Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4822 del 24/02/2020

Cassazione civile sez. I, 24/02/2020, (ud. 05/11/2019, dep. 24/02/2020), n.4822

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – rel. Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 34793/2018 proposto da:

K.E., elettivamente domiciliato in Roma, presso la

Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso

dall’avv. Maurizio Sottile del Foro di Forlì-Cesena in virtù di

procura speciale apposta in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in Roma Via Dei Portoghesi 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende ex

lege;

– resistente –

avverso la sentenza n. 1381/2018 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 22/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

05/11/2019 dal Consigliere Dott.ssa Paola GHINOY.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. K.E., nato in (OMISSIS), ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d’appello di Bologna che aveva confermato l’ordinanza del Tribunale della stessa città, che aveva rigettato il ricorso volto ad ottenere il riconoscimento della protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. c), ed in via subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 5, comma 6 (nel testo applicabile ratione temporis).

2. Il ricorso per cassazione si fonda su due motivi.

3. Il Ministero dell’interno ha depositato atto di costituzione al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

4. Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, 4,5,6,8,10,13 e 27 del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8 e 27 della CEDU, art. 16 della Direttiva Europea n. 2013/32, oltre al difetto di motivazione, travisamento dei fatti e omesso esame di fatti decisivi.

5. Sostiene che la Corte d’appello avrebbe errato nell’escludere il diritto alla protezione internazionale, non inquadrando le dichiarazioni del richiedente nell’ambito della situazione attuale della Nigeria, quale risultante dal sito di Amnesty International, che denuncia la sistematica violazione dei diritti umani in Nigeria e uno stato di conflitto armato con violenze di natura religiosa, sparizioni forzate, uccisioni e torture illegali.

6. Il motivo è fondato.

In merito alla protezione di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), è dovere del giudice verificare, avvalendosi dei poteri officiosi di indagine e di informazione di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, se la situazione di esposizione a pericolo per l’incolumità fisica indicata dal ricorrente, astrattamente riconducibile ad una situazione tipizzata di rischio, sia effettivamente sussistente nel Paese nel quale dovrebbe essere disposto il rimpatrio, sulla base di un accertamento che deve essere aggiornato al momento della decisione (Cass., 28/06/2018, n. 17075; Cass., 12/11/2018, n. 28990). Al fine di ritenere adempiuto tale onere, inoltre, il giudice è tenuto ad indicare specificatamente le fonti in base alle quali abbia svolto l’accertamento richiesto (Cass., 26/04/2019, n. 11312).

7. Nel caso in esame, la Corte territoriale ha escluso la sussistenza di ogni forma di protezione internazionale a motivo della ritenuta non credibilità del racconto del richiedente (che aveva riferito il timore di restare vittima di nuovi attacchi per avere perso la famiglia nel 1997 nel Delta State durante il conflitto interno tra due fazioni politiche e avere assistito ad un attacco ad una moschea nello stato di Borno, ove si era trasferito), generico e privo di particolari, mentre le fotografie di case danneggiate e persone morte in strada erano prive di riferimento al luogo e al tempo.

8. Non ha dunque compiuto alcun accertamento relativo alla situazione del Paese di origine, situazione che lo stesso racconto del ricorrente, seppure ritenuto non adeguatamente circostanziato con riferimento alla propria vicenda personale, imponeva di approfondire.

9. Nè il potere-dovere di indagine d’ufficio del giudice circa la situazione generale esistente nel paese d’origine del richiedente trova ostacolo nella non adeguata specificità o non credibilità delle dichiarazioni rese dal richiedente stesso riguardo alla propria vicenda personale, quando comunque risulti allegata la provenienza da un’ area geografica interessata alla violenza indiscriminata che fonda tale forma di protezione (Cass. n. 14283 del 24/05/2019).

10. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 5, comma 6 e censura il rigetto della domanda di protezione umanitaria, valorizzando la situazione di integrazione socio lavorativa in Italia.

11. Il motivo resta assorbito, in quanto la richiesta di protezione umanitaria è da trattarsi solo ove vengano rigettate nel merito le domande rivolte verso gli strumenti tipici di protezione internazionale (Cass. n. 11261 del 24/4/2019).

12. Segue la cassazione della sentenza impugnata in relazione al primo motivo, con assorbimento del secondo, ed il rinvio alla Corte d’appello di Bologna in diversa composizione, che dovrà procedere a nuovo esame della fattispecie in coerenza con i principi esposti e dovrà provvedere anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

13. Non sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente vittorioso, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello di Bologna in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 5 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 24 febbraio 2020

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