Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4813 del 24/02/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 24/02/2017, (ud. 26/10/2016, dep.24/02/2017),  n. 4813

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAMMONE Giovanni – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – rel. Consigliere –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 17844/2011 proposto da:

INTESA SANPAOLO S.P.A., C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA

PIAZZALE CLODIO 32, presso lo studio dell’avvocato LIDIA SGOTTO

CIABATTINI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

PAOLO TOSI, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

B.E., C.T., CA.AD., D.M.,

G.S., GR.FR., N.G., T.L.,

TR.MA., Z.L.;

– intimati –

e contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE C.F. (OMISSIS), in

persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso

l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli

Avvocati TRIOLO VINCENZO, ANTONIETTA CORETTI, EMANUELE DE ROSE,

VINCENZO STUMPO, giusta delega in calce alla copia notificata del

ricorso;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 608/2009 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 16/08/2010 R.G.N. 168/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

26/10/2016 dal Consigliere Dott. UMBERTO BERRINO;

udito l’Avvocato SGOTTO CIABATTINI LDIA per delega avvocato TOSI

PAOLO;

udito l’Avvocato STUMPO VINCENZO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MASTROBERARDINO Paola, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il giudice del lavoro del Tribunale di Venezia accertò il diritto di B.E., C.T., Co.Ad., D.M., G.S., Gr.Fr., N.G., T.L., Tr.Ma. e Z.L., ex dipendenti della Banca Intesa s.p.a. e titolari di assegno straordinario di sostegno del reddito, al ricalcolo di tale emolumento in modo da tenersi conto del raggiungimento dei requisiti minimi, sia contributivi (1820 settimane) che anagrafici (57 anni), per la maturazione del diritto alla pensione e, per l’effetto, condannò la predetta società bancaria a fornire la provvista all’Inps, nonchè lo stesso istituto previdenziale al pagamento delle relative differenze economiche e degli interessi legali dalla domanda amministrativa al mese di febbraio del 2005.

Con sentenza del 27.10.2009 – 16.8.2010, la Corte d’appello di Venezia, accogliendo l’impugnazione dell’Inps avverso la predetta decisione, ha dichiarato che la società Intesa San Paolo, quale incorporante della Banca Intesa s.p.a., era tenuta al pagamento degli interessi legali come riconosciuti nella sentenza di primo grado, mentre ha respinto l’appello della società bancaria.

Nel respingere il gravame di quest’ultima, incentrato sul rilievo dell’asserita erroneità dell’operazione dell’Inps di aggiungere le settimane mancanti al raggiungimento del 57 anno di età nei casi in cui lo stesso era successivo alla maturazione del requisito contributivo minimo delle 1820 settimane, la Corte territoriale ha spiegato quanto segue: – Il verbale di accordo del 12.2.2005, recepito con delibera del Comitato Amministratore del Fondo di solidarietà, in base al quale la maggiorazione dell’anzianità contributiva mancante per il diritto alla pensione di vecchiaia/anzianità doveva essere individuata nella misura corrispondente al numero delle settimane di contribuzione che mancavano sino al momento della maturazione, da parte del lavoratore, dei requisiti per il diritto alla pensione di vecchiaia e/o anzianità, aveva valore di interpretazione autentica dell’Accordo nazionale del 28.2.1998, che aveva previsto l’assegno straordinario di sostegno istituito col D.M. 28 aprile 2000, n. 158, per cui ne conseguiva l’efficacia retroattiva dello stesso accordo del 2005. Inoltre, era irrilevante la circostanza che l’Accordo non prevedeva la corresponsione di interessi, essendosi in presenza di un ingiustificato ritardo di pagamento del dovuto, sia da parte della Banca Intesa che dell’Inps.

Invece, in accoglimento dell’appello dell’istituto di previdenza, la Corte ha rilevato che la condanna al pagamento degli interessi legali doveva ritenersi posta a carico esclusivo della società bancaria Intesa San Paolo, il cui procuratore aveva espressamente dichiarato di non contestare il fatto che gli stessi accessori di legge erano dovuti dalla propria assistita.

Per la cassazione della sentenza ricorre l’Intesa SanPaolo s.p.a con due motivi.

Per l’Inps c’è delega al difensore in calce al ricorso.

Gli ex dipendenti bancari di cui in premessa rimangono solo intimati.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo la società bancaria si duole della violazione e/o falsa applicazione degli artt. 12 disp. gen., artt. 1362 e 1363 c.c., in relazione al D.M. n. 158 del 2000, art. 10, commi 9, 10 e 11, e agli artt. 2 e 3 del verbale di accordo del 12.2.2005. Inoltre, la ricorrente deduce il vizio di motivazione di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5.

In particolare si censura l’impugnata sentenza laddove la Corte d’appello ha affermato che sussisteva il diritto dei lavoratori alla rideterminazione dell’assegno straordinario di sostegno al reddito per il periodo 1.4.2004 – 28.2.2005 in ragione della ritenuta efficacia retroattiva dell’Accordo del 12.2.2005, qualificato dalla stessa Corte in termini di norma di interpretazione autentica del contenuto dell’accordo precedentemente raggiunto dalle parti sociali.

