Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4826 del 01/03/2018


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 4826 Anno 2018
Presidente: MANNA FELICE
Relatore: FALASCHI MILENA

ORDINANZA

sul ricorso 23684-2015 proposto da:
RAMINA RENATA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
OSLAVIA 40, presso lo studio dell’avvocato STEFANIA PAROLA,
che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato FRANCESCO
ACE RBONI;
– ricorrente contro

RAMINA RAFFAELLA ADRIANA;
– intimata –

avverso la sentenza n. 556/2015 della COR1E D’APPELLO di
VENEZIA, depositata il 03/03/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 07/07/2017 dal Consigliere Dott. MIT FNA
FALASCHI.

Data pubblicazione: 01/03/2018

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
• chè venisse accertata la sua proprietà
Renata Ramina proponeva azione affin
esclusiva sull’area scoperta antistante l’immobile assegnatole in sede di

divisione convenzionale, conclusa in data 31.5.2005, con la sorella Raffaella
Adriana Ramina e sito all’ultimo piano del relativo edificio, nonché

al progetto di ristrutturazione presentato dall’attrice, riferito al detto immobile;
in subordine, chiedeva che venisse comunque dichiarato il suo diritto di
utilizzare in modo esclusivo il lastrico solare frontis tante il suo appartamento,
anche per mezzo dell’apertura di una porta-finestra, e che la sorella fosse

condannata a rilasciare l’assenso necessario e/o ad astenersi da ogni attività
idonea ad impedire l’utilizzo esclusivo dell’area, con condanna al risarcimento
dei danni.
Instaurato il contraddittorio, nella resistenza della convenuta, la quale
deduceva che il lastrico solare, ai sensi dell’art. 1117 c.c., era oggetto di
proprietà comune dei diversi proprietari dei piani o porzioni di piano
dell’edificio ove il contrario non fosse risultato in modo univoco dal titolo e

dal regolamento di condominio, il che non si evinceva dal contratto di
divisione, il Tribunale di Venezia — Sezione distaccata di Portogruaro rigettava
la domanda, ritenendo che non vi era stata prova che consentisse di superare
la presunzione di comproprietà del lastrico solare.
In virtù di rituale impugnazione interposta da Renata Ramina, la Corte di
Appello di Venezia, respingeva il gravame e per l’effetto confermava la
sentenza impugnata, affermando che l’atto di divisione specificava che nelle
assegnazioni erano comprese le corrispondenti quote di comproprietà sulle
parti comuni dell’edificio, il tutto ai sensi dell’art. 1117 e seg. c.c., e con
riferimento alla ripartizione delle spese relative alla gestione delle parti
comuni, l’atto indicava come parti comuni l’androne, il vano scale, il cortile, il
giardino, ecc. con elencazione evidentemente esemplificativa, sicché il lastrico
Ric. 2015 n. 23684 sez. M2 – ud. 07-07-2017
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l’illegittimità e/o l’irrilevanza del diniego opposto da Raffaella Adriana Ramina

solare, che costituiva la copertura delle unità immobiliari sottostanti
appartenenti allo stesso edificio e che non faceva parte dell’immobile

dell’appellante né sul piano strutturale né sul piano funzionale, non essendovi
un accesso diretto, se non scavalcando una finestra dalle dimensioni
imprecisate, era un bene comune tra le condividenti, a fronte di una

Per la cassazione della sentenza di appello della Corte veneta ricorre Renata
Ramina sulla base di due motivi.
Raffaella Adriana Ramina, sebbene ritualmente intimata, non ha svolto attività
difensiva.
Ritenuto che il ricorso potesse essere respinto, con la conseguente definibilità
nelle forme di cui all’art. 380 bis c.p.c., in relazione all’art. 375, comma 1, n. 5),
c.p.c., su proposta del relatore, regolarmente comunicata al difensore di parte
ricorrente, il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.
In prossimità dell’adunanza camerale parte ricorrente ha anche depositato
memoria illustrativa.

