Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4801 del 28/02/2014


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Civile Ord. Sez. 1 Num. 4801 Anno 2014
Presidente: CARNEVALE CORRADO
Relatore: DI AMATO SERGIO

ORDINANZA INTERLOCUTORIA

sul ricorso 1044-2012 proposto da:
MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E
FORESTALI, in persona del Ministro pro tempore,
domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA

GENERALE

DELLO

STATO,

che

lo

rappresenta e difende ope legis;

Data pubblicazione: 28/02/2014

– ricorrente contro

FEDERAZIONE ITALIANA CONSORZI AGRARI SOC. COOP. A
R. L . “FEDERCONSORZI” IN CONCORDATO PREVENTIVO, in
persona del Liquidatore pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA F. PAULUCCI DE’ CALBOLI 9,
ed.

1

._

presso l’avvocato SANDULLI PIERO, che la rappresenta
e difende, giusta procura in calce al controricorso;

,.é
LIQUIDAZIONE GIUDIZIALE DEI BENI CEDUTI AI CREDITORI
DELLA FEDERAZIONE ITALIANA CONSORZI AGRARI S.C.A
R.L. – FEDERCONSORZI IN CONCORDATO PREVENTIVO, in

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA TEODOSIO
MACROBIO 3, presso l’avvocato NICCOLINI GIUSEPPE,
che la rappresenta e difende unitament agli avvocati
SANTOSUOSSO DANIELE UMBERTO, CARAVITA DI TORITTO
BENIAMINO, giusta procura in calce al controricorso
e procura speciale per Notaio dott. CARLO FEDERICO
TUCCARI di ROMA – Rep. n. 83562 del 24.10.2013;
– controri correnti –

avverso la sentenza n. 4699/2010 della CORTE
D’APPELLO di ROMA, depositata il 14/10/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 28/11/2013 dal Consigliere Dott. SERGIO
DI AMATO;

persona del Liquidatore Giudiziale pro tempore,

udito, per il ricorrente, l’Avvocato Generale dello
Stato G. DE BELLIS che ha chiesto l’accoglimento del
ricorso;
udito, per la controricorrente Federazione Italiana
Consorzi, l’Avvocato SANDULLI che ha chiesto il
rigetto del ricorso;
I.-

2

uditi, per la controricorrente Liquidazione, gli
Avvocati G. NICCOLINI, D. SANTOSUOSSO e C. CARAVITA
DI TORITTO che hanno chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. PASQUALE FIMIANI che ha concluso per:

interpretativo alla Corte di Giustizia sulla
questione se il rapporto di mandato ex lege
intercorrente tra l’Amministrazione statale e la
Federazione Italiana Consorzi Agrari (Federconsorzi)
per gli approvvigionamenti di prodotti agricoli,
quale risultante dal D.Lgs. n.169 del 1948 ed alla
legge n.1294 del 1957 rientri nella definizione di
transazione commerciale come definità dall’art.2,
n.1, della Dir. 16 febbraio 2011, n.2011/7/UE ed in
caso affermativo sulle questioni indicate nella
pagine 29/30 della memoria ex art.378 c.p.c. della
Liquidazione giudiziale dei beni ceduti ai creditori
della Federazione Italiana Consorzi Agrari soc.

in via principale, rinvio pregiudiziale

coop. a r.1.; in subordine, accoglimento del ricorso
con applicazione dell’art.12, comma 6, del D.L. 2
marzo 2012, n.16, convertito in legge, con
modificazioni, dall’art.1, comma 1, L. 26 aprile
2012, n.44.

3

1. PREMESSE IN FATTO

Con sentenza del 22 novembre 2004 la Corte di appello
di Roma, in accoglimento dell’appello proposto dalla
Federconsorzi – Federazione Italiana dei Consorzi Agrari
s.c. a r.l. – in concordato preventivo (d’ora in avanti

Federconsorzi) e dal liquidatore giudiziale del
concordato (d’ora in avanti Liquidazione giudiziale),
determinava in 511.878.997,39 il credito vantato dalla
prima nei confronti del Ministero dell’Agricoltura e
Foreste (oggi Ministero delle politiche agricole
alimentarie forestali e d’ora in avanti Ministero), in
quanto cessionaria dei crediti maturati da 58 Consorzi
agrari provinciali, a titolo di rimborso delle spese
sostenute nel dopoguerra e fino al 1967 per la gestione
degli ammassi obbligatori. In particolare, la Corte di
appello perveniva alla predetta quantificazione del
credito, escludendo, anzitutto, l’applicabilità dell’art.
8, primo comma, della legge n. 410/1999, secondo cui gli
interessi dovevano essere calcolati sino al 1995 sulla
base del tasso ufficiale di sconto maggiorato di punti
4,40=, con la capitalizzazione annuale e per gli anni
1996 e 1997 sulla base dei soli interessi legali. Ciò
posto, la Corte territoriale riferiva la decorrenza degli
interessi alla data dell’accertamento del credito (31
dicembre 1982), come effettuato dalla pubblica
amministrazione,

anziché

a

quella

della

domanda
4

..
,. ….

