Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4810 del 28/02/2011

Cassazione civile sez. trib., 28/02/2011, (ud. 01/02/2011, dep. 28/02/2011), n.4810

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –

Dott. DIDOMENICO Vincenzo – Consigliere –

Dott. POLICHETTI Renato – rel. Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 29960-2006 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12 presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

contro

C.P., R.J.C., elettivamente domiciliati

in ROMA VIA NOMENTANA 76 presso lo studio dell’avvocato SELVAGGI

CARLO, che li rappresenta e difende giusta delega a margine;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 97/2005 della COMM.TRIB.REG. di MILANO,

depositata il 02/09/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

01/02/2011 dal Consigliere Dott. POLICHETTI Renato;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

APICE Umberto, che ha concluso per l’accoglimento del 1^ motivo, il

rigetto del 2^.

Fatto

MOTIVI

La CTR della Lombardia ha accolto l’appello degli eredi di R. E. nei confronti dell’Agenzia delle Entrate di Milano annullando l’avviso di liquidazione nella parte che non aveva tenuto conto delle passività. Ha motivato la decisione ritenendo che l’Ufficio non aveva chiesto la documentazione delle passività esposte nella denuncia di successione e che comunque queste erano state documentate.

Ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi l’Agenzia delle Entrate, si sono costituiti con controricorso i contribuenti.

Con il primo motivo di ricorso, formulando idoneo quesito, la ricorrente afferma che l’invito alla produzione di un documento di cui al D.Lgs. n. 346 del 1990, art. 32 costituisce una facoltà, non un obbligo. La censura è fondata in quanto l’obbligo a esibire la documentazione discende direttamente dall’art. 29 del predetto D.Lgs. e l’invito è previsto nell’interesse dell’Amministrazione per fissare un termine perentorio per la produzione della documentazione.

Con il secondo motivo di ricorso si afferma, formulando quesito di diritto, che il termine previsto dal D.Lgs., art. 23, comma 4 sia perentorio.

Il motivo è infondato. Il predetto termine è previsto per l’esposizione delle passività e non per la loro documentazione, che può avvenire anche in corso di causa, come a come affermato da questa Corte con sentenza 11216 del 2007: In tema di imposta sulle successioni, il termine di tre anni, concesso dal D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, art. 23, per dedurre e dimostrare l’esistenza di passività non indicate nella dichiarazione, ha carattere perentorio, in quanto costituisce un limite inderogabile al potere di deduzione e dimostrazione delle passività, con la conseguenza che non può acquisire alcuna rilevanza ai fini del decidere la documentazione idonea a comprovare l’esistenza delle passività dichiarate prodotta dinanzi al giudice d’appello oltre il detto termine. Nello stesso senso 26448/08.

Si deve concludere che. restando valida la seconda ratio decidendi per avere la CTR accertato che i contribuenti avevano documentato le passività, il ricorso va rigettato.

Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese liquidate in Euro 1.500, oltre Euro 100 di spese vive ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 1 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 28 febbraio 2011

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