Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4800 del 26/02/2013


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 4800 Anno 2013
Presidente: BERRUTI GIUSEPPE MARIA
Relatore: BARRECA GIUSEPPINA LUCIANA

SENTENZA

sul ricorso 17533-2007 proposto da:
MOCCHETTO

considerato

RICCARDO MCCRCR53C23L356C,

domiciliato ex lege in ROMA presso la CANCELLERIA
DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso
e,

dall’avvocato BERNARDI ELENA con studio in 10138
TORINO, VIA SUSA 30 giusta delega in atti;
– ricorrente –

2013
contro

197

RABOZZI

ROBERTO

RBZRRT52B06F952M,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA ENNIO QUIRINO VISCONTI 20,
presso lo studio dell’avvocato ANTONINI MARIO,

1

Data pubblicazione: 26/02/2013

rappresentato

e

difeso

dall’avvocato

GIUGGIOLI

GIULIANO giusta delega in atti;
– controricorrente avverso la sentenza n.

667/2006 della CORTE D’APPELLO

di TORINO, depositata

il 26/04/2006,

R.G.N.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del

29/01/2013

dal Consigliere Dott.

GIUSEPPINA LUCIANA BARRECA;
udito l’Avvocato ELENA BERNARDI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIUSEPPE CORASANITI che ha concluso
per il rigetto del ricorso;

2

1990/2001;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1.- Con la decisione ora impugnata, pubblicata il 26 aprile

2006, la Corte d’Appello di Torino ha rigettato l’appello
avverso la sentenza del Tribunale di Novara, proposto da
Riccardo Mocchetto nei confronti di Roberto Rabozzi.

dal Rabozzi, di condanna del Mocchetto al risarcimento dei
danni subiti a seguito delle lesioni infertegli da
quest’ultimo nel corso di una colluttazione avvenuta il 5
dicembre 1992 in una sala da ballo di Borgovercelli.
1.1.-

Il convenuto si era costituito ed aveva opposto di

essere stato vittima dell’aggressione del Rabozzi; aveva
quindi concluso per il rigetto delle domande di quest’ultimo e
per l’accoglimento di una domanda riconvenzionale «per i
danni riportati», da precisarsi in corso di causa.
1.2.-

Il Tribunale, dopo la sospensione disposta per la

ricusazione del giudice istruttore e la successiva
riassunzione a seguito del rigetto dell’istanza -e dopo
l’avvenuta proposizione di querela di falso da parte del
convenuto, che aveva comportato il passaggio della causa dalla
sezione stralcio alla sezione ordinaria-, con la sentenza del
5/27 aprile 2001, aveva condannato il Mocchetto a
corrispondere al Rabozzi la somma di lire 10.903.000, oltre
interessi e spese, queste ultime liquidate in lire 8.150.000,
nonché spese di CTU e di CTP; aveva rigettato ogni altra

3

Il Tribunale era stato adito a seguito della domanda, avanzata

domanda e dichiarato inammissibili le querele di falso, con
condanna del querelante alla pena pecuniaria di lire 40.000.
2.-

Proposto appello da parte del convenuto soccombente,

Riccardo Mocchetto, e costituitosi in appello Roberto Rabozzi,
la Corte d’Appello ha, come detto, rigettato il gravame e

3.- Avverso la sentenza Riccardo Mocchetto propone ricorso
affidato a cinque motivi.
Roberto Rabozzi resiste con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
l.

Il ricorso è soggetto, quanto alla formulazione dei

motivi, al regime dell’art. 366 bis c.p.c. (inserito dall’art.
6 del decreto legislativo 2 febbraio 2006 n. 40, ed abrogato
dall’art. 47, comma 1, lett. d, della legge 18 giugno 2009 n.
69), applicabile in considerazione della data di pubblicazione
della sentenza impugnata (26 aprile 2006).
I motivi secondo, terzo, quarto e quinto mancano completamente
sia dei quesiti di diritto riferibili ai denunciati vizi di
violazione di legge, che dei momenti di sintesi riferibili ai
denunciati vizi di motivazione.
Col secondo motivo si denuncia omissione di pronuncia,
difetto, carenza e contraddittorietà di motivazione sulla
reiezione delle istanze istruttorie formulate in appello.
Col terzo motivo si denuncia carenza, contraddittorietà e
illogicità della pronuncia sull’accertamento dei fatti e sulla
responsabilità:

A)

carenza

4

totale

di

motivazione

condannato l’appellante al pagamento delle spese del grado.

sull’applicazione degli artt. 2044, 2045, 2056 e 1227 cod.
civ.; B) erronea interpretazione nonché violazione e falsa
applicazione degli artt. 2056 e 1227 c.c.; C) omissione ed
erronea valutazione delle risultanze istruttorie.
Col quarto motivo si denuncia contraddittoria e insufficiente