giudiziale, non essendo necessaria la costituzione in
mora per gli interessi di natura corrispettiva. Pertanto,
sulla base dell’incontestato conteggio fatto dagli
appellanti, determinava il credito di Federconsorzi al 4
luglio 1991 in lire 407.504.519.630 e quello del

Ministero, venuto in essere in tale data ed opposto in
compensazione, in lire 153.674.593.489; sulla differenza
di lire 253.829.926.141 calcolava gli interessi con
capitalizzazione semestrale, in ragione di lire
737.306.020.141 per il periodo 5 luglio 1991 – 30 giugno
2004. A tale ultima data quantificava, infine, il credito
della Federconsorzi in C 511.878.997,39-, oltre interessi
sino all’effettivo pagamento.
La predetta sentenza veniva cassata con rinvio da
questa Corte con la sentenza 13 dicembre 2007, n. 26159.
In particolare, detta sentenza, da un lato, confermava
l’inapplicabilità alla fattispecie del citato art. 8
della legge n. 410/1999 in quanto tale norma era diretta
ad estinguere i contenziosi pendenti con i Consorzi
agrari e, quindi, non si applicava a soggetti diversi, i
quali si fossero resi cessionari dei loro crediti.
D’altro canto, la decisione, quanto alla misura degli
interessi, rilevava che nessun riconoscimento da parte
del Ministero poteva desumersi dalla richiesta di
applicazione del saggio previsto dalla legge n. 410/1999,

sull’erroneo presupposto che la stessa si riferisse anche
5

alla fattispecie in esame. Da ciò discendeva che dovevano
ritenersi controversi tanto il tema del saggio degli
interessi quanto quello dell’anatocismo. Con riferimento
a quest’ultimo,

ritenuto erroneamente dalla Corte

territoriale come unico tema controverso,

doveva

impugnata che aveva rinvenuto la fonte negoziale

ritenersi insufficiente la motivazione della sentenza
«in

“precedente prassi sulla base di disposizioni e circolari
ministeriali” affermando che “tutto ciò è ammesso
esplicitamente nella nota ministeriale del 30 luglio 1971
prot. 11/773 e confermato dallo stesso Ministero con atto
ricognitivo del 17 ottobre 1988 e da ultimo con atto di
riconoscimento dell’Il aprile 1996”; senza però fornire
alcuna specificazione delle disposizioni delle circolari
e meno ancora indicare il contenuto della nota e degli
atti citati, del 1988 e del 1996, limitandosi a
qualificarli apoditticamente ricognitivi e mancando di
esplicitare il tenore delle espressioni usate per la
manifestazione di tale volontà negoziale e ancor più di
valutarne la legittimità».
Con sentenza 14 ottobre 2011, emessa in sede di
rinvio, la Corte di appello di Roma accertava nuovamente
che il debito del Ministero era «alla data del 30 giugno
2004 di complessive lire 991.135.946.282 pari ad C
511.878.997,39 oltre ulteriori interessi pari al tasso
ufficiale di sconto aumentato del 4,40% capitalizzato
6

semestralmente maturato e maturando dal 1 ° luglio 2004
fino alla data dell’effettivo pagamento».

In particolare,

per quanto ancora interessa, la Corte di appello
osservava che: l) dal quadro normativo offerto dal d. lgs
n. 169/1948 e dalla legge n. 1294/1957 risultava la
lege avente ad oggetto la

previsione di un mandato ex

delega da parte dello Stato alla Federconsorzi della
funzione di garantire l’approvvigionamento dei prodotti
agroalimentari; il mandato si svolgeva con piena
autonomia gestionale e finanziaria (cui conseguiva la
necessità per i Consorzi agrari di accedere al credito
bancario alle condizioni di libero mercato), con obbligo
di rendiconto annuale e con diritto al rimborso delle
spese secondo quanto previsto dall’art. 5 della legge n.
1294/1957; 2) poiché il rapporto traeva origine da
disposizioni di legge non era richiesta né la forma
scritta né la necessità dell’attivazione di una specifica
procedura contrattuale ad evidenza pubblica;
conseguentemente, la liquidazione delle spese era
avvenuta non attraverso atti comportanti assunzione di
obblighi di spesa, ma attraverso atti con i quali
l’Amministrazione ricostruiva unilateralmente la «misura
dell’obbligazione solutoria rintracciando in piena
autonomia nelle operazioni effettuate da Federconsorzi
(come evidenziate nel rendiconti mai contestati), le
spese da rifondere e i criteri di calcolo degli accessori
7

nella misura sopportata dalla mandataria nei rapporti con
il credito bancario pervenendo ad una vasta ricognizione
del mercato del denaro allo scopo di autodeterminare la
propria obbligazione di natura esclusivamente
“ripianatoria”».

