Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4803 del 15/02/2022
Cassazione civile sez. trib., 15/02/2022, (ud. 15/12/2021, dep. 15/02/2022), n.4803
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –
Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –
Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –
Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –
Dott. RUSSO Rita – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso R.G. n. 26228/2013 proposto da:
EDIM IMMOBILIARE S.R.L., (C.F. (OMISSIS)), in persona del proprio
legale rappresentante Sig.ra C.P., con sede in Milano,
Via Luigi Vitali n. 2, elettivamente domiciliata in Milano, Corso di
Porta Romana n. 89/B presso lo studio dell’Avv. Fabio Pace, che la
rappresenta e difende, domicilio in Roma, presso la Cancelleria
della Corte di Cassazione;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore (C.F.
(OMISSIS)), rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello
Stato (C.F. (OMISSIS)) sita in Roma, Via dei Portoghesi n. 12,
presso cui è domiciliata;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della
LOMBARDIA n. 43/36/13, depositata il 15/03/2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 15.12.2021 dal Consigliere Relatore Dott. RITA
RUSSO.
Fatto
RILEVATO
CHE:
Con atto a rogito del Notaio D.S.D., il (OMISSIS) la Società Edim Immobiliare S.r.t. ha acquistato due unità immobiliari in (OMISSIS) e censite al N.C.E.U. di Milano. In data 26/11/2008 la società ha ricevuto l’avviso n. (OMISSIS), con il quale veniva rettificato il valore del secondo immobile: complessivamente, a fronte di un valore dichiarato per entrambi gli immobili di Euro 800.000,00 era determinato il valore in Euro 940.585,00, con conseguente liquidazione di maggiore imposta interessi e sanzioni D.P.R. n. 131 del 1986, ex art. 52, comma 1.
La parte contribuente ha proposto ricorso, accolto in primo grado. L’Agenzia ha proposto appello che la C.T.R. della Lombardia, ha accolto, sul rilievo il contribuente con un unico atto aveva acquistato due immobili, di cui uno di 66 metri quadri e l’altro di 91 metri quadri dichiarando, ciò nonostante, un valore per entrambi identico e corrispondente a Euro 400.00 ciascuno.
La Commissione regionale rileva che la diversa estensione di un immobile -pur in presenza di un uguale numero di vani-giustifica pienamente la rettifica di valore apportata dall’Ufficio per una delle due unità abitative ancorché entrambe risultassero identificate con gli stessi dati catastali.
Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per Cassazione la società contribuente, affidandosi a cinque motivi. Si è costituita l’Agenzia delle Entrate con controricorso.
In esito alla prima trattazione del 7 novembre 2018, il processo è stato rinviato a nuovo ruolo con ordinanza resa in udienza su richiesta del ricorrente il quale ha chiesto la sospensione ai sensi della D.L. n. 119 del 2018, art. 6. La Corte ha quindi rinviato a nuovo ruolo per la scadenza del. termine per la definizione agevolata della lite. Successivamente il contribuente, non dichiarando di essersi avvalso della definizione agevolata, ha depositata istanza di trattazione. La causa è stata trattata all’adunanza camerale non partecipata del 15 dicembre 2021. Il Procuratore Generale ha concluso per l’inammissibilità.
Diritto
RITENUTO
CHE:
1.- Con il primo motivo di ricorso, il ricorrente censura la sentenza impugnata per omessa o insufficiente motivazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 sul punto controverso e decisivo per il giudizio, relativo alla identità dei due immobili di cui ai mappali (OMISSIS), circostanza desunta dalla contestazione contenuta nell’avviso di accertamento. L’omissione o l’insufficienza deriverebbero, secondo quanto dedotto dalla parte contribuente, dall’omessa individuazione del documento da cui emergerebbe la diversità di estensione di uno dei due immobili. Parte ricorrente lamenta che pur avendo riconosciuto la C.T.R. una diversa estensione dell’immobile rispetto all’altro, idonea a giustificare la rettifica di valore apportata dall’Ufficio alla sola unità abitativa di maggiore estensione – “ancorché entrambe risultino identificate con gli stessi dati catastali”, essa non avrebbe indicato “quale sarebbe il documento dal quale risulterebbe tale diversità di estensione”.
Con il secondo motivo di ricorso la società contribuente censura l’illegittimità della sentenza impugnata per omessa motivazione, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, su un fatto decisivo, quale l’identità o meno degli immobili, oggetto dell’atto parzialmente rettificato.
Il ricorrente deduce che la sentenza impugnata acritica mente afferma che “sarebbero documentalmente fondati i motivi di impugnazione svolti dall’Ufficio appellante”, omettendo tuttavia di specificare quale fosse il documento idoneo a fornire la prova del fatto controverso dell’identità o diversità di estensione degli immobili oggetto della compravendita.
Con il terzo motivo, proposto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la parte ricorrente censura l’illegittimità della sentenza impugnata per contraddittoria motivazione sul punto controverso e decisivo per il giudizio, ossia sull’identità dei due immobili.
La contribuente afferma che i due immobili possiedono la medesima rendita catastale e sono identificati con gli stessi dati catastali.
Con il quarto motivo, proposto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la parte ricorrente censura l’illegittimità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 2967 c.c., avendo il giudice d’appello ritenuto fondata la rettifica del valore dell’immobile di cui al mappale 103 sulla base dell’asserita e non provata diversità di superficie degli immobili.