Atteso che:
il primo motivo di ricorso (col quale viene dedotta la violazione e la falsa
applicazione degli artt. 1117 e 1362 c.c., per avere la Corte di appello
erroneamente interpretato e applicato le norme che determinano il
superamento della presunzione di comproprietà, essendovi un titolo attestante
la proprietà esclusiva del lastrico solare in capo alla ricorrente e non
sussistendo alcun uso comune di tale lastrico) è manifestamente infondato.
La natura condominiale del lastrico solare, affermata dall’art. 1117 c.c., può
essere esclusa soltanto da uno specifico titolo avente forma scritta ed al
riguardo è irrilevante che il singolo condomino non abbia accesso diretto al
lastrico, se questo riveste, anche a beneficio dell’unità immobiliare di quel

condomino, la naturale funzione di copertura del fabbricato comune (cfr.
Ric. 2015 n. 23684 sez. M2 – ud. 07-07-2017
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documentazione catastale non univoca.

Cass. 5 marzo 2015 n. 4501; Cass. 22 marzo 2000 n. 3409; Cass. Sez.Un. 7
luglio 1993 n. 7449).
Pacifico quanto precede, si osserva, che la corte territoriale ha fatto corretto
governo di detto principio, avendo nella sentenza impugnata precisato che
nessuna specifica disposizione sull’attribuzione esclusiva del lastrico era

comuni di cui all’art. 1117 c.c. per quanto non espressamente previsto, per cui

se ne doveva trarre la conclusione le condividende avevano ritenuto di lasciare
in regime di comunione detto spazio a cortili.
Inoltre ha accertato — con valutazione di merito non censurabile in sede di
cassazione – che il lastrico solare in questione, trattandosi di tetto, era adibito a
copertura per le unità immobiliari sottostanti e tale accertamento non è in
alcun modo validamente censurato dalla ricorrente;

il secondo motivo di ricorso (col quale la ricorrente deduce la
violazione e la falsa applicazione dell’art. 1362 c.c., per non avere la Corte di
merito dato rilievo al comportamento delle parti antecedente all’atto di

divisione e alla cessione delle quote) inammissibile, prima che manifestamente
infondato.
Invero la pronuncia della corte territoriale dà conto delle ragioni
dell’irrilevanza della decisione dei comunisti di presentare un progetto comune
per la ristrutturazione del sottotetto, con destinazione dell’area oggetto di

controversia a lastrico solare dell’immobile ristrutturato, ascrivendosi tali
iniziative ad una fase antecedente alla divisione e non evidenziano affatto la
volontà di Raffaella Adriana Ramina di consentire l’assegnazione esclusiva
dell’area in favore della sorella, né d’altro canto tali condotte potevano

ritenersi cristallizzare la condizione prescritta per l’attribuzione in via esclusiva
del bene, ossia la ricorrenza di uno specifico titolo di assegnazione in forma
scritta.
Ric. 2015 n. 23684 sez. M2 – ud. 07-07-2017
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contenuta nell’atto di divisione, che anzi faceva rinvio all’elencazione dei beni

In altri termini, la ricorrente con la predetta censura critica le determinazioni
della corte territoriale che si sono tradotte in apprezzamenti di fatto
insindacabili in sede di legittimità, in presenza di motivazione – come nella
specie – idonea a rivelare la ratio decidendi, dovendosi considerare in tali limiti
ridotto il controllo di legittimità sulla motivazione in seguito alla modifica
legge n. 134/2012. Il motivo in esame, dunque, si risolve nella critica al
ragionamento logico posto nella sentenza impugnata a base
dell’interpretazione degli elementi probatori del processo e, in sostanza, nella
richiesta di una diversa valutazione degli stessi, ipotesi integrante un vizio
motivazionale non più proponibile (v. Cass., sez. un., n. 8053/2014).

Il ricorso, alla luce delle considerazioni che precedono, deve essere rigettato.
Nulla per le spese in difetto di attività difensiva da parte dell’intimata.
Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è
rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi dell’art. 1, comma 17,
della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha
aggiunto il comma 1-quater dell’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R 30
maggio 2002, n. 115 – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del
ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello
dovuto per la stessa impugnazione.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R n. 115 del 2002, inserito
dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei
presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo
Ric. 2015 n. 23684 sez. M2 – ud. 07-07-2017
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dell’art. 360, n. 5, c.p.c. apportata dall’art. 54 d.l. n. 83/2012, convertito in

a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del
comma 1-bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della VI-2″ Sezione Civile, il 7

luglio 2017.

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