Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4809 del 28/02/2014


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 4809 Anno 2014
Presidente: VITRONE UGO
Relatore: LAMORGESE ANTONIO PIETRO

SENTENZA

sul ricorso 14493-2008 proposto da:
A.T.I. tra CMC – COOPERATIVA MURATORI E CEMENTISTI
S.C.A.R.L. E CO.FOR S.R.L., in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente

Data pubblicazione: 28/02/2014

domiciliata in ROMA, PIAZZALE DON MINZONI 9, presso
l’avvocato MARTUCCELLI CARLO, che la rappresenta e
2013
1937

difende unitamente all’avvocato MIGLIAROTTI LUIGI,
giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente contro

1

CONSORZIO DI BONIFICA DELLA PIANA DI ROSARNO, in
– persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G. ANTONELLI
45, presso l’avvocato MAllONE MATTEO, che lo
rappresenta e difende, giusta procura a margine del

– controricorrente-

avverso la sentenza n. 5161/2007 della CORTE
D’APPELLO di ROMA, depositata il 10/12/2007;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 05/12/2013 dal Consigliere
Dott. ANTONIO PIETRO LAMORGESE;
udito, per la ricorrente, l’Avvocato MARTUCCELLI
che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito, per il controricorrente, l’Avvocato MAllONE
che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. LUIGI SALVATO che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

controricorso;

2

Svolgimento del processo
La Corte di appello di Roma, con sentenza 10 dicembre
2007, in accoglimento dell’impugnazione del Consorzio di
Bonifica della Piana di Rosarno, ha dichiarato la nullità
dei lodi arbitrali, non definitivo in data 15 marzo 2002

e definitivo in data 24 ottobre 2003, emessi nella
controversia avente ad oggetto l’esecuzione di un
contratto di appalto (stipulato il 24 marzo 1999) con
l’ATI Cooperativa Muratori e Cementisti e con la mandante
società Cofor, per carenza della potestas ludicandi degli
arbitri, essendo la controversia di competenza del
giudice ordinario.
Avverso questa sentenza l’ATI e la Cofor ricorrono per
cassazione sulla base di sette motivi, cui resiste il
Consorzio di Bonifica della Piana di Rosarno. Entrambe le
parti hanno presentato memorie.
Motivi della decisione
Le ricorrenti deducono infondatamente la violazione degli
artt. 808 e 829 n. l c.p.c. (nel testo previgente alla
legge n. 40 del 2006), 1362, comma 1, 1363 e 1367 c.c.,
32 della legge n. 109 del 1994 e 47 del d.P.R. n. 1063
del 1962, nonché vizi di motivazione della sentenza
impugnata per i seguenti motivi.
l) Nel primo motivo si sostiene che il tenore letterale
della clausola contrattuale doveva essere ricostruita
considerando che essa richiamava l’applicabilità non solo
3

del primo comma, ma dell’intero art. 32 della legge n.
109 del 1994, come modificato dalla legge n. 415 del
1998, che disciplinava il cosiddetto arbitrato
“amministrato” da svolgersi presso la Camera arbitrale
per i Lavori Pubblici, con la conseguenza che si trattava

di una valida clausola compromissoria che deferiva la
competenza agli arbitri.
In tema di interpretazione di una clausola arbitrale,
l’accertamento della volontà degli stipulanti in
relazione al contenuto del negozio si traduce in
un’indagine di fatto affidata in via esclusiva al giudice
di merito. Ne consegue che detto accertamento è
censurabile in sede di legittimità solo nel caso in cui
la motivazione sia così inadeguata da non consentire la
ricostruzione dell’iter logico seguito da quel giudice
per giungere ad attribuire all’atto negoziale un
determinato contenuto oppure nel caso di violazione di
norme ermeneutiche (Cass. n. 4919/2011, n. 5549/2004).
Non è questo il caso.
La sentenza impugnata ha offerto della clausola
controversa (artt. 14 del contratto e 49 del capitolato
speciale) una interpretazione logica e adeguata, nel
senso di escludere che essa contenesse una chiara,
precisa e circostanziata volontà delle parti di devolvere
la controversia agli arbitri, limitandosi a prevedere
l’applicazione dell’art. 32 della legge n. 109 del 1994
4

(come sostituito dall’art. 10 della legge n. 415 del
1998) che riconosce alle parti soltanto una facoltà di
legge, cioè la possibilità di deferire agli arbitri le
controversie derivanti dall’esecuzione del contratto di
appalto. La circostanza che il medesimo art. 32

prevedesse – “Qualora sussista la competenza arbitrale” anche regole procedimentali relative al funzionamento
della camera arbitrale per i lavori pubblici, non inficia
la suddetta valutazione, la quale è in linea con il
principio che, in caso di dubbio sulla interpretazione
della portata della clausola compromissoria, deve
preferirsi

un’interpretazione

affermativa

della

giurisdizione statuale (Cass. n. 22841/2007, n.
8575/2005), principio questo non scalfito dall’affermata
compatibilità dell’istituto dell’arbitrato con il
monopolio della giustizia statale, pur sempre nei limiti
in cui esso non sia obbligatorio (Cass., sez. un., n.
24153/2013).
2) Nel secondo motivo si addebita alla sentenza impugnata
di avere trascurato che la clausola contrattuale in
questione era stata approvata specificamente per
iscritto, a norma dell’art. 1341 c.c., da cui si doveva
desumere la portata precettiva del rinvio all’art. 32
citato e, quindi, la consistenza di clausola
compromissoria della stessa.

