Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4804 del 24/02/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 24/02/2017, (ud. 01/02/2017, dep.24/02/2017),  n. 4804

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. BOTTA Raffaele – Consigliere –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – rel. Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 25508/2013 proposto da:

EQUITALIA SUD SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA PREMUDA 1/A, presso lo studio

dell’avvocato ROBERTO DIDDORO, rappresentato e difeso dall’avvocato

VINCENZO POLISI, giusta delega in calce;

– ricorrente –

contro

C.P.M., elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI

FAGGELLA 4/D, presso lo studio dell’avvocato BENEDETTA

PELLEGRINO-COCCHI, rappresentato e difeso dagli avvocati STEFANO

PELLEGRINO, ROBERTO PELLEGRINO, giusta delega a margine;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 105/2013 della COMM. TRIB. REG. di NAPOLI,

depositata il 22/03/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

01/02/2017 dal Consigliere Dott. LIANA MARIA TERESA ZOSO;

udito per il controricorrente l’Avvocato PELLEGRINO STEFANO che si

riporta al controricorso e chiede il rigetto;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ZENO Immacolata, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE

1. C.P.M. impugnava l’atto con cui era stata comunicata l’avvenuta iscrizione ipotecaria effettuata dalla concessionaria Equitalia Sud S.p.A. sul presupposto del mancato pagamento di cartelle esattoriali afferenti l’Iva. La commissione tributaria provinciale di Napoli accoglieva il ricorso osservando che l’immobile era stato costituito in fondo patrimoniale e che le obbligazioni di natura tributaria non potevano considerarsi debiti contratti per soddisfare i bisogni della famiglia. La sentenza era confermata dalla CTR della Campania sul rilievo che l’onere della prova in ordine al fatto che il debito era sorto per soddisfare interessi della famiglia incombeva sul contribuente e che, tuttavia, giusta il principio di non contestazione sancito dall’art. 115 c.p.c., la circostanza doveva ritenersi provata in quanto la concessionaria non aveva svolto contestazioni specifiche.

2. Avverso la sentenza della CTR propone ricorso per cassazione Equitalia Sud S.p.A., già Equitalia Marche S.p.A., affidato a due motivi. Il contribuente si è costituito in giudizio con controricorso.

3. Con il primo motivo la ricorrente deduce violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Sostiene che con l’atto di appello aveva contestato la pignorabilità dei beni sui quali era stata iscritta ipoteca e che, in ragione di ciò, sussisteva la giurisdizione del giudice ordinario.

4. Con il secondo motivo deduce violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione all’art. 170 c.c., art. 115 c.p.c. e art. 2967 c.c. e vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Sostiene che la CTR è incorsa in errore di diritto nel ritenere che il debitore fosse esonerato dall’onere della prova circa la circostanza che il debito era sorto per soddisfare interessi della famiglia per il solo fatto che la concessionaria della riscossione non aveva svolto contestazioni specifiche.

5. Osserva la Corte che il primo motivo è inammissibile, oltre che infondato. In primo luogo è inammissibile in quanto risulta formulato con riferimento all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, laddove, nel ricorso per cassazione, non è ammessa la mescolanza e la sovrapposizione di mezzi d’impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, non essendo consentita la prospettazione di una medesima questione sotto profili incompatibili, quali quello della violazione di norme di diritto, che suppone accertati gli elementi del fatto in relazione al quale si deve decidere della violazione o falsa applicazione della norma, e del vizio di motivazione, che quegli elementi di fatto intende precisamente rimettere in discussione; o quale l’omessa motivazione, che richiede l’assenza di motivazione su un punto decisivo della causa rilevabile d’ufficio, e l’insufficienza della motivazione, che richiede la puntuale e analitica indicazione della sede processuale nella quale il giudice d’appello sarebbe stato sollecitato a pronunciarsi, e la contraddittorietà della motivazione, che richiede la precisa identificazione delle affermazioni, contenute nella sentenza impugnata, che si porrebbero in contraddizione tra loro. Infatti, l’esposizione diretta e cumulativa delle questioni concernenti l’apprezzamento delle risultanze acquisite al processo e il merito della causa mira a rimettere al giudice di legittimità il compito di isolare le singole censure teoricamente proponibili, onde ricondurle ad uno dei mezzi d’impugnazione enunciati dall’art. 360 c.p.c., per poi ricercare quale o quali disposizioni sarebbero utilizzabili allo scopo, così attribuendo, inammissibilmente, al giudice di legittimità il compito di dare forma e contenuto giuridici alle lagnanze del ricorrente, al fine di decidere successivamente su di esse (cfr. Cass. n. 21611 del 20/09/2013; Cass. n. 19443 del 23/09/2011). Il motivo è, poi, infondato dato che nel caso di specie non si controverte della pignorabilità dei beni, che è atto della esecuzione, ma del diritto del creditore di iscrivere ipoteca, la quale, come più volte affermato dalla Corte di legittimità, non costituisce atto di espropriazione forzata (Cass., Sez. U, n. 19667 del 18/09/2014; Cass. n. 23875 del 23/11/2015; Cass. n. 13115 del 14.4.2016). Ed è stato precisato che, a seguito dell’entrata in vigore del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, art. 35, comma 26 quinquies, introdotto dalla Legge di Conversione 4 agosto 2006, n. 248, l’iscrizione dell’ipoteca a norma del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 77, è stata inclusa tra gli atti impugnabili dinanzi alle Commissioni Tributarie, indipendentemente dalla natura del credito del quale costituisce garanzia. Le controversie aventi ad oggetto l’impugnazione del provvedimento d’iscrizione di ipoteca sugli immobili sono devolute alla giurisdizione del giudice ordinario solo se promosse in epoca anteriore all’entrata in vigore del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, art. 35, comma 26 quinquies, dato che non si può attribuire carattere interpretativo all’art. 35, comma 26 quinquies cit., che ha ampliato la categoria degli atti impugnabili dinanzi alle commissioni tributarie (Cass. SS.UU. n. 7034 del 24/03/2009; Cass. n. 13190 del 11/06/2014).

