Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4817 del 28/02/2011

Cassazione civile sez. I, 28/02/2011, (ud. 26/01/2011, dep. 28/02/2011), n.4817

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PROTO Vincenzo – Presidente –

Dott. FELICETTI Francesco – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – rel. Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA INTERLOCUTORIA

sul ricorso proposto da:

UNICREDIT BANCA D’IMPRESA S.P.A (C.F. (OMISSIS)), nella qualità

di successore della Cassa di Risparmio ili Trento e Rovereto spa, in

persona del Direttore generale pro tempore, elettivamente domiciliata

in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 268-A, presso l’avvocato BOZZI GIUSEPPE,

che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati PEDINELLI

GIORGIO, COLOMBO GIOVANNI E., giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO SIMER S.P.A.;

– intimato –

sul ricorso 23998-2005 proposto da:

FALLIMENTO SIMER S.P.A. (c.f. (OMISSIS)), in persona del Curatore

Rag. P.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEGLI

SCIPIONI 8, presso l’avvocato CRISCI FRANCESCO, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato FRANCESCATO ELISABETTA, giusta

procura a margine del controricorso e ricorso incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

UNICREDIT BANCA D’IMPRESA S.P.A., nella qualità di successore della

Cassa di Risparmio di Trento e Rovereto spa, in persona del Direttore

generale pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEGLI

SCIPIONI 268-A, presso l’avvocato BOZZI GIUSEPPE, che la rappresenta

e difende unitamente agli avvocati PEDINELLI GIORGIO, COLOMBO

GIOVANNI E., giusta procura a margine del ricorso principale;

– controricorrente al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 1362/2004 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 12/08/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

26/01/2011 dal Consigliere Dott. VITTORIO RAGONESI;

udito, per la ricorrente, l’Avvocato L. SILVETTI, per delega, che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso principale, rigetto del ricorso

incidentale;

udito, per il controricorrente e ricorrente incidentale, l’Avvocato

F. CRISCI che ha chiesto l’accoglimento del ricorso incidentale,

rigetto del ricorso principale;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARESTIA Antonietta che ha concluso per l’inammissibilità del

ricorso incidentale, accoglimento del secondo e terzo motivo del

ricorso principale e rigetto del primo motivo.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso depositato in data 2-3-1994 la Cassa di Risparmio di Trento e Rovereto proponeva opposizione allo stato passivo del fallimento Simer S.p.a. in ordine al quale aveva proposto domanda di insinuazione in via privilegiata ex art. 2787, per il controvalore di C.C.T. per nominali L. 620.000.000 nonchè in via chirografaria per la differenza tra la somma di L. 1.692.942,753, riconosciuta la compensazione per L. 43.819.633 L. Fall., ex art. 56 e quanto ricavato in linea capitale dalla vendita dei C.C.T. predetti. Il tutto con interessi e spese.

Deduceva che il giudice delegato aveva ammesso la Cassa di Risparmio di Trento e Rovereto a passivo del fallimento, in chirografo, per L. 1.692.942.753, escluso il privilegio ex art. 2787 c.c. perchè l’atto di costituzione del pegno non conteneva sufficiente indicazione del credito garantito e dei titoli di credito costituiti in pegno e quindi aveva ritenuto la inopponibilità del pegno di L. 620.000.000 anche per difetto di data certa,esclusa altresì la compensazione sulla somma di L. 43.819.633. Precisava l’opponente: che l’atto di pegno per nominali L. 590.000.000 in data 8-11-1991 evidenziava come lo stesso avesse ad oggetto il credito della SIMER s.r.l. alla consegna o all’attribuzione dei titoli indicati in calce all’atto o del loro controvalore in danaro; che tanto l’atto di costituzione di detto pegno quanto l’atto di accettazione della Cassa di Risparmio recavano l’affrancatura postale in corso ai sensi del vigente regolamento postale in data 8-11-1991, anteriore alla dichiarazione di fallimento sopravvenuta il 28-5-1993; che, per quanto riguardava il pegno per nominali L. 30.000.000, essendo stato costituito in data certa solamente dal 10-06-1992, la Cassa non lo faceva ulteriormente valere; che, quanto al mancato riconoscimento della compensazione per L. 43.671.250, si trattava di somma corrispondente all’ammontare delle cedole maturate al 1-5-1993 sui C.C.T. costituiti in pegno, al netto della ritenuta fiscale, come previsto negli atti di costituzione secondo cui “in deroga a quanto previsto dagli artt. 2791 e 280 c.c., gli interessi che matureranno … resteranno di pertinenza del costituente in pegno”; che la Cassa era debitrice della somma di L. 43.671.250 nei confronti della SIMER dall’1-5-1993, di guisa che, essendo il fallimento intervenuto in data 28-5-1993, all’opponente spettava il diritto di avvalersi della compensazione L. Fall., ex art. 56.

