Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4802 del 28/02/2014


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 4802 Anno 2014
Presidente: SALME’ GIUSEPPE
Relatore: CAMPANILE PIETRO

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SENTENZA
sul ricorso n. 26698 – 2006 proposto da:
MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO
Elettivamente domiciliato in Roma, via dei Portoghesi,
n. 12, negli uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende per legge;
ricorrente
contro

FALLIMENTO NOCERA UMBRA SUD S.P.A.
Elettivamente domiciliato in Roma, viale Parioli, n.

ho
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Data pubblicazione: 28/02/2014

67, nello studio dell’avv. Antonio Lamberti, che lo
rappresenta e difende, giusta procura speciale a margine del controricorso.

nonché sul ricorso n. 28049 – 2006
proposto da
FALLIMENTO NOCERA UMBRA SUD S.P.A.

come sopra rappresentato
ricorrente incidentale
contro
MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO

come sopra rappresentato
controricorrente a ricorso incidentale

avverso la sentenza della Corte di appello di Roma n.
3475, depositata in data 26 luglio 2005;
sentita la relazione svolta all’udienza pubblica del 29
maggio 2013 dal consigliere dott. Pietro Campanile;
udite le richieste del Procuratore Generale, in persona

del

sostituto

dott. Federico Sorrentino, il

quale ha concluso per l’accoglimento p. q. r. del ricorso principale e per il rigetto dell’incidentale.
Svolgimento del processo

l – La S.p.a Nocera Umbra veniva ammessa con D.M. in
data 19 dicembre 1983 a fruire del contributo previsto
dall’art. 32 della legge n. 219 del 1981 (art. 39 del
T.U. approvato con d.lgs 30 marzo 1990 n. 76) per la

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controricorrente

realizzazione di uno stabilimento industriale da realizzarsi in Contursi (Salerno) per la produzione di bibite. Il disciplinare prevedeva l’assegnazione
dell’area in via definitiva dopo un anno dal consegui-

cento e del volume di produzioni previste a regime.
L’ammontare del contributo, pari complessivamente a lire 34.157.000, veniva erogato, mediante una serie iniziale di acconti, all’esito della positiva verifica del
rispetto dei termini stabiliti per la realizzazione
dell’impianto.
In data 22 marzo 1991 la competente Commissione effettuava il collaudo finale con esito positivo, liquidando
la somma complessiva del contributo in lire
34.442.390.000, confermando tale valutazione nella riunione del 30 ottobre 1991.
La società sollecitava, quindi, l’approvazione del collaudo da parte dell’Agenzia per la promozione dello
Sviluppo del Mezzogiorno – Gestione Terremoto, cui subentrava la Direzione generale della Produzione industriale presso il Ministero dell’Industria, Commercio e
Artigianato che in un primo momento, con nota del 22
marzo 1993, esponeva che l’approvazione degli atti di
collaudo finale era “in fase di istruttoria”.
In effetti la Corte dei Conti in data 11 marzo 1993
aveva dichiarato irregolare il rendiconto della Nocera

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mento di quote di occupazione stabile pari al 70 per

Umbra Sud S.p.a. per l’esercizio 1984, sul presupposto
dell’esclusione dalle categorie ammissibili al contributo della produzione idrotermale dell’impresa.
In data 27 aprile 1995 il Tribunale di Santa Maria C.V.

