Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4814 del 11/03/2016


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 4814 Anno 2016
Presidente: CURZIO PIETRO
Relatore: MAROTTA CATERINA

SENTENZA
sul ricorso 1409-2014 proposto da:
REGIONE ABRUZZO (80003170661), in persona del Presidente pro
tempore della Giunta Regionale, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE
DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente Contro
MARIANI VINCENZO (MRNVCN51D25G482C), elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA NOVENIO BUCCHI 7, presso lo studio
dell’avvocato VALERIO CANNIZZARO, rappresentato e difeso

Data pubblicazione: 11/03/2016

dall’avvocato PIETRO ALESSANDRIN1 giusta procura a margine del
controricorso;

– contraticorre.nte
avverso la sentenza n. 562/2012 del TRIBUNALE di PESCARA,

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
15/12/2015 dal Consigliere Relatore Dott. CATERINA NLkROTTA;
udito l’Avvocato ROBERTO PALASCIANO difensore della ricorrente
che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito l’Avvocato PIETRO ALESSANDRINI difensore del
controricorrente che ha chiesto il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Tribunale di Pescara accoglieva la domanda proposta da Vincenzo
Mariani nei confronti della Regione Abruzzo e dichiarava il suo diritto
alla perequazione della retribuzione individuale di anzianità a quella
percepita da altri dipendenti inquadrati in pari ruolo a norma degli
articoli 1 della L.R. Abruzzo n. 16 del 2008, 43 della I.,.R. Abruzzo n. 6
del 2005 e 1 della L.R. Abruzzo n. 118 del 1998 fino all’abrogazione
sopravvenuta per effetto della L.R. Abruzzo n. 24 del 2011, con
condanna della Regione a corrispondere le differenze retributive
maggiorate degli interessi legali a decorrere dalle rispettive date di
entrata in vigore delle citate leggi regionali. Il Tribunale, ricostruito il
quadro normativo di riferimento e precisato che il meccanismo
perequativo di cui alla L.R. n. 118 del 1999, come modificata dalla L.R.
n. 6 del 2005, era stato esteso, per effetto della L.R. n. 16 del 2008, a
tutti i dipendenti regionali aventi medesimo inquadramento in ruolo e
qualifica in qualunque modo vi avessero avuto accesso, riteneva
riferibile l’operatività del predetto meccanismo perequativo non già
Ric. 2014 n. 01409 sez. ML – ud. 15-12-2015
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depositata il 21/2/2012;

all’epoca dell’immissione in ruolo del dipendente interessato
all’equiparazione, quanto piuttosto al momento dell’accesso nei ruoli
regionali del dipendente proveniente dall’esterno che godeva di una più
elevata retribuzione di anzianità in relazione alla quale doveva attuarsi la
perequazione. 1,a. Corte di appello di L’Aquila, con ordinanza depositata

proc. civ., dichiarava l’appello inammissibile ritenendo che lo stesso non
potesse avere una ragionevole probabilità di essere accolto.
Per cassazione della sentenza del Tribunale di Pescara la Regione
Abruzzo ricorre in cassazione sulla base di tre censure.
La parte intimata resiste con controricorso illustrato da memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Preliminarmente, si dà atto che il Collegio ha autorizzato la
redazione della motivazione in forma semplificata.
2. Deve essere esaminata prima di tutto l’eccezione di tardività del
ricorso per cassazione formulata dalla parte controricorrente in
memoria. Si sostiene che il ricorso per cassazione sarebbe tardivo
perché il termine di 60 giorni nel caso specifico deve essere calcolato
con decorrenza non dalla notifica del provvedimento impugnato (nel
qual caso sarebbe in termini), bensì dalla comunicazione a mezzo p.e.c.
all’Avvocatura dello Stato.
L’eccezione non è fondata (si vedano, in termini, Cass. 6 ottobre
2015, n. 19949; Cass. 11 settembre 2015, n. 18024).
È necessario precisare che la Corte d’appello dell’Aquila si è
pronunciata con ordinanza ai sensi dell’art. 348 bis cod. proc. civ.,
dichiarando l’appello inammissibile perché non aveva ragionevole
probabilità di essere accolto. Il ricorso per cassazione è stato quindi
proposto contro il provvedimento di primo grado ai sensi dell’art. 348
ter, terzo comma, cod. proc. civ.. La seconda parte di tale comma
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in data 4/7/2013, resa ai sensi degli artt. 436 bis, 348 bis e 348 ter cod.