In questa prospettiva le note, le

circolari e le disposizioni interne emanate
dall’Amministrazione non erano atti ricognitivi di
debito, ma atti integrativi della fonte legale,
finalizzati

alla

autodeterminazione

quantum

del

dell’obbligazione ripianatoria; ne conseguiva la «natura
non

costitutiva

dell’obbligazione,

ma

meramente

ricostruttiva dei parametri fattuali della sua
corrispondenza ai non contestati rendiconti annuali ed al
verificato “costo del denaro” in libero mercato».
Il Ministero delle politiche agricole alimentariAt
forestali ha proposto ricorso per cassazione, deducendo
tre motivi. La Federconsorzi e la Liquidazione hanno
resistito con separati controricorsi; la seconda ha anche
presentato memoria con la quale ha denunciato la
contrarietà ai principi comunitari e, comunque,
l’illegittimità costituzionale dell’art. 12, comma sesto,
del d.l. n. 16/2012, convertito con legge n. 44/2012, che
ha previsto – per i crediti derivanti dalle gestioni di
ammasso obbligatorio e di commercializzazione dei
prodotti agricoli nazionali, quali risultanti dai
rendiconti approvati con decreti definitivi ed esecutivi
8

del Ministro dell’agricoltura e delle foreste e
registrati dalla Corte dei conti – l’estinzione, nei
riguardi di coloro che risulteranno averne diritto, con
la corresponsione degli interessi calcolati, fino al 31
dicembre 1995, sulla base del tasso ufficiale di sconto

maggiorato di 4,40 punti, con capitalizzazione annuale e
per il periodo successivo sulla base dei soli interessi
legali. Anche il Ministero ha presentato memoria,
invocando l’applicazione dello jus superveniens.
2. I MOTIVI DI RICORSO

Con il primo motivo il ricorrente Ministero deduce la
violazione e la falsa applicazione dell’art. 1283 c.c.,
dell’art. 4, terzo comma, della legge n. 154/1992,
dell’art. 117, sesto comma, del d. lgs. n. 385/1993, del
d. lgs. n. 169/1948 e della legge n. 1294/1957,
lamentando che la Corte di appello non aveva spiegato
come gli atti amministrativi, ritenuti atti integrativi
della fonte legale, potessero derogare alle norme
primarie che vietano l’anatocismo. Il ricorrente osserva
anche che l secondo l’art. 10 della legge n. 1294/1957 2
«alla copertura degli eventuali oneri che potranno
derivare allo Stato dalla esecuzione della presente legge
si provvederà con stanziamenti di bilancio a carico degli
esercizi finanziari 1955-1956 e seguenti da autorizzarsi
con apposita legge la quale dovrà anche indicare i mezzi
di copertura degli oneri» e che tale apposita legge era
9

appunto la legge n.

410/1999 della quale aveva

(inutilmente) chiesto l’applicazione. In ogni caso la
procedura prevista dalla legge n. 1294/1957 si era chiusa
con la regolare approvazione dei rendiconti, avvenuta con
89 DD.MM ., registrati alla Corte dei conti, alla data del
(nella sentenza impugnata, peraltro,

31 gennaio 1982

viene indicata come data del DD.R5L quella del 31
dicembre 1982,

n.d.e.). Ne conseguiva che alla predetta

data il credito della Federconsorzi, per crediti ceduti
dai Consorzi, ammontava a lire 49.055.514.605

(e

25.335.058,96) e doveva escludersi che tale somma potesse
continuare a produrre interessi anatocistici.
Con il secondo motivo il Ministero deduce la
violazione e la falsa applicazione dell’art. 1283 c.c.,
dell’art. 4, terzo comma, della legge n. 154/1992,
dell’art. 117, sesto comma, del d. lgs. n. 385/1993 e
dell’art. 3 del d.lgt. n. 5799/1946, lamentando che la
Corte di appello, riconoscendo alla Federconsorzi il
diritto ad interessi anatocistici, aveva dato
erroneamente rilievo a quest’ultima disposizione (secondo
cui «gli interessi sulle somme anticipate dagli Istituti
di credito per il pagamento delle quote e del premi
suddetti sono assunti a carico del bilancio dello Stato»)
anche per il periodo successivo all’approvazione dei
rendiconti; in ogni caso, l’illegittima pretesa di