cessivamente, il 9 luglio 1996 il Dir. Gen. del Ministero delle Attività Produttive, Industria e Artigianato comunicava al curatore fallimentare la decadenza dai
benefici previsti dall’art. 39 del TU n. 76 del 90, ingiungendo il pagamento della complessiva somma di lire
89.162.476.195.
1.1 – Promosso da parte del liquidatore il giudizio arbitrale previsto dall’art. 12 del disciplinare, il collegio arbitrale, emesso lodo non definitivo con il quale – con esclusione del quesito n. 4, attinente a questione riservata al giudice amministrativo – affermava
la propria competenza, con successivo lodo definitivo,
respinta ogni eccezione del Ministero convenuto, lo
condannava al trasferimento della proprietà dell’area,
al pagamento della somma di lire 4.780.795.000 oltre
interessi legali, nonché al pagamento delle spese nella
misura di due terzi, compensate nel resto.
1.2 – Entrambi i lodi venivano impugnati davanti alla
Corte dall’appello di Roma dall’Amministrazione, che ne
deduceva la nullità sotto i diversi profili del difetto
di giurisdizione dell’AGO in relazione a tutti i quesi-

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dichiarava il fallimento della Nocera Umbra Sud e suc-

ti proposti dalla Curatela fallimentare; per aver erroneamente disatteso il collegio arbitrale la decisione
del TAR della Campania n. 2504 (con la quale era stata
rigettata l’impugnativa avverso la revoca del contribu-

fallimento della società); per la mancata osservanza
del principio del contraddittorio, nonché per la violazione dell’art. 5 del l. n.741 81 e degli artt. 2932
e 1224 c.c..
1.3 – Si costituiva la Curatela del fallimento, la quale, eccepita l’infondatezza dell’impugnazione, in via
incidentale contestava l’affermazione della devoluzione
del quesito n. 4 alla giurisdizione amministrativa,
nonché il rigetto della propria domanda inerente al risarcimento dei danni derivanti dalla declaratoria di
fallimento della società.
1.4 – Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di
appello di Roma rigettava le impugnazioni, ribadendo
la validità della parziale declaratoria di incompetenza, relativamente al quesito riservato – in quanto inerente a revoca di provvedimento amministrativo – alla
giurisdizione amministrativa e rilevando, quanto alla
decisione del Tar, che la stessa, per altro non definitiva, atteneva, per l’appunto a tale questione.
Escluso che vi fosse stata una violazione del contraddittorio in relazione al mancato esame di documenti la

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to in considerazione dell’intervenuta dichiarazione di

cui produzione era stata ritenuta tardiva da parte dei
periti all’uopo nominati, anche perché relativi a ragioni dell’Amministrazione (in merito ad irregolarità
attribuite alla società comunque autorizzate, o sanate

tri, si ritenevano infondati i rilievi basati sulla
violazione degli artt. 5 della 1. n. 741 del 1981 e sugli artt. 2932 e 1224 c.c., osservandosi, quanto
all’impugnazione incidentale, che il rigetto della pretesa risarcitoria della curatela in relazione alla declaratoria di fallimento si fondava su valutazioni di
merito adeguatamente motivate.
1.5 – Per la cassazione di tale decisione il Ministero
delle Sviluppo Economico propone ricorso, affidato a
tre motivi. Resiste con controricorso la curatela fallimentare, che propone ricorso incidentale affidato a
due motivi, illustrati da memoria, cui
l’amministrazione resiste con controricorso
Motivi della decisione

2 – Preliminarmente va disposta la riunione dei ricorsi, ai sensi dell’art. 335 c.p.c., in quanto proposti
nei confronti della medesima decisione.
3 – Con il primo motivo del ricorso principale, denunciandosi violazione e falsa applicazione dell’art. 5
della 1. 10 dicembre 1981, n. 741 e dell’art. 12 delle
disp. prel. al cod. civ., in relazione all’art. 360,

