Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4803 del 24/02/2020

Cassazione civile sez. un., 24/02/2020, (ud. 21/05/2019, dep. 24/02/2020), n.4803

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Primo Presidente f.f. –

Dott. MANNA Felice – Presidente di sez. –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – rel. Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15744-2018 proposto da:

SOCIETA’ I.C.A.M. IMPRESA COSTRUZIONE APPALTI MARITTIMI FRATELLI

PARODI S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CICERONE 44, presso lo studio

dell’avvocato GIOVANNI CORBYONS, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato CORRADO AUGUSTO MAUCERI;

– ricorrente –

contro

AUTORITA’ DI SISTEMA PORTUALE DEL MAR LIGURE OCCIDENTALE, succeduta

all’Autorità Portuale di Genova, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO;

– controricorrente –

per regolamento di giurisdizione in relazione al giudizio pendente n.

12887/2014 del TRIBUNALE di GENOVA;

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

21/05/2019 dal Consigliere Dott. RAFFAELE FRASCA;

lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELESTE Alberto, il quale chiede che le Sezioni Unite della Corte di

Cassazione, in camera di consiglio, dichiarino la giurisdizione del

giudice amministrativo, con le conseguenze di legge.

Fatto

RILEVATO

che:

1. Con citazione notificata il 1 ottobre 2014 la I.C.A.M.- Impresa Costruzioni Appalti Marittimi Fratelli Parodi s.r.l., adducendo di essere mandante nell’ambito del Raggruppamento Temporaneo di Imprese costituito dalla capogruppo Orion Tech s.r.l., dalla stessa I.C.A.M. e dalla Prosertek s.r.l., aggiudicataria del contratto di appalto n. (OMISSIS), indetto dall’Autorità Portuale di Genova per la fornitura di moduli distanziatori, parabordi, bitte, scalette, anelloni ed altro e dei corrispondenti lavori in calcestruzzo armato propedeutici al trasferimento delle navi in disarmo ormeggiate presso il Porto di Genova, conveniva dinanzi al Tribunale di Genova detta autorità.

1.1. Nella citazione si esponeva che: a) nel corso dell’esecuzione del contratto di appalto l’Autorità Portuale di Genova aveva ritenuto necessario il rilascio di quattro licenze demaniali a titolo oneroso a carico del R.T.I. (per occupazioni di aree, superfici, specchi d’acqua demaniali o ausiliarie, come si legge a pagina 6 della citazione) con rispettive durate dal 1 marzo 2008 al 20 febbraio 2009 per un importo complessivo di Euro 20.356,47 oltre oneri a titolo di canoni demaniali e diritti; b) che l’impresa capogruppo “al fine di non ostacolare il complesso e prolungato iter amministrativo” aveva provveduto a pagare quell’importo e gli oneri correlati “nonostante tali oneri non fossero previsti nè contrattualmente nè all’interno del capitolato speciale d’appalto”; c) che il R.T.I. aveva provveduto ad iscrivere riserva nei registri di contabilità in occasione degli stati di avanzamento dei lavori del luglio 2008, del maggio 2009 e del giugno 2009 e con due lettere inviate da un legale nel dicembre del 2011 aveva diffidato l’Autorità Portuale a restituire l’importo versato, assumendo che il suo pagamento era stato indebito; d) che frattanto, in data 12 ottobre 2009, fra essa attrice e la capogruppo era intervenuto accordo transattivo con cui la prima si faceva carico dell’anticipazione del pagamento dei canoni demaniali con riserva di ripetere dalla seconda le somme che le fossero state restituite dall’Autorità e con attribuzione alla prima della gestione delle riserve; e) che i lavori di appalto venivano regolarmente eseguiti e consegnati, seguendone lo scioglimento del R.T.I. aggiudicatario; f) che, essendo rimaste inevase le richieste di restituzione delle somme pagate, la capogruppo aveva ceduto pro soluto ad essa attrice il relativo credito con scrittura privata autenticata del 15 maggio 2014.

1.2. Nella citazione si sosteneva che le somme pretese erano state deliberate dal Comitato Portuale come oneri aggiuntivi con delibere separate “al fine di non poter essere assunte come termine per il corrispettivo dell’originario contratto di appalto giacchè quest’ultimo non prevedeva affatto il rilascio di dette licenze ed il loro pagamento a titolo di canoni demaniali”, sicchè la stazione appaltante aveva unilateralmente ed arbitrariamente modificato i rapporti insorti con il contratto di appalto in senso sfavorevole al R.T.I., che aveva provveduto al pagamento degli importi richiesti solo “per non ostacolare l’iter amministrativo nel rispetto delle determinazioni contrattuali, provvedendo tempestivamente ad iscrivere riserva”, che l’Autorità non aveva sciolto provvedendo alla restituzione delle somme, che l’attrice era legittimata a richiedere in forza della cessione del credito.

