Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4820 del 15/02/2022

Cassazione civile sez. trib., 15/02/2022, (ud. 13/10/2021, dep. 15/02/2022), n.4820

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRUCITTI Roberta – Presidente –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – rel. Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello M. – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso n. 17273-2015 R.G., proposto da:

AIRRI MEDICAL, C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in Roma, al

v.le delle Milizie n. 38, presso lo studio dell’avv. Alberto Di

Natale, dal quale, unitamente all’avv. Lidia Tamagnini, è

rappresentata e difesa;

– Ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore p.t.,

elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende ope

legis;

– Resistente –

Avverso la sentenza n. 773/28/2015 della Commissione tributaria

regionale del Lazio, depositata il 10.02.2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio il 13

ottobre 2021 dal Consigliere Dott. Francesco FEDERICI.

 

Fatto

PREMESSO

che:

Secondo quanto si evince dal ricorso alla società AIRRI MEDICAL fu notificata la cartella di pagamento di Euro 25.675,57 a titolo di interessi e sanzioni per il tardivo versamento Irap dell’anno 2007. La cartella traeva origine dal controllo automatizzato sulla dichiarazione modello unico 2008, relativa all’anno d’imposta 2007, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 36 bis. L’Amministrazione finanziaria aveva provveduto a comunicare il tributo dovuto e la sanzione, ridotta ad un terzo qualora il pagamento fosse stato eseguito nei trenta giorni successivi. In data 21 giugno 2010 la società aveva provveduto al pagamento della somma di Euro 140.381,61. Sennonché l’Agenzia delle entrate aveva contestato la tardività del pagamento, eseguito oltre i trenta giorni dalla notifica dell’avviso bonario. Aveva dunque preteso la corresponsione della sanzione nella misura piena del 30% del tributo dovuto, a tal fine notificando la cartella, ora oggetto di giudizio.

La contribuente, che contestava la tardività del versamento per nullità della notifica dell’avviso di pagamento, adì la Commissione tributaria di Roma, che con sentenza n. 392/10/2013, accolse il ricorso. La decisione fu appellata dall’Agenzia delle entrate dinanzi alla Commissione tributaria regionale del Lazio, che con sentenza n. 773/28/2015 riformò le statuizioni di primo grado, dichiarando legittimo l’atto impugnato. Il giudice regionale ha rilevato che l’invito comunicato dall’ufficio, a seguito del controllo automatizzato della dichiarazione dei redditi, fu ricevuto ritualmente dal destinatario, così da raggiungere il suo scopo, ai sensi dell’art. 156 c.p.c., sanando ogni eventuale irregolarità. Nessun rilievo poteva poi assumere l’affermazione della società, secondo cui la notificazione era avvenuta il 20 maggio 2010, risultando invece che la raccomandata fosse giunta a destinazione, nelle mani del portiere, il 19 maggio. Il pagamento eseguito il 21 giugno 2010 era pertanto da considerarsi tardivo, con conseguente legittima iscrizione a ruolo delle maggiori sanzioni non pagate.

La società ha censurato la sentenza con tre motivi, chiedendone la cassazione. L’Agenzia delle entrate ha depositato un atto di costituzione ai soli fini della eventuale partecipazione all’udienza di discussione.

Nell’adunanza camerale del 13 ottobre 2021 la causa è stata trattata e decisa.

La contribuente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

la ricorrente si duole:

con il primo motivo della nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per omessa pronuncia sulla eccepita nullità della costituzione avversaria a mezzo di funzionario privo di delega e potere di rappresentanza;

con il secondo motivo per nullità della sentenza in relazione all’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per omessa pronuncia sulla eccepita inammissibilità dell’atto d’appello per difetto di specificità dei motivi;

con il terzo motivo per violazione e falsa applicazione dell’art. 156 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, quanto alla nullità della notificazione dell’avviso di pagamento.

Esaminando il primo motivo, esso è infondato. La difesa della società lamenta una omessa pronuncia sulla questione, pur eccepita in sede d’appello, della nullità della costituzione dell’Amministrazione finanziaria a mezzo di funzionarlo privo di delega e potere di rappresentanza. Questa Corte, con orientamento ormai consolidato, cui si ritiene di dare continuità, ha affermato che il vizio di omessa pronunzia è configurabile solo nel caso di mancato esame di questioni di merito, e non anche su questioni processuali (ex multis, Cass., 26 settembre 2013, n. 22083; 25 gennaio 2018, n. 1876; 11 ottobre 2018, n. 25154; 15 aprile 2019, n. 10422). A margine, va rammentato il principio secondo cui nei gradi di merito del processo tributario, la provenienza di un atto di appello dall’Ufficio periferico dell’Agenzia delle Entrate e la sua idoneità a rappresentarne la volontà si presumono anche ove non sia esibita in giudizio una corrispondente specifica delega, salvo che non sia eccepita e provata la non appartenenza del sottoscrittore all’ufficio appellante o comunque l’usurpazione del potere di impugnare la sentenza (cfr. Cass., 21 marzo 2014, n. 6691; 26 luglio 2016, n. 15470; 30 ottobre 2018, n. 27570; 25 gennaio 2019, n. 2138).

Per la medesima ragione è infondato anche il secondo motivo, con il quale la società insiste sulla nullità della sentenza d’appello, per omessa pronuncia sull’eccepito difetto di specificità dei motivi d’appello.

