Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4817 del 23/02/2021

Cassazione civile sez. VI, 23/02/2021, (ud. 20/01/2021, dep. 23/02/2021), n.4817

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Presidente –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CAPOZZI Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17822-2019 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende, ope legis;

– ricorrente –

contro

VALPLASTIK DI C.M. & C. SNC;

– intimata –

avverso la sentenza n. 5624/9/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della CAMPANIA SEZIONE DISTACCATA di SALERNO, depositata

l’11/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 20/01/2021 dal Consigliere Relatore Dott. CAPOZZI

RAFFAELE.

 

Fatto

RILEVATO

che l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione nei confronti di una sentenza della CTR della Campania, sezione staccata di Salerno, di accoglimento dell’appello proposto dalla s.n.c. “VALPLASTIK DI C.M. & C.” avverso una sentenza della CTP di Salerno, che aveva respinto il ricorso proposto da quest’ultima società avverso un avviso di accertamento 2010 per indebita detrazione IVA, relativa a tre fatture emesse dalla ditta C.A. nei confronti della società, per operazioni ritenute soggettivamente inesistenti;

Diritto

CONSIDERATO

che il ricorso è affidato ad un unico motivo, con il quale l’Agenzia delle entrate lamenta violazione art. 115 c.p.c., comma 1, artt. 2697,2727,2728 e 2729 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto, nell’ipotesi di frodi carosello, la mancanza in capo al fatturante della dotazione personale e strumentale necessaria per l’esecuzione della prestazione e la connivenza del cessionario a partecipare al disegno criminoso costituivano validi elementi presuntivi, idonei a provare che la prestazione non era stata effettivamente svolta dal fatturante; ed era irrilevante la circostanza che le operazioni fossero avvenute secondo un andamento apparentemente regolare; invero, in caso di emissione di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti, secondo la giurisprudenza comunitaria e nazionale, l’onere dell’ufficio di provare la frode del cedente e la mera connivenza del cessionario poteva essere assolto anche attraverso mere presunzioni, purchè gravi, precise e concordanti; e l’omessa effettuazione della prestazione da parte del fatturante, siccome soggetto sfornito della dotazione personale e strumentale adeguata alla sua esecuzione, costituiva idoneo elemento sintomatico circa l’assenza della buona fede del contribuente, in quanto l’immediatezza dei rapporti con il fatturante induceva ragionevolmente ad escludere l’ignoranza incolpevole del contribuente circa l’avvenuto versamento dell’IVA a soggetto non assoggettato alla rivalsa; era pertanto onere del contribuente provare di non essere a conoscenza del fatto che il fornitore effettivo del bene o della prestazione non fosse il fatturante, ma altri; e non era sufficiente la sua inconsapevolezza della frode, essendo altresì richiesto che il contribuente avesse adottato tutte le misure necessarie per evitare di restarvi coinvolto; non era poi sufficiente la regolarità della documentazione contabile esibita e la mera dimostrazione che la merce fosse stata effettivamente consegnata, trattandosi di dati di fatto inidonei di per sè a dimostrare l’estraneità del contribuente alla frode;

che la società contribuente non si è costituita;

che l’unico motivo di ricorso proposto dall’Agenzia delle entrate è infondato;

che, invero, secondo la giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. n. 8999 del 2014; Cass. n. 5873 del 2019; Cass. n. 15369 del 2020), in caso di operazioni soggettivamente inesistenti, quali sono quelle ravvisabili nella specie, l’ufficio può ben contestare il diritto della società contribuente a portare in detrazione l’IVA pagata su fatture emesse da un soggetto diverso dall’effettivo cedente dei beni e ritenere, anche sulla base di presunzioni semplici, che la società contribuente, al momento in cui ha acquistato i beni, sapesse ovvero avesse potuto sapere, usando la diligenza media, normalmente richiesta ad un imprenditore che opera sul mercato, che le operazioni invocate a fondamento del diritto di detrazione IVA fossero inserite in un contesto fra udatorio;

che, nella specie, la CTR, con motivazione ampia e dettagliata, ha rilevato come non fossero emersi elementi sufficienti, dai quali poter desumere che la società contribuente fosse consapevole che la ditta C.A., fornitrice della merce, per la quale era stata chiesta l’IVA in detrazione, fosse una ditta cartiera e priva delle strutture necessarie per fornire la merce, cui si riferivano le tre fatture, per le quali era stato effettuato il recupero dell’IVA; la CTR ha cioè accertato, con motivazione incensurabile nella presente sede, che la società contribuente non avrebbe potuto percepire che la ditta C.A., che le aveva ceduto i beni ed aveva emesso le relative fatture, avesse evaso l’IVA e compiuto, in tal modo, una frode; la CTR ha, invero, rilevato come non fosse sufficiente recepire le indicazioni fornite dalla gdf e che fosse, al contrario, più confacente tener conto della modulistica impiegata e del modus operandi, essendo gli stessi conformi ai normali rapporti commerciali, che si estrinsecano, nella prassi corrente, per lo più a mezzo telefono, fax o rete; ha rilevato come i pagamenti della merce fossero stati effettuati con assegni recanti la clausola “non trasferibile” ed emessi a fronte di fatture riferite a beni presenti in azienda; condivisibilmente pertanto la CTR ha escluso che la società contribuente fosse consapevole della natura di ditta cartiera della fornitrice ditta C.A.; pertanto la censura formulata dall’Agenzia delle entrate si risolve in una diversa ricostruzione degli eventi, volta a contrastare elementi probatori, che la CTR ha tenuto presenti con accertamento di fatto non sindacabile nella presente sede di legittimità;

che, da quanto sopra, consegue il rigetto del ricorso dell’Agenzia delle entrate, nulla disponendosi sulle spese, per non essersi la società contribuente costituita in giudizio.

P.Q.M.

La Corte respinge il ricorso; nulla sulle spese.

Così deciso in Roma, il 20 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 23 febbraio 2021

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