1.3. Sulla base di queste allegazioni, la citazione concludeva chiedendo al Tribunale di: “In via principale: 1) Dichiarare l’infondatezza e illegittimità delle licenze demaniali rilasciate dall’Autorità Portuale a titolo oneroso (…) e di ogni altro atto ad esse presupposto e conseguente cognito e non; 2) Per l’effetto, dichiarare non dovute le somme indebitamente percepite dall’Autorità Portuale di Genova a titolo di canoni demaniali e spese di cui alla presente domanda poichè prive di causa”; 3) Ordinare all’Autorità Portuale di Genova (…) lo scioglimento” delle riserve a suo tempo apposte e “4) In ogni caso” condannare la convenuta alla restituzione delle somme pagate “poichè indebitamente percepite”.

1.4. Nel giudizio si costituiva l’Autorità Portuale che contestava la fondatezza della domanda, eccependo l’acquiescenza del R.T.I. alle concessioni demaniali e la tardività delle riserve e, quindi, (per quello che si legge nel ricorso per regolamento preventivo) nelle memorie ai sensi dell’art. 183, l’autonomia e l’indipendenza delle stesse concessioni rispetto al contratto di appalto.

1.5. La causa veniva ritenuta in decisione e, quindi, il Tribunale la rimetteva sul ruolo con ordinanza del 14 febbraio 2018, rilevando il difetto di giurisdizione e la sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo e reputando necessario ai sensi dell’art. 101 c.p.c., comma 2, provocare il contraddittorio sulla relativa eccezione, per il che assegnava alle parti termine per memorie.

All’esito, il Tribunale, con ordinanza del 3 aprile 2018, fissava udienza di discussione per il 26 giugno 2018 ai sensi dell’art. 281-sexies c.p.c., reputando che la causa potesse decidersi sulla questione di giurisdizione.

2. Con ricorso ai sensi dell’art. 41 c.p.c., notificato (dal punto di vista della notificante) il 17 maggio 2018, all’Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure Occidentale (già subentrata ex lege all’Autorità Portuale di Genova ai sensi della L. n. 84 del 1994, art. 6 come sostituito dal D.Lgs. n. 169 del 2016, art. 7, comma 1) la I.C.A.M. ha proposto regolamento preventivo di giurisdizione invocando la declaratoria della giurisdizione del giudice ordinario.

3. Al ricorso ha resistito con controricorso l’Autorità intimata.

4. Dovendo la decisione seguire con il procedimento ai sensi dell’art. 380-ter c.p.c., venivano richieste al Pubblico Ministero presso questa Corte le conclusioni ed all’esito del loro deposito veniva fissata l’adunanza nell’odierna camera di consiglio con decreto notificato agli avvocati delle parti unitamente alle dette conclusioni.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. La ricorrente sostiene che la giurisdizione sulla controversia sarebbe del giudice ordinario, adducendo che l’essere stata introdotta la domanda con la richiesta di “accertamento dell’illegittimità e infondatezza” dei titoli demaniali in dipendenza dei quali sono state pagate le somme di cui si chiede la restituzione, non varrebbe ad escludere che si sia in presenza di una domanda di ripetizione di indebito ai sensi dell’art. 2033 c.c., la quale – considerata alla stregua del criterio del c.d. petitum sostanziale in relazione ai fatti allegati – avrebbe contenuto meramente patrimoniale e sarebbe riconducibile all’attribuzione al giudice ordinario della giurisdizione in ordine alle controversie che in materia di concessioni di beni pubblici riguardano indennità, canoni ed altri corrispettivi.

La tesi viene argomentata, peraltro, evocando giurisprudenza di merito del giudice amministrativo che non concerne affatto fattispecie similari a quella oggetto di lite e, quindi, sostenendo che la parte delle conclusioni della citazione introduttiva relativa alla richiesta di accertamento della illegittimità e/o infondatezza delle concessioni demaniali rilasciata al R.T.I. appaltatore andrebbe considerata – è questo il senso di ciò che si deduce – come sollecitatoria del “potere di disapplicazione (sia pure incidenter tantum) degli atti amministrativi illegittimi nella cognizione delle cause” affidate all’indicata giurisdizione dell’A.G.O.