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da parte dell’Amministrazione) comunque noti agli arbi-

primo comma, n. 3 c.p.c., si ripropone la tesi secondo
cui la legge n. 219 del 1981 non prevede alcun termine
per l’approvazione degli atti di collaudo, non ricorrendo, per altro, i presupposti per l’applicazione ana-

va differenza fra la verifica del rispetto delle previsioni contrattuali in materia di appalto e
l’accertamento della realizzazione delle previsioni in
tema di occupazione di mano d’opera.
3.1 – Il motivo in esame è in parte inammissibile, ed
in parte infondato.
Sotto il primo profilo va osservato che la censura non
coglie la complessiva “ratio decidendi” della sentenza
impugnata, incentrata non già sull’applicazione

tout

court alla vicenda in esame della disciplina prevista
dall’art. 5 della 1. 10 dicembre 1981, n. 741, bensì
sulla necessità di provvedere all’approvazione del collaudo in tempi ragionevoli, in ottemperanza a specifici
obblighi normativi e contrattuali, nonché ai doveri di
lealtà, cooperazione e buona fede, la cui violazione
era stata ritenuta dagli arbitri fonte di responsabilità.
Tale rilievo, nel quale va ravvisato il fondamentale
aspetto della motivazione della decisione in esame, non
risulta in alcun modo censurato. Esso, del resto, affonda le proprie radici nel principio della tutela del

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logica della 1. n. 741 del 1981, stante la significati-

legittimo affidamento del cittadino nella sicurezza
giuridica, che è immanente in tutti i rapporti di diritto pubblico e trova la sua base costituzionale nel
principio di eguaglianza dei cittadini dinanzi alla

le dello Stato di diritto, limitandone l’attività legislativa e amministrativa (Cass., 10 dicembre 2002, n.
17576; Cass., 4 aprile 2003, n. 5248, proprio in tema
di ritardo nel collaudo in relazione benefici previsti
dalla 1. n. 219 del 1981).
Tale indirizzo, per altro, risulta del tutto consolidato nella giurisprudenza di questa Suprema Corte anche
con riferimento al quadro normativo anteriore
all’emanazione della 1. n. 741 del 1981.
Si è infatti affermato, con orientamento costante, che
le domande relative all’esecuzione dell’appalto possano
essere proposte anche in difetto di approvazione del
collaudo ove la Pubblica Amministrazione abbia fatto
decorrere per il compimento del collaudo stesso un tempo così lungo da rendere l’inerzia sostanzialmente
equivalente ad un rifiuto, non potendo la medesima tenuta ad eseguire contratto nel rispetto delle regole
generali dettate dagli artt. 1374 e -1375 c.c.- ritardare sine die le sue determinazioni in ordine al collaudo, paralizzando i diritti dell’altro contraente
(Cass., 8 gennaio 2009, n. 132; Cass., 17 giugno 1998,

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legge (art. 3 Cost.), costituendo un elemento essenzia-

n. 6036; Cass., Sez. Un., 28 ottobre 1995 n. 11312;
Cass., 23 novembre 1992 n. 12513; Cass., 3 dicembre
1988 n. 6559; Cass., 11 dicembre 1986 n. 7378; Cass.,
Sez. Un., 26 luglio 1985 n. 4343; Cass., 25 giugno

La norma contenuta nell’art. 5 della 1. n. 741 del 1981
è stata in realtà richiamata nella decisione impugnata
non come dato di riferimento per affermare la doverosità dell’approvazione del collaudo in tempi ragionevoli,
bensì come mero parametro, di natura sistematica, per
l’individuazione di un termine congruo, per altro a titolo meramente indicativo, tanto che il

dies a quo per

l’approvazione del collaudo, coincidente, sulla base di
quel criterio, con la data del 22 marzo 1991, è stato
fissato nel 30 ottobre 1991.
3.2 – La Corte territoriale ha poi correttamente escluso che la deliberazione n. 26/94 della Sezione controllo della Corte dei Conti, contenente rilievi in merito
al bilancio dell’anno 1984, per altro intervenuta quando il termine sopra indicato era da tempo scaduto, potesse costituire, al pari delle accampate “carenze di
personale”, una valida giustificazione del ritardo, come evento costituente ipotesi di forza maggiore, vuoi
per l’assoluta carenza del requisito
dell’imprevedibilità, vuoi per l’inefficacia, anche sospensiva, di tale provvedimento (con il quale veniva

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1976, n. 2385).