Invece, secondo l’odierna ricorrente, le parti sociali avevano voluto riferirsi – per il periodo antecedente al mese di marzo del 2005 – solo alla contribuzione mancante per il raggiungimento del requisito contributivo (non anagrafico) minimo per l’accesso alla pensione di anzianità (1820 settimane), precisando, nel contempo, che gli effetti decorrevano dalla data di stipula del verbale di accordo così raggiunto. Ciò in quanto l’assegno straordinario rappresentava una misura di sostegno al reddito e non già l’espressione di un preteso anticipo della futura pensione. Infatti, tale misura straordinaria non era a carico dell’A.G.O., per cui il relativo importo non avrebbe potuto essere mai determinato in misura pari alla pensione che il lavoratore avrebbe percepito una volta raggiunto il diritto alla pensione di anzianità nel caso che questa fosse maturata prima della pensione di vecchiaia. In definitiva, le intese delle parti sociali, così come risultanti dall’ultimo accordo, erano nel senso che la maggiorazione dell’assegno straordinario riguardava i trattamenti in essere al mese di marzo del 2005 o liquidati successivamente.

Il motivo è fondato.

Invero, l’art. 2 del citato Accordo del 12.2.2005 prevede quanto segue: “L’importo netto del trattamento pensionistico spettante nell’ambito dell’assicurazione generale obbligatoria si determina individuando la maggiorazione dell’anzianità contributiva mancante per il diritto alla pensione di vecchiaia/anzianità, nella misura corrispondente al numero delle settimane di contribuzione che mancano sino al momento della maturazione, da parte del lavoratore, dei requisiti per il diritto alla pensione di vecchiaia e/o anzianità”.

Il successivo art. 3 dello stesso Accordo stabilisce espressamente che “Gli effetti di quanto previsto all’art. 2 si applicano ai trattamenti per assegni straordinari di sostegno del reddito in atto alla predetta data o liquidati successivamente e decorrono dalla data della stipula del presente verbale di accordo”.

Orbene, il chiaro tenore letterale di quest’ultima norma dell’Accordo del 12.2.2005 (concernente il Fondo di solidarietà del personale del credito), invocato dalla ricorrente, non lascia alcuna ombra di dubbio sul fatto che gli effetti di cui alla precedente disposizione dell’art. 2 dello stesso accordo, che qui rilevano ai fini del trattamento per l’assegno straordinario di sostegno del reddito, vengono fatti decorrere espressamente dalle parti sociali dalla data di stipula dell’accordo. Non può, quindi, condividersi il ragionamento seguito della Corte di merito nel tentativo di ravvisare una natura di interpretazione autentica dell’accordo in esame al fine di farne discendere un’efficacia retroattiva che rimane, invece, esclusa dal chiaro tenore letterale dell’art. 3 dell’accordo in esame.

2. Col secondo motivo si deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 429 c.p.c., comma 3, artt. 1362 e 1363 c.c., in relazione agli artt. 2 e 3 del verbale di accordo 12.2.2005 e all’art. 5 della circolare inps n. 55 dell’8.3.2001.

Si contesta, in particolare, la condanna al pagamento degli interessi legali sulle somme erogate a titolo di assegno straordinario, assumendosi che questi non erano previsti dall’Accordo sopra richiamato del 12.2.2005 e che erano addirittura esclusi dalla Circolare n. 55 dell’8.3.2001 dell’Inps.

Il motivo è infondato per le seguenti ragioni: – Occorre, anzitutto, tener conto della circostanza che in base alla inequivocabile disposizione di cui all’art. 3 dell’Accordo del 12.2.2005 gli effetti di quanto previsto all’art. 2 riguardanti i trattamenti per assegni straordinari di sostegno del reddito in atto o liquidati successivamente decorrevano dalla data della stipula dello stesso verbale di accordo, come in precedenza evidenziato, per cui gli interessi legali non potevano che maturare con riferimento al sorgere dei crediti connessi alle differenze economiche scaturenti dal nuovo metodo di calcolo dell’assegno straordinario di sostegno del reddito a decorrere dalla data di stipula dell’accordo in esame. Vale, in tal caso, il principio della naturale fecondità del denaro di cui all’art. 1282 c.c., comma 1, per i crediti liquidi ed esigibili, salvo che la legge o il titolo non prevedano diversamente. In effetti, nulla prevedendo a tal riguardo il predetto accordo non vi è ragione di deroga al suddetto principio.

D’altra parte resta il fatto che nella sentenza impugnata si fa riferimento alla circostanza che il procuratore di Intesa Sanpaolo dichiarò espressamente di non contestare che gli interessi legali di cui alla sentenza di primo grado erano a carico della sua assistita, che non ne aveva mai rifiutato il pagamento, circostanza, questa richiamata anche dall’odierna ricorrente, per cui non si vede quale rilevanza possa avere il richiamo operato da quest’ultima alla circolare dell’Inps che escludeva il pagamento degli interessi sull’assegno straordinario di sostegno del reddito.

Pertanto, il ricorso va accolto nei limiti di cui in motivazione e l’impugnata sentenza va cassata, con conseguente rinvio del procedimento, anche per la definizione delle spese di legittimità, alla Corte d’appello di Trieste che calcolerà gli interessi legali spettanti a decorrere dall’epoca successiva alla stipula del citato Accordo del 12.2.2005.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese, alla Corte d’appello di Trieste.

Così deciso in Roma, il 26 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 24 febbraio 2017

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