Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4822 del 15/02/2022

Cassazione civile sez. trib., 15/02/2022, (ud. 13/10/2021, dep. 15/02/2022), n.4822

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRUCITTI Roberta – Presidente –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – rel. Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso n. 4774-2017 R.G., proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore p.t.,

elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende ope

legis;

– Ricorrente –

contro

SO.E.CO. srl, C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in Roma, alla

via Pompeo Magno, 23/A, presso lo studio dell’avv. Carlo Comande’,

rappresentata e difesa dall’avv. Emilio Amoroso;

– Controricorrente –

Avverso la sentenza n. 2807/30/2016 della Commissione tributaria

regionale della Sicilia, depositata il 21.07.2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio il 13

ottobre 2021 dal Consigliere Dott. Francesco FEDERICI.

 

Fatto

PREMESSO

che:

A seguito di verifica e processo verbale di constatazione redatto dalla GdF di Agrigento alla SICEDIL s.r.l., l’Agenzia delle entrate notificò alla SO.E.CO. s.r.l. l’avviso di accertamento con cui fu rideterminato il reddito relativo all’anno 2002, recuperando maggiore imponibile ai fini Iva, Ires e Irap. L’Amministrazione finanziaria contestò alla odierna ricorrente l’emissione di fatture per operazioni inesistenti relative a lavori di sbancamento per la realizzazione di una discarica, formalmente eseguiti nei confronti della SICEDIL s.r.l..

La società, contestando gli esiti dell’accertamento e in particolare la prova dell’inesistenza delle operazioni fatturate, propose ricorso dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Agrigento, che con sentenza n. 331/05/2013 accolse le ragioni della società. Nel successivo giudizio d’appello introdotto dall’Amministrazione finanziaria la Commissione tributaria regionale della Sicilia, con sentenza n. 2807/30/2016, depositata il 21 luglio 2016, confermò le statuizioni della pronuncia impugnata. Il giudice regionale, dopo aver superato l’eccezione di giudicato sollevato dall’ufficio, ha rigettato i motivi con cui l’Agenzia delle entrate ha insistito sulla sufficienza della prova, fornita nel giudizio, della inesistenza dei lavori fatturati dalla SAECO.

Con un unico motivo la ricorrente ha censurato la sentenza dinanzi a questa Corte, chiedendone la cassazione. La società ha resistito con controricorso, eccependo l’inammissibilità del ricorso e nel merito la sua infondatezza.

Nell’Adunanza camerale del 13 ottobre 2021 la causa è stata trattata e decisa.

Diritto

CONSIDERATO

che:

L’Agenzia delle entrate ha denunciato:

la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 36 e dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4), nonché degli artt. 112,115 e 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per difetto di motivazione, o motivazione apparente.

Preliminarmente va rigettata l’eccezione, sollevata dalla controricorrente, di inammissibilità del ricorso ai sensi dell’art. 348 ter c.p.c., comma 5, per essere stata impugnata una sentenza d’appello confermativa della decisione di primo grado. L’eccezione è infondata perché con il motivo d’impugnazione si lamenta la nullità della sentenza per un vizio processuale, fattispecie che esula dalla norma invocata, afferente alle pronunce confermative su questioni di fatto.

Con l’unico motivo l’Agenzia delle entrate sostiene la nullità della decisione del giudice regionale per difetto di motivazione, che non consentirebbe di rivelare la ratio decidendi, denunciandosi in concreto una motivazione apparente. Nello specifico riferisce che l’avviso di accertamento era stato supportato da un quadro probatorio completo, con l’allegazione di fatture da considerarsi false perché relative ai lavori di cui l’ufficio contestava l’effettiva esecuzione, e la produzione di una planimetria, riportante misure altimetriche, dalla quale desumere la mancata realizzazione dei lavori di sbancamento della discarica. Assume inoltre di aver evidenziato che il numero di dipendenti e di mezzi meccanici nella disponibilità della SO.E.CO. non avrebbe consentito l’esecuzione delle opere edili fatturate alla SICEDIL s.r.l. unitamente all’attività di raccolta e smaltimento di rifiuti.

Il motivo è infondato.

Nella motivazione il giudice d’appello ha esaminato partitamente le prove allegate dell’Amministrazione finanziaria, ritenendole insufficienti alla dimostrazione della fondatezza dell’atto impositivo. Dopo aver respinto il preteso giudicato sui medesimi fatti, relativo ad annualità diverse, rilevando che le altre decisioni invocate dall’Agenzia delle entrate non erano ancora definitive, ha ritenuto che la documentazione depositata dall’Amministrazione fosse insufficiente, perché da essa l’Amministrazione aveva tratto assertivamente delle convinzioni, prive tuttavia di riscontri fattuali. Si trattava dunque di giudizi e non di prove. Anche con riguardo all’inadeguata disponibilità di personale (4 unità) e macchinari per l’esercizio dell’attività edile il giudice d’appello ha evidenziato come il dato fosse in sé privo di rilevanza, se non rapportato ai tempi concretamente impiegati per l’esecuzione dei lavori. La motivazione è certamente succinta, ma non è affatto apparente, emergendo invece con chiarezza le argomentazioni di fondo su cui la Commissione regionale ha basato il proprio giudizio.

Se poi con il motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate abbia inteso sollecitare una nuova valutazione dei fatti, ciò sarebbe inammissibile, sia perché inibito in sede di giudizio di legittimità, sia perché emergerebbe la fondatezza della sollevata eccezione di violazione dell’art. 348 ter c.p.c., comma 5, avendo il giudice d’appello deciso conformemente alla pronuncia di primo grado.

Il ricorso va in conclusione rigettato e all’esito del processo segue la soccombenza dell’Agenzia delle entrate nelle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano nella misura specificata in dispositivo. Rilevato che risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater.

PQM

Rigetta il ricorso; condanna l’Agenzia delle entrate alla rifusione in favore della controricorrente delle spese processuali, che si liquidano nella misura di Euro 5.600,00 per competenze, Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura forfettaria del 15% e accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 13 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 15 febbraio 2022

 

 

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