Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4804 del 15/02/2022

Cassazione civile sez. trib., 15/02/2022, (ud. 09/07/2021, dep. 15/02/2022), n.4804

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLITANO Lucio – Presidente –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – rel. Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere –

Dott. CENICCOLA Aldo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 5142/2015 R.G. proposto da:

V.G., (C.F. (OMISSIS)), rappresentato e difeso dall’Avv.

VITTORIO RUSCONI, elettivamente domiciliato presso lo studio

dell’Avv. CLAUDIO D’ANGELANTONIO in Roma, Via Giovanni Pierluigi da

Palestrina, 47 a cui pure è concesso mandato procuratorio;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello

Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi,

12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Lombardia, n. 3717/15/14, depositata l’8 luglio 2014.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 9 luglio 2021

dal Consigliere Relatore Filippo D’Aquino.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

Il contribuente V.G., titolare dell’omonima impresa individuale, esercente l’attività di commercio al dettaglio di carni e prodotti a base di carne, ha impugnato un avviso di accertamento relativo al periodo di imposta 2005 con il quale l’Ufficio, a seguito di instaurazione del contraddittorio con il contribuente, accertava maggiori redditi sulla base degli studi di settore. Il contribuente ha dedotto l’insussistenza di gravi incongruenze, sulla base della differenza tra valore dichiarato e valore risultante dall’applicazione dello studio di settore, evidenziando come le caratteristiche dell’attività svolta, caratterizzata anche da vendite sottocosto, giustificasse i minori ricavi. Ha, infine, dedotto che il proprio tenore di vita non giustificasse la capacità contributiva accertata dall’Ufficio.

La CTP di Como ha rigettato il ricorso; la CTR della Lombardia, con sentenza in data 8 luglio 2014, ha rigettato nel merito l’appello del contribuente. Ha evidenziato il giudice di appello, per quanto qui rileva, che fosse stato correttamente instaurato il contraddittorio, accertandosi che il contribuente non avrebbe dato alcuna prova circa la sussistenza di un reddito inferiore a quanto accertato. Sotto questo profilo, la CTR ha evidenziato, in fatto, che – come risultante dall’atto impugnato – il contribuente avesse svolto negli anni dal 2002 al 2006 una attività antieconomica, non razionalmente giustificabile in termini di condotta di un imprenditore diligente, se non quale effetto di un “sottodimensionamento” dei ricavi, come evidenziato dal fatto che i ricavi del venduto fossero inferiori ai costi di acquisto. Ha, inoltre, ritenuto inattendibile l’esercizio di una attività di impresa costantemente sottocosto e ha osservato come il contribuente avesse sostenuto significativi livelli di spesa, quale proprietario di autoveicoli e immobili, uno dei quali gravato da mutuo, livelli di spesa non compatibili con i redditi dichiarati, anche alla luce del fatto che era risultata infondata la circostanza in fatto, dedotta dal contribuente, dell’avere il contribuente fatto ricorso a risparmi o a finanziamenti di terzi.

Propone ricorso per cassazione il contribuente affidato a due motivi, ulteriormente illustrati da memoria, cui resiste con controricorso l’Ufficio.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1.1. Con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione del D.L. 30 agosto 1993, n. 331, art. 62-sexies, comma 3, nella parte in cui la CTR non avrebbe verificato l’esistenza di una grave incongruenza tra i ricavi e i compensi dichiarati e quelli accertati. Evidenzia il ricorrente come tra il ricavo minimo risultante dall’applicazione dello studio di settore e quanto accertato dall’Ufficio vi sarebbe uno scostamento di 10/11 punti percentuali (da Euro 81.874,00 di valore puntuale ad Euro 73.318,00), comunque inferiore alla misura del 25%.

1.2. Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso, consistente nell’assenza di gravi incongruenze tra ricavi e compensi dichiarati e quelli desumibili dallo studio di settore. Deduce preliminarmente il contribuente come lo studio di settore non possa determinare una inversione dell’onere della prova, evidenziando come non vi sia stata alcuna motivazione in ordine alle gravi incongruenze. Osserva, infine, come l’Ufficio non avrebbe provato che fosse applicabile in concreto al contribuente lo standard prescelto.

