Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4824 del 24/02/2020

Cassazione civile sez. I, 24/02/2020, (ud. 05/11/2019, dep. 24/02/2020), n.4824

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 33727/2018 proposto da:

G.E., elettivamente domiciliato in Brescia, via Frat. Folonari

n. 7, presso lo studio dell’avv. A. Fascia che lo rappresenta e

difende, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 1693/2018 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 05/11/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

05/11/2019 da SOLAINI LUCA.

Fatto

RILEVATO

che:

La Corte d’Appello di Brescia ha respinto il gravame proposto da G.E., cittadino del Ghana, avverso l’ordinanza del tribunale di Brescia che confermando il provvedimento della competente Commissione territoriale, aveva negato al richiedente asilo il riconoscimento della protezione internazionale anche nella forma sussidiaria e di quella umanitaria.

Il ricorrente, cristiano, ha riferito di essere minacciato dai parenti della donna, mussulmana, che aveva sposato e che era morta durante il parto, benchè il medico avesse escluso una qualunque sua colpa. Questi parenti, lo intercettavano in ogni suo spostamento e non perdevano occasione di minacciarlo. Ha, quindi, deciso di scappare, temendo di essere ucciso dai fratelli della ragazza.

Contro la sentenza della medesima Corte d’Appello è ora proposto ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo.

Il Ministero dell’Interno non ha spiegato difese scritte.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Il ricorrente, nell’unico motivo (distinto in due profili) censura la decisione della Corte d’appello per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia e per violazione di legge, in particolare del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, lett. e) e g) e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19, comma 1 e della L. n. 722 del 1954, perchè la Corte d’appello aveva errato nel qualificare come “fatto privato” la vicenda narrata, che, secondo la Corte, doveva essere gestita dalle Autorità del suo Paese e non è rilevante per la protezione internazionale anche nella forma sussidiaria e per la protezione umanitaria. Infatti, secondo il ricorrente, in Ghana vi è un’ampia corruzione delle istituzioni e le vicende di natura familiare o religiosa non sono considerate degne d’attenzione da parte dello Stato (tant’è vero che la Polizia neppure avrebbe accolto la denuncia dell’odierno ricorrente).

Il profilo di censura relativo alla motivazione omessa, insufficiente e/o contraddittoria è inammissibile, perchè non rispettoso della nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, oltre che non consentito dall’art. 348 ter c.p.c.. in presenza di una doppia decisione “conforme” sui medesimi fatti.

Il profilo relativo alla violazione di legge è infondato, in quanto, in presenza di un giudizio di non credibilità, alla stregua degli indicatori di genuinità soggettiva di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 che è un giudizio di merito ed è insindacabile nella presente sede, se congruamente motivato, non si richiede nessun approfondimento istruttorio officioso circa la prospettata situazione persecutoria nel Paese d’origine (Cass. n. 16925/18, 27503/18). Inoltre, il Tribunale ha accertato, con giudizio di fatto, – confermato dalla Corte di merito – sulla base delle fonti informative indicate (Amnesty International 2017-2018), che nella zona di provenienza del ricorrente, non vi è conflitto al livello di guerra civile, nè violenza indiscriminata, tale da costituire grave pericolo di vita qualora il ricorrente dovesse tornare nel proprio paese. Mentre la valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al paese d’origine, per verificare se il rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti fondamentali (Cass. n. 4455/18), è stata effettuata dal Tribunale che ha accertato, con giudizio di fatto, confermato dalla Corte di merito, l’insussistenza di situazioni di vulnerabilità meritevoli di tale protezione.

La mancata costituzione dell’amministrazione statale esonera il collegio dal provvedere sulle spese.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE: rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello corrisposto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 5 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 24 febbraio 2020

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