disciplina la decorrenza del termine per proporre ricorso per cassazione,
disponendo: “In tal caso, il termine per il ricorso per cassazione avverso
il provvedimento di primo grado decorre dalla comunicazione o
notificazione, se anteriore, dell’ordinanza che dichiara l’inammissibilità.
Si applica l’art. 327 in quanto compatibile”. Quindi, il provvedimento

per ricorrere per cassazione decorre dalla comunicazione o notificazione
(se anteriore) della ordinanza di inammissibilità emessa dal giudice di
appello.
La parte che solleva l’eccezione sostiene che nel caso in esame la
comunicazione dell’ordinanza sarebbe stata anteriore alla notificazione e
sarebbe avvenuta il giorno 11 luglio 2013 a mezzo posta elettronica
certificata. Poiché il ricorso per cassazione è stato rimesso per la notifica
all’ufficiale giudiziario in data 30 dicembre 2013, esso risulterebbe
tardivo e quindi inammissibile. Per dimostrare il proprio assunto
richiama i documenti nn. 1 e 2 del fascicolo depositato in Cassazione.
Tali documenti (in realtà numerati come 2 e 3, risultando dall’indice al n.
1 il ricorso per cassazione) sono un “biglietto di cancelleria” della Corte
di appello “notificato alla p.e.c. / in cancelleria” in data 11 luglio 2013,
in cui si comunica il deposito di un provvedimento relativo all’appello di
cui si dice “dichiarato inammissibile”, indicando il numero di ruolo, il
giudice, le parti, l’indicazione del destinatario Avvocatura Distrettuale
dello Stato di L’Aquila – e l’esito – avvenuta consegna – (n. 2) e la
comunicazione p.e.c. all’avv. Marco Bologna (n. 3).
Pertanto, viene solo provato che con comunicazione via p.e.c. del
giorno 11 luglio 2013 fu comunicato all’Avvocatura un provvedimento
dì inammissibilità, senza specificare né il tipo di provvedimento
(ordinanza o sentenza), né tanto meno che si trattasse di ordinanza ex
art. 348 bis, cod. proc. civ..
Ric. 2014 n. 01409 sez. ML – ud. 15-12-2015
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oggetto dell’impugnazione è la sentenza di primo grado, ma il termine

Tale comunicazione non è idonea a far decorrere il termine per il
ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 348 ter, terzo comma, cod. proc.
civ..
Come si è visto, questo termine decorre “dalla comunicazione o
notificazione, se anteriore, della ordinanza, che dichiara

Dalla lettura degli artt. 348 bis e ter cod. proc. civ. si deduce che la
comunicazione deve, quanto meno, precisare che trattasi di ordinanza di
inammissibilità ex art. 348 bis. Quindi ordinanza (e non sentenza) e di
inammissibilità dell’appello per mancanza di ragionevole probabilità di
accoglimento (non di inammissibilità per altre ragioni, di cui alla prima
parte dell’art. 348 bis cod. proc. civ.).
L’indispensabilità di questa precisazione nella comunicazione della
cancelleria deriva, oltre che dall’interpretazione letterale, anche da
ragioni di carattere teleologico e sistematico. Infatti, se la disciplina della
decorrenza del termine per ricorrere in Cassazione è speciale nel caso in
cui il giudice di appello abbia emesso una ordinanza di inammissibilità ex
art. 348 bis cod. proc. civ., la parte che riceve la comunicazione deve,
quanto meno, essere messa in grado di sapere che è stato emesso un
provvedimento di quel tipo, implicante un regime speciale di
impugnazione.
Nel caso in esame, non è stato comunicato il testo dell’ordinanza e
non si è neanche precisato che si trattava di un’ordinanza ex art. 348 bis
cod. proc. civ..
La parte destinataria della comunicazione non è stata quindi messa
in grado di comprendere che il provvedimento era del tipo previsto
dall’art. 348 bis, cod. proc. civ., e che aveva, di conseguenza, l’onere di
impugnarlo con le modalità e con la decorrenza termini previste dal
terzo comma dell’art. 348 ter cod. proc. civ.. Anche nell’ordinanza di
kic. 2014 n. 01409 sez. ML – ud. 15-12-2015
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l’inammissibilità”.

