Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4804 del 23/02/2021

Cassazione civile sez. VI, 23/02/2021, (ud. 03/02/2021, dep. 23/02/2021), n.4804

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRAZIOSI Chiara – Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29879-2019 proposto da:

A.M.G., quale titolare delle imprese individuali

Azienda Agricola A., nonchè di Azienda agriturismo LA FAVELLA,

elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la

CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli

avvocati SABRINA MONTALI, ANGELO GATTAFONI;

– ricorrente –

contro

P.M.A.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 332/2019 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata l’11/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 03/02/2021 dal Consigliere Relatore Don. ANTONELLA

PELLECCHIA.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. Nel 2008, A.M.G. convenne in giudizio P.M.A. al fine di sentirla condannare al risarcimento dei danni subiti alla propria azienda agricola, adibita ad agricoltura biologica.

In particolare, l’attrice dedusse che i lavori effettuati dalla convenuta, proprietaria del fondo confinante, avevano provocato un dissesto idrologico al proprio fondo, con conseguente smottamento di terra e scivolamento di detriti che comportarono la distruzione dell’orto biologico, delle piantagioni di lavanda e cedrina nonchè lo stravolgimento dei confini tra i due fondi. L’ A. nel silenzio della convenuta introdusse un ricorso per ATP, che si concluse con il riconoscimento della responsabilità della P. in quanto i danni erano stati causati dalla mancanza di sistemazione idraulico-agraria e dall’errata coltivazione del vigneto da parte della convenuta presso il suo fondo e stimando un danno pari a circa 28.000 Euro.

Il Tribunale di Fermo, con sentenza n. 575/2012 rigettò sia la domanda risarcitoria che la domanda di ripristino e riconfinamento presentate dall’attrice e compensò le spese di giudizio.

2. La Corte d’appello di Ancona, con sentenza n. 332/2019, pubblicata l’11 marzo 2019, ha rigettato l’appello principale proposto da A.M.G. e l’appello incidentale proposto da Piloni Maria Assunta.

I giudici d’appello hanno evidenziato come il Tribunale in prime cure non avesse dichiarato la nullità della domanda risarcitoria, come ritenuto dall’appellante, quanto piuttosto avesse rigettato la domanda stessa per mancato assolvimento dell’onere di allegazione, non essendo possibile individuare l’epoca dell’evento lesivo e quindi del danno lamentato, impedendo di fatto alla controparte di sollevare eventuale eccezione di prescrizione del risarcimento del danno. La Corte d’appello, in merito all’appello incidentale proposto dall’appellata, ha confermato la compensazione integrale delle spese.

3. Avverso tale pronuncia A.M.G. propone ricorso per cassazione sulla base di due motivi.

Diritto

CONSIDERATO

che:

4. Con il primo motivo la ricorrente lamenta la “violazione e falsa applicazione degli artt. 163 e 164 c.c.”, in quanto i giudici d’appello avrebbero potuto facilmente identificare l’epoca dei fatti in questione attraverso le comunicazioni scambiate tra le parti, tenuto, comunque, conto che l’epoca non sarebbe facilmente precisabile in quanto si tratti di episodi ripetutisi nel tempo.

4.1. Con il secondo motivo censura la “violazione e falsa applicazione degli artt. 950 e 951 c.p.c.”. La Corte d’appello avrebbe erroneamente rigettato la domanda di ripristino e riconfinamento sulla base dell’assenza dei titoli di acquisto delle proprietà, ritenuti necessari per poter verificare i confini dei fondi, mentre avrebbe potuto disporre una CTU per acquisire tale documentazione.

5. Il primo motivo è inammissibile in quanto non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata.

La Corte d’appello ha ritenuto non provato il danno lamentato dalla controparte sia per l’assenza di qualsivoglia allegazione in merito a documenti utili per accertare l’effettiva quantità di beni posseduti dall’attrice prima del fatto illecito, sia per la mancata prova, tramite alcun mezzo istruttorio, del danno emergente e del lucro cessante. Dunque, i giudici d’appello ancor prima di ritenere il fatto illecito non circostanziato e non provato hanno sostenuto assente la prova sul danno stesso, onere che grava sull’attore ai sensi dell’art. 2043 c.c., trattandosi di responsabilità per fatto illecito. Tale ratio decidendi non è stata censurata in modo adeguato.

Il secondo motivo è infondato. Il giudice di merito non deve disporre una Ctu per acquisire documenti. E’, infatti, la parte interessata che deve produrre i documenti necessari a sostegno della propria domanda al fine di permettere al giudice di pronunciare nel merito della causa, sulla base delle risultanze istruttorie ritualmente acquisite.

6. L’indefensio degli intimati non richiede la condanna alle spese.

7. Infine, poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è dichiarato inammissibile, sussistono i presupposti processuali (a tanto limitandosi la declaratoria di questa Corte: Cass. Sez. U. 20/02/2020, n. 4315) per dare atto – ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, che ha aggiunto il testo unico di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, (e mancando la possibilità di valutazioni discrezionali: tra le prime: Cass. 14/03/2014, n. 5955; tra le innumerevoli altre successive: Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245) – della sussistenza dell’obbligo di versamento, in capo a parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per la stessa impugnazione.

PQM

la Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte suprema di Cassazione, il 3 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 23 febbraio 2021

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