Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4826 del 28/02/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 4826 Anno 2014
Presidente: MERONE ANTONIO
Relatore: CHINDEMI DOMENICO

SENTENZA

sul ricorso 17503-2008 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente contro

FABBRI HOTELS DI FABBRI BIAGIO & C. SAS in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliato in ROMA VIA ASIAGO

8,

presso lo studio

dell’avvocato AURELI STANISLAO, che lo rappresenta e
difende unitamente all’avvocato AURELI MICHELE giusta

Data pubblicazione: 28/02/2014

delega a margine;
– controricorrente –

avverso la sentenza n. 34/2007 della COMM.TRIB.REG.
di BOLOGNA, depositata il 07/05/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

CHINDEMI;
udito per il ricorrente l’Avvocato GALLUZZO che ha
chiesto l’accoglimento;
udito per il controricorrente l’Avvocato AURELI
MICHELE che si riporta;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. VINCENZO GAMBARDELLA che ha concluso
per il rigetto del ricorso.

udienza del 09/01/2014 dal Consigliere Dott. DOMENICO

R.G. 17503/2008
Fatto
La Commissione tributaria regionale dell’Emilia, con sentenza n. 34/09/07, depositata il 7.5.2007,
confermava la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Rimini n. 80/03/2006, ad
eccezione della regolamentazione delle spese processuali, poste a carico del’Agenzia, che
annullava la cartella di pagamento relativa all’imposta di registro fabbricati Proponeva ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate deducendo i seguenti motivi:

n. 4 c.p.c. rilevando come abbia errato la CTR nel ritenere la cartella non motivata recando
l’indicazione dell’atto registrato da cui trae origine la maggiore pretesa già portata a conoscenza del
contribuente con ben cinque avvisi di liquidazione;
b) omessa motivazione in ordine a un fatto controverso e decisivo, in relazione al’art. 360 n. 5
c.p.c., non avendo esaminato le doglianze dell’Ufficio avendo erroneamente rilevato che l’avviso
facesse riferimento a una sentenza
La società intimata si è costituita con controricorso.
Il ricorso è stato discusso alla pubblica udienza del 9.1.2014, in cui il PG ha concluso come in
epigrafe.
Motivi della decisione
1. In ordine logico vanno esaminate le eccezioni di inammissibilità del ricorso teletrasmesso da
Roma a Rimini in data 17 giugno 2008 con sottoscrizione del Direttore della Agenzia delle Entrate
di Rimini in data antecedente (16 giugno) e per l’assenza di qualsiasi certificazione di conformità
all’originale dell’atto teletrasmesso.
Entrambe le eccezioni sono j infondate in quanto, con riferimento alla prima, a prescindere dalla
data di sottoscrizione degli atti interni tra Avvocatura e Agenzia delle Entrate, rileva l’avvenuta
tempestiva proposizione del ricorso, ben potendo trattarsi di un mero errore materiale la data di
sottoscrizione del funzionario responsabile .e, in relazione alla seconda, nel caso di specie,
l’Avvocatura Generale dello Stato si è avvalsa del sistema di trasmissione a mezzo telex, ma
facendo capo per la teletrasmissione dell’atto da notificare non ad una sede dell’Avvocatura
Distrettuale dello Stato, bensì ad un ufficio periferico dell’amministrazione (nel caso di specie
l’Agenzia delle entrate di Rimini). L’atto ricevuto deve essere sottoscritto, per attestarne la
conformità della copia da notificare a quella teletrasmessa – come espressamente previsto, per il
caso di telecomunicazione della copia fotoriprodotta ad un ufficio dell’Avvocatura dello Stato, e di
apposizione della medesima sottoscrizione da parte di un Avvocato dello Stato, dalla L. 15 ottobre
1986, n. 664, art. 7, comma 5, – da un responsabile della struttura ricevente. Dato che in questo caso
1

a) violazione e falsa applicazione degli artt. 25 d.p.r. 602/73 e 7 1. 212/2000, in relazione al’art. 360

la struttura ricevente non era una sede dell’Avvocatura dello Stato, ma un ufficio
dell’amministrazione, la sottoscrizione non doveva essere effettuata necessariamente da un
Avvocato dello Stato, ma poteva esserlo anche dal titolare dell’ufficio ricevente (o da un suo
sostituto) ai sensi della L. 18 ottobre 2001, n. 383, art. 10, comma 2, in base al quale “nel caso di
trasmissione a distanza di atti giudiziali mediante mezzi di telecomunicazione, fermo restando il
disposto della L. 15 ottobre 1986, n. 664, art. 7, comma 3, l’obbligo di sottoscrizione ivi previsto è
soddisfatto anche con la firma del funzionano titolare dell’ufficio ricevente ovvero di un suo

