Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4824 del 23/02/2021

Cassazione civile sez. VI, 23/02/2021, (ud. 12/11/2020, dep. 23/02/2021), n.4824

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ACIERNO Maria – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA INTERLOCUTORIA.

sul ricorso 10247-2020 proposto da:

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

contro

G.S., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresento e

difeso dall’avvocato VIGLIOTTI DANIELA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4509/2019 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 13/11/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 12/11/2020 dal Consigliere Relatore Dott. PARISE

CLOTILDE.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. Con sentenza n. 4509/2019 depositata il 13-11-2019 la Corte d’appello di Milano, in parziale accoglimento dell’appello proposto da G.S. avverso l’ordinanza del Tribunale di Milano del 13-1-2017, ha dichiarato la sussistenza di gravi motivi umanitari che impediscono il rientro dell’appellante nel Paese di origine (Pakistan – Punjab) e ha conseguentemente dichiarato il suo diritto al rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari. La Corte territoriale ha ritenuto sussistenti le condizioni per il riconoscimento della protezione umanitaria, risultando dimostrata la volontà del richiedente di inserirsi stabilmente nel tessuto socio-economico dell’Italia, confermata da attività lavorativa prestata in Italia e dagli sforzi di integrazione compiuti, nonchè valutate le condizioni di estrema povertà del suo Paese che lo esporrebbero a situazioni di fragilità in ipotesi di rientro, anche in considerazione del tempo trascorso dalla sua fuga dal Paese di origine e del lungo percorso migratorio affrontato.

2. Avverso la citata sentenza il Ministero dell’Interno propone ricorso affidato a un solo motivo, a cui resiste con controricorso G.S..

Diritto

CONSIDERATO

Che:

3. Con unico motivo il Ministero ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, vigenti ratione temporis, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Censura la statuizione di riconoscimento della protezione umanitaria per avere la Corte territoriale considerato la sola integrazione socio-lavorativa in Italia, senza accertare in concreto e puntualmente la specifica situazione soggettiva e oggettiva del richiedente nel Paese di origine, in base ai principi affermati dalla giurisprudenza di questa Corte, che richiama (Cass. SU n. 29459/2019 e Cass. n. 4455/2018).

4.Con l’ordinanza interlocutoria n. 28316 del 2020, depositata l’11-12-2020, la Sesta Sezione di questa Corte ha rimesso al Primo Presidente, ai sensi dell’art. 374 c.p.c., comma 2, per l’assegnazione alle Sezioni Unite, la questione di massima di particolare importanza avente ad oggetto “la configurabilità del diritto alla protezione umanitaria, nella vigenza del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, ed in continuità con la collocazione nell’alveo dei diritti umani inviolabili ad esso attribuita dalla recente pronuncia n. 24159 del 2019, quando sia stato allegato ed accertato il “radicamento” effettivo del cittadino straniero, fondato su decisivi indici di stabilità lavorativa e relazionale, la cui radicale modificazione, mediante il rimpatrio, possa ritenersi idonea a determinare una situazione di vulnerabilità dovuta alla compromissione del diritto alla vita privata e/o familiare ex art. 8 CEDU, sulla base di un giudizio prognostico degli effetti dello “sradicamento” che incentri la valutazione comparativa sulla condizione raggiunta dal richiedente nel paese di accoglienza, con attenuazione del rilievo delle condizioni del paese di origine non eziologicamente ad essa ricollegabili”.

Il motivo di ricorso ha ad oggetto la medesima questione, di rilievo nomofilattico, e ritiene, pertanto, il Collegio necessario rimettere la causa alla pubblica udienza, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., u.c., in attesa della decisione delle S.U..

P.Q.M.

La Corte rimette la causa alla pubblica udienza della Prima Sezione civile.

Così deciso in Roma, il 12 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 23 febbraio 2021

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