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In tal modo si imputa ai giudici di merito la mancata
considerazione di un fatto (la specifica sottoscrizione)
privo di decisività ai fini della interpretazione della
clausola controversa, cui il motivo si limita a
contrapporre una interpretazione in senso difforme.

3) Analoga conclusione vale per il terzo e il quarto
motivo, con cui si deduce l’omessa ricostruzione della
comune volontà delle parti risultante dal contesto
negoziale, dal tenore letterale della clausola e dal loro
comportamento

anche

nella

fase

delle

trattative

precontrattuali.
La corte territoriale ha fatto applicazione del brocardo

in claris non fit interpretati°,

che corrisponde ad una

regola che esiste anche in common law (la parol evidence

rule)

e che vieta al giudice di ricorrere ad ulteriori

strumenti ermeneutici quando, all’esito di un
procedimento interpretativo inteso come esegesi della
volontà espressa dalle parti, ritenga che dai termini
usati dalle parti emerga con chiarezza e univocità la
loro comune intenzione (v. Cass. n. 11392/1995). E’
questa una valutazione che, essendo adeguatamente
motivata, è incensurabile in sede di legittimità.
4) La corte ha aggiunto che nel richiamo (contenuto
nell’art. 3 del contratto) al Capitolato generale di
appalto, approvato con d.P.R. n. 1063 del 1962, fosse
compreso quello all’art. 47 del medesimo d.P.R., nel
6

testo

risultante

dalla

sentenza

della

Corte

costituzionale n. 152 del 1996 che ne aveva ripristinato
la formulazione originaria (antecedente all’art. 16 della
legge n. 741 del 1981), con l’effetto di riconoscere la
facoltà (nella specie validamente esercitata dal

Consorzio) di declinare la competenza arbitrale in favore
del giudice ordinario.
In tale valutazione, cui si riferiscono il quinto e sesto
motivo, le ricorrenti vedono una contraddizione nel fatto
che la sentenza impugnata, pure ammettendo (in astratto)
l’esistenza di una volontà compromissoria

ex

art. 32

della legge n. 109 del 1994, avrebbe ritenuto che le
parti avrebbero potuto esercitare (e avevano esercitato
in concreto) la facoltà di declinare la competenza
arbitrale, a norma dell’art. 47 del d.P.R. n. 1063 del
1962, senza valutare che il richiamo al citato d.P.R.
valeva a condizione che le norme in esso contenute non
fossero derogate, modificate o integrate dalle clausole
del contratto e del capitolato speciale di appalto, come
era avvenuto nella specie proprio in virtù
dell’applicazione del richiamato art. 32 della legge n.
109 del 1994.
La lamentata contraddittorietà, tuttavia, non sussiste.
Come rilevato nel controricorso, la corte territoriale ha
semplicemente inteso affermare che, anche ipotizzando
l’operatività dell’arbitrato obbligatorio previsto dagli
7

artt. 43 ss. del d.P.R. del 1962, si sarebbe giunti alla
medesima conclusione dell’insussistenza della competenza
arbitrale per intervenuto esercizio della facoltà di
declinatoria.
5) Ne consegue l’infondatezza del settimo motivo con cui

si imputa ai giudici del merito di non avere considerato
che l’ultimo comma del richiamato art. 32 della legge n.
109 del 1994 aveva previsto la cessazione di efficacia
del medesimo art. 47 del d.P.R. del 1962 dalla data di
entrata in vigore del regolamento attuativo (d.P.R. n.
554 del 1999), avvenuta il 14 maggio 2000, cioè in data
precedente alla domanda di arbitrato proposta con atto
notificato il 19 aprile 2001.
E’

sufficiente

considerare

che,

al

tempo

della

proposizione della domanda di arbitrato, la norma che lo
disciplinava era l’art. 32 della legge n. 109 del 1994,
richiamato nel contratto, e da ciò deriva la conformità a
diritto della sentenza impugnata, la quale si è limitata
a statuire che, per attribuire la controversia alla
competenza degli arbitri, sarebbero stati necessari una
clausola compromissoria o un compromesso, nella specie
non esistenti e non integrati dal mero rinvio (non
inutile, considerando la natura pubblicisitica del
Consorzio) ad una facoltà attribuita dalla legge alle
parti.

8

In conclusione il ricorso è rigettato. Le spese del
giudizio seguono la soccombenza e si liquidano in
dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna le ricorrenti alle

di cui

12000,00 per compensi.

Roma 5 dicembre 2013.

12200,00,

spese del giudizio di cassazione liquidate in

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