questa Corte in cui si sostiene che, pur a seguito della modifica del
secondo comma dell’art. 133, cod. proc. civ. (introdotta dall’art. 45,
primo comma, lett. b, del di. 90/2014, convertito con modificazioni in
1. 114/2014), per la decorrenza del termine d’impugnazione previsto
dall’art. 348 ter, cod. proc. civ. è irrilevante che la comunicazione

precisare che la comunicazione deve permettere di comprendere la
natura del provvedimento (Cass., terza sezione, 5 novembre 2014, n.
23526, paragrafo IV.4, ultimo capoverso, nonché paragrafo 111.2, in cui
si precisa che il termine “non decorrerebbe, in estensione delle
conclusioni già raggiunte per fattispecie analoghe, ove in concreto fosse
del tutto impossibile ricavare dalla comunicazione trattarsi di ordinanza
resa ai sensi dell’art. 348 bis cod. proc. civ. ed in quanto tale, idonea a far
decorrere il termine ordinario suddetto avverso il provvedimento di
primo grado”).
Pertanto, nel caso in esame il termine per proporre ricorso per
cassazione non può essere computato con decorrenza dalla
comunicazione della cancelleria e di conseguenza il ricorso non è
tardivo.
3. Con i motivi di ricorso la Regione deduce la violazione o falsa
applicazione degli artt. 1, comma 3, 2, comma 3 e 24 del digs. n.
165/2001, dell’art. 1 della L.R. Abruzzo n. 118 del 1998, dell’art. 43 della
L.R. Abruzzo n. 6 del 2005, per come modificato dalla L.R. Abruzzo n.
16 del 2008, art. 1, comma 2, alla luce degli artt. 36 e 117 della
Costituzione anche nel relativo combinato disposto e rileva che
l’impianto della normativa regionale, su cui si fonda l’impugnata
sentenza, risulta adottato in violazione della riserva di competenza alla
contrattazione collettiva del profilo retributivo del personale dipendente
della Regione Abruzzo, oltre che in violazione dei criteri di riparto fra
Ric. 2014 n. 01409 sez. ML ucl. 15-12-2015
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contenga il testo integrale del provvedimento, si ha tuttavia cura di

legislatore statale e regionale nonché del parametro regolatore di cui
all’art. 36 Cost.. Chiede pertanto che sia disapplicata la predetta
normativa regionale o, in subordine, che sia sollevata la questione di
legittimità costituzionale delle citate nonne previa valutazione della non
manifesta infondatezza della questione.

L.R. Abruzzo n. 118 del 1998 come modificato dall’art. 43 della Legge
regionale Abruzzo n. 6 del 2005 e dall’art. 1, comma 2, Legge regionale
Abruzzo n. 16 del 2008, criticando la sentenza impugnata per aver
legittimato, con la sua interpretazione, un allineamento dinamico verso
l’alto della voce retributiva. Rileva che la Corte del merito ha
erroneamente ritenuto che il legislatore regionale abbia inteso adottare
un meccanismo di adeguamento automatico e progressivo (in termini di
riqualificazione della RIA al momento dell’inquadramento di altro
dipendente regionale che godeva di un trattamento retributivo di
importo più consistente) laddove la nonna era solo destinata ad operare
al momento dell’inquadramento del dipendente interessato alla RIA nei
ruoli regionali, fissando un precetto ad applicazione istantanea.
Con la terza critica, la Regione Abruzzo, asserendo violazione dalla
L.R. Abruzzo n. 16 del 2008, art. 1, comma 2, rileva che la Corte del
merito non ha tenuto conto che nell’amministrazione regionale sono
confluiti lavoratori provenienti da soggetti diversi dalle amministrazioni
in senso proprio quali i consorzi di bonifica la retribuzione dei cui
dipendenti non può essere considerata quale parametro per la
determinazione del RIA essendo detti consorzi estranei alle pubbliche
amministrazioni di cui al d.lgs. n. 165 del 2001, art. 2, comma 2.
4. Questa Corte nel decidere controversie identiche alla presente ha
rilevato che “la Corte costituzionale con sentenza n. 211 del 2014
investita dal Tribunale di Teramo della questione di legittimità
Ric. 2014 n. 01409 sez. ML – ud. 15-12-2015
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Denuncia, inoltre, violazione o falsa applicazione dell’art. 1 della

costituzionale dell’art. 43 della L.R. Abruzzo 8 febbraio 2005 n. 6
(Disposizioni finanziarie per la redazione del bilancio annuale 2005 e
pluriennale 2005-2007 della Legge Regione Abruzzo – Legge finanziaria
regionale 2005), come sostituito dall’art. 1, comma 2, della L.R. Abruzzo
21 novembre 2008, n. 16 (Provvedimenti urgenti ed indifferibili) in

