rileva, da un canto, il fatto che il Comune di Roma ha allegato la
“ricevuta di ritorno” con numero corrispondente al verbale indicato nel modulo meccanizzato
all’uopo prodotto; rileva, dall’altro, il fatto che Patrizia Pandinu ben avrebbe potuto e dovuto
specificare il diverso contenuto della raccomandata che comunque il Comune di Roma le ha
inoltrato, giacché è difficile ipotizzare, alla stregua dell’ id quod plerumque accidit, che
l’avviso di ricevimento non faccia riferimento ad alcun atto.

Il Comune di Roma non ha svolto difese. Nonostante il rigetto del ricorso, pertanto,
nessuna statuizione va assunta in ordine alle spese.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della II sez. civ. della Corte Suprema di

destinataria della notifica, ricorrente in questa sede.

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