10

interessi anatocistici da parte degli istituti di credito
non avrebbe mai potuto essere riversata sullo Stato.
Con il terzo subordinato motivo il ricorrente deduce
la violazione e falsa applicazione dell’art. 8, primo
comma, della legge n. 410/1999, premettendo che il

giudice di rinvio e la Corte di cassazione, in sede di
successivo ricorso, non sono vincolati dai principi
affermati nella pronuncia di cassazione con rinvio
qualora risulti che gli stessi siano in contrasto con il
diritto dell’Unione, come interpretato dalla Corte di
giustizia europea (CGUE 20 ottobre 2011 in causa n. C396/09). Nella fattispecie, in particolare, in violazione
degli artt. 87 e 88 del Trattato CE, che vietano gli
aiuti

di

Stato,

l’impugnata

pronunzia

avrebbe

discriminato i Consorzi agrari, rispetto ai soggetti
resisi cessionari dei crediti prima del 1999, consentendo
solo per questi ultimi l’applicazione, secondo quanto
ritenuto dalla Corte di appello, di un tasso maggiore.
3. LE CONSIDERAZIONI PRELIMINARI DI QUESTA CORTE DI
CASSAZIONE

Dall’esame complessivo dei motivi emerge che i primi
due attengono soltanto alla questione dell’anatocismo e
non toccano il saggio di interessi determinato dalla
Corte di appello, in sede di rinvio in 4,40 punti sopra
il tasso di sconto. La questione della misura degli
interessi, tuttavia, è toccata dal terzo motivo
11

subordinato nella parte in cui, come sopra riferito,
lamenta che la mancata applicazione dell’art. 8 della
legge n. 410/1999 avrebbe comportato un aiuto di Stato in
favore della Federconsorzi che, per effetto di detta
disposizione, avrebbe goduto di interessi superiori a

quelli goduti dai Consorzi.
In tale situazione, al momento dell’entrata in vigore
della legge n. 16/2012, sia la questione relativa
all’applicazione dell’anatocismo sia quella relativa al
tasso di interesse non possono ritenersi passate in
giudicato. Infatti, soltanto all’esito di uno scrutinio
positivo dei primi due motivi resterebbe assorbito il
terzo motivo, con conseguente formazione di un giudicato
sul saggio degli interessi. Ne consegue l’applicabilità
alla fattispecie dell’art. 12, sesto comma, della
predetta legge n. 16/2012, che disciplina in modo
inscindibile, sotto i profili del saggio e
dell’anatocismo, il calcolo degli interessi dovuti dallo
Stato sui crediti dei Consorzi agrari, anche se ceduti ad
altri soggetti.
Si deve ulteriormente premettere che la disciplina
dettata dalla legge n. 16/2012 si sovrappone non
semplicemente al regolamento della controversia. come
dettato dalla impugnata sentenza della Corte di appello,
ma alla situazione di incertezza determinata dal ricorso.
È evidente, infatti, che la nuova disciplina si è
12

..

sovrapposta ad un regolamento che potenzialmente poteva

.

individuarsi alternativamente in quello dettato dalla
sentenza impugnata (interessi pari al TUS maggiorato di
punti 4,40 e capitalizzazione semestrale a partire dal
consolidamento del credito con i DD.MM . del 31 gennaio

1982, registrati dalla Corte dei conti) o in quello
conseguente all’accoglimento dei primi due motivi del
ricorso con assorbimento del terzo (interessi pari al TUS
maggiorato di punti 4,40=, esclusa ogni capitalizzazione,
a partire dal consolidamento del credito con i DD.MM. del
31 gennaio 1982) ovvero, infine, in caso di rigetto dei
primi due motivi e di accoglimento del terzo, in un
regolamento sostanzialmente coincidente con quello
dettato dallo jus superveniens.

Pertanto, nell’ambito di

tale situazione di incertezza l’applicazione dell’art.
12, sesto coma, della legge n. 16/2012 comporterebbe,
nei primi due casi ed a far tempo dal 31 dicembre 1995,
la riduzione del tasso di interessi sul credito vantato
dalla Federconsorzi, che infatti passerebbe dal TUS
maggiorato di punti 4,40 al tasso legale; nel primo caso,
inoltre, comporterebbe anche il passaggio dal 1 0 febbraio
1982 al 31 dicembre 1995 da una capitalizzazione
semestrale degli interessi ad una annuale mentre nel
secondo caso comporterebbe una capitalizzazione annuale
altrimenti non attribuibile.

13

-

In relazione alla disciplina dettata dalla legge n.