2. La difesa erariale resistente ha invocato (richiamando all’uopo Cass., Sez. Un., (ord.) n. 13182 del 2016) la declaratoria della giurisdizione amministrativa, sostenendo che – ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. b) e c) Cod. Proc. Amm. e della previsione di spettanza all’a.g.o. delle sole controversie concernenti indennità, canoni e/o altri accessori – la controversia, in ragione della richiesta della parte attrice di declaratoria della infondatezza ed illegittimità delle relative licenze demaniali, postulerebbe l’accertamento dell’esercizio del potere autoritativo della p.a. e, dunque, non già della sola pretesa patrimoniale relativa alla chiesta restituzione dei canoni. Ha, inoltre, soggiunto che la ricorrente nella comparsa conclusionale depositata davanti al giudice di merito ha dato atto che l’oggetto della contesa non afferiva all’esecuzione del contratto di appalto, ma “prende origine dalla stipula di una pluralità di atti concessori” ben distinti dal detto contratto ed ha evocato, per sostenere la giurisdizione del giudice amministrativo, il principio di diritto di cui Cass., Sez. Un., n. 24824 del 2015 là dove ha affermato (peraltro – si osserva – con riferimento ad una fattispecie di collegamento fra una concessione di pubblico servizio ed un appalto di servizio) l’applicabilità del principio della prevalenza, per poi sostenere che tale criterio nella specie giustificherebbe in ogni caso la sussistenza della giurisdizione amministrativa, essendo stati i pretesi canoni indebiti corrisposti in esecuzione della concessione e non dell’appalto ed implicando la contestazione della loro debenza il “contestare la legittimità stessa degli atti concessori che li hanno previsti, i quali sono, com’è noto, atti amministrativi di natura sicuramente discrezionale ed autoritativa”.

3. Il Pubblico Ministero presso questa Corte ha concluso chiedendo l’affermazione della giurisdizione amministrativa.

Dopo avere osservato che “(…) in tema di canoni demaniali, si è affermato che le controversie concernenti indennità, canoni o altri corrispettivi, riservate alla giurisdizione del giudice ordinario, sono solo quelle con un contenuto meramente patrimoniale, senza che assuma rilievo un potere di intervento della P.A. a tutela di interessi generali, mentre, quando, invece, la controversia coinvolga la verifica detrazione autoritativa della P.A. sul rapporto concessorio sottostante, oppure quando investa l’esercizio di poteri discrezionali-valutativi nella determinazione del canone, e non semplicemente di accertamento tecnico dei presupposti fattuali economico-aziendali (sia sull’an che sul quantum), la medesima è attratta nella sfera di competenza giurisdizionale del giudice amministrativo (v., tra le altre, Cass. S.U. 25/11/2011 n. 24902)”, ha sostenuto che “nella specie, sembra sussistere quest’ultima situazione, in quanto la Società attrice, anche se agisce per la ripetizione dell’indebito ex art. 2033 c.c., contesta lo stesso potere impositivo, esercitato dall’Autorità portuale nell’àmbito esclusivo del rapporto concessorio in posizione di supremazia e nell’interesse generale dell’area demaniale, al fine di accertarne l’inesistenza e per affermare, quindi, l’illegittimità dell’imposizione patrimoniale, tanto da chiedere, via principale, la “infondatezza e illegittimità delle licenze demaniali””.

4. Il ricorso per regolamento dev’essere definito con la declaratoria della giurisdizione del giudice amministrativo.

Queste le ragioni.

4.1. Poichè i canoni di cui si chiede la restituzione sono relativi a concessioni demaniali, la norma di riferimento ai fini della individuazione della giurisdizione è – in ragione dell’epoca della introduzione del giudizio – quella dell’art. 133, comma 1, lett. b) Cod. Proc. Amm., secondo cui sono attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo “le controversie aventi ad oggetto atti e provvedimenti relativi a rapporti di concessione di beni pubblici, ad eccezione delle controversie concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi”.