Istituitosi il contraddittorio parte convenuta chiedeva la reiezione della opposizione proposta.

L’adito Tribunale di Bassano del Grappa, con sentenza 26-2/23-9-1999, rigettava l’opposizione in quanto infondata relativamente alla richiesta di riconoscimento del privilegio pignoratizio, e inammissibile relativamente alla richiesta di riconoscimento della compensazione, osservando: che il pegno costituito l’8-11-1991 non aveva data certa anteriore al fallimento, sopravvenuto il 28-5-1993;

che, quanto al credito di 43 milioni della Cassa verso la SIMER per cedole maturate anteriormente al fallimento, tenuto conto del giudizio di opposizione L. Fall., ex art. 98, mancava un interesse attuale dell’opponente al riconoscimento della richiesta compensazione essendo il credito della Cassa stato ammesso nella misura richiesta, con esclusione, solo, del privilegio pignoratizio, per cui il concreto interesse della Cassa alla compensazione poteva sorgere solo se e quando il fallimento avesse agito nei suoi confronti per ottenere il pagamento del credito.

Avverso tale sentenza proponeva appello la Cassa di Risparmio di Trento e Rovereto sostenendo l’opponibilità al fallimento del credito e la compensazione dello stesso con il controcredito del fallimento di L. 43 milioni circa.

Resisteva parte appellata chiedendo la conferma dell’impugnata sentenza.

La Corte d’appello di Venezia, con sentenza 1362/04, pur ritenendo che l’atto di costituzione del pegno avesse data certa e fosse, quindi, opponibile alla curatela, rigettava l’appello.

Avverso la detta sentenza ricorre per cassazione l’Unicredit sulla base di tre motivi cui resiste con controricorso il fallimento Simer spa che ha proposto altresì ricorso incidentale avverso il quale Unicredit ha proposto controricorso.

La banca ricorrente ha presentato altresì memoria.

I due ricorsi sono stati riuniti all’udienza di discussione del 26.1.11.

OSSERVA:

IL COLLEGIO:

Con il secondo motivo di ricorso la Banca ricorrente lamenta l’erroneità della sentenza impugnata laddove ha ritenuto che non sarebbe possibile costituire in pegno il credito del mandante verso il mandatario sorgente dal mandato ad acquistare e consegnare una certa quantità di cose di genere.

Su tale questione sussiste un contrasto nell’ambito della giurisprudenza di questa Corte.

La sentenza n. 4208 del 1999 ha escluso la possibilità della costituzione di un pegno del tipo di quello dedotto dalla banca ricorrente.

Le argomentazioni addotte dalla citata sentenza si articolano sui seguenti punti che qui integralmente si riportano.

a) “nei diritti reali di garanzia il bene che forma oggetto del diritto viene in considerazione essenzialmente in quella che significativamente è stata denominata la sua “componente” o “riserva” di “valore”, cioè nel suo identificarsi in un valore economico ad essa intrinseco, in rispondenza all’interesse del creditore garantito che non ha quale punto di riferimento una entità materiale in se stessa ma la idoneità del bene a rafforzare, mediante la possibilità della sua conversione in danaro, la garanzia del soddisfacimento delle sue ragioni di credito: tale immediata valenza non si riscontra nel diritto ad un “facere” consistente nella prevista futura consegna dei titoli di credito, ma solo in questi ultimi, considerati in funzione della loro caratteristica fondamentale che è quella della incorporazione in essi del credito verso l’emittente”;

b) “non sembra possibile concepire la costituzione in pegno (e più in generale, un atto di disposizione) di un diritto il cui contenuto – la consegna dei titoli al mandante in adempimento del mandato – subisca elisione e vanificazione proprio nel momento e per effetto dell’atto dispositivo che comporta che non debba aver luogo la dazione dei titoli dei quali la banca mandataria è designata a conservare la detenzione quale strumento di realizzazione della garanzia”;

c) “siffatta costruzione non appare nemmeno risolutiva rispetto alla problematica inerente alla mancata individuazione originaria dei titoli – in relazione all’esigenza della determinatezza dell’oggetto del pegno – dappoichè la incertezza dell’oggetto del diritto non può non risolversi in incertezza del contenuto del diritto stesso”;

d) “la tesi della identificazione dell’oggetto del pegno nel diritto alla consegna dei titoli, sottoposta alla prova di resistenza di tutte le articolazioni problematiche prospettabili nel contesto della attuale diffusione del fenomeno della dematerializzazione dei titoli di massa, non offre adeguata risposta circa la sorte della garanzia nel caso in cui i titoli in questione abbiano a non ricevere mai materiale formazione o nel caso in cui il ciclo di durata degli stessi abbia ad esaurirsi in termine più breve del periodo nel quale debba trovare esplicazione la funzione della garanzia stessa”;

e)” la stessa tesi non offre nemmeno coerente fondamento alla evoluzione della fattispecie nel senso del successivo venire ad esistenza dei titoli, perchè non consente di individuare – almeno in assenza di specifica previsione convenzionale di sostituzione dell’oggetto della garanzia – la fonte del diritto del creditore a procedere alla realizzazione dei titoli dei quali sia poi entrato in possesso”.