.

16/2012, la controricorrente Liquidazione ha sollevato
questioni sulla sua compatibilità con il diritto
dell’Unione

Europea

e,

in

subordine,

sulla

sua

legittimità costituzionale. In proposito, quanto

all’ordine di esame delle questioni, si deve rammentare
che la Corte costituzionale ha chiarito che i giudici
nazionali devono dare la priorità alle pregiudiziali
comunitarie, essendo chiamati ad applicare il diritto
comunitario disapplicando, se necessario, le contrastanti
norme nazionali. Pertanto, il dubbio sulla compatibilità
della norma nazionale rispetto al diritto comunitario va
risolto, eventualmente con l’ausilio della Corte di
Giustizia, prima che sia sollevata la questione di
legittimità costituzionale, pena l’irrilevanza della
questione stessa (Corte cost. nn. 75/2012, 284/2007,
170/1984).
All’esame

delle

questioni

sollevate

dalla

controricorrente si deve, inoltre, premettere che il
rinvio pregiudiziale della causa alla Corte di Giustizia
dell’Unione Europea, ai sensi dell’art. 267 TUEF,
presuppone che la questione interpretativa riguardi norme
comunitarie, che la stessa sia rilevante ai fini della
decisione e che sussistano effettivi dubbi sulla
interpretazione, essendo il rinvio inutile (o non
obbligato) quando l’interpretazione della norma sia
14

..

evidente o il senso della stessa sia già stato chiarito
da precedenti pronunce della C.G.U.E. (e plurimis Cass.
S.u. 24 maggio 2007, n. 12067; Cass. ord. 22 ottobre
2007, n. 22103, con riferimento al c.d.

acte claire;

Cass. 19 luglio 2000, n. 9485; Cass. 7 giugno 2000, n.
7699; Cass. 9 giugno 1998, n. 5673). Si deve anche

..

premettere che deve ritenersi inammissibile l’istanza di
rinvio pregiudiziale per la risoluzione di questioni di
interpretazione della Convenzione Europea dei diritti
dell’Uomo. Invero, sebbene sia costante l’affermazione
che i diritti fondamentali, quali risultano dalle
tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri e
dalla Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo, fanno
parte dei principi giuridici generali di cui essa
garantisce l’osservanza (a far tempo da CG sent. 12
novembre 1969, Stauder, causa 29/69) e sebbene ciò sia
stato espressamente affermato dal Trattato di Lisbona, la
Corte di Giustizia ha limitato la verifica del rispetto
dei diritti fondamentali alle situazioni in cui rileva
una disciplina comunitaria e siano investiti gli atti
comunitari e gli atti o comportamenti nazionali che danno
attuazione al diritto comunitario (CG 11 luglio 1985,
Cinétèque, cause 60 e 61/84: la Corte «ha il compito di
garantire il rispetto del diritti fondamentali nel
settore specifico del diritto comunitario, non le spetta

15

-

tuttavia di esaminare la compatibilità con la Convenzione

.

europea di una legge nazionale»).
Con riferimento ai diritti fondamentali si deve anche
escludere la possibilità di un rinvio pregiudiziale
consultivo alla Corte Europea dei diritti dell’Uomo in

quanto tale rinvio, ancorchè previsto dal Protocollo n.
16 della Convenzione EDU, approvato il 10 luglio 2013 dal
Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa, non è
ancora operativo.
4. LE CONSIDERAZIONI DELLE PARTI
Tanto premesso, si osserva che la controricorrente
Liquidazione ha sollevato la questione della
compatibilità dell’art. 12, commi 6 e 7, del d.l. n.
16/2012 con le direttive europee 2000/35/CE e 2011/7/UE,
in tema di lotta contro i ritardi di pagamento nelle
transazioni commerciali, recepite in Italia
rispettivamente con il d. lgs. n. 231/2002 e con il d.
lgs. n. 192/2012. Al riguardo ha lamentato che lo Stato
Italiano, con un atto di autorità (successivo
all’adozione di entrambe le citate direttive), pretende
di imporre alla Liquidazione, suo creditore, non solo la
riduzione degli interessi moratori maturati sino al 1995
(sostituendo alla capitalizzazione semestrale quella
annuale), ma anche l’applicazione dei soli interessi
legali dal 1995. La controricorrente, a sostegno della
.