semplicemente disposta la trasmissione degli atti alla
Procura generale della stessa Corte dei Conti) rispetto
all’approvazione del collaudo, potendo al massimo ipotizzarsi una necessità di verificare autonomamente la

La controricorrente, per altro, ha dedotto, senza che
sul punto siano stati sollevati rilievi, che tale segnalazione sarebbe rimasta priva di effetti, tanto che
il Consiglio di Stato, con sentenza n. 3067 del 2006,
aveva confermato l’illegittimità del provvedimento di
revoca dei benefici fondato sulla sopravvenuta dichiarazione di fallimento della Nocera Umbra.
Condivisibile, sotto tale profilo, appare il rilievo
fondato sulla circostanza che la stessa Amministrazione
abbia adottato un provvedimento di revoca (che presuppone la legittimità dell’atto, la cui efficacia è stata
sottoposta a nuova valutazione sulla base della testé
citata sopravvenienza) dell’ammissione al contributo e
degli atti conseguenziali, e non già di annullamento,
in virtù dell’emersione di elementi che inficiavano il
sia pure tardivo collaudo finale ed ostativi, quindi,
alla successiva approvazione.
4 – Il secondo motivo, con il quale, denunciandosi violazione e falsa applicazione dell’art. 2932 c.c. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3. c.p.c., si afferma che in assenza dell’approvazione degli atti di

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fondatezza dei rilievi stessi.

collaudo non avrebbe potuto procedersi all’esecuzione
in forma specifica del trasferimento del ben, subordinato, per l’appunto, a detta approvazione.
4 – La censura, per come formulata, è inammissibile,

sente giudizio di legittimità.
Giova, quanto a tale profilo, ribadire come nel giudizio di cassazione è preclusa alle parti la prospettazione di nuove questioni di diritto o nuovi temi di
contestazione che postulino indagini ed accertamenti di
fatto non compiuti dal giudice del merito, a meno che
tali questioni o temi non abbiano formato oggetto di
gravame o di tempestiva e rituale contestazione nel
giudizio di appello (Cass., 23 gennaio 2007, n. 1474;
Cass., n. 6993/1999; Cass., nn. 12843 e 4990 del 1998).
Per completezza di esposizione si rileva che la censura è infondata per le ragioni sopra esposte, in quanto
il sostanziale ed ingiustificato rifiuto di procedere
all’approvazione del collaudo non può impedire alla
parte che abbia adempiuto interamente ai propri obblighi ed abbia quindi maturato il diritto al trasferimento del bene di agire in giudizio per ottenere una decisione costitutiva ai sensi dell’art. 2932 c.c..
Al di là della differente natura del diritto esercitato
in virtù di tale norma (va considerato, per altro, il
consolidato orientamento circa il potere degli arbitri

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in quanto risulta dedotta per la prima volta nel pre-

di emettere sentenze costitutive ex art. 2932 c.c.
Cass., 8 agosto 2001, n. 10932; Cass., 15 marzo 1995,
n. 3045), la situazione non è dissimile da quella inerente al soddisfacimento delle ulteriori obbligazioni

mitata a dedurre l’insussistenza di un termine per il
collaudo ed a giustificare la propria inadempienza invocando una causa di forza maggiore, senza tuttavia affermare che l’approvazione del collaudo fungesse da

“condicio iuris”.
5 – Del pari inammissibile è il terzo mezzo del ricorso
principale, con il quale, denunciandosi violazione e
falsa applicazione dell’art. 1224 c.c. e vizio motivazionale, l’Amministrazione si duole della rivalutazione
monetaria dei crediti vantati dalla controparte, per
essersi erroneamente ritenuto che si trattasse di debiti di valore e non valuta.
Invero la Corte territoriale, escludendo la violazione
da parte del Collegio arbitrale della norma contenuta
nel richiamato art. 1224, comma 2, c.c., dopo aver richiamato (pag. 9 della sentenza impugnata) la motivazione resa in materia di maggior danno dal Collegio arbitrale, ha in maniera sintetica, ma efficace, rilevato
che il lodo era conforme agli orientamenti giurisprudenziali riguardanti la materia e che, quindi, non si
configurava “una violazione dell’art. 1224 c.c.”.