In relazione a questa previsione, come ha osservato il precedente evocato dalla difesa erariale, “la giurisprudenza di queste Sezioni Unite è consolidata nel senso che, in materia di concessioni demaniali, le controversie concernenti “indennità, canoni ed altri corrispettivi” riservate alla giurisdizione dell’A.G.O. sono solo quelle a contenuto meramente patrimoniale, nelle quali cioè non assume rilievo un potere di intervento della pubblica amministrazione “a tutela di interessi generali”, mentre resta attratta alla giurisdizione del giudice amministrativo la lite che coinvolga l’azione autoritativa della P.A. sul rapporto concessorio sottostante, venendo in rilievo provvedimenti autoritativi di questa e dei quali si chieda in via principale la valutazione al giudice adito per la disapplicazione o l’annullamento (Cass. Sez. Un., ord. 17 giugno 2010, n. 14614) ovvero investa l’esercizio di poteri discrezionali-valutativi nella determinazione del dovuto e non semplicemente di accertamento tecnico dei presupposti fattuali economico-aziendali, sia sull’an che sul quantum (così, tra molte: Cass. Sez. Un., 24 giugno 2011, n. 13903; Cass. Sez. Un., 12 ottobre 2011, n. 20939; Cass. Sez. Un., 25 novembre 2011, n. 24902; Cass. Sez. Un., 19 giugno 2014, n. 13940).”.

4.2. Nel caso di specie la ricorrente ha proposto espressamente una domanda con cui ha prospettato che le concessioni sarebbero state illegittime e che da tale illegittimità deriverebbe che i canoni pagati lo sarebbero stati in modo indebito. Di tale illegittimità ha espressamente chiesto l’accertamento nelle conclusioni, formulando una vera e propria domanda in tal senso.

E’ stata in tal modo proposta, come premessa della domanda di ripetizione dell’indebito, non a caso formulata successivamente a quella indicata, e come condizione necessaria per l’accoglimento di questa, una domanda di accertamento della illegittimità della “causa” in base alla quale il pagamento è avvenuto.

Poichè la causa in questione è rappresentata dalla concessione demaniale, mette conto di rilevare che le vicende relative ad essa e particolarmente quelle che portano alla sua insorgenza indipendentemente dalla controversa natura che si voglia attribuire alle concessioni (noto essendo che accanto a chi tradizionalmente prospetta di qualificarle come espressione solo di un provvedimento o di un provvedimento cui accede un contratto, vi sono altri che propongono di scindere il momento deliberativo della p.a. e l’accordo con il concessionario ed altre ancora che propendono per una soluzione tutta contrattuale) – sono, ai fini della individuazione della giurisdizione sulle relative controversie regolate – con particolare riguardo alle concessioni demaniali, regolate dal citato art. 133, comma 1, lett. b), con una previsione generale, quella che attribuisce la giurisdizione esclusiva al giudice amministrativo su tutte “le controversie aventi ad oggetto atti e provvedimenti relativi a rapporti di concessione di beni pubblici”, eccettuandone soltanto quelle le “controversie concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi”. Tale previsione si presta senza dubbio a comprendere, atteso l’uso delle espressioni “atti” e “provvedimenti”, le attività della p.a. concedente in base alle quali la concessione sorge e in cui si esprime come fenomeno giuridico, quale che sia la qualificazione che si voglia attribuire alle scansioni con cui ha luogo tale insorgenza, nonchè le vicende con cui la concessione ha corso, salva l’eccezione de qua, la quale, attesa la previsione generale e la sua ampiezza, deve essere intesa necessariamente come relativa ad una controversia che deve concernere la debenza delle indennità, dei canoni e degli altri corrispettivi senza che essa debba discendere come risultato di un preventivo controllo sul modo di essere, dedotto come controverso, della concessione nel suo momento genetico e dunque sulla sua validità, questo essendo riservato alla giurisdizione esclusiva dell’A.G.A.

Ne segue che nella fattispecie, essendosi chiesto espressamente con una vera e propria domanda l’accertamento della illegittimità delle licenze demaniali, cioè della genesi della concessione in modo asseritamente invalido, come presupposto per evidenziare la non debenza dei canoni, si è introdotta una controversia che, riguardo a detta domanda pregiudiziale rispetto alla domanda di ripetizione di indebito concernente i canoni pagati, è certamente riconducibile all’ambito delle controversie su atti e provvedimenti relativi alla concessione, atteso che quale che sia la natura del fenomeno concessorio, il riferimento agli atti e ai provvedimenti è, come sì è detto, di tale ampiezza da comprendere il momento costitutivo della concessione quale che sia la tesi che si ritenga di condividere sulla sua natura e, quindi, da attrarre alla giurisdizione esclusiva la relativa controversia.