sua doglianza, afferma che le direttive debbano essere
16

interpretate: a) estensivamente, nel senso che esse, pur
riferendosi, ad accordi, clausole contrattuali o prassi
inibiscano al legislatore nazionale anche di intervenire
su un rapporto di credito già esistente, per il quale era
previsto il maturare di interessi moratori, adottando

norme di legge che escludano il diritto del proprio
creditore al conseguimento di interessi moratori; b)
estensivamente, nel senso che esse, pur riferendosi
obbligatoriamente ad accordi conclusi rispettivamente
dopo 1’8 agosto 2002 e dopo il 16 marzo 2013 (anche se in
quest’ultimo caso il legislatore italiano ha scelto la
data del 1 0 gennaio 2013), non consentono allo Stato,
dopo le predette date, di intervenire d’autorità su
rapporti ad esse antecedenti, modificando

in peius

la

posizione del creditore ed escludendo l’applicazione di
interessi moratori.
L’Avvocatura dello Stato, con note d’udienza avverso
le conclusioni del P.M., che ha condiviso la richiesta
della Liquidazione di rinvio pregiudiziale alla CGUE, ha
contestato l’applicabilità alla fattispecie della
Direttiva 2000/35/CE e del d. lgs. n. 231/2002 sia perché
nella specie non ricorreva una transazione commerciale,
ma un rapporto pubblicistico, con conseguente operatività
delle deroghe di cui al 13 ° considerando della Direttiva
2000/35/CE e di cui all’8 ° considerando della Direttiva
2011/7/UE, sia perché la Direttiva 2000/35/CE ed il d.
17

lgs. n. 231/2002 si applicano soltanto ai contratti
conclusi prima dell’8 agosto 2002.
5. LE CONSIDERAZIONI DI QUESTA CORTE DI CASSAZIONE

Entrambi i rilievi dell’Avvocatura dello Stato non
consentono di escludere con evidenza l’applicabilità

per quanto riguarda il tipo di rapporto, il

delle Direttive in questione al caso in esame. Invero,
considerando

n. 22 della Direttiva 2000/35/CE fa riferimento a “tutte
le transazioni commerciali a prescindere dal fatto che
esse siano effettuate tra imprese pubbliche o private o
tra imprese ed autorità pubbliche”; nello stesso senso il
considerando n. 9 della Direttiva 2011/7/UE, mentre il
considerando

n. 11 della stessa Direttiva ne precisa

l’applicabilità alla “prestazione di servizi dietro
corrispettivi”. Pertanto, non può escludersi con
chiarezza la riconducibilità del mandato

ex lege

(Cass.

s.u. 13 giugno 2012, n. 9589), intercorso tra i Consorzi
agrari e lo Stato, per la gestione degli ammassi, alla
categoria delle transazioni commerciali.
Giova a questo punto chiarire che, secondo la
giurisprudenza di questa Corte, i consorzi agrari, che
hanno maturato i crediti poi ceduti alla Federconsorzi,
hanno natura privatistica poiché

«l’art. 1 del decreto

legislativo 7 maggio 1948, n. 1235, stabilisce che “i
consorzi agrari e la federazione italiana del consorzi
agrari sono società cooperative a responsabilità
18

limitata”. E la natura privatistica del consorzi è
indiscussa nella giurisprudenza di questa Corte, appunto
in ragione della disciplina innovativa introdotta con
tale decreto (Cass., sez. la , 13 dicembre 1969, n. 3952,
m. 344384, Cass., sez. la , 27 febbraio 1970, n. 479, m.

345493, Cass., sez. la , 18 luglio 1973, n. 2111, m.
365298, Cass., sez. la , 23 ottobre 1974, n. 3052, m.
371512), confermata poi dalla legge 28 ottobre 1999, n.
410» (Cass. 28 agosto 2004, n. 17201).
Per quanto concerne, invece, la data del contratto,
non appare manifestamente infondata la tesi della
controricorrente Liquidazione secondo cui le due
Direttive di lotta ai ritardi nei pagamenti (le quali
prevedono la possibilità ma non la necessità che siano
esclusi dal loro ambito di applicazione rispettivamente i
contratti conclusi prima dell’8 agosto 2022 e quelli
conclusi prima del 16 marzo 2013) non consentono
l’emanazione di norme che, con riferimento a rapporti
sorti prima delle predette date, escludano la
corresponsione di interessi moratori.
Nessun dubbio sussiste, poi, sulla rilevanza della
questione poiché ove l’interpretazione delle norme
comunitarie fosse tale da non comportare l’obbligo di
disapplicazione, la controversia per cui è causa dovrebbe
essere regolata dall’art. 12, comma sesto, del d.l. n.
16/2012. La questione della rilevanza, peraltro, non deve
19

essere
,.

