Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4822 del 01/03/2018


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 4822 Anno 2018
Presidente: MANNA FELICE
Relatore: FALASCHI MILENA

ORDINANZA

sul ricorso 16026-2015 proposto da:
PERIN ROBERTO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
PASUBIO 2, presso lo studio dell’avvocato MARCO MERLINI, che
lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato ERACLIO BASSO;
– ricorrente contro

MOMENTE’ LAURA, MOMENTE’ MAURO, in proprio e quali
eredi del sig. Momentè Eugenio, elettivamente domiciliati in ROMA,
VIA VALSAVARANCHE, 46 SCD, presso lo studio dell’avvocato
MARCO CORRADI, rappresentati e difesi dall’avvocato LUCA
PAVANETTO;
– controricorrenti contro

PASQUAL GABRIELLA;

Data pubblicazione: 01/03/2018

- intimata –

avverso la sentenza n. 1147/2014 della CORTE D’APPELLO di
VENEZIA, depositata il 12/05/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
FALASCHI.

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
Con atto di citazione notificato il 17 novembre 2005 Roberto Perin evocava,
dinanzi al Tribunale di Venezia – Sezione Distaccata San Donà di Piave,
Eugenio Momenté chiedendo che venisse accertato l’inadempimento del
convenuto alle obbligazioni assunte con l’atto di vendita del 7.10.1999, in
particolare l’obbligo di favorire il suo subentro nella concessione demaniale
marittima di cui il primo era titolare, con conseguente condanna del predetto
ad adempiere ovvero dichiararsi la risoluzione del contratto, oltre al
risarcimento del danno.
Il giudice adito, con sentenza n. 327 del 2010, nella resistenza del convenuto,
che spiegava anche domanda riconvenzionale, accoglieva la domanda attorea,
condannando il convenuto a depositare un atto formale di rinuncia alla
concessione demaniale marittima di cui era titolare ed a risarcire il danno.
In virtù di rituale impugnazione interposta da Eugenio Momenté, con

partecipata del 07/07/2017 dal Consigliere Dott. MILENA

citazione notificata il 6 novembre 2010, la Corte di Appello di Venezia, con
sentenza n. 1147/14, accoglieva il gravame e in riforma della decisione di
primo grado, respingeva la domanda attorea e in accoglimento di quella
riconvenzionale, disponeva la risoluzione del contratto per inadempimento del
Perin.

Ric. 2015 n. 16026 sez. M2 – ud. 07-07-2017
-2-

Not:

Roberto Perin ha proposto ricorso per cassazione, sulla base di tre motivi, ed i
soli Mauro e Laura Momenté, quali eredi di Eugenio Momenté, hanno
resistito con controricorso, rimasta intimata Gabriella Pasquali.
Ritenuto che il ricorso potesse essere respinto, con la conseguente definibilità
nelle forme di cui all’art. 380 bis c.p.c., in relazione all’art. 375, comma 1, n. 5),

parti, il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.
In prossimità dell’adunanza camerale parte ricorrente ha anche depositato
memoria illustrativa.

Atteso che:
preliminarmente deve essere disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso
proposta dai resistenti per assenza di valida procura speciale, poiché il
mandato apposto in calce o a margine del ricorso per cassazione, è, per sua
natura, speciale e non richiede alcuno specifico riferimento al processo in
corso, sicché sono irrilevanti la mancanza di un espresso richiamo al giudizio
di legittimità o la non indicazione della data (Cass. 1 ° settembre 2014 n.
18468);

venendo al merito del ricorso, il primo motivo di ricorso (col quale il

ricorrente deduce l’omesso esame di un fatto decisivo, in particolare per non
avere la corte territoriale considerato che dopo una iniziale collaborazione
prestata dal Momentè, lo stesso nel maggio 2004 aveva inviato al Genio Civile
comunicazione con la quale manifestava la volontà di sospendere il
procedimento di trasferimento della concessione, nonchè il fatto che la
mancata integrazione della garanzia in origine prestata non costituisse
elemento valutabile ai fini del detto inadempimento, considerato che la
vendita era sottoposta a condizione sospensiva) è privo di pregio.

