Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4815 del 28/02/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 4815 Anno 2014
Presidente: MERONE ANTONIO
Relatore: SAMBITO MARIA GIOVANNA C.

SENTENZA

sul ricorso 6197-2008 proposto da:
SOCIETA’ AURUM GESTIONI SPA (già AURUM GESTIONI SRL)
in persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA VIA G. ANTONELLI

29,

presso lo studio dell’avvocato COSCINO ARNALDO,
rappresentato e difeso dall’avvocato MONTEMURRO
2014

ROBERTO giusta delega a margine;
– ricorrente –

7

contro

MINISTERO ECONOMIA E FINANZE;
– intimato nonchè contro

Data pubblicazione: 28/02/2014

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– resistente con atto di costituzione –

di NAPOLI, depositata il 17/12/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 08/01/2014 dal Consigliere Dott. MARIA
GIOVANNA C. SAMBITO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. VINCENZO GAMBARDELLA che ha concluso
per il rigetto del ricorso.

avverso la sentenza n. 184/2007 della COMM.TRIB.REG.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La CTR della Campania, con sentenza n. 184/27/07
depositata il 17.12.2007, in riforma della sentenza resa dalla

Aurum Gestioni avverso l’avviso d’accertamento relativo al
recupero del credito d’imposta, per investimenti nelle aree
svantaggiate, ex art. 8 della L n. 388/2000, rilevando che l’art.
62 della 1 n. 289 del 2002 non imponeva adempimenti immediati
per il contribuente, in violazione dall’art. 3, co 2, della 1. n. 212
del 2000, ma sospendeva temporaneamente la fruibilità del
beneficio.
La Società ricorre per la cassazione della sentenza in base
a tre motivi. L’intimata non ha depositato controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE
1.

Col primo motivo, la contribuente deduce

“l’inapplicabilità alla fattispecie della novella legislativa
introdotta dall’art. 62 della legge n. 289 del 2002, per violazione
dello statuto dei contribuenti”, in quanto tale disposizione,
contrariamente a quanto ritenuto dai giudici d’appello, imponeva
nuovi adempimenti per il contribuente, vietati dall’art. 3 della 1.
n. 212 del 2000.
2. Col secondo motivo, si deduce la violazione del
principio di cui all’art. 10, co 3, dello Statuto dei diritti del
contribuente, sussistendo, nella specie, le “obiettive condizioni
d’incertezza” la cui ricorrenza è idonea ad escludere

CTP di Napoli, ha rigettato l’impugnazione proposta dalla S.r.l.

l’irrogazione delle sanzioni.
3. Col terzo mezzo, la ricorrente deduce che l’art 4 del DL
n. 253 del 2002, nella parte in cui stabilisce che il

pubblicazione, è illegittimo per violazione degli artt. 24 e 53
Cost., comportando un incremento del carico tributario, per di
più aumentato da ingiuste sanzioni.
4. I motivi primo e terzo, che, per la loro connessione,
vanno congiuntamente esaminati, sono infondati. Il D.L. n. 253
del 2002, art. 1 ha disposto -al fine di assicurare una corretta
applicazione delle agevolazioni per gli investimenti nelle aree
svantaggiate, e di prevenire comportamenti elusivi- specifici
obblighi di comunicazione, a pena di decadenza, a carico dei
soggetti che hanno conseguito il diritto al contributo
anteriormente alla data dell’8 luglio 2002, prevedendo, al
contempo, la sospensione della fruizione “degli ulteriori utilizzi
del contributo a decorrere dalla data di entrata in vigore del
presente decreto” fino al 31 marzo 2003. 5. Tale norma è stata
abrogata dall’art. 62, co 7, della L. n. 289 del 2002, che ha fatto
“salvi gli effetti prodottosi e i rapporti giuridici sorti sulla base
delle predette disposizioni”, ed ha disposto, al comma 1, lett. a)
ed ai medesimi fini sopra indicati, la sospensione degli ulteriori
utilizzi dalla data della sua entrata in vigore (1.1.2003, ex art 95
della stessa legge) fino al 9 aprile 2003. 6. La sospensione
dell’utilizzo del credito d’imposta, stabilita dalle predette norme,

