Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4825 del 24/02/2020

Cassazione civile sez. I, 24/02/2020, (ud. 12/11/2019, dep. 24/02/2020), n.4825

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio – Presidente –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. FIDANZIA AndreA – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 34681/2018 proposto da:

M.K., elettivamente domiciliato in Roma, presso la Cancelleria

della Corte di cassazione e difeso dall’avvocato CAVICCHIOLI MARCO;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’interno, (OMISSIS);

– resistente –

avverso la sentenza n. 681/2018 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 13/04/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

12/11/2019 dal consigliere Dott. MAURO DI MARZIO;

udito l’Avvocato.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – M.K., cittadino (OMISSIS), ricorre per tre mezzi, nei confronti del Ministero dell’interno, contro la sentenza del 13 aprile 2018 con cui la Corte d’appello di Torino ha respinto il suo appello avverso ordinanza del locale tribunale di rigetto della sua domanda di protezione sussidiaria o umanitaria.

2. – Non svolge difese l’amministrazione intimata, nessun rilievo potendosi riconoscere ad un atto di costituzione depositato fuori termine e volto alla eventuale partecipazione all’udienza di discussione.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Il primo motivo denuncia violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c, e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, censurando la sentenza impugnata per aver ritenuto che esso M.K. non avesse dedotto in giudizio una situazione di pericolo individualizzata e personale nella regione di provenienza del (OMISSIS).

Il secondo motivo denuncia violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, censurando la sentenza impugnata per aver escluso che nella detta regione sussistesse una situazione riconducibile alla previsione normativa richiamata in rubrica.

Il terzo motivo denuncia violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, nonchè del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, censurando la sentenza impugnata per aver confermato il diniego anche della protezione umanitaria, richiesta sulla base della situazione di violenza generalizzata e diffusa presente in Senegal e segnatamente nella regione già menzionata, in rapporto con la condizione di ritardo mentale del richiedente.

2. – Il ricorso è inammissibile.

2.1. – Occorre muovere dall’esame del secondo motivo, dedotto sotto il profilo della violazione di legge ma che con essa non ha in effetti nulla a che vedere.

Vale difatti osservare che il vizio di violazione di legge (quanto alla violazione di legge in senso proprio) ricorre in ipotesi di erronea negazione o affermazione dell’esistenza o inesistenza di una norma, nonchè di attribuzione ad essa di un significato non appropriato, ovvero (quanto alla falsa applicazione), alternativamente, nella sussunzione della fattispecie concreta entro una norma non pertinente, perchè, rettamente individuata ed interpretata, si riferisce ad altro, od altresì nella deduzione dalla norma, in relazione alla fattispecie concreta, di conseguenze giuridiche che contraddicano la sua pur corretta interpretazione (Cass. 26 settembre 2005, n. 18782).

Dalla violazione o falsa applicazione di norme di diritto va difatti tenuta nettamente distinta la denuncia dell’erronea ricognizione della fattispecie concreta in funzione delle risultanze di causa, ricognizione che si colloca al di fuori dell’ambito dell’interpretazione e applicazione della norma di legge. Il discrimine tra l’una e l’altra ipotesi – violazione di legge in senso proprio a causa dell’erronea ricognizione dell’astratta fattispecie normativa, ovvero erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta – è segnato dal fatto che solo quest’ultima censura, e non anche la prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa (Cass. 11 gennaio 2016, n. 195; Cass. 30 dicembre 2015, n. 26110; Cass. 4 aprile 2013, n. 8315; Cass. 16 luglio 2010, n. 16698; Cass. 26 marzo 2010, n. 7394; Cass., Sez. Un., 5 maggio 2006, n. 10313).

Nel caso in esame, nel pieno rispetto della previsione normativa, la Corte territoriale ha richiamato le fonti attraverso le quali poteva escludersi una situazione di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale, tale da giustificare il riconoscimento della protezione sussidiaria ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c con la precisazione che, come questa Corte ha già avuto modo di osservare, il dovere di cooperazione istruttoria desumibile dal medesimo D.Lgs., art. 3, comma 5, impone al giudice di verificare, in via preferenziale, ma non esclusiva, attraverso lo scrutinio dei cd. c.o.i., country of origin informations, se nel Paese di provenienza sia oggettivamente sussistente una situazione di violenza indiscriminata talmente grave da costituire ostacolo al rientro del richiedente (Cass. 12 giugno 2019, n. 15794).

2.2. – Ciò detto, una volta constatata l’inammissibilità del secondo motivo, viene a cadere anche il primo, concernente la questione se, con riguardo alla fattispecie disciplinata dalla citata lett. c, occorra o meno la deduzione e prova che il richiedente possa essere individualmente vittima della situazione descritta.

2.3. – Il terzo motivo è inammissibile, giacchè prescinde totalmente dalla ratio decidendi posta dalla Corte d’appello a fondamento della sentenza impugnata, giacchè essa ha osservato che i documenti posti dal richiedente a sostegno della domanda di protezione umanitaria erano privi di valore probatorio e che, in ogni caso, la sua situazione sanitaria non risultava richiedere interventi tali da giustificare la permanenza dello straniero in Italia.

3. – Nulla per le spese. Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato se dovuto.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso, dando atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, che sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione prima civile, il 12 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 24 febbraio 2020

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