L’esegesi della previsione dell’art. 133, comma 1, lett. b), come è stato osservato da Cass. Sez. Un., n. 23540 del 2019 (sebbene a proposito della più complessa previsione della lett. c) della norma), si giustifica a maggior ragione, ove ne fosse bisogno alla luce della metanorma di cui all’art. 7, comma 1 Cod. Proc. Amm., che, in linea generale, nelle materie devolute alla giurisdizione esclusiva dell’A.G.A. individua tale giurisdizione come comprensiva delle controversie su “i diritti soggettivi, concernenti l’esercizio o il mancato esercizio del potere amministrativo, riguardanti provvedimenti, atti, accordi o comportamenti riconducibili anche mediatamente all’esercizio di tale potere, posto in essere da pubbliche amministrazioni”. In base a tale metanorma, com’è noto fotografante i limiti della giurisdizione esclusiva segnati dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 204 del 2004, la giurisdizione esclusiva nella materia delle concessioni di beni pubblici – in coerenza con la formulazione dell’art. 133, comma 1, lett. b – è idonea a comprendere tutte le controversie che originino dal rapporto concessorio o comunque siano relative alla sua insorgenza, in quanto coinvolgano l’esercizio o il mancato esercizio di un potere amministrativo, che si esprima in un provvedimento oppure in un atto o un accordo che sia riconducibile a tale esercizio o mancato esercizio oppure in un comportamento che anche mediatamente a detto potere sia riconducibile.

Poichè la fattispecie che porta all’insorgenza della concessione vede necessariamente coinvolto, quale che sia la natura che si voglia attribuire al fenomeno, l’esercizio del potere della p.a., che si esprime con i provvedimenti e gli atti che portano alla nascita della concessione, postulare con una domanda che la concessione demaniale è invalida e/o illegittima e chiedere il relativo accertamento, implica necessariamente che il giudice adito debba necessariamente controllare quell’esercizio e, dunque, comportando una discussione ed un accertamento su di esso, necessariamente determina l’attrazione della controversia alla giurisdizione esclusiva indicata dall’art. 133, comma 1, lett. b) citata.

4.3. La ricorrente tenta di superare il rilievo della generalità della fattispecie attributiva della giurisdizione all’A.G.A. adducendo che, in realtà la sua domanda di “dichiarare l’infondatezza e illegittimità delle licenze demaniali” non sarebbe stata una “domanda”. Essa avrebbe richiesto non già, come postula una domanda, un accertamento con efficacia di cosa giudicata, ma solo un accertamento incidentale in funzione della disapplicazione delle licenze ai sensi dell’art. 5 della legge abolitiva del contenzioso amministrativo.

Ma l’assunto contraddice la chiarissima formulazione delle domande nella citazione introduttiva e deve essere respinto, non senza che si debba rilevare che, se la ricorrente avesse proposto la domanda di ripetizione senza formulare la domanda espressa dalla richiesta di “dichiarare l’infondatezza e illegittimità delle licenze demaniali” e postulandone invece la sola disapplicazione (peraltro comunque mai evocata nel contenuto della citazione), la domanda di ripetizione, appartenendo alla giurisdizione esclusiva dell’A.G.A. l’accertamento della invalidità delle licenze, avrebbe dovuto decidersi prendendo atto della erroneità della invocazione della disapplicazione, che non avrebbe potuto avere luogo, in quanto il giudice ordinario adito non avrebbe potuto procedervi ed avrebbe dovuto decidere la controversia prendendo atto che sarebbe stata necessaria l’impugnativa della concessione davanti al giudice amministrativo (in termini, di veda Cass., Sez. Un., n. 23356 del 2019).

5. E’ appena il caso di rilevare che nessuna delle domande proposte dalla ricorrente trova fondamento nell’esecuzione del contratto di appalto, la cui esecuzione, peraltro, è pacificamente terminata, sicchè risulta irrilevante il principio – peraltro relativo a fattispecie di concessione di servizi – invocato dalla difesa erariale con la citazione di Cass. Sez. Un., n. 24824 del 2015.

6. Deve, dunque, dichiararsi conclusivamente la giurisdizione del giudice amministrativo.

La regolazione delle spese del presente regolamento è rimessa al giudice della giurisdizione dichiarata.

P.Q.M.

La Corte dichiara la giurisdizione del giudice amministrativo, cui demanda di provvedere sulle spese del presente giudizio di regolamento.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite Civili, il 21 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 24 febbraio 2020

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