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provvedimento entra in vigore nel medesimo giorno della sua

non è preclusa dalle disposizioni dello Statuto del contribuente.
7. Tali norme, come più volte precisato da questa Corte (cfr., ex
plurimis, Cass. nn. 17576 del 2002, 7080 del 2004, 9407 del

applicazione ed interpretazione delle norme tributarie (anche
anteriormente vigenti), per risolvere eventuali dubbi ermeneutici,
ma non hanno, nella gerarchia delle fonti, rango superiore alla
legge ordinaria (tant’è che ne è ammessa la modifica o la deroga,
purché espressa e non ad opera di leggi speciali), con la
conseguenza che una norma legislativa che si ponga in contrasto
con esse, senza che ricorrano le dette condizioni, non può esser
suscettibile di disapplicazione né, di per sè oggetto di questione
di legittimità costituzionale, non potendo le disposizioni dello
Statuto fungere direttamente da norme parametro di
costituzionalità (cfr. da ultimo, Cass. n. 8254/2009). 8 La Corte
Costituzionale (ord. n. 124 del 2006 e n. 180 del 2007) già adita
in relazione a dubbi di costituzionalità dell’art. 62 della L n. 289
del 2002, sollevati in riferimento (tra l’altro) al principio di
irretroattività della legge (codificato in materia fiscale dall’art 3
dello Statuto) ed al principio «dell’affidamento nella sicurezza
giuridica», ha ritenuto manifestamente infondate le questioni
sollevate, rilevando che: a) la norma censurata ha fissato per il
futuro un obbligo di comunicazione di dati, a pena di “decadenza
dal contributo” “a nulla rilevando che tale decadenza abbia ad
oggetto un contributo già conseguito”; b) il termine minimo di

3

2005), costituiscono, bensì, criteri guida per il giudice, in sede di

sessanta giorni, stabilito in via generale dall’art. 3, co 2, della
legge n. 212 del 2000 per l’effettuazione degli adempimenti del
contribuente, non ha uno specifico fondamento costituzionale;

fattispecie in esame, nella quale nessun adempimento è disposto
a carico del contribuente, venendo in rilievo la mera sospensione
della fruizione dei crediti d’imposta (Cass. n. 8145 del 2011, cfr,
pure, n. 24251 del 2011). 9. E’ appena il caso di aggiungere che
la disposizione denunciata non aumenta affatto il carico fiscale,
come opina la ricorrente, ma si limita a comportarne l’esigibilità
(cui conseguono le sanzioni per il caso di omesso pagamento del
dovuto), e che non è dato ravvisare alcuna ragione, nè la
ricorrente la esplicita, per la quale ritenere sussistere una
menomazione del diritto di difesa.
10. Il secondo motivo è inammissibile. L’impugnata
sentenza non ha affrontato la relativa questione, di tal chè la
ricorrente avrebbe dovuto dedurne l’omesso esame, censurarlo
con l’afferente motivo di cui all’art 360, 1° co, n. 4 cpc, e
corredarlo col dovuto quesito di diritto, tenuto conto del
principio, più volte ribadito da questa Corte, secondo cui la
decisione del giudice di secondo grado che non esamini e non
decida un motivo di censura della sentenza del giudice di primo
grado è impugnabile per cassazione per omessa pronuncia su un
motivo di gravame, e non già per omessa o insufficiente
motivazione su di un punto decisivo della controversia e neppure

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considerazione quest’ultima che vale, a maggior ragione, nella

ESENTE DA MEMSTRAZIONE
AI SENSI DEL
N. 131

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per violazione di legge, in quanto tali ultime censure
presuppongono che il giudice di merito abbia preso in esame la
questione oggetto di doglianza e l’abbia risolta in modo

giustificandola adeguatamente) (cfr., da ultimo, Cass. n.11801
del 2013).
11. Non va provveduto sulle spese, in assenza di attività
difensiva della parte intimata.
PQM
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, 1’8 gennaio 20141
Il Consigliere estensore

esidente

giuridicamente non corretto ovvero senza giustificarla (o non

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