6. Il secondo motivo è fondato. Invero per i giudizi instaurati successivamente all’entrata in vigore della L. 26 novembre 1990, n. 353 (qual è quello in oggetto, introdotto dopo il 30 aprile 1995) l’art. 167 c.p.c., comma 1, imponendo al convenuto di prendere posizione sui fatti posti dall’attore a fondamento della domanda, comporta che i suddetti fatti, qualora essi non siano contestati dal convenuto, debbono essere considerati incontroversi e non richiedenti, quindi, una specifica dimostrazione (Cfr. Cass. n. 12231 del 21 maggio 2007). Tuttavia nel caso di specie il principio testè enunciato non può trovare applicazione perchè non si verte in ordine ad un fatto posto dal contribuente a fondamento della sua pretesa (l’essere il debito sorto per soddisfare interessi della famiglia) ma dell’affermazione del principio per cui i debiti per imposte non possono mai ritenersi essere stati contratti per i bisogni della famiglia. Si tratta, quindi, di una questione di diritto che va esaminata dal giudice e per la quale non vale il principio di non contestazione. Ciò posto, mette conto considerare che il criterio identificativo dei debiti per i quali può avere luogo l’esecuzione sui beni del fondo va ricercato non già nella natura dell’obbligazione ma nella relazione tra il fatto generatore di essa e i bisogni della famiglia, sicchè anche un debito di natura tributaria sorto per l’esercizio dell’attività imprenditoriale può ritenersi contratto per soddisfare tale finalità, fermo restando che essa non può dirsi sussistente per il solo fatto che il debito derivi dall’attività professionale o d’impresa del coniuge, dovendosi accertare che l’obbligazione sia sorta per il soddisfacimento dei bisogni familiari (nel cui ambito vanno incluse le esigenze volte al pieno mantenimento ed all’univoco sviluppo della famiglia) ovvero per il potenziamento della di lui capacità lavorativa, e non per esigenze di natura voluttuaria o caratterizzate da interessi meramente speculativi (Cass. n. 3738 del 24/02/2015). Va, poi, ribadito il principio affermato dalla Corte di legittimità per il quale l’onere della prova dei presupposti di applicabilità dell’art. 170 c.c., ed in particolare, per quanto rileva in questa sede, che il debito per cui si procede sia stato contratto per scopi estranei ai bisogni della famiglia e che il creditore sia a conoscenza di tale estraneità, grava sulla parte che intende avvalersi del regime di impignorabilità dei beni costituiti in fondo patrimoniale (Cass. n. 1652 del 29/01/2016; Cass. n. 4011 del 19/02/2013; Cass. n. 12730 del 30/05/2007; Cass. n. 12998 del 31/05/2006). La CTR non ha fatto corretta applicazione dei principi testè enunciati.

Il ricorso va, dunque, accolto e l’impugnata decisione va cassata con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale della Campania in diversa composizione che, adeguandosi ai principi esposti, procederà alle necessarie verifiche e deciderà nel merito oltre che sulle spese di questo giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, rigetta il primo, cassa l’impugnata decisione e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Campania in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 1 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 24 febbraio 2017

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