2. Il primo motivo è infondato. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, la determinazione del reddito mediante l’applicazione degli studi di settore, a seguito dell’instaurazione del contraddittorio con il contribuente, è idonea a integrare presunzioni legali che sono, anche da sole, sufficienti ad assicurare un valido fondamento all’accertamento tributario, ferma restando la possibilità, per il contribuente che vi è sottoposto, di fornire la prova contraria, nella fase amministrativa e anche in sede contenziosa (Cass., Sez. V, 18 settembre 2019, n. 23252). La pregnanza del quadro indiziario proveniente dagli accertamenti standardizzati mediante applicazione degli studi di settore e’, pertanto, determinata non dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto a quelli parametrici, bensì dal contraddittorio con il contribuente, in esito al quale il contribuente ha l’onere di confutare il fondamento della pretesa impositiva (Cass., Sez. V, 30 ottobre 2018, n. 27617). Nel qual caso, è onere del contribuente dimostrare, attraverso informazioni ricavabili da fonti di prova acquisite con qualsiasi mezzo, la sussistenza di circostanze di fatto tali da far discostare l’attività dal modello normale e giustificare un reddito inferiore (Cass., Sez. V, 15 gennaio 2019, n. 769).

3. Quanto al presupposto dell’accertamento delle “gravi incongruenze” di cui al D.L. n. 331 del 1993, art. 62-sexies, comma 3, ancorché applicabili agli avvisi di accertamento notificati dopo il 10 gennaio 2007 (Cass., Sez. V, 29 marzo 2019, n. 8854), va osservato che la nozione di “grave incongruenza” non può essere ricavata “avendo riguardo in via assoluta a precise soglie quantitative fisse di scostamento, essendo, invece, la nozione di indici di natura relativa da adattare a plurimi fattori propri della singola situazione economica, del periodo di riferimento ed in generale della stessa storia commerciale del contribuente destinatario dell’accertamento, oltre che del mercato e del settore di operatività” (Cass., n. 8854/2019, cit.). Nel qual caso, l’Ufficio non è tenuto a verificare tutti i dati richiesti per uno studio generale di settore, potendosi basare anche solo su alcuni elementi ritenuti sintomatici per la ricostruzione del reddito del contribuente (Cass., Sez. V, 17 dicembre 2019, n. 33340).

4. Nella specie, il ricorrente si è limitato a dedurre l’esistenza di uno scostamento tra il valore puntuale e il valore dichiarato di circa 10/11 punti percentuali (Euro 81.874,00 del valore puntuale rispetto al reddito dichiarato di Euro 73.318,00, per uno scostamento pari all’11,6%); diversamente, la CTR ha ritenuto di valorizzare condotte di manifesta antieconomicità, come la vendita sistematica sottocosto per un prolungato periodo di tempo (2002 – 2006), incompatibili (anche alla luce dei sostenuti livelli di spesa del contribuente, non giustificati dagli esigui redditi dichiarati del nucleo familiare pari ad Euro 1.332,00) con il tenore di vita del contribuente, il quale non ha provato (con accertamento passato in cosa giudicata) né l’esistenza di finanziamenti di terzi, né l’utilizzo di propri risparmi. La sentenza impugnata ha, pertanto, fatto corretta applicazione dei suindicati principi. La memoria del ricorrente non offre ulteriori spunti di riflessione.

5. Il secondo motivo è inammissibile, non essendo stati illustrati i fatti storici il cui esame sarebbe stato omesso dal giudice di appello ai fini del motivo di ricorso in oggetto, prima ancora dell’indicazione del luogo processuale e della decisività degli stessi (Cass., Sez. VI, 3 luglio 2018, n. 17335; Cass., Sez. I, 23 marzo 2017, n. 7472). Ne’ può essere veicolata nella censura di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omessa valutazione di deduzioni difensive (Cass., Sez. I, 18 ottobre 2018, n. 26305), come la dimostrazione della corretta applicazione dello standard prescelto, come anche non può dedursi – in quanto tale – la mera insufficienza di motivazione, se non sotto il profilo della violazione del minimo costituzionale imposto dall’art. 111 Cost., comma 6, in caso di motivazione apparente, contraddittoria, perplessa o incomprensibile (Cass., Sez. III, 12 ottobre 2017, n. 23940).

6. Il ricorso va, pertanto, rigettato, con spese regolate dalla soccombenza e liquidate come da dispositivo, oltre al raddoppio del contributo unificato.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore del controricorrente, che liquida in complessivi Euro 2.300,00 oltre spese prenotate a debito; dà atto che sussistono i presupposti processuali, a carico di parte ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1-quater inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto.

Così deciso in Roma, il 9 luglio 2021.

Depositato in Cancelleria il 15 febbraio 2022

 

 

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