Esaminando ora il terzo motivo, con cui la società denuncia l’errore in cui sarebbe incorsa la Commissione regionale nel ritenere ritualmente compiuti gli effetti della notifica dell’avviso di pagamento, trasmesso a seguito del controllo formale ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis, è parimenti infondato.

Nell’articolato motivo la società critica la decisione nella parte in cui avrebbe ritenuto che l’eventuale irritualità della notificazione dell’atto nelle mani del portiere sarebbe stata sanata in ogni caso dall’avvenuta conoscenza dell’atto da parte del destinatario, e tanto a partire dalla data della sua consegna al portiere medesimo. Afferma che in tal modo sarebbe stato violato l’art. 156 c.p.c. Sostiene al contrario che la notificazione sarebbe stata irregolare, dovendo procedersi alla notificazione direttamente al destinatario e, solo quando ciò impossibile, al portiere. Nel caso di specie sarebbe mancata l’attestazione dell’assenza del destinatario e delle vane ricerche dei soggetti preferenzialmente abilitati alla ricezione. La successiva conoscenza legale dell’atto da parte del destinatario, se per un verso aveva consentito la sanatoria della nullità, doveva tuttavia intendersi raggiunta dal momento del verificarsi dell’evento conoscitivo e non dalla data di ricezione dell’atto da parte del portiere.

Le ragioni della contribuente non sono fondate, sebbene la motivazione della decisione vada corretta ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 4.

Va innanzitutto evidenziato che la notifica dell’avviso bonario di pagamento fu pacificamente eseguita a mezzo del servizio postale. A tal fine il D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 26, comma 1, seconda parte, prevede che “La notifica può essere eseguita anche mediante invio di raccomandata con avviso di ricevimento; in tal caso la cartella è notificata in plico chiuso e la notifica si considera avvenuta nella data indicata nell’avviso di ricevimento sottoscritto da una delle persone previste dal comma 2 o dal portiere dello stabile dove è l’abitazione, l’ufficio o l’azienda”.

Ebbene, applicando al caso di specie la giurisprudenza formatasi sulla notificazione della cartella di pagamento, questa Corte ha chiarito che in tema di riscossione delle imposte, qualora la notifica della cartella sia eseguita ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 26, comma 1, seconda parte, mediante invio diretto, da parte del concessionario, di raccomandata con avviso di ricevimento, trovano applicazione le norme concernenti il servizio postale ordinario e non quelle della L. 20 novembre 1982, n. 890 (Cass., 13 giugno 2016, n. 12083, con la quale in applicazione del suddetto principio, è stata cassata la sentenza con cui il giudice di merito aveva ritenuto invalida la notifica della cartella sull’erroneo presupposto che, essendo stata ricevuta dal portiere, occorresse, a norma dell’art. 139 c.p.c., l’invio di una seconda raccomandata; cfr. anche 12 novembre 2018, n. 28872).

Si è anche significativamente affermato che, mentre per la notifica degli atti impositivi, quando questa avvenga mediante consegna al portiere dello stabile da parte dell’ufficiale giudiziario, e ove quest’ultimo non attesti nella relata il mancato rinvenimento delle persone indicate nell’art. 139 c.p.c., la nullità è sanata per raggiungimento dello scopo qualora sia provata la ricezione della raccomandata contenente la notizia dell’avvenuta notificazione, nell’ipotesi in cui l’ufficio finanziario proceda alla notificazione diretta a mezzo posta, trovano applicazione solo le norme concernenti il servizio postale ordinario e non quelle previste dalla L. n. 890 del 1982. In questa seconda ipotesi pertanto, in caso di notifica al portiere, essa si considera avvenuta nella data indicata nell’avviso di ricevimento sottoscritto dal portiere, senza necessità dell’invio della raccomandata al destinatario (Cass., 4 aprile 2018, n. 8293; cfr. anche 23319/2014; 18 novembre 2016, n. 23511; 14 novembre 2019, n. 29642).

L’esegesi delle recenti pronunce, i cui principi sono condivisi da questo collegio, depongono a favore del compimento regolare del procedimento di notifica dell’atto di avviso di pagamento, consegnato al portiere mediante servizio postale, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, comma 1, seconda parte. Tale disciplina costituisce infatti una modalità di notificazione semplificata, prevista normativamente, che non prevede che l’agente postale, nel consegnare a mani del portiere l’atto, debba accertare previamente l’assenza del notificando o di altri soggetti abilitati a ricevere il plico, né prevede la spedizione della raccomandata con l’avviso di avvenuta notificazione al destinatario (Cass., 23 giugno 2014, n. 14196). Così che la notificazione si compie al momento della consegna del plico al portiere, salvo a verificarsi che questi ne abbia poi omesso la consegna, fatto di cui però deve dare prova il destinatario, e che esula comunque dalla fattispecie per cui è causa.

Non trova dunque fondamento la pur articolata difesa della contribuente, che sostiene come dell’atto ebbe conoscenza non il giorno della consegna del plico al portiere, il 19 maggio 2010, ma in quello successivo, dal quale pretende che dovessero decorrere i termini per provvedere al pagamento.

Ne discende che, sebbene con la correzione della motivazione nei termini anzidetti, il ricorso della contribuente va rigettato. Nulla va disposto in ordine alle spese, attesa la mancata rituale costituzione dell’Agenzia.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, nella misura pari a quello previsto per il ricorso, a norma del medesimo art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 13 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 15 febbraio 2022

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