Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4807 del 26/02/2010

Cassazione civile sez. lav., 26/02/2010, (ud. 21/12/2009, dep. 26/02/2010), n.4807

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAVAGNANI Erminio – Presidente –

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere –

Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 25641-2008 proposto da:

S.P., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZALE DELLE

BELLE ARTI 8, presso lo studio dell’avvocato PELLICANO’ ANTONINO, che

lo rappresenta e difende, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA N. 17, presso l’AVVOCATURA

CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli Avvocati FABIANI

GIUSEPPE, TADRIS PATRIZIA, giusta delega in calce al ricorso

notificato;

– resistente –

avverso la sentenza n. 678/2007 della CORTE D’APPELLO di REGGIO

CALABRIA del 16/10/07, depositata il 30/10/2007;

udito l’Avvocato Pellicano Antonino, difensore del ricorrente che si

riporta agli scritti; è presente il P.G. in persona del Dott. CARLO

DESTRO che nulla osserva rispetto alla relazione scritta.

 

Fatto

MOTIVI

La Corte pronuncia in camera di consiglio ex art. 375 c.p.c. a seguito di relazione ex art. 380-bis.

La Corte d’appello di Reggio Calabria rigettava l’appello proposto dall’Inps nell’anno 2002, nei confronti dell’attuale parte ricorrente, contro la sentenza con cui il Tribunale di Palmi aveva accolto la domanda di quest’ultima diretta al conseguimento dell’adeguamento secondo gli indici Istat dell’indennità di disoccupazione agricola, corrisposta nella misura di L. 800 giornaliere, oltre gli accessori per il ritardo.

La Corte, premesso che il primo giudice aveva rigettato l’eccezione di intervenuto adempimento opposta dall’Inps, riteneva tardiva ed inammissibile, in applicazione dei principi al riguardo precisati dalle Sezioni unite della Cassazione con la sentenza n. 8202/2005, la produzione documentale effettuata dal medesimo istituto in appello, costituita da copia di un assegno bancario emesso a favore della parte assicurata e da un attestato di un dirigente dell’istituto circa le causali del relativo importo.

Riteneva inammissibile anche la prova testimoniale riproposta in appello riguardo all’effettuazione del pagamento, già dichiarata inammissibile in primo grado in relazione della tardiva costituzione in giudizio dell’Inps.

Quanto alle spese del grado di appello, la Corte le compensava “ricorrendone ragioni di equità anche in considerazione dei motivi della decisione”.

La parte appellata ricorre per cassazione. L’Inps ha depositato procura difensiva. La parte ricorrente ha depositato memoria.

Il ricorso è qualificabile come manifestamente infondato.

Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 92 c.p.c. così come novellato dalla L. n. 263 del 2005, art. 2 e carenza assoluta di motivazione. Si deduce che nella specie è mancata la esplicita indicazione nella motivazione della sentenza dei giusti motivi di compensazione.

Al riguardo deve rilevarsi che il testo dell’art. 92 c.p.c. novellato dalla L. n. 263 del 2005, art. 2, comma 1, lett. a), è entrato in vigore il 1 marzo 2006 e si applica ai procedimenti instaurati successivamente a tale data, ex art. 2, comma 4, della medesima legge così come modificato dal D.L. n. 273 del 2005, art. 39 quater convertito dalla L. n. 51 del 2006. Esso non è quindi applicabile nella specie.

Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. ed errata e contraddittoria motivazione.

Si sostiene che, anche con riferimento alla disciplina in materia di spese del giudizio ante riforma deve ritenersi necessaria, sulla base di una sua interpretazione costituzionalmente orientata con particolare riferimento ai principi ex artt. 24 e 111 Cost., una adeguata esplicitazione dei motivi della compensazione, mentre nel caso in esame il giudice di appello aveva fornito una motivazione meramente tautologica. E con il quesito di diritto si propone l’applicazione del principio secondo cui appunto l’impiego di formule generiche a giustificazione della disposta compensazione totale delle spese viola l’art. 92 c.p.c. ante riforma.

Il motivo risulta quindi infondato con riferimento al principio di diritto “NO che in materia è stato enunciato dalle Sezioni unite di questa Corte con la sentenza n. 20598/2008: “Nel regime anteriore a quello introdotto dalla L. 28 dicembre 2005, n. 263, art. 2, comma 1, lett. a), il provvedimento di compensazione parziale o totale delle spese per giusti motivi deve trovare un adeguato supporto motivazionale, anche se, a tal fine, non è necessaria l’adozione di motivazioni specificamente riferite a detto provvedimento purchè, tuttavia, le ragioni giustificatrici dello stesso siano chiaramente e inequivocamente desumibili dal complesso della motivazione adottata a sostegno della statuizione di merito (o di rito). Ne consegue che deve ritenersi assolto l’obbligo del giudice anche allorchè le argomentazioni svolte per la statuizione di merito (o di rito) contengano in sè considerazioni giuridiche o di fatto idonee a giustificare la regolazione delle spese adottata, come – a titolo meramente esemplificativo – nel caso in cui si da atto, nella motivazione del provvedimento, di oscillazioni giurisprudenziali sulla questione decisiva, ovvero di oggettive difficoltà di accertamenti in fatto, idonee a incidere sulla esatta conoscibilità a priori delle rispettive ragioni delle parti, o di una palese sproporzione tra l’interesse concreto realizzato dalla parte vittoriosa e il costo delle attività processuali richieste, ovvero, ancora, di un comportamento processuale ingiustificatamente restio a proposte conciliative plausibili in relazione alle concrete risultanze processuali”.

Dovendosi fare riferimento alla censura così come formalizzata nel conclusivo quesito di diritto non può valorizzare la deduzione, appena accennata nell’esposizione del motivo, secondo cui nella specie nell’intero corpo della sentenza non si rinviene neanche una motivazione implicita, nè riferimenti tali da costituire le ragioni della disposta compensazione. Si tratta comunque di affermazioni generiche e apodittiche, che appaiono trascurare l’espresso richiamo ad un’esigenza di equità e l’altrettanto espresso riferimento alla motivazione della decisione, caratterizzata dalla mancata ammissione per una decadenza processuale di prove anche documentali relative all’intervenuto pagamento delle somme oggetto della domanda.

In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.

Non deve disporsi per le spese del giudizio, ex art. 152 disp. att. c.p.c. nel testo anteriore a quello di cui al D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 42, comma 11, convertito con modificazioni dalla L. 24 novembre 2003, n. 326, non applicabile ratione temporis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 21 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 26 febbraio 2010

 

 

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