Col quinto motivo si denuncia contraddittorietà ed illogicità
della motivazione in punto conferma della reiezione della
domanda riconvenzionale.
1.1.- Tutti

i motivi

anzidetti

sono illustrati dopo

l’intitolazione per ciascuno sopra riportata, senza che si
possa distinguere da tale illustrazione il quesito di diritto
riferito alle violazioni di legge. Queste ultime, peraltro,
risultano in gran parte denunciate anche senza l’osservanza
del requisito di cui all’art. 366 n. 4 cod. proc. civ., poiché
mancano dell’indicazione delle norme di diritto su cui i
motivi si fondano.
Quanto ai denunciati vizi di motivazione, va ribadito il
(a

principio per il quale, in tema di formulazione dei motivi del
ricorso per cassazione avverso i provvedimenti pubblicati dopo
l’entrata in vigore del d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 ed
impugnati per omessa, insufficiente o contraddittoria
motivazione, poiché secondo l’art. 366

bis cod. proc. civ.,

introdotto dalla riforma, nel caso previsto dall’art. 360 n. 5
cod. proc. civ., l’illustrazione di ciascun motivo deve
contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione

5

motivazione in ordine alla liquidazione del danno.

del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si
assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le
quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda
inidonea a giustificare la decisione, la relativa censura deve
contenere, un momento di sintesi (omologo del quesito di

da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del
ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (Cass. S.U.
n. 20603/07, cui adde, tra le tante, Cass. n. 24255/11). Non
si rinviene né nel corpo dell’illustrazione dei motivi, né
all’inizio od in calce, una parte che contenga le indicazioni
di cui all’ultimo inciso dell’art. 366 bis cod. proc. civ.
secondo quanto richiesto dalla giurisprudenza di questa Corte
appena richiamata.
Tutti i detti motivi sono pertanto inammissibili.
2.

Analogamente si deve concludere anche con riferimento al

primo motivo di ricorso, pur se il quesito di diritto,
risulti, per questo, formalmente enunciato.
Col primo motivo si denuncia erronea interpretazione,
contraddittoria, illogica e falsa applicazione degli artt.
158-161 c.p.c., in relazione all’art. 51 commi l e 3 c.p.c. e
51 comma 2 c.p.c.; carenza e/o insufficienza della motivazione
in ordine alla reiezione dell’eccezione preliminare di nullità
della sentenza di primo grado per violazione del principio di
imparzialità e indipendenza del Giudice.
Il motivo è assistito dal seguente quesito di diritto:

6

diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera

«posto che, in virtù della normativa del c.p.c. in materia di
ricusazione, non sono da ritenere superate dall’ordinanza di
reiezione della ricusazione tutte le questioni inerenti
l’imparzialità e l’autonomia del Giudice di primo grado
oggetto di ricusazione, può e deve ravvisarsi violazione del

controversia da un Giudice imparziale nel fatto che il Giudice
de quo

abbia deciso nel merito la lite nonostante la grave

inimicizia e, prima ancora, in funzione di Presidente, l’abbia
riassegnata a sé stesso nonostante tale grave inimicizia, in
violazione del principi di imparzialità e indipendenza >>.
2.1- Oltre alla mancanza del momento di sintesi riferibile al

vizio di motivazione, il Collegio rileva che il quesito di
diritto non corrisponde al paradigma delineato dall’art. 366
bis cod. proc. civ., così come interpretato da ormai copiosa
giurisprudenza di legittimità.
Esso è formulato in modo tale da non precisare la questione di
diritto sottoposta all’esame della Corte, poiché espresso in
termini generici e senza alcun concreto riferimento a quanto
affermato nella sentenza impugnata, mancando la
giustapposizione -ritenuta necessaria da diversi precedenti
(tra cui Cass. n. 24339/08, n. 4044/09), che qui si
ribadiscono- tra la ratio decidendi della sentenza impugnata e
le ragioni di critica sollevate dal ricorrente.
In particolare, il Collegio sottolinea come il quesito che
assiste il primo motivo, oltre che generico (cfr. Cass. S.U.

7

principio di imparzialità e del diritto di far decidere la

n. 36/07, n. 6420/08, Cass. n. 19892/07, nonché, da ultimo,
Cass. n. 3530/12), sia soprattutto inconferente, cioè non
consenta di comprendere il

decisum

impugnato e la rilevanza

della questione posta ai fini dell’impugnazione (cfr., per la
necessità che i quesiti siano, oltre che specifici, anche

n. 11650/08); e ciò, anche in ragione del fatto che non si
evince dal quesito di diritto quali, secondo il ricorrente,
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le conseguenze in diritto del

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prospettato vizio della sentenza di primo grado e come,
invece,

queste

sarebbero

state disattese dal

giudice

d’appello.
Conclusivamente,

il

quesito

di

diritto,

come

sopra

testualmente riportato, non consente a questa Corte
l’individuazione dell’errore di diritto che il ricorrente
intende denunciare con riferimento alla fattispecie concreta
né l’enunciazione di una

regula iuris

applicabile anche in

casi ulteriori rispetto a quello da decidere con la presente
sentenza, poiché di tale caso e delle questioni che esso pone
non è fornita valida sintesi logico-giuridica (cfr., per la
funzione riservata ai quesiti di diritto, tra le altre Cass.
S.U. n. 26020/08 e n. 28536/08).
In conclusione, il ricorso è inammissibile.
3.-

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da

dispositivo.
Per questi motivi

8

conferenti, tra le altre Cass. S.U. n. 20360/07, n. 8466/08,

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna il
ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione
che liquida, in favore del resistente, nella somma di E
2.000,00, di cui E 200,00 per esborsi, oltre accessori come
per legge.

Così deciso in Roma, il 29 gennaio 2013.

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