disciplina del trattamento economico dei dipendenti regionali
rientrerebbe nella materia dell’ordinamento civile che appartiene alla
potestà legislativa esclusiva dello Stato, ha dichiarato l’illegittimità
costituzionale dell’art. 43 della predetta L.R. Abruzzo 8 febbraio 2005 n.
6 come sostituito dall’ art. 1, comma 2, della L.R. Abruzzo 21 novembre
2008 n. 16 nella parte in cui introduce il comma 2 bis nell’art. 1 della
L.R. Abruzzo 13 ottobre 1998 n. 118 (Riconoscimento agli effetti
economici della anzianità di servizio prestato presso lo Stato, Enti
Pubblici, Enti Locali e Regioni, nei confronti del personale inquadrato
nel ruolo regionale a seguito di pubblici concorsi ed estensione dei
benefici previsti dalla L. n. 144 del 1989 al personale ex L. n. 285 del
1977). Tanto perché l’art. 43 della citata L.R. n. 6 del 2005, nel
disciplinare la retribuzione individuale di anzianità dei dipendenti
regionali, allineandone l’ammontare a quello percepito dai dipendenti
che, provenendo da altre amministrazioni, sono transitati nei ruoli
regionali, incide sul trattamento economico dei dipendenti regionali
prevedendone un incremento allorché ricorrano le condizioni previste e,
quindi eccede dall’ambito di competenza riservato al legislatore
regionale invadendo la materia dell’ordinamento civile, riservata alla
potestà legislativa esclusiva dello Stato” (cfr. Cass. 2 dicembre 2014, n.
25492; Cass. 10 dicembre 2014, n. 26045; Cass. 15 dicembre 2014, n.
26320).
Né si pongono questioni di giudicato preclusivo dell’applicazione
Ric. 2014 n. 01409 sez. ML – ud. 15-12-2015
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riferimento all’art. 117 Cost., comma 2, lett. 1), dal momento che la

della sopravvenuta pronuncia di incostituzionalità della norma, posto
che il giudicato interno si forma solo su capi autonomi della sentenza
che risolvano questioni aventi una propria individualità e autonomia e
siano tali da integrare una decisione del tutto indipendente (cfr. Cass. n.
6304 del 2014) e la suddetta autonomia manca sia nelle mere

presupposti necessari di fatto concorrenti, unitamente ad altri, a formare
un capo unico della decisione (cfr. Cass. nn. 4732/2012, 19345/2011,
22409/2008).
La circostanza che con l’appello siano stati contestati solo i criteri di
quantificazione della r.i.a. e non anche il diritto stesso alla sua
riliquidazione, allora, non determina il passaggio in giudicato o
l’acquiescenza al diritto alla riliquidazione. Questo, infatti, intanto esiste
in quanto concretamente si applicano i criteri di quantificazione
individuati dalla disciplina dichiarata incostituzionale e l’appello ha
determinato una situazione di fluidità inibendo il formarsi del giudicato.
In conclusione, il diritto alla riliquidazione della r.i.a. (bene della vita
azionato in giudizio) si realizza mediante quei criteri di quantificazione,
oggetto di censura in appello, contenuti nella disciplina regionale
dichiarata incostituzionale, e viene meno a seguito della dichiarazione di
incostituzionalità, senza che si possa ritenere formato un giudicato sul
punto.
Da quanto esposto consegue che, stante la declaratoria
d’incostituzionalità della L.R. Abruzzo n. 6 del 2005, art. 43 come
sostituito dalla L.R. Abruzzo n. 16 del 2008, art. 1, comma 2, nella parte
in cui introduce il comma 2 bis nella L.R. Abruzzo 13 ottobre 1998, n.
118, art. 1, su cui si fonda la domanda del dipendente, il ricorso per
cassazione va accolto, la sentenza impugnata va cassata e, non essendo
necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel
Ric. 2014 n. 01409 sez. ML – ud. 15-12-2015
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argomentazioni, sia allorché si verta in tema di valutazione di

merito, ai sensi dell’art. 384, comma 2, cod. proc. cv ., con il rigetto della
originaria domanda.
5. Il recente intervento della Corte costituzionale e l’orientamento
espresso dai giudici di merito inducono questa Corte a ritenere
sussistenti le ragioni di cui all’art. 92, comma 2, cod. proc. civ. per

P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e,
decidendo nel merito, rigetta l’azionata domanda. Compensa tra le parti
le spese dell’intero processo.
Così deciso in Roma,

a Camera di consiglio, il 15 dicembre 2015.

compensare tra le parti le spese dell’intero processo.

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