dell’atto originale”. Proprio per questa funzione certificativa della conformità all’originale, cui
adempie la sottoscrizione da parte del titolare dell’ufficio ricevente (oppure di un suo sostituto), non
rileva, e non è richiesto dalla legge, che l’ufficio che ha materialmente ricevuto l’atto, ed il cui
titolare ha apposto la propria sottoscrizione, non coincida con quello che era competente alla
trattazione della pratica in sede amministrativa. (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 14125 del
18/06/2009;Cass. Sez. 5, Sentenza n. 813 del 17/01/2005 ; Cass. n. 23293/05; 813/05; 12791/04).
Per le riferite ragioni, stante la firma del titolare dell’Ufficio ricevente apposta sulla penultima
pagina dell’originale depositato agli atti dalla parte ricorrente, non c’è alcun dubbio sulla riferibilità
dell’atto ai sottoscrittori ne’ sull’integrità ed unitarietà del medesimo, con conseguente insussistenza
dei profili di nullità prospettati, al riguardo, dalla resistente.
2. È infondata l’eccezione di improcedibilità del ricorso per omessa indicazione, nell’elenco
documenti, della produzione di copia autentica della sentenza impugnata, in violazione del
combinato disposto degli artt. 366 e 372 c.p.c., risultando, comunque la prova, dalla nota di
deposito, della produzione della copia autentica della sentenza impugnata da parte dell’Agenzia
dell’ Entrate, ritualmente inserita nel fascicolo dell’Avvocatura.
3. Il ricorso è fondato.
Entrambi i motivi vanno esaminati congiuntamente in quanto connessi.
La cartella di pagamento è stata preceduta dalla notifica di 5 avvisi di liquidazione dell’imposta
suppletiva di registro che la parte, quindi, ben conosceva al pari delle sentenze,passate in giudicato,
tutte favorevoli all’erario, che su di esse si sono pronunciate.
La liquidazione suppletiva dell’imposta è stata liquidata con separati atti solo in ragione delle
diverse quote di conferimento dell’immobile ed avendo la stessa società indicato gli atti presupposti
della cartella, dimostrando così di conoscerli.
Per la validità della cartella esattoriale, ex art. 25 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, non è
indispensabile l’indicazione degli estremi identificativi o della data di notifica dell’accertamento
precedentemente emesso nei confronti del contribuente ed al quale la riscossione faccia riferimento,
2

sostituto, purché dalla copia fotoriprodotta risultino l’indicazione e la sottoscrizione dell’estensore

essendo, al contrario, sufficiente l’indicazione di circostanze univoche ai fini dell’individuazione di
quell’atto, così che resti soddisfatta l’esigenza del contribuente di controllare la legittimità della
procedura di riscossione promossa nei suoi confronti. A tale interpretazione non è di ostacolo la
previsione contenuta negli artt. 1, comma 2 e 6, comma 1 del D.M. Finanze 3 settembre 1999, n.
321 (che nel caso di iscrizione a ruolo o di cartella che conseguano ad un atto precedentemente
notificato, richiede l’indicazione degli “estremi di tale atto e la relativa data di notifica”), in quanto
essa va letta in combinato disposto con le successive norme primarie contenute, prima in via

specifico riferimento ai ruoli ed alle cartelle, nel d.lgs 26 gennaio 2001 n. 32 (art. 8, comma 1, lett.
a) che ha modificato gli artt. 1 e 12 del d.P.R. n. 602 cit.), che si limitano a richiedere che gli atti da
ultimo indicati contengano soltanto “il riferimento all’eventuale precedente atto di accertamento
ovvero, in mancanza, la motivazione anche sintetica della pretesa” (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 11466
del 25/05/2011).
Inoltre il difetto di motivazione della cartella esattoriale, che faccia rinvio ad altro atto costituente il
presupposto dell’imposizione senza indicarne i relativi estremi in modo esatto, non può condurre
alla dichiarazione di nullità, allorché la cartella sia stata impugnata dal contribuente, il quale abbia
dimostrato, in tal modo, di avere piena conoscenza dei presupposti dell’imposizione, per averli
puntualmente contestati (Sez. 5, Sentenza n. 2373 del 31/01/2013)
L’obbligo di motivazione va graduato in rapporto alla natura del provvedimento impositivo in cui
l’Amministrazione finanziaria ha trasfuso la propria pretesa.
La motivazione dovrà, quindi, essere ampia se riferita a un atto di accertamento, di rettifica e, in
determinati casi, ad un avviso di liquidazione, ai fini del’esigenza di tutela del contribuente al fine
dell’esercizio del diritto di difesa, mentre l’obbligo della motivazione è mitigato in rapporto ad una
cartella di pagamento che, come nel caso di specie, è stata preceduta da ben cinque avvisi di
liquidazione e che reca l’indicazione del’atto di conferimento da cui ha tratto origine la pretesa
tributaria contenuta della cartella stessa.
La cartella deve, quindi, ritenersi congruamente motivata per effetto del richiamo all’atto registrato,
specificato in sentenza “anno 1992, serie IV, numero 003188, sottonumero 000” , consentendo al
contribuente di individuare l’atto presupposto di riferimento della cartella.
Va, conseguentemente accolto il ricorso, cassata senza rinvio l’impugnata sentenza e, non essendo
necessari ulteriori accertamenti di merito, ex art. 384 c.p.c., rigettato l’originario ricorso
introduttivo.
L’evolversi della giurisprudenza in epoca successiva alla presentazione del ricorso costituisce
giusto motivo per la compensazione delle spese dell’ intero giudizio
3

generale nello Statuto del contribuente (art. 7, comma 3, della 1. 27 luglio 2000, n. 212) e poi, con

5
ALL
N. i3
MATERIA TRIBUTARIA
.

PQM
Accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso
introduttivo della contribuente
Dichiara compensate le spese dell’intero giudizio

Così deciso in Roma, il 9.1.2014

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