A tali considerazioni, la sentenza citata, ha aggiunto che nella fattispecie in esame non poteva non sorgere il dubbio sulla legittimità della costituzione in pegno di un diritto alla consegna di cose determinate o di titoli con riferimento alla possibilità che esso abbia a tradursi in una surrettizia costituzione in pegno di cose mobili in forme diverse da quelle normativamente stabilite.

Il Collegio ritiene che alle perplessità espresse dalla citata sentenza inducenti ad escludere la configurabilità di un pegno sul credito derivante dal mandato per l’acquisto di titoli debbano aggiungersene altre due.

Vertendosi in tema di costituzione in pegno di un credito sembra doversi osservare che detta costituzione presuppone che il pegno si riferisca ad un credito che il debitore che presta la garanzia ha verso i terzi e non già verso il creditore a favore del quale presta la garanzia. In tal caso, infatti, il creditore garantito dal pegno sarebbe in sostanza garantito da sè stesso e, cioè, dall’adempimento della prestazione dovuta nei confronti del suo creditore – debitore che gli presta la garanzia.

A tale proposito è appena il caso di ricordare che nel pegno di crediti, non essendo concepibile la “traditio” (reale o simbolica) di una “res”, l’art. 2800 c.c. subordina la prelazione alla condizione che la costituzione della garanzia, documentata in atto scritto, sia notificata al debitore del credito vincolato o sia da questo accettata, sempre con scrittura avente data certa.

Ciò indurrebbe a credere che la norma in esame prevede il pegno di crediti solo in riferimento alla costituzione in pegno di crediti che il debitore vanta nei confronti terzi ai quali la costituzione deve essere notificata o dai quali deve essere accettata, tenuto anche conto del fatto che nei confronti del debitore ceduto opera una sostituzione sostanziale del creditore pignoratizio al concedente nell’esercizio del credito oggetto del pegno. (Cass 13551/06).

A questa considerazione il Collegio ritiene di aggiungere che in un caso come quello di specie in cui il credito costituito dal mandato si sostanzia nell’obbligo di acquistare dei CCT e di consegnarli al mandante, il pegno su detto credito sussiste finchè il mandato non viene adempiuto con la consegna dei beni acquistati. Da ciò ulteriormente consegue che, se nessun termine è stabilito per la consegna al mandante dei titoli acquistati, il pegno sul credito verrebbe in sostanza a trasformarsi in un pegno sui titoli poichè questi resterebbero presso il mandatario a tempo indeterminato a garanzia del proprio credito e, in caso d’inadempimento del garante – mandante, costituirebbero in sostanza i beni tramite i quali il mandatario garantito realizzerebbe la propria garanzia.

A fronte dell’orientamento espresso dalla esaminata sentenza 4208 del 1999, questa Corte ne ha di recente espresso uno del tutto diverso a mezzo della sentenza n. 8050 del 2009.

In una fattispecie sostanzialmente analoga a quella oggetto della presente controversia, anche se prevalentemente incentrata sulla questione se acquistati i titoli da parte del mandatario si fosse o meno realizzato il trasferimento degli stessi al mandante, la citata sentenza ha riconosciuto ,sia pure senza specifica motivazione sul punto, la possibilità di costituzione di un pegno di crediti in favore del mandatario incaricato di acquistare titoli e di successivamente consegnarli al mandante costituente il pegno.

In particolare, la sentenza in esame che rilevato che il mandatario non fosse tenuto solamente ad un “facere”, “dal momento che per assicurare al mandante l’acquisto della proprietà nel rispetto della norma richiamata, egli era tenuto a dare i titoli, prestazione che si sarebbe realizzata attraverso il “facere” della specificazione. E trattandosi di una prestazione dovuta, il credito ad essa corrispondente si appalesava suscettibile di essere costituito in pegno, a norma dell’art. 2800, a differenza del pegno di titoli rappresentativi,i quali vanno considerati pegno di cose e non di crediti”.

Stante dunque il contrasto giurisprudenziale esistente e la particolare rilevanza della questione appare opportuno rimettere la causa al Primo Presidente affinchè valuti l’opportunità di rimettere la stessa alla decisione delle Sezioni Unite.

P.Q.M.

Dispone la trasmissione degli atti al Primo Presidente affinchè valuti l’eventuale rimessione della questione alle Sezioni Unite.

Così deciso in Roma, il 26 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 28 febbraio 2011

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