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dell’Amministrazione, la quale, al riguardo, si era li-

Deve pertanto ritenersi che il motivo in esame, con il
quale non si avanzano rilievi circa le concrete modalità di determinazione del maggior danno, ma unicamente
in merito alla erronea qualificazione del debito (di
in parte qua,

a

fronte del tenore della decisione impugnata e
dell’assenza, in violazione del principio di autosufficienza del ricorso, di riferimenti a specifiche affermazioni, da parte della corte territoriale, circa la
ricorrenza di un debito di valore e non di valuta, la
portata e la ratio decidendi della sentenza stessa.
6 – Con il primo motivo del ricorso incidentale si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1223
e 2043 c.c., dell’art. 41 c.p., nonché vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un
fatto controverso e decisivo per il giudizio ai sensi
dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c..
Si sostiene che, avendo il lodo rigettato la pretesa
risarcitoria inerente alla dichiarazione di fallimento
come conseguenza dell’inadempimento della controparte
sulla base dell’esclusione del nesso di causalità fra
tale evento e l’inadempimento dell’Amministrazione, ed
avendo la curatela impugnato in via incidentale tale
statuizione, il riferimento della Corte d’appello
all’art. 2043 c.c. nella motivazione del rigetto di ta-

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valore, e non di valuta), non colga

le motivo di impugnazione del lodo sarebbe del tutto
inadeguato.
La censura è infondata, in quanto, a tacere della riproposizione della questione del nesso di causalità fra

mento, in maniera tale da incidere direttamente sulla
motivazione del lodo e, in ogni caso, da proporre inammissibilmente in questa sede una diversa ricostruzione
sotto il profilo fattuale, la Corte di appello ha correttamente rilevato che ” il diniego di danni per
l’avvenuto fallimento è altra decisione di merito del
Collegio, fondata su accertamenti di natura peritale in
ordine alle cause del fallimento della società”.
Il riferimento alla norma di cui all’art. 2043 c.c., in
realtà, viene effettuato dalla corte territoriale per
evidenziare come, al di là della sua indistinta evocazione, l’appello incidentale non denuncia, in realtà,
la violazione di alcuna norma giuridica, né prospetta
una violazione per carenza assoluta di motivazione, “a
fronte di una non condivisa, ma motivata in base ad accertamenti di un collegio peritale, decisione”.
In realtà la curatela, propone, pur denunciando la violazione di norme giuridiche, senza per altro esplicitarne le ragioni, una diversa lettura delle risultanze
probatorie, inibita sia davanti alla Corte di appello
dai circoscritti segnati dall’art. 829 c.p.c., sia in

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l’inadempimento e la successiva declaratoria di falli-

sede di legittimità. Di tale tentativo viene per altro
effettuata, nell’ambito del motivo, una specifica ammissione, laddove si afferma : “DI certo, in realtà la
Corte elude la domanda di riesame della proposta doman-

che la Corte aveva il potere e il dovere di sindacare”.
7 – Il secondo motivo, con il quale si ripropone la domanda, evidentemente formulata in via condizionata, di
risarcimento per equivalente in caso di accoglimento
del motivo di ricorso dell’Amministrazione concernente
l’applicazione dell’art. 2932 c.c., è all’evidenza assorbito.
4 – Entrambi i ricorsi, pertanto, debbono essere rigettati. La reciproca soccombenza giustifica l’integrale
compensazione delle spese processuali relative al presente giudizio di legittimità.
P. Q. M.

La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta. Compensa interamente fra le parti le spese processuali.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della
prima sezione civile, il 29 maggio 2013.

da che involgeva certo un apprezzamento di fatto, ma

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