confusa

con

quella

dell’interesse

poiché

l’eventuale disapplicazione comporterebbe la necessità di
sciogliere l’incertezza della situazione, sopra
illustrata al punto 3; l’eventuale relativa decisione di
questa Corte potrebbe, pertanto, condurre anche ad una

soluzione meno favorevole per la controricorrente
Liquidazione, il cui interesse, tuttavia, deve essere
ovviamente affermato in relazione alla tesi da essa
sostenuta in giudizio.
La controricorrente Liquidazione, inoltre, premesso
che la materia dei ritardi di pagamento nelle transazioni
commerciali ricade tra le materie sulle quali il
legislatore comunitario è intervenuto (con le due citate
direttive), lamenta la contrarietà della disciplina
dettata dalla legge n. 16/2012 con i principi dell’Unione
Europea, con i diritti consacrati nella Carta di Nizza e
con i diritti fondamentali garantiti dalla Convenzione
Europea sui diritti dell’Uomo sotto i seguenti profili:
a) principio di proporzionalità, in quanto Federconsorzi
aveva acquistato i crediti dei Consorzi provinciali ad un
prezzo di acquisto che comprendeva anche gli interessi
maturati calcolati ad un saggio pari al TUS, maggiorato
di punti 4,40, con capitalizzazione semestrale; con la
conseguenza, quindi, che il nuovo sistema di calcolo
degli interessi incideva sul valore dei crediti, con

effetti sostanzialmente espropriativi; b) tutela del
20

legittimo affidamento a vedere realizzato il credito nel
suo valore

capitale,

accresciuto degli

interessi

calcolati al saggio del TUS aumentato di punti 4,40 e con
capitalizzazione

semestrale,

come

riconosciuto

da

numerosi atti amministrativi (circolari, note e
relazioni) e da due sentenze della Corte di appello di

.

Roma, violato senza che ricorresse un interesse pubblico
(tale non potendo considerarsi lo scopo di preservare le
casse dello Stato) che potesse giustificare la riduzione
del credito; c) divieto di abuso del diritto, violato in
quanto il legislatore italiano aveva di fatto modificato
il criterio di computo degli interessi su una somma di
cui era debitore nei confronti della Federconsorzi,
procurandosi l’indebito vantaggio dell’abrogazione di
qualsivoglia interesse moratorio a partire dal 1996; d)
diritto ad un ricorso effettivo (art. 47 della Carta) ed
al giusto processo (art. 6 CEDU) violati in quanto il
legislatore aveva rispettivamente reso privo di
effettività il diritto della Liquidazione di adire
l’autorità giudiziaria per la tutela della propria
pretesa creditoria ed era intervenuto adottando una norma
favorevole ad una delle parti del contenzioso in corso.
Al riguardo, tuttavia, occorre ricordare, come si è
accennato nelle considerazioni preliminari (punto 3), che
la Corte di giustizia non ha una competenza generale in
tema violazione di un diritto fondamentale o di un
21

principio generale ed essa può essere chiamata ad
intervenire soltanto se si dimostra l’esistenza di un
nesso tra il caso concreto e il diritto dell’Unione.
Questa necessità non pone particolari problemi quando
l’accusa di violare un diritto fondamentale o un
principio generale riguarda istituzioni dell’Unione o un

.

atto emanato da una di queste. Se la violazione è
imputata ad uno Stato membro o ad una sua autorità
occorre, invece, dimostrare che l’atto o il comportamento
“incriminato” è stato adottato in attuazione di un
obbligo o di una facoltà attribuita allo Stato membro dai
trattati. Solo a questa condizione il comportamento o
l’atto dello Stato membro sono soggetti al diritto
dell’Unione e devono pertanto rispettare i diritti
fondamentali e i principi generali di cui la Corte di
giustizia garantisce la tutela.
Orbene, nella specie la legge nazionale rappresentata
dall’art. 12 del d.l. n. 16/2012 non è stata certo
emanata in attuazione delle Direttive comunitarie in tema
di lotta ai ritardi di pagamento e si discute, invece,
della compatibilità della predetta legge nazionale con
tali Direttive. Ne consegue l’inconfigurabilità, nella
specie, della competenza della CGEU circa la pretesa
violazione di un diritto fondamentale o di un principio
generale riconducibile al diritto comunitario.