Con il quinto e ultimo motivo il ricorrente censura l’illegittimità della sentenza impugnata per violazione o falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 del “D.P.R. n. 600 del 1986, art. 52, comma 4”, per omessa applicazione della valutazione automatica o catastale degli immobili oggetto della compravendita.
Il ricorrente deduce che la sentenza di secondo grado impugnata, accogliendo implicitamente la tesi dell’Ufficio secondo cui sarebbe inapplicabile alla fattispecie la determinazione automatica del valore degli immobili sulla base del valore catastale degli stessi, viola la predetta norma, viziandosi dunque di illegittimità.
I primi quattro motivi possono esaminarsi congiuntamente e sono inammissibili in quanto si risolvono in una mera contestazione di insufficienza e contraddittorietà della motivazione.
La parte ricorrente contesta che la C.T.R. abbia ritenuto sussistente la diversa estensione dei due immobili acquistati unicamente sulla base delle allegazioni dell’appellante e su documenti non meglio specificati, laddove, di contro, la certificazione catastale dimostra che alle due unità immobiliari è stata attribuita la stessa rendita; si tratta quindi, nella sostanza, di una censura di insufficienza di motivazione non più ammissibile dopo la riforma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. La riformulazione che ne è derivata – disposta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54 convertito con modificazioni in L. n. 134 del 2012 – non ha più reso deducibile quale vizio di legittimità il semplice difetto di sufficienza della motivazione, salvo che essa si riveli non idonea ad assolvere alla funzione specifica di esplicitare le ragioni della decisione (Cass. n. 22598/2018; Cass. n. 3819/2020), che in questo caso sono invece chiaramente esplicitate.
Come ampiamente e ormai pacificamente ritenuto, non è possibile parlare di difetto di motivazione o di motivazione insufficiente laddove motivazioni vi siano state, salvo che si tratti di motivazione apparente, ovvero di motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile. (Cass. SS.UU., n. 8053/2014; Cass., n. 13928/2015; Cass., n. 16300/2014; Cass., n. 7983/2014).
E’ sufficiente che la motivazione fornisca una spiegazione logica e adeguata della decisione adottata, anche evidenziando gli elementi e le prove ritenuti idonei a suffragarla, ovvero la carenza di essi “senza che sia necessaria l’analitica confutazione delle tesi non accolte o la disamina degli elementi di giudizio ritenuti significativi”. Il vizio di omessa o insufficiente motivazione non è dunque configurabile laddove la sentenza renda percepibile il fondamento della decisione, essendo invece necessario che la motivazione manchi del tutto e che l’enunciazione della decisione segua allo svolgimento del processo senza alcuna argomentazione, o con argomentazioni tanto contraddittorie da non consentire di riconoscerla come giustificazione del decisum (Cass. civ., sez. lav., 25/06/2020, n. 12632; Cass. civ., Sez. V, 02/04/2020, n. 7662).
Nel ritenere “documentalmente fondati i motivi d’impugnazione svolti dall’Ufficio appellante”, la C.T.R. ha espressamente individuato e reso conoscibili le ragioni fondanti la valutazione di diversità di estensione di uno dei due immobili acquistati; l’Ufficio aveva infatti evidenziato che il primo immobile ha una estensione pari a 66 mq mentre il secondo una estensione pari a 91 mq e quindi ha ritenuto da un lato, la congruità del valore dichiarato in relazione all’unità immobiliare sub. 102 (pari a Euro 400.00,00, a fronte del valore medio di Euro 399.135) e, dall’altro, la non congruità di quello dichiarato in relazione alla seconda unità immobiliare sub. 103 (pari a Euro 400.00,00 a fronte di un valore medio di Euro 541.450,00) ed acquistata con il medesimo atto di compravendita. Peraltro, l’Agenzia controricorrente osserva che, nel corso del giudizio di merito, la diversa estensione delle due unità immobiliari, espressamente indicata nell’avviso di accertamento, non era stata oggetto di contestazione da parte della società ricorrente; ed invero non risulta dalla sentenza impugnata che ciò sia stato oggetto di contestazione né la parte ricorrente allega, nel ricorso per cassazione, di avere sottoposto detta questione al giudice del merito, che pertanto deve ritenersi una nuova deduzione difensiva inammissibile in questa sede.
Quanto al quinto motivo, va preliminarmente segnalato come il riferimento al D.P.R. n. 600 del 1986, art. 52 deve considerarsi frutto di un mero errore formale, per effetto del successivo e ripetuto riferimento al D.P.R. n. 131 del 1986, art. 52 vero e pertinente parametro della censura.
Il motivo è inammissibile.
Non risulta infatti che detta questione sia stata sottoposta al giudice d’appello: la parte non trascrive né riassume quella parte degli atti di appello da cui dovrebbe emergere di aver sottoposto tale specifica questione alla C.T.R., né si desume dalla sentenza impugnata che l’argomento abbia fatto parte del thema decidendum.
Costituisce principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte che qualora una questione giuridica non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che la proponga in sede di legittimità, onde non incorrere nell’inammissibilità per novità della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, per consentire alla Corte di controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la censura stessa (Cass. n. 32804 del 13/12/2019; Cass. n. 2038 del 24/01/2019)
Ne consegue la dichiarazione di inammissibilità del ricorso. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 2.200,00 oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 15 dicembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 15 febbraio 2022