Ric. 2015 n. 16026 sez. M2 – ud. 07-07-2017
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c.p.c., su proposta del relatore, regolarmente comunicata ai difensori delle

In primo luogo va osservato che, essendo stata la sentenza impugnata
depositata il 12.05.2014, il ricorrente avrebbe dovuto far riferimento al
novellato n. 5 dell’art. 360 c.p.c., applicabile ai ricorsi per cassazione proposti
contro sentenze pubblicate a partire dall’11.9.2012 (di. 83/12, conv. in I.
134/12).

l’omesso esame circa un fatto che oltre ad essere decisivo fosse stato anche
oggetto di discussione tra le parti (Cass. n. 13928 del 2015; Cass. n. 7983 del
2014). In altri termini, nel rigoroso rispetto delle previsioni degli artt. 366,
primo comma, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4, c.p.c., il ricorrente deve
indicare oltre al “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale
o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto
sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”,
fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per
sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico,
rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice,
ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie
(Cass. Sez. Un. n. 8053 del 2014).
Nel caso di specie, da un lato, la corte di merito non ha omesso di considerare
la circostanza dell’avvenuta revoca della rinuncia alla concessione oggetto del
contratto risolto, bensì ha ritenuto, sulla base della lettura

dell’accordo

intervenuto fra le parti, che l’assegno di £ 70.000.000, rivelatosi scoperto,

avesse una funzione di garanzia, con la conseguenza che la mancata
integrazione della stessa, protrattasi per quattro anni, sebbene la controparte la
sollecitasse, costituiva grave inadempimento imputabile al ricorrente, per cui la
domanda di rinnovo della concessione di Eugenio Momenté era intervenuta
quando ormai era divenuta evidente la volontà di Roberto Perin di non
adempiere ai suoi obblighi.

Ric. 2015 n. 16026 sez. M2 – ud. 07-07-2017
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In quest’ottica, il ricorrente non si sarebbe potuto limitare a denunciare

La censura, dunque, non attiene ad un fatto decisivo, lamentando il ricorrente,
nella sostanza, semplicemente la valutazione delle risultanze istruttorie e dei
fatti di causa effettuata dalla corte territoriale, inammissibile in questa sede;

il secondo motivo (con il quale il ricorrente denuncia la falsa

condizione) è inammissibile, in quanto non coglie la ratio decidendi sottesa
alla sentenza impugnata.
Il giudice distrettuale, infatti, diversamente da quanto asserito dal ricorrente,
ha escluso che si fosse in presenza di contratto sottoposto a condizione (v.
pag. 10 della decisione), per essere il subingresso nella concessione
disciplinato, nei requisiti necessari, dall’art. 46 del Codice della navigazione,
per cui “l’esito positivo dell’iter amministrativo non costituiva un evento
futuro e incerto cui condizionare l’efficacia del contratto”, bensì il risultato di
una serie di adempimenti cui entrambe le parti erano tenute nei rapporti
reciproci e verso l’Autorità amministrativa competente.
Detto argomentato convincimento degli elementi di giudizio, da cui il giudice
del gravame ha tratto le proprie conclusioni, non risulta specificamente
criticato dal ricorrente e la doglianza censura piuttosto l’apprezzamento di
fatto operato dalla corte territoriale sulla qualificazione della causa effettiva
dell’inadempimento del contratto, apprezzamento di fatto cui il ricorrente si
limita a contrapporre il proprio diverso apprezzamento;

– l’esame del terzo motivo di ricorso (con cui è dedotto il mancato
riconoscimento del danno patito dal ricorrente e l’omessa valutazione delle

dichiarazioni testimoniali) è superato dalle considerazioni svolte con
riferimento ai primi due motivi.

In conclusione il ricorso deve pertanto essere rigettato.
Ric. 2015 n. 16026 sez. M2 – ud. 07-07-2017
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applicazione della normativa afferente il contratto di vendita sottoposto a

Le spese processuali seguono la soccombenza e si liquidano come da
dispositivo.
Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è
rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi dell’art. 1, comma 17,
della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del

aggiunto il comma 1-quater dell’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R 30
maggio 2002, n. 115 – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del
ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello
dovuto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso;
condanna il ricorrente alla rifusione delle spese processuali che liquida in
favore dei controricorrenti in complessivi € 4.200,00, di cui € 200,00 per
esborsi, oltre al rimborso forfettario e agli accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R n. 115 del 2002, inserito
dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei
presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a
titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del
comma 1-bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della VI-2^ Sezione Civile, il 7
luglio 2017.

bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha

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