22

Non sussistono, pertanto, sotto tale aspetto,
presupposti per un rinvio pregiudiziale alla CGUE.
6. NORME RILEVANTI E QUESITI SOTTOPOSTI ALLA CORTE DI
GIUSTIZIA
In conclusione, dovendosi accertare la compatibilità

con le norme comunitarie del sesto comma dell’art. 12 del
d.l. 2 marzo 2012, n. 16, convertito con legge 26 aprile
2012, n. 44, del seguente testuale tenore:

«I crediti derivanti dalle gestioni di ammasso
obbligatorio e di commercializzazione dei prodotti
agricoli nazionali, svolte dai consorzi agrari per conto
e nell’interesse dello Stato, diversi da quelli estinti
ai sensi dell’articolo 8, coma l, della legge 28 ottobre
1999, n. 410, come modificato dall’articolo 130 della
legge 23 dicembre 2000, n. 388, quali risultanti dai
rendiconti approvati con decreti definitivi ed esecutivi
del Ministro dell’agricoltura e delle foreste

e

registrati dalla Corte del conti, che saranno estinti nei
riguardi di coloro che risulteranno averne diritto,
nonché le spese e gli interessi maturati a decorrere
dalla data di chiusura delle relative contabilità,
indicata nei decreti medesimi, producono interessi
calcolati: fino al 31 dicembre 1995 sulla base del tasso
ufficiale di sconto maggiorato di 4,40 punti, con
capitalizzazione annuale; per il periodo successivo sulla
base dei soli interessi legali»,
23

.

si sottopongono alla Corte di Giustizia dell’Unione

.

Europea i seguenti quesiti:
1) se il rapporto di mandato ex lege intercorrente tra
l’Amministrazione statale ed i Consorzi agrari (rapporto
dal quale è nato il credito successivamente ceduto dai

nell’ambito

di

una

procedura

concorsuale)

Consorzi alla Federconsorzi e da questa ai suoi creditori
per

l’approvvigionamento e la distribuzione di prodotti
agricoli, quale risultante dal d. lgs. n. 169/1948 e
dalla legge n. 1294/1957, rientri nella definizione di
transazione commerciale, come definita dall’art. 2 della
Direttiva 2000/35/CE e dall’art. 2 della Direttiva
2011/7/UE;
2) nel caso di positiva risposta al quesito sub 1, se
l’obbligo di recepimento delle Direttive 2000/35/CE (art.
6 par.

2)

e 2011/7/UE

(art.

12 par.

3),

con la

possibilità di lasciare in vigore norme più favorevoli,
implichi l’obbligo di non mutare in pelus, o addirittura
escludere, il tasso di mora applicabile ai rapporti già
in corso al momento della entrata in vigore delle
Direttive;
3) nel caso di positiva risposta al quesito sub 2, se
l’obbligo di non mutare in

peius

il tasso di mora

applicabile ai rapporti già in corso debba essere
valutato come operante rispetto ad una regolazione
unitaria degli interessi, che preveda fino ad un certo

.

24

momento (nella specie dal 31 gennaio 1982 al 31 dicembre

1995) il riconoscimento di un saggio extralegale e di una
capitalizzazione, sia pure annuale e non semestrale come
richiesta dal creditore, e dopo il predetto momento
soltanto la corresponsione di un interesse legale, con
disciplina,

che,

controversia in atto

attesi
(v.

gli

estremi

della

sopra punto 3), non è

necessariamente sfavorevole per il creditore;
4)

se l’obbligo di recepimento delle Direttive

2000/35/CE (art. 6) e 2011/7/UE (art. 12), nella parte in
cui,

in relazione alla proibizione dell’abuso della

libertà contrattuale in danno del creditore, prevedono,
rispettivamente agli artt. 3, par. 3, e 7, l’inefficacia
di clausole contrattuali o prassi inique, implichi il
divieto per lo Stato di intervenire con norme che, con
riferimento a rapporti di cui lo Stato è parte e che sono
in corso al momento di entrata in vigore delle Direttive,
escludano la corresponsione di interessi moratori;

Ar

5) nel caso di positiva risposta al quesito sub 4, se
l’obbligo di non intervenire in rapporti in corso, e nei
quali lo Stato sia parte, con norma di esclusione degli
interessi di mora sia operante rispetto ad una
regolazione unitaria degli interessi, che preveda fino ad
un certo momento (nella specie dal 31 gennaio 1982 al 31
dicembre 1995) il riconoscimento di un saggio extralegale
A

e di una capitalizzazione, sia pure annuale e non
25

una

semestrale come richiesta dal creditore, e dopo il
er

predetto momento soltanto la corresponsione di un
interesse legale, con una disciplina, che, attesi gli
estremi della controversia in atto (v. sopra punto 3),
non è necessariamente sfavorevole per il creditore.

P . Q . M .
La Corte,

letti

l’art.

267

del Trattato

sul

Funzionamento della Unione Europea e l’art. 295 c.p.c.,
chiede alla Corte di Giustizia della Unione Europea di
pronunciarsi in via pregiudiziale interpretativa sulle
questioni indicate in motivazione. Ordina la sospensione
del processo e dispone che copia della presente ordinanza
venga trasmessa alla Cancelleria della Corte di
Giustizia.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 28
novembre 2013.

Il